La censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c.

Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 13 febbraio 2020, n. 3541.

La massima estrapolata:

In sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso.

Ordinanza 13 febbraio 2020, n. 3541

Data udienza 17 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 28077-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, quale Impresa designata per la Regione Campania alla Gestione del Fondo di Garanzia Vittime della Strada, in persona del procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 4084/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 11/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

FATTI DI CAUSA

1. L’esposizione dei fatti di causa sara’ limitata alle sole circostanze ancora rilevanti in questa sede.
Nel 2010 (OMISSIS) convenne dinanzi al Tribunale di Napoli la societa’ (OMISSIS) s.p.a., nella sua veste di impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, chiedendone la condanna al risarcimento de i danni patiti in conseguenza d’un sinistro stradale ascritto dall’attore a responsabilita’ di (OMISSIS), proprietario e conducente d’un veicolo privo di copertura assicurativa.
2. La Corte d’appello di Napoli, confermando la decisione di primo grado, con sentenza 11 ottobre 2017 n. 4084 ritenne:
-) dimostrata la responsabilita’ esclusiva del conducente non assicurato;
-) corretta la stima del danno biologico permanente compiuta dal Tribunale;
-) infondata la domanda di risarcimento del danno patrimoniale da perdita della capacita’ di guadagno formulata dalla vittima, sul presupposto che questa svolgeva l’attivita’ di fattorino; che aveva riportato un trauma cranico, ma non aveva “ne’ allegato, ne’ provato”, non solo la riduzione del reddito, ma nemmeno se ed in che modo la frattura delle ossa facciali poteva incidere sullo svolgimento dell’attivita’ di fattorino.
3. La sentenza d’appello e’ stata impugnata in via principale da (OMISSIS) con ricorso fondato su due motivi, ed in via incidentale dalla (OMISSIS) s.p.a. (succeditrice, per effetto di varie operazioni societarie, della (OMISSIS) s.p.a.), nella veste di impresa designata, con ricorso fondato su un solo motivo.
4. La causa, gia’ fissata per la decisione in camera di consiglio in data 11 luglio 2019, venne rinviata a nuovo ruolo con ordinanza 1.8.2019 n. 20812, a causa della mancanza dell’avviso al difensore della (OMISSIS) s.p.a..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Va preliminarmente rilevato come non vi sia prova in atti della rituale notifica del ricorso a (OMISSIS) (che e’ litisconsorte necessario) ed a (OMISSIS) (che invece non lo e’, trattandosi di altra persona danneggiata dal sinistro).
Tuttavia, poiche’ per quanto si dira’ sono infondati sia il ricorso principale che quello incidentale, e’ superfluo ordinare l’integrazione del contraddittorio ex articolo 331 c.p.c., giacche’ nessun vantaggio ne potrebbe derivare al litisconsorte pretermesso (ex multis, in tal senso, Sez. U, Ordinanza n. 23542 del 18/11/2015, Rv. 637243 – 01).
1.2. Col primo motivo del ricorso principale il ricorrente lamenta, formalmente invocando il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 4, la “contraddittorieta’” della sentenza e la violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c..
Il motivo contiene due censure.
1.2.1. Con una prima censura il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe insanabilmente contraddittoria, per avere dapprima affermato che una lesione della salute che abbia causato postumi permanenti di non piccola entita’ fa presumere che anche la capacita’ di guadagno della persona infortunata ne sia risultata ridotta; e poi escluso la sussistenza di un danno patrimoniale derivante dall’incapacita’ di lavoro per difetto di prova.
1.2.2. Con una seconda censura il ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe violato gli articoli 2727 e 2729 c.c., per avere rigettato la domanda di risarcimento del danno patrimoniale da incapacita’ di lavoro nonostante l’attore avesse dimostrato l’esistenza e l’entita’ delle lesioni patite: prova che, in considerazione del grado di invalidita’ permanente residuato al sinistro (26%) doveva ritenersi largamente sufficiente a dimostrare l’esistenza del suddetto danno.
1.3. Nella parte in cui lamenta la contraddittorieta’ della sentenza (e quindi, deve ritenersi, la nullita’ della stessa ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4), il motivo e’ infondato.
Non vi e’, infatti, alcuna contraddittorieta’ tra l’affermare, da un lato, che un danno sia stato provato nella sua esistenza, e il ritenere, dall’altro, che di quel danno non sia stata dimostrata l’entita’. Tali principi sono stati ripetutamente affermati da questa Corte (da ultimo, da Sez. 3 -, Ordinanza n. 15737 del 15/06/2018, Rv. 649412 – 01), con giurisprudenza costante, dalla quale il ricorrente non offre alcun valido argomento per discostarsi.
1.4. Nella parte in cui lamenta la violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c., il motivo e’ inammissibile.
Lo stabilire, infatti, se una persona infortunata abbia o non abbia perso la capacita’ di lavoro e di guadagno, ed in che misura il suo reddito si sia eventualmente ridotto, e’ un tipico apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimita’.
Ne’ la violazione delle norme sulle presunzioni puo’ dirsi sussistente sol perche’ il giudice di merito abbia, o non abbia, ritenuto che da un certo fatto noto possa risalirsi per via di deduzioni logiche ad un fatto ignorato.
Questa valutazione, infatti, costituisce un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimita’.
La violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c., come gia’ ripetutamente affermato da questa Corte, potrebbe essere censurata in sede di legittimita’ soltanto in un caso: allorche’ ricorra il cosiddetto “vizio di sussunzione”, vale a dire allorquando il giudice di merito, dopo aver qualificato come “gravi, precisi e concordanti” gli indizi raccolti, li ritenga pero’ inidonei a fornire la prova presuntiva; oppure, all’opposto, quando dopo aver qualificato come “non gravi, imprecisi e discordanti” gli indizi raccolti, li ritenga nondimeno sufficienti a fornire la prova del fatto controverso (ex multis, in tal senso, Sez. U -, Sentenza n. 1785 del 24/01/2018, § 4.1, lettera (bb), della motivazione; nonche’ Sez. 3 -, Sentenza n. 19485 del 04/08/2017, Rv. 645496 – 02).
1.4. E’ opportuno aggiungere, a fronte della allegazione del ricorrente secondo cui, al cospetto d’una invalidita’ permanente del 26%, il danno da riduzione della capacita’ di guadagno sarebbe “in re ipsa”, che il grado di invalidita’ permanente residuato ad un infortunio e’ solo un indizio, di per se’ non decisivo, dal quale il giudice di merito puo’ ricavare in via indiretta l’effettiva esistenza di una compromissione della capacita’ di lavoro e di guadagno.
Un indizio, pero’, non necessariamente “grave” ai sensi dell’articolo 2729 c.c., e la cui decisivita’ va apprezzata con riferimento alle specificita’ del caso concreto: ed in particolare al lavoro svolto dalla vittima.
Non vi e’, infatti, alcuna corrispondenza biunivoca tra entita’ del danno alla salute ed entita’ del danno patrimoniale da incapacita’ lavorativa che da quella lesione possa essere derivato. Lesioni anche minime, infatti, possono pregiudicare per sempre lo svolgimento dell’attivita’ lavorativa (si pensi all’abbassamento del visus di 1/10 per un pilota di aerei di linea); cosi’ come, all’opposto, lesioni anche molto gravi possono risultare di fatto anche prive d’incidenza sull’attivita’ di lavoro (si pensi alla perdita d’un arto inferiore per un notaio).
Pertanto e’ onere di colui il quale domanda il risarcimento del danno da incapacita’ lavorativa allegare e provare quale lavoro svolgesse al momento dell’infortunio; quale fosse il suo reddito; quale l’incidenza che i postumi hanno avuto sulla concreta gestualita’ lavorativa e sull’esecuzione del mansionario affidatogli.
Nel caso di specie, per contro, la Corte d’appello ha ritenuto non solo che di tutte le suddette circostanze fosse mancata la prova, ma che l’attore non avesse “nemmeno allegato” quale concreto pregiudizio od impedimento la frattura delle ossa facciali avesse arrecato alla sua attivita’ di fattorino; ne’ quale fosse il suo reddito al momento dell’infortunio; ne’ se dopo l’infortunio tale reddito si fosse ridotto; ne’ se, dopo l’infortunio, esisteva il serio rischio che il suo reddito potesse ridursi in futuro.
2. Il secondo motivo di ricorso.
2.2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 137 codice delle assicurazioni.
Sostiene che egli per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale da incapacita’ di lavoro non aveva alcun onere di dimostrare quale fosse il proprio reddito; infatti, anche in assenza di tale prova, egli avrebbe avuto diritto a vedersi liquidare il danno in esame sulla base del triplo della pensione sociale, ai sensi dell’articolo 137 codice delle assicurazioni, il quale costituirebbe una “soglia minima di risarcimento”, spettante a tutti coloro non solo che non possano, ma anche che non vogliano o non abbiano saputo dimostrare l’entita’ del reddito perduto.
2.2. Il motivo e’ manifestamente infondato.
Questa Corte ha gia’ ripetutamente affermato che il triplo della pensione sociale (oggi, piu’ correttamente, “assegno sociale” L. 8 agosto 1995, n. 335, ex articolo 3, comma 6), previsto dall’articolo 137 cod. ass., non costituisce affatto una soglia minima di risarcimento, ma un criterio residuale di liquidazione del danno applicabile quando la persona infortunata non abbia un reddito, oppure abbia un reddito cosi’ esiguo, incostante o provvisorio, da lasciar presumere che in futuro quel reddito sarebbe certamente aumentato.
Si e’ stabilito, in particolare, che la liquidazione del danno patrimoniale da incapacita’ lavorativa, patito in conseguenza di un sinistro stradale da un soggetto percettore di reddito da lavoro, deve avvenire ponendo a base del calcolo il reddito effettivamente perduto dalla vittima, e non il triplo della pensione sociale. Il ricorso a tale ultimo criterio, ai sensi dell’articolo 137 cod. ass., puo’ essere consentito solo quando il giudice di merito accerti, con valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimita’, che la vittima al momento dell’infortunio godeva si’ un reddito, ma questo era talmente modesto o sporadico da rendere la vittima sostanzialmente equiparabile ad un disoccupato (Sez. 3 -, Ordinanza n. 25370 del 12/10/2018, Rv. 651331 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8896 del 04/05/2016, Rv. 639896 – 01).
2.3. Questi principi non sono affatto in contrasto con la decisione di questa Corte 8.3.2017 n. 5786, invocata dal ricorrente.
Da tale sentenza, infatti, il ricorrente con non corretto criterio ermeneutico estrapola un isolato passaggio (quello dove si afferma che il danno alla capacita’ di lavoro puo’ essere liquidato “in difetto di una precisa dimostrazione del reddito non perseguibile, in base al parametro, costituente soglia minima di risarcimento, del triplo della pensione sociale”), per trarne la conclusione che la vittima di un infortunio anche quando non abbia provato ne’ il lavoro svolto, ne’ se era in procinto di svolgere un lavoro, ne’ il reddito goduto, ne’ il reddito atteso, avrebbe comunque diritto al risarcimento del danno da riduzione della capacita’ di lavoro, da liquidarsi capitalizzando, proporzionalmente al grado di invalidita’ permanente, un reddito pari al triplo della pensione sociale.
Tale conclusione e’ tuttavia insostenibile ove si legga il passo sopra trascritto alla luce del complessivo contesto nel quale quell’obiter dictum e’ inserito.
Da tale lettura complessiva emerge che la’ dove quella sentenza parla di “soglia minima di risarcimento” fa riferimento alla sola ipotesi in cui la vittima, al momento dell’infortunio, non aveva alcun reddito, ma era tuttavia in possesso di “una qualificazione professionale acquisita e non ancora esercitata”. La sentenza vuol dire, in definitiva, che il danno alla capacita’ lavorativa sofferto dai soggetti non percettori di reddito deve essere liquidato in misura non inferiore al triplo della pensione sociale. Non vuole, invece, affatto dire che la persona infortunata la quale, al momento dell’infortunio, avesse goduto d’un reddito inferiore al triplo della pensione sociale, abbia diritto al risarcimento in misura pari a quest’ultima; e tanto meno vuol dire che il risarcimento del danno spetti ope legis in misura pari al triplo della pensione sociale anche a chi non abbia minimamente assolto l’onere della prova.
3. Il ricorso incidentale.
3.1. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, la Generali lamenta, ai sensi degli articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione degli articoli 100, 163, 132 c.p.c..
Sostiene una tesi cosi’ riassumibile:
-) essa si costitui’ in giudizio nella veste di impresa designata, ai sensi dell’articolo 287 codice delle assicurazioni;
-) la sentenza impugnata, tuttavia, sia nell’epigrafe, sia nel dispositivo, ha indicato come parte la societa’ “Generali Assicurazioni”, senza precisare che si trattava dell’impresa designata per conto del Fondo di garanzia per le vittime della strada;
-) di conseguenza la sentenza suddetta e’ “inopponibile al Fondo di garanzia vittime della strada”, e pertanto non consentira’ alla Generali di recuperare da quest’ultimo le somme che eventualmente non dovesse recuperare dal responsabile, come gia’ detto privo di assicurazione.
3.2. Il motivo e’ infondato.
E’ sin troppo noto il principio per cui i negozi giuridici e gli atti giudiziari vanno letti, qualificati ed interpretati nella loro integralita’, tenendo conto di tutti i segmenti che li compongono.
Nel caso di specie, dalla lettura integrale della sentenza emerge senza dubbio alcuno che la Generali venne convenuta ai sensi dell’articolo 287 cod. ass., (cfr. pag. 2, terzo capoverso, della sentenza impugnata), e non vi era dunque bisogno di ulteriori formule sacramentali per affermare tale sua qualita’.
4. Le spese.
4.1. Le spese del presente giudizio di legittimita’ vanno compensate integramente tra le parti, in considerazione della soccombenza reciproca.
4.2. Il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale costituisce il presupposto, del quale si da’ atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico d’ambo le parti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17).

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso principale;
(-) rigetta il ricorso incidentale;
(-) compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimita’;
(-) da’ atto che sussistono i presupposti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di (OMISSIS) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione;
(-) da’ atto che sussistono i presupposti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di (OMISSIS) s.p.a. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *