La causa estintiva del reato per condotte riparatorie

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|21 gennaio 2021| n. 2490.

La causa estintiva del reato per condotte riparatorie di cui all’art. 162-ter cod. pen. presuppone condotte restitutorie o risarcitorie spontanee destinate definitivamente ad incrementare la sfera economica e giuridica della persona offesa, non essendo configurabile nel caso di sola restituzione del bene sottratto. (Fattispecie in tema di furto in cui l’autore, una volta scoperto, aveva restituito la merce asportata agli addetti alla vigilanza dell’esercizio commerciale).

Sentenza|21 gennaio 2021| n. 2490

Data udienza 13 novembre 2020

Tag – parola chiave: Tentato furto – Causa estintiva del reato per condotte riparatorie ex art. 162 ter c.p. – Esclusione – Insussistenza di condotte risarcitorie spontanee da parte dell’imputato idonee ad incrementare la sfera economica e giuridica della persona offesa – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente

Dott. GUARDIANO Alfredo – rel. Consigliere

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 30/09/2019 della CORTE APPELLO di CAGLIARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GUARDIANO ALFREDO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PICARDI ANTONIETTA.

FATTO E DIRITTO

1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Cagliari confermava la sentenza con cui il tribunale di Cagliari, in data 22.11.2017, aveva condannato (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato di tentato furto, in rubrica ascrittogli.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto la corte territoriale ha omesso di fornire risposta al rilievo difensivo volto a far valere il difetto di motivazione da parte del giudice di primo grado in ordine alla mancata applicazione al caso in esame della causa estintiva del reato di cui all’articolo 162 ter c.p., di cui, ad avviso del ricorrente sussistono le condizioni di legge, immotivatamente non riconosciute.
2.1. Con requisitoria scritta, depositata sulla base della previsione del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, che consente la trattazione orale in udienza pubblica solo dei ricorsi per i quali tale modalita’ di celebrazione e’ stata specificamente richiesta da una delle parti, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione chiede che il ricorso venga rigettato.
Con conclusioni scritte del 4.11.2020, il difensore del (OMISSIS), reitera le proprie censure, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile, perche’ fondato su motivi meramente reiterativi delle doglianze disattese dalla corte territoriale, con la cui motivazione il ricorrente non si confronta realmente, nonche’ manifestamente infondati.
Il giudice di secondo grado, invero, ha rigettato l’eccezione difensiva sul punto, rilevando come “la decisione impugnata, pur in modo implicito, ha evidentemente escluso la sussistenza di tale causa estintiva del reato, dal momento che la motivazione resa dal Tribunale si riferisce alle condizioni materiali della condotta attuata dal (OMISSIS) e ne trae il convincimento della sua colpevolezza, sicche’ il percorso motivazionale seguito si pone in contraddizione logica” ed appare incompatibile “con l’eventuale valutazione positiva di esistenza delle condizioni di cui all’articolo 162 ter c.p.” (cfr. p. 4).
Tale assunto risulta del tutto in linea con i principi da tempo affermati dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui non e’ censurabile, anche in sede di legittimita’, la sentenza che non motivi espressamente su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando ne risulti il rigetto dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata (cfr. Cass., Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, Rv. 275500; Cass., Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013; Rv. 256340).
Del resto, come e’ noto, il potere di annullamento della sentenza impugnata, tipico della giurisdizione di legittimita’, e’ esercitato in appello nei soli casi previsti dall’articolo 604 c.p.p..
Al di fuori di queste ipotesi tassative, in cui non trova collocazione quella della carenza, sia pur totale, di motivazione, si applicano i principi di conservazione degli atti e di economia processuale, in forza dei quali e’ riconosciuto al giudice di appello il potere di sostituirsi, nella valutazione del fatto al giudice di primo grado, mediante la correzione, la integrazione e, persino, la integrale redazione della motivazione, senza che cio’ violi viola il principio del doppio grado di giurisdizione di cui agli articoli 6 CEDU, 2 del Protocollo addizionale n. 7 CEDU e 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (cfr. Cass., Sez. 3, n. 4562 del 21/02/1994, Rv. 197335; Cass., Sez. 6, n. 30059 del 05/06/2014, Rv. 262397).
Ne consegue che del tutto legittimamente la corte territoriale ha integrato la motivazione della sentenza di primo grado, “esplicitando” le ragioni, sottese al ragionamento logico-giuridico svolto dal tribunale cagliaritano, che non consentono di applicare al (OMISSIS) la causa di estinzione del reato prevista dall’articolo 162 ter, c.p..
Ragioni incentrate sulla condivisibile considerazione che nel caso in esame non sia “ravvisabile in alcun modo il comportamento positivo e volontario previsto dalla norma speciale per l’estinzione del reato perseguibile a querela”, posto che l’avvenuta restituzione al personale addetto alla vigilanza dell’esercizio commerciale dove il furto per cui si e’ proceduto e’ stato consumato, non puo’ certo ritenersi il frutto di una scelta spontanea, perche’ l’imputato non poteva sottrarsi alla restituzione della merce illecitamente sottratta una volta scoperto.
Si tratta di una conclusione del tutto in linea con l’insegnamento della Suprema Corte, secondo cui la causa estintiva del reato per condotte riparatorie di cui all’articolo 162-ter c.p., presuppone condotte restitutorie o risarcitorie spontanee e non coartate, nonche’ destinate definitivamente ad incrementare la sfera economica e giuridica della persona offesa (cfr. Cass., Sez5, n. 14030 del 25/02/2020, Rv. 279082; Cass., Sez. 5, n. 21922 del 03/04/2018, Rv. 273187).
Ne’ d’altra parte tale restituzione puo’ definirsi volta ad incrementare la sfera economica e giuridica della persona offesa, posto che la restituzione del maltolto si limita, piuttosto, a reintegrare il vulnus arrecato, sia pure momentaneamente come nel caso in esame, alla sfera economica della persona offesa, cioe’ a reintegrarla nella sua composizione originaria, non certo ad incrementarla, dovendo l’incremento consistere in un aumento del valore della suddetta sfera, che, nel caso della restituzione di quanto da essa illecitamente sottratto, risulta del tutto assente.
4. Alla dichiarazione di inammissibilita’, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000,00 a favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilita’ dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilita’ (cfr, Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 a favore della Cassa delle Ammende.

 

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