Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 27 aprile 2020, n. 2662.
La massima estrapolata:
L’istituto della proroga della validità delle graduatorie concorsuali di per sé non potrebbe applicarsi alle procedure di arruolamento nelle Forze Armate e nei Corpi militari, essendo l’arruolamento stesso disciplinato da leggi speciali, in coerenza del resto con la peculiarità del rapporto di lavoro militare, espressamente riconosciuta dall’art. 2, comma 4, del D.L.vo 3 febbraio 1993 n. 29.
Sentenza 27 aprile 2020, n. 2662
Data udienza 23 aprile 2020
Tag – parola chiave: Forze armate e corpi militari – Procedure di arruolamento – Proroga della validità delle graduatorie concorsuali – Istituto – Applicazione – Esclusione – Art. 2, comma 4, del D.L.vo 3 febbraio 1993 n. 29 – Applicazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6535 del 2015, proposto dai signori An. Ma. e Gi. Pa., rappresentati e difesi dall’avvocato Gi. Ca. Pa., con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via (…);
contro
Ministero della Difesa, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
dei signori Fr. Ga., Ma. Ca. non costituitisi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, n. 13307/2014, resa tra le parti;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2020 svoltasi in videoconferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, d.l. n. 18 del 2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto innanzi al TAR per il Lazio, alcuni sottotenenti di complemento dell’Esercito Italiano chiedevano l’annullamento del bando di concorso del 10.6.2005 e degli atti presupposti e collegati – nonché la declaratoria del loro diritto all’arruolamento in servizio permanente – relativi al concorso per 24 sottotenenti in s.p.e. del Corpo di Amministrazione e Commissariato dell’Esercito (con riserva di posti in favore degli appartenenti al ruolo dei Marescialli).
Essi avevano già superato le prove selettive di cui ad un precedente bando del 2004 per 24 sottotenenti in s.p.e. per il medesimo Corpo, collocandosi tra i vincitori, ma l’amministrazione non aveva proceduto alla loro nomina per sopravvenute ragioni di contenimento della spesa pubblica, saturando solo la riserva di 14 posti disposta in favore degli appartenenti al ruolo dei Marescialli.
I relativi atti erano stati impugnati avanti allo stesso TAR, con ricorso all’epoca ancora pendente.
I ricorrenti si dolevano del fatto che l’amministrazione avesse dato luogo ad un nuovo concorso – di cui all’impugnato bando – invece di procedere allo “scorrimento” della precedente graduatoria.
In particolare, deducevano:
1) Eccesso di potere per sviamento dell’interesse pubblico. Illogicità ed ingiustizia manifesta. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 22, della l. n. 537 del 24.12.1993 nonché dell’art. 1, commi 100 e 102, della l. n. 311/2004. Violazione dei principi di economicità ed efficienza del procedimento amministrativo, consacrati nell’art. 97 della Costituzione e specificati dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 487/1994. Difetto assoluto di motivazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 15, comma 7, 19, comma 1 e 21, comma 4, del d.lgs. n. 487/1994.
L’amministrazione non aveva tenuto conto della normativa che manteneva la validità delle graduatorie di precedenti concorsi per diciotto mesi, di cui all’art. 15, comma 7, del d.P.R. n. 487 del 1994, come prorogato dall’art. 1, comma 100, della l. n. 311 del 2004.
Inoltre, i ricorrenti erano già vincitori e non semplici idonei nel precedente concorso ed erano stati esclusi dall’assunzione solo per problemi finanziari sopravvenuti.
Ne conseguiva che, una volta venuto a sussistere nuovamente l’interesse dell’amministrazione ad assumere – in deroga al c.d. “blocco delle assunzioni” per ragioni di rilevanza e urgenza, di cui all’art. 1, comma 96, l. n. 311/04 e all’art. 39, comma 3-ter, l. n. 449/97 – il decorso del tempo non poteva ridondare a danno dei precedenti vincitori e la medesima amministrazione avrebbe dovuto procedere allo scorrimento della precedente graduatoria, o quantomeno motivare la sua scelta di indire una nuova procedura concorsuale.
2. Con successivi e distinti atti di motivi aggiunti, ritualmente notificati e depositati, i ricorrenti originari nonché il ricorrente Sc. chiedevano anche l’annullamento di un ulteriore bando per 13 sottotenenti per il Corpo in questione nonché della graduatoria nel frattempo approvata per il concorso di cui al bando impugnato con il ricorso introduttivo.
3. Il TAR accoglieva il ricorso principale e in parte i motivi aggiunti.
In particolare, dichiarava questi ultimi improcedibili per carenza di interesse nella parte in cui era stato chiesto l’annullamento della graduatoria finale del primo concorso impugnato.
L’accoglimento veniva infatti statuito “nei limiti della rimozione dell’effetto preclusivo nei confronti dello scorrimento della graduatoria dell’ultimo concorso superato dai ricorrenti, con la conseguente loro collocazione in posizione utile”.
4. La sentenza è stata appellata dai signori Da. Ma. e Gi. Pa., i quali ritengono la suddetta pronuncia non integralmente satisfattiva per quanto concerne le statuizioni relative all’anzianità ai fini giuridici ed economici da assegnare agli stessi.
In particolare, posto che gli appellanti sono tutti idonei al servizio nell’esercito, essi hanno interesse ad ottenere anzianità di servizio pari a quella dell’ultimo candidato in graduatoria del concorso cui avevano originariamente partecipato (reclutamento di 24 sottotenenti in servizio permanente del ruolo special dell’E.I, con riserva di quattordici posti in favore degli appartenenti al ruolo dei marescialli pubblicato in G.U. 4^ss. n. 38 del 14.5.2004) e non di quello di cui avevano chiesto l’annullamento.
In tal senso invocano la decisione n. 369 del 2013, assunta da questo Consiglio in fattispecie analoga, ma in sede di ottemperanza.
Al riguardo, evidenziano peraltro che la sentenza sarebbe affetta anche dal vizio di ultrapetizione poiché nel ricorso di primo grado non era contenuta una domanda di accertamento in ordine all’anzianità giuridica da attribuire agli appellanti.
Essi domandano dunque che, in parziale riforma della suddetta sentenza, venga loro riconosciuta l’anzianità giuridica al 31.12.2004.
5. L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio con comparsa di stile.
6. All’udienza pubblica del 23 aprile 2020, la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18 del 2020.
7. L’appello è infondato e deve essere respinto.
8. Rileva in primo luogo il Collegio che, come evidenziato dagli stessi appellanti, nel ricorso di primo grado non era contenuta una domanda di accertamento del loro diritto all’assunzione, con contestuale rideterminazione dell’anzianità giuridica.
Nel contesto dell’impugnativa del bando di concorso del 10 giugno 2005, e della relativa graduatoria, la domanda di “arruolamento” era infatti formulata come conseguenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione del nuovo concorso.
Sicché, come da tempo chiarito da questo Consiglio (cfr., ex plurimis, sez. V, 11 ottobre 2018, n. 5864), in tale ipotesi “la contestazione investe l’esercizio del potere dell’amministrazione, a cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, la cui tutela spetta al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 63, comma 4, d.lg. n. 165 del 2001”.
Tuttavia, nel caso di specie, se si analizza la motivazione resa dal TAR (formulata in dichiarata adesione alla sentenza n. 1476 del 2012, pronunciata da questa Sezione in fattispecie analoga), risulta evidente che il primo giudice non ha affatto pronunciato “ultra petita” e che alla pretesa azionata da ricorrenti è stata chiaramente attribuita la natura di interesse legittimo.
In tal senso risultano significativi i passaggi della pronuncia del 2012, richiamati dal TAR, secondo cui “i vincitori di un pubblico concorso – e, a fortiori, i candidati non vincitori ma risultati idonei – non sono titolari di un diritto soggettivo alla nomina, potendo l’Amministrazione non procedervi nei casi in cui sia venuta meno la necessità o la convenienza di ricoprire i posti messi a concorso, ovvero in cui si siano verificati mutamenti oggettivi delle condizioni relative alla nomina. In linea di principio, va pure ribadito che l’Amministrazione conserva un’ampia discrezionalità ed ha una semplice facoltà, e non già un obbligo, di procedere allo scorrimento della graduatoria; sicché – sempre in linea di principio – può senz’altro reputarsi non prioritaria la copertura del posto di cui trattasi; e, del pari, possono essere ravvisate ragioni che depongano, se del caso, a favore dell’espletamento di un nuovo concorso (cfr., in tal senso, ad es., Cons. Stato, sez. V, 23 marzo 2004 n. 1517). Sempre in linea di principio, il Collegio condivide pure l’assunto di Cons. Stato, Sez. III, 27 luglio 1999 n. 493, secondo cui l’istituto della proroga della validità delle graduatorie concorsuali di per sé non potrebbe applicarsi alle procedure di arruolamento nelle Forze Armate e nei Corpi militari, essendo l’arruolamento stesso disciplinato da leggi speciali, in coerenza del resto con la peculiarità del rapporto di lavoro militare, espressamente riconosciuta dall’art. 2, comma 4, del D.L.vo 3 febbraio 1993 n. 29 (e, ora, dall’art. art. 3, comma 1, T.U. 30 marzo 2001 n. 165 e, soprattutto, dall’art. 621 e ss. del D.L.vo 15 marzo 2010 n. 66). […]”.
Il primo giudice ha peraltro ritenuto priva di motivazione la circostanza che nella fattispecie l’amministrazione avesse ” – in un lasso di tempo invero ristretto, in via del tutto asistematica e con complessiva diseconomia di tempo e di risorse finanziarie – dapprima bandito dei concorsi per la copertura di posti di ufficiali in s.p.e., riducendo successivamente il numero di posti stessi in dipendenza delle esigenze di contenimento della spesa pubblica e nondimeno bandendo poi, a breve distanza di tempo e non appena risultava possibile la copertura di ulteriori posti, nuovi concorsi ricusando di applicare la suesposta disciplina di proroga triennale della validità delle graduatorie non ancora esaurite. In tal modo, l’Amministrazione della Difesa ha infatti con ogni evidenza non solo disatteso le esigenze di speditezza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa imposte dall’anzidetto art. 97 Cost., ma ha anche concomitantemente inciso, in termini negativi, sulla stessa, materiale possibilità data dall’art. 51 Cost. a tutti i cittadini di partecipare ai pubblici concorsi”.
Da tale constatazione, il TAR ha quindi fatto discendere non già l’annullamento tout court del nuovo bando di concorso e della relativa graduatoria, bensì la modulazione dell’effetto demolitorio che è stato limitato all’implicito diniego di scorrimento della precedente graduatoria.
In tal modo, a ben vedere, il primo giudice non ha adottato una statuizione di “accertamento” bensì, ha anticipato alla fase di cognizione l’indicazione della misura ritenuta idonea all’attuazione del giudicato, secondo quanto oggi previsto dall’art. 34, comma 1, lett. e) del c.p.a..
In particolare, “in dipendenza della circostanza che la validità delle graduatorie in essere risulta prorogata ex lege per un consistente arco di tempo e che pertanto l’Amministrazione militare ben può provvedere in tale periodo a rimuovere gli effetti antigiuridici del proprio pregresso operato”, ha individuato tale misura nelle “scorrimento di graduatoria nei riguardi degli attuali ricorrenti attribuendo a questi, nell’ipotesi di loro incorporamento, la stessa anzianità assoluta dell’ultimo candidato vincitore e assunto per effetto del predetto bando concorsuale del 10 giugno 2005, senza corresponsione di arretrati stipendiali ma con integrale ricostruzione di carriera all’atto dell’incorporamento medesimo”, fermo restando il “positivo superamento da parte degli interessati delle prove fisiche e psico-attitudinali necessarie per l’accertamento dei relativi requisiti per l’accesso al servizio nel grado di sottotenente in s.p.e. dell’Esercito italiano e nelle mansioni del Corpo di appartenenza”.
In sostanza, l’anticipazione alla fase di cognizione di una misura tipica dell’ottemperanza – come oggi consentito dal c.p.a. – ha consentito al TAR di dare soddisfazione ai ricorrenti senza incidere sulla posizione di quanti si erano utilmente collocati nella graduatoria del concorso oggetto di impugnativa, e quindi senza procedere, preliminarmente, all’integrazione del contraddittorio.
Tale adempimento è stato infatti espressamente escluso proprio poiché, con tale decisione, non venivano “lese le posizioni giuridiche dei candidati vincitori diversi dai ricorrenti”.
8.1. Per quanto attiene alle doglianze articolate nel presente grado, va infine soggiunto che gli appellanti si sono limitati ad invocare la rideterminazione della rispettiva anzianità – o comunque a lamentare che il primo giudice si sia pronunciato in merito, in assenza di una specifica domanda – senza tuttavia correlativamente articolare specifiche critiche in ordine a quella parte della motivazione, in precedenza sintetizzata, in cui il TAR ha precisato (all’uopo richiamando la pronuncia n. 1476 del 2012 di questa Sezione), che il potere dell’amministrazione di scorrere la graduatoria ha carattere facoltativo e può comunque essere esercitato entro il termine di validità della stessa (sulla necessità di dedurre specifici motivi di contestazione in ordine alla correttezza del percorso argomentativo complessivo che ha fondato la decisione appellata, cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 27 marzo 2017, n. 2392).
9. Per quanto testé argomentato, l’appello deve essere respinto.
In considerazione della natura della controversia, appare tuttavia equo compensare integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 6535 del 2015, di cui in epigrafe, lo respinge.
Compensa le spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2020 svoltasi da remoto in videoconferenza ex art. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere, Estensore
Roberto Proietti – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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