Istituzione da parte dei Comuni di aree di sosta a pagamento

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 6 dicembre 2019, n. 31979.

La massima estrapolata:

L’istituzione da parte dei Comuni di aree di sosta a pagamento, ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. f), del codice della strada, non comporta l’assunzione dell’obbligo del gestore dell’area di custodire i veicoli su di esse parcheggiati, se l’avviso “parcheggio incustodito” sia esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (artt. 1326, comma 1, e 1327 c.c.). Ne consegue che il gestore, concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia, non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell’area all’uopo predisposta. (Nella specie, la S.C. ha escluso la responsabilità del gestore dell’area, avendo la corte d’appello accertato, sulla base delle risultanze istruttorie, la presenza del cartello che avvisava l’utenza che le automobili parcheggiate non sarebbero state custodite, non rilevando, in senso contrario, le modalità concrete di organizzazione della sosta, quali l’adozione di recinzioni o speciali modalità di accesso ed uscita).

Ordinanza 6 dicembre 2019, n. 31979

Data udienza 9 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 2975/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 3532/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata l’08/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/10/2019 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) conveniva in giudizio dinanzi il tribunale di Milano l’ (OMISSIS) (di seguito (OMISSIS)), lamentando che la sua autovettura marca VW parcheggiata presso il parcheggio a pagamento della convenuta, fosse stata oggetto di furto da parte di ignoti, chiedendo, pertanto, la condanna dell’ente al risarcimento del danno.
2. Il Tribunale di Milano accoglieva la domanda e condannava la convenuta al risarcimento del danno liquidato in Euro 10.000.
3. L’ (OMISSIS) proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
4. La Corte d’Appello di Milano accoglieva l’impugnazione riformava la sentenza del Tribunale di Milano e respingeva la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti dell’ (OMISSIS). In particolare, la Corte d’Appello rilevava che l’orientamento interpretativo espresso dalla sentenza impugnata era stato superato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza numero 14319 del 2011 che aveva affermato che il gestore, concessionario del Comune, di un’area di parcheggio senza custodia non e’ responsabile del furto del veicolo in sosta. Anche la successiva giurisprudenza aveva sposato il suddetto orientamento. Secondo la Corte d’Appello le considerazioni espresse nella citata sentenza erano da condividersi e dovevano applicarsi anche alla fattispecie in oggetto.
Doveva richiamarsi in primo luogo il quadro legislativo costituito dalla L. n. 122 del 1989, volta a favorire la circolazione e il decongestionamento dei centri urbani mediante la creazione di parcheggi finalizzati all’interscambio con sistemi di trasporto collettivo, con facolta’ per i comuni di stabilire aree destinate a parcheggio a pagamento con riscossione mediante dispositivi di controllo della durata e dell’accesso senza custodia del veicolo, fissando le relative tariffe. La volonta’ del legislatore, pertanto, era di rimandare all’ente locale il potere di regolamentare la sosta dei veicoli privati nelle aree in questione e doveva riconoscersi in capo al singolo utente l’opzione se affidare il veicolo durante la sosta con garanzie di custodia ovvero utilizzare l’aria di interscambio postagli a disposizione con modalita’ di accesso e di pagamento semplificato e a costi piu’ contenuti rispetto al parcheggio con custodia.
Secondo il suddetto indirizzo, peraltro, l’utente deve essere posto in condizione di una scelta consapevole della natura della propria opzione, dunque, l’offerta al pubblico deve essere chiara e ben connotata nella sua entita’.
Tali requisiti dell’offerta al pubblico sussistevano nel caso in esame, non essendo contestato che all’esterno del parcheggio era affisso un avviso dal quale risultava che l’ (OMISSIS) non rispondeva del furto del veicolo. Nella specie, dunque, non poteva trovare applicazione la disciplina di cui all’articolo 1341 c.c., perche’ l’avviso integrava l’oggetto stesso della proposta contrattuale e non una semplice clausola.
In conclusione, la Corte d’Appello qualificava il contratto intercorso tra l’utente assicurato e l’ (OMISSIS) come contratto atipico di parcheggio non custodito caratterizzato da adeguato sinallagma tra le rispettive prestazioni di corrispettivo per la locazione o comodato del cosiddetto posto auto e responsabilita’ limitata alla struttura dell’area.
5. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.
6. L’ (OMISSIS) S.p.A. si e’ costituita con controricorso e ha proposto ricorso incidentale sulla base di un motivo.
7. Con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza l’ (OMISSIS) s.p.a. ha insistito nella richiesta di inammissibilita’ o rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione di legge e contraddittorieta’ della motivazione in ordine all’accertamento di un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, errata applicazione degli articoli 1766 c.c. e segg., del Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 7, comma 1.
A parere della ricorrente nella fattispecie, trattandosi di un’aria di un parcheggio interrato dotato di strutture edilizie e di un’organizzazione, doveva escludersi il riferimento all’ara recintata di cui alla giurisprudenza richiamata dalla Corte d’Appello. Altrimenti si introdurrebbe una deroga ai principi relativi alla custodia di un bene, in virtu’ di esigenze urbanistiche. Il caso di specie costituirebbe un contratto atipico di parcheggio e dovrebbe trovare applicazione la disciplina di cui agli articoli 1766 c.c. e segg., con particolare riferimento al deposito oneroso, in relazione alla circostanza che la consegna dell’autovettura del (OMISSIS) al gestore del parcheggio, avvenne mediante immissione nell’an all’uopo destinata e delimitata previo superamento di una sbarra, accessibile dopo il rilascio di una scheda magnetica, mentre lo stesso conducente poteva uscire dal parcheggio solo dopo aver effettuato il pagamento mediante l’introduzione in un altro apparecchio della scheda e della somma e poi introducendo all’uscita la scheda contrassegnata dal pagamento.
All’esterno del parcheggio non risultava affisso alcun avviso di qualunque genere dal quale risultava che l’ (OMISSIS) non rispondesse del furto totale o parziale del veicolo.
Per la configurabilita’ del contratto atipico di parcheggio come assimilabile al deposito e, quindi, con l’obbligo di custodia da parte del depositario ai sensi dell’articolo 1766 c.c., non e’ necessario l’affidamento del veicolo ad una persona fisica, poiche’ la consegna puo’ materialmente realizzarsi attraverso la sua immissione nell’area a cio’ predisposta, previo perfezionamento del contratto mediante introduzione di denaro nell’apposito meccanismo.
In caso di perdita della cosa depositata in seguito a furto il depositario non si libera della responsabilita’ ex recepto, provando di aver usato nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia come prescritto dall’articolo 1768 c.c., ma deve provare che l’inadempimento sia derivato da causa a lui non imputabile ex articolo 1218 c.c..
2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione di legge, contraddittorieta’ della motivazione in ordine all’accertamento di un fatto controverso decisivo per il giudizio ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, errata applicazione dell’articolo 1322 c.c., articolo 1341 c.c., comma 2, nonche’ del Decreto Legislativo n. 205 del 2006 (codice del consumatore).
A parere del ricorrente la limitazione di responsabilita’ e’ inefficace se non approvata specificamente per iscritto, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 1341 c.c., comma 2, dovendosi essa ritenere quale condizione generale di contratto ed essendo il suddetto avviso assimilabile a tutti gli effetti ad un’offerta pubblica ex articolo 1336 c.c..
Dunque, la clausola che esclude la responsabilita’ del gestore del parcheggio per il furto di un’autovettura ha carattere vessatorio ed e’ inefficace se non approvata specificamente per iscritto.
2.1 I due motivi del ricorso principale, che possono essere decisi congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono infondati.
Questa Corte a Sezioni Unite ha gia’ affermato il seguente principio di diritto: “L’istituzione da parte dei Comuni, previa deliberazione della Giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articolo 7, comma 1, lettera f), (C.d.S.), non comporta l’assunzione dell’obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l’avviso “parcheggio incustodito” e’ esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (articolo 1326 c.c., comma 1 e asrt. 1327 c.c.), perche’ l’esclusione attiene all’oggetto dell’offerta al pubblico ex articolo 1336 c.c. (senza che sia necessaria l’approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell’articolo 1341 c.c., comma 2, non potendo presumersene la vessatorieta’), e l’univoca qualificazione contrattuale del servizio, reso per finalita’ di pubblico interesse, normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire l’obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della buona fede ovvero al principio della tutela dell’affidamento incolpevole sulle modalita’ di offerta del servizio stesso (quali, ad esempio, l’adozione di recinzioni, di speciali modalita’ di accesso ed uscita, di dispositivi o di personale di controllo), potendo queste ascriversi all’organizzazione della sosta. Ne consegue che il gestore concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia non e’ responsabile del furto del veicolo in sosta nell’area all’uopo predisposta” (Sez. U, Sentenza n. 14319 del 2011).
L’orientamento ora riportato, vincolante le sezioni ex articolo 374 c.p.c., a meno di una nuova rimessione alle sezioni Unite, e’ stato ribadito in altre sentenze tra le quali si segnala Sez. 3, Sent. n. 11931 del 2013 che ha nuovamente affermato che: “L’istituzione da parte dei Comuni di aree di sosta a pagamento, ai sensi dell’articolo 7 C.d.S., comma 1, lettera f), non comporta l’assunzione dell’obbligo del gestore dell’area di custodire i veicoli su di esse parcheggiati, se l’avviso “parcheggio incustodito” sia esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (articolo 1326 c.c., comma 1 e articolo 1327 c.c.). Ne consegue che il gestore, concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia, non e’ responsabile del furto del veicolo in sosta nell’area all’uopo predisposta”.
Nella specie, la Corte d’Appello ha accertato sulla base delle risultanze istruttorie la presenza del cartello che avvisava l’utenza che le automobili parcheggiate non sarebbero state custodite e, come si e’ detto, deve ribadirsi che l’obbligo di custodia non puo’ sorgere dalle modalita’ concrete di organizzazione della sosta (quali ad esempio l’adozione di recinzioni, di speciali modalita’ di accesso ed uscita, o dispositivi di controllo o la presenza di un piano interratto chiuso) con la conseguenza che deve escludersi la responsabilita’ del gestore per la custodia dei veicoli parcheggiati nell’area di sosta a cio’ predisposta.
3. L’ (OMISSIS) ha proposto ricorso incidentale per violazione dell’articolo 112 c.p.c. e omessa pronuncia.
La Corte d’Appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla richiesta di condanna di (OMISSIS) alla restituzione della somma di Euro 18.929,44 ricevute in esecuzione della sentenza riformata oltre interessi e rivalutazione dalla data del pagamento al saldo trattasi di circostanza provata documentalmente non contestata dalla controparte, pertanto, risulterebbe violato il disposto dell’articolo 112 c.p.c., che obbliga il giudice a pronunciarsi su tale domanda.
3.1 Il motivo proposto con il ricorso incidentale e’ fondato.
Nel giudizio di appello, non soltanto la richiesta di restituzione delle somme pagate alla controparte in esecuzione della sentenza di primo grado non configura una domanda nuova – essendo conseguente alla richiesta di modifica della decisione impugnata – e puo’ dunque essere proposta per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni, ma detta restituzione puo’, altresi’, essere disposta di ufficio dal giudice, atteso che l’articolo 336 c.p.c. (nel testo novellato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, articolo 38), secondo cui la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti ed agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, comporta che a seguito della sentenza di riforma vengono meno immediatamente – al fine di scoraggiare successive impugnazioni proposte a scopo dilatorio – sia l’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, sia l’efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva della stessa, conseguentemente rimasti privi di qualsiasi giustificazione, con la ulteriore conseguenza che il giudice di appello ha il potere di adottare direttamente i provvedimenti capaci di ripristinare la situazione precedente, non diversamente da quanto accade nella situazione disciplinata dall’articolo 669 novies c.p.c., in cui il giudice, nel dichiarare l’inefficacia del provvedimento cautelare, deve dare direttamente le disposizioni necessarie a ripristinare la situazione precedente (Sez. 3, Sent. n. 16170 del 2001).
5. In conclusione la Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.
6. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale. accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

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