Istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 9 gennaio 2020, n. 183

La massima estrapolata:

Non sussiste alcun obbligo per l’Amministrazione di pronunciarsi su un’istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile dall’esterno l’attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell’atto amministrativo mediante l’istituto del silenzio-rifiuto e lo strumento di tutela offerto; invero, il potere di autotutela si esercita discrezionalmente di ufficio, essendo rimesso alla più ampia valutazione di merito dell’Amministrazione. La giurisprudenza ha peraltro ampliato le ipotesi nelle quali è configurabile un obbligo di provvedere sulle istanze dei privati, affermando che tale obbligo sussiste, oltre che nei casi espressamente previsti da una norma, anche in ipotesi ulteriori nelle quali si evidenzino specifiche ragioni di giustizia ed equità che impongano l’adozione di un provvedimento. L’obbligo di provvedere sussiste, dunque, anche in relazione a fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità richiedono l’adozione di un provvedimento espresso ovvero tutte le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione (fattispecie relativa al provvedimento comunale che aveva assunto a suo presupposto l’ordine demolitorio contenuto nella sentenza di condanna penale; in detta sede era però pendente incidente di esecuzione diretto alla revoca del medesimo: circostanza ritenuta dal giudice tale da giustificare l’esistenza di un obbligo in capo al Comune di pronunciarsi sull’istanza di riesame prodotta dalla società interessata).

Sentenza 9 gennaio 2020, n. 183

Data udienza 29 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5855 del 2019, proposto da
Gr. Vi. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ci. Al. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Li. Vi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio- Sezione staccata di Latina Sezione Prima n. 00398/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2019 il Cons. Francesco Mele e uditi, per le parti, gli avvocati Ci. Al. Ma. e Li. Vi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società Gr. Vi. s.r.l. aveva presentato, nell’anno 2003, allo Sportello Unico Attività Produttive del Comune di (omissis) istanza per la realizzazione di un “Residence Turistico-Alberghiero”, in variante al PRG da zona “Servizi di quartiere, strada, parcheggio e rispetto stradale” a zona F/1 “Attrezzature turistico-alberghiere, verde, servizi, parcheggi, viabilità “.
La suddetta iniziativa, da realizzarsi in località Via (omissis), previa acquisizione dei necessari pareri regionali, veniva approvata, in variante al PRG, con deliberazione del Consiglio comunale n. 131 del 5-11-2007.
Successivamente, i lavori venivano autorizzati con il permesso di costruire n. 5653 del 30 aprile 2009, nonché con provvedimento autorizzativo unico, prot. n. 30557/U del 1° giugno 2009, rilasciato dallo Sportello Unico Attività Produttive del Comune.
Veniva, peraltro, instaurato un procedimento penale e la Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 4225/2015, disponeva la demolizione in parte qua delle opere realizzate in virtù degli atti di assenso rilasciati dall’ente locale.
A seguito della intervenuta irrevocabilità di tale sentenza, il Comune di (omissis), con atto prot. n. 11497/U del 14-2-2018, invitava la società a procedere alla demolizione “entro il termine perentorio di gg. 90 dalla data di notifica del presente atto […] con l’avvertimento che, in difetto, questa Amministrazione Comunale provvederà direttamente alla demolizione dell’opera ed al ripristino dello stato dei luoghi con spese a carico del responsabile dell’abuso”.
La Gr. Vi. s.r.l. impugnava tale atto in sede giurisdizionale e, nel contempo, in data 13-8-2018, formulava al Comune “istanza di riesame”, diretta all’annullamento in autotutela dello stesso ed all’accertamento della legittimità degli interventi edilizi eseguiti.
Stante l’inerzia del Comune, essa adiva, poi, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio-Sezione staccata di Latina, al fine di ottenere l’accertamento della illegittimità del silenzio serbato dal Comune di (omissis) sulla prefata istanza, nonché l’ordine giudiziale all’adozione dei provvedimenti richiesti.
Il Tribunale, peraltro, con sentenza n. 398/2019 del 30-5-2019 dichiarava l’inammissibilità del ricorso, ritenendo l’insussistenza di un obbligo di provvedere.
La statuizione giurisdizionale è motivata come segue.
“Rilevato che il ricorso è inammissibile in quanto, come spiega la costante giurisprudenza sul punto, non è ravvisabile alcun obbligo per l’Amministrazione di pronunciarsi su un’istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile ab extra l’attivazione del procedimento di riesame della legittimità degli atti amministrativi mediante l’istituto del silenzio-rifiuto, costituendo l’esercizio del potere di autotutela facoltà ampiamente discrezionale dell’Amministrazione, che non ha alcun dovere giuridico di esercitarla, con la conseguenza che essa non ha alcun obbligo di provvedere su istanze che ne sollecitino l’esercizio, per cui sulle stesse non si forma il silenzio e la relativa azione, volta a dichiararne l’illegittimità, è da ritenersi inammissibile (ex multis, T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 10-5-2018 n. 1251)”.
Avverso la prefata sentenza la società Gr. Vi. s.r.l. ha proposto appello, deducendone l’erroneità e chiedendone l’integrale riforma, con il conseguente accoglimento del ricorso di primo grado.
Essa ha, in particolare, rilevato che il Tribunale non si era pronunciato sulla istanza di riesame, relativamente alla parte in cui era richiesta la conferma della legittimità dei titoli edilizi rilasciati e mai ritirati dall’ente locale.
Ha, poi, argomentato in ordine alla sussistenza nella specie dell’obbligo di provvedere.
Questi i motivi di appello: 1) Sul travisamento dei fatti di causa-omessa decisione su un punto decisivo della controversia- violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.; 2) Difetto di motivazione ed illogicità manifesta – contraddittorietà della statuizione impugnata per violazione dei primari principi dell’affidamento, dell’autovincolo, del contrarius actus – violazione della legge n. 241/1990; 3) Sull’indirizzo giurisprudenziale richiamato dal giudice di primo grado e sulla errata ricostruzione logico-giuridica della quaestio iuris – sul necessario intervento dell’Adunanza Plenaria: delimitazione della portata applicativa dell’istituto del riesame confermativo di un provvedimento favorevole del privato reso in ossequio alla normativa vigente – violazione dei principi di effettività della tutela per denegata pronuncia – contraddittorietà dell’azione amministrativa ed illogicità manifesta – eccesso di potere per travisamento dei fatti ed omessa motivazione; 4) Violazione e falsa applicazione dei principi di certezza del diritto – violazione dell’articolo 41 (diritto a una buona amministrazione) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea – difetto di istruttoria e violazione dell’art. 41 Cost. – richiesta di devoluzione alla Corte di Giustizia di questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE.
Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis), rilevando l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.
La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione alla camera di consiglio del 29 ottobre 2019.

DIRITTO

L’appello è fondato nei sensi e nei limiti di seguito specificati.
Con l’istanza di riesame del 13-8-2018, non esitata dal Comune di (omissis), la Gr. Vi. s.r.l. ha chiesto in primo luogo l’annullamento in autotutela del provvedimento comunale prot. n. 11497/U del 14-2-2018, recante ordine di demolizione, con il quale la società è stata invitata “ad adempiere all’ordine impartito dalla Corte di Appello di Roma con sentenza n. 4247/2015 entro il termine perentorio di gg. 90 dalla data di notifica del presente atto con l’avvertimento che, in difetto, questa Amministrazione Comunale provvederà direttamente alla demolizione dell’opera ed al ripristino dello stato dei luoghi con spese a carico del responsabile dell’abuso”.
Essa ha, altresì, richiesto “l’accertamento della legittimità dell’intervento avente ad oggetto Residence Turistico-Alberghiero in loc. Via Provinciale (omissis) – (omissis) Km. 10+300 – Istanza 22.5.2003 – prot. 3134/VII – Soc. Gr. Vi. s.r.l. – Conformità paesaggistica”.
La società ha posto a fondamento della richiesta istanza di riesame: la piena legittimità dell’intervento in relazione all’esistenza di provvedimenti autorizzatori rilasciati dagli enti competenti; l’incompetenza del Dirigente ad adottare la misura demolitoria, dovendosi sul punto, in ragione del principio del contratrius actus, pronunciare il Consiglio Comunale; il difetto di competenza del Comune a dare esecuzione al giudicato penale; la piena conformità alla normativa di settore degli interventi edilizi eseguiti.
Ciò posto, rileva il Collegio che la questione portata alla cognizione del giudicante nel presente giudizio sul silenzio concerne la sussistenza di un obbligo di provvedere del Comune di (omissis) sull’istanza presentata dalla Gr. Vi. s.r.l.
La questione deve essere in primo luogo vagliata con riferimento alla domanda di annullamento dell’ordine di demolizione di cui all’atto prot. n. 11497/U del 14-2-2018.
In generale, la giurisprudenza ritiene che non sussiste alcun obbligo per l’Amministrazione di pronunciarsi su un’istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile dall’esterno l’attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell’atto amministrativo mediante l’istituto del silenzio-rifiuto e lo strumento di tutela offerto; invero, il potere di autotutela si esercita discrezionalmente di ufficio, essendo rimesso alla più ampia valutazione di merito dell’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, IV, 11-10-2019, n. 6923; II, 1-2-2019, n. 806; V, 27-12-2018, n. 7246).
Si afferma, in proposito, che non sussiste la possibilità di fare ricorso alla procedura del silenzio-rifiuto allo scopo di provocare il ricorso dell’Amministrazione all’autotutela, in quanto tale divieto trova il proprio fondamento nell’esigenza di evitare il superamento della regola della necessaria impugnazione dell’atto amministrativo nel termine di decadenza.
L’inesistenza di un obbligo di provvedere deriva, dunque, dalla circostanza che i poteri amministrativi di autotutela sono espressione dell’esercizio di una potestà tipicamente discrezionale, con la conseguenza che una richiesta di autotutela non determina in capo all’amministrazione un obbligo di provvedere, dovendo alla stessa essere riconosciuta una funzione meramente sollecitatoria (cfr. Cons. Stato, V, 1-7-2019, n. 4502).
Vi è, peraltro, che la giurisprudenza ha ampliato le ipotesi nelle quali è configurabile un obbligo di provvedere sulle istanze dei privati, affermando che tale obbligo sussiste, oltre che nei casi espressamente previsti da una norma, anche in ipotesi ulteriori nelle quali si evidenzino specifiche ragioni di giustizia ed equità che impongano l’adozione di un provvedimento (cfr. Cons. Stato, IV, 14-5-2010, n. 3024; VI, 11-5-2007, n. 2318).
L’obbligo di provvedere sussiste, dunque, anche in relazione a fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità richiedono l’adozione di un provvedimento espresso ovvero tutte le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione.
Ciò posto, ritiene il Collegio che la fattispecie per cui è causa presenti tratti di peculiarità che giustificano la non operatività del principio generale della insussistenza di un obbligo di provvedere sulla domanda di ritiro in autotutela di un precedente provvedimento adottato dall’amministrazione.
Va, invero, considerato che nella specie il provvedimento del quale si chiede il ritiro non risulta essere stato adottato in relazione a lavori eseguiti in assenza di un titolo edilizio né per effetto dell’annullamento operato dal Comune di (omissis) dei titoli edificatori in precedenza rilasciati.
Esso, invero, viene giustificato in relazione all’ordine di demolizione disposto dalla sentenza della Corte di Appello di Roma n. 4247/2015.
Si legge, infatti, nella nota del Comune di (omissis) prot. n. 11497/U del 14-2-2018: “La Corte di Appello di Roma – Ufficio Adempimenti Esecutivi-Settore Cassazione, con sentenza n. 4247/2015, pronunciata il 22-6-2015 in grado di appello di altra Tribunale di Latina n. 28/2014, divenuta irrevocabile il 23-9-2016, ha ordinato la demolizione delle opere abusivamente realizzate entro la fascia di m. 300 dalla linea di battigia del mare.
Le suddette opere concorrevano alla realizzazione di una struttura ricettiva a carattere alberghiero con reception, composta da n. 40 residenze turistiche con sottostanti magazzini e parcheggi, nonché ulteriori edifici destinati a ristorante ed asilo nido in (omissis) Provinciale (omissis) – San F. Circeo Km. 103+300 […] di cui al Provvedimento Autorizzativo Unico prot. n. 30577/U dell’1-6-2009.
Per quanto sopra, si invita la S.V. ad adempiere all’ordine impartito dalla Corte di Appello di Roma con la sentenza n. 4247/2015, entro il termine di giorni 90 dalla data di notifica del presente atto con l’avvertimento che, in difetto, questa Amministrazione comunale provvederà direttamente alla demolizione dell’opera ed al ripristino dello stato dei luoghi con spese a carico del responsabile dell’abuso […]”.
Va, inoltre, considerato che la società ha promosso, dinanzi al giudice penale, incidente di esecuzione volto alla revoca dell’ingiunzione a demolire emessa dalla Procura della Repubblica presso la Corte di Appello di Roma notificata il 30-6-2018 (si veda in proposito il ricorso di primo grado, pag. 4).
Orbene, proprio l’avere il provvedimento del Comune di (omissis) prot. n. 11497/U del 14-2-2018 assunto a suo presupposto l’ordine demolitorio contenuto nella sentenza di condanna penale e l’essere pendente, in detta sede, incidente di esecuzione diretto alla revoca del medesimo giustificano l’esistenza di un obbligo in capo al Comune di pronunciarsi sull’istanza di riesame prodotta dalla società Gr. Vi..
Invero, esigenze di giustizia sostanziale, correlate al peculiare contesto in cui il provvedimento è stato adottato (al fine di dare attuazione all’ordine del giudice penale, peraltro in tale sede contestato con l’incidente di esecuzione, e senza alcuna valutazione del Comune in ordine alla legittimità dei titoli edilizi in precedenza rilasciati) impongono l’adozione di un provvedimento espresso sulla proposta istanza di riesame; risultando tanto conforme al dovere di correttezza e di buona amministrazione di cui all’articolo 97 della Costituzione.
L’obbligo di provvedere va, peraltro, modulato, in relazione alla peculiarità della fattispecie, nei termini di seguito precisati.
La proposizione dell’incidente di esecuzione e la pendenza del medesimo (funzionali anch’essi a una pronuncia di ritiro della misura demolitoria) determinano, in prima battuta, l’obbligo per il Comune di dare avvio al procedimento di riesame; e ciò nel termine di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.
Di poi, avendo l’atto del quale si chiede il ritiro come presupposto l’ordine di demolizione oggetto dell’incidente di esecuzione, il procedimento andrà concluso solo dopo la pronuncia del giudice penale sull’incidente di esecuzione, risultando comunque questa elemento rilevante ai fini della determinazione da adottarsi dall’ente locale.
Va, inoltre, precisato che la presente decisione mantiene i suoi limiti nella declaratoria dell’obbligo del Comune di provvedere e, dunque, di avviare il procedimento ed adottare un provvedimento espresso conclusivo del medesimo, mentre non impinge sui contenuti della relativa determinazione amministrativa, attesa la natura discrezionale del provvedimento di autotutela.
Le medesime considerazioni sopra svolte, in ordine alla peculiarità della vicenda amministrativa per cui è causa ed alla sussistenza di ragioni di giustizia ed equità giustificative dell’obbligo di provvedere, valgono a ritenere sussistente tale obbligo anche in relazione all’istanza di accertamento della legittimità dell’intervento edificatorio posto in essere dalla Gr. Vi..
In proposito, deve essere considerato che il Comune ha richiesto l’esecuzione della demolizione delle opere edilizie, ma alcuna pronuncia ha esplicitato in ordine alla illegittimità dei titoli edificatori a suo tempo rilasciati né tantomeno ne ha disposto il ritiro.
Orbene, una statuizione, in termini di verifica, in ordine alla regolarità urbanistica degli stessi (dal contenuto positivo o negativo), oltre che per il rilievo di cui innanzi, si palesa inoltre dovuta anche in relazione alle seguenti ragioni.
Il privato, a sostegno della legittimità degli atti emanati in suo favore, deduce specifiche e nuove argomentazioni, evidenziando “la intercorsa abrogazione sia della legge n. 30/1974, ad opera della legge n. 10/2011, sia della legge, menzionata dal giudice penale, n. 52/1976, venuta meno a seguito della legge n. 6/2017, che all’articolo 4, co. 5, sancisce che restano abrogate le disposizioni richiamate nell’Allegato E, che a sua volta conferma l’abrogazione della legge n. 52/1976 (successiva alla legge n. 30/1974)”.
Rileva, poi, nella domanda di riesame, in relazione all’applicabilità della legge regionale 2 luglio 1974 n. 30 (che prevedeva l’inedificabilità della fascia dei 300 metri dalle coste marine fino all’entrata in vigore della legge regionale di approvazione del piano territoriale di coordinamento regionale), che ad oggi devono ritenersi superati gli originari vincoli in forza dell’approvazione del Piano Territoriale Paesistico (l.r. n. 24/1998).
Richiama, inoltre, i contenuti del PTPR, adottato con D.G.R. n. 556/2007 e n. 1025/2007 ed, in particolare, la norma transitoria di cui all’articolo 63, che consentirebbe l’intervento per cui è causa.
Orbene, tali argomenti richiedono certamente una specifica riflessione dell’Amministrazione, da rendersi in sede di verifica della legittimità dei provvedimenti abilitativi a suo tempo adottati.
Non può, infine, obliterarsi che una eventuale conferma, con argomentazioni rafforzative, della legittimità dell’intervento risulta elemento spendibile dal privato all’interno del procedimento di incidente di esecuzione e, pertanto, la pronuncia richiesta all’ente locale trova giustificazione anche nell’esigenza di tutela del diritto di difesa della società, così ulteriormente giustificando l’obbligo di provvedere sul punto.
L’Amministrazione adotterà, quindi, un provvedimento espresso e motivato (salvi restando i suoi contenuti) sulla richiamata istanza di accertamento della legittimità dell’intervento edificatorio per cui è causa nel termine di giorni quaranta dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.
In conclusione, dunque, l’appello deve essere accolto nei sensi sopra specificati e, per l’effetto, in riforma della gravata sentenza e in accoglimento del ricorso di primo grado, deve essere: a) dichiarato l’obbligo del Comune di (omissis) di provvedere sull’istanza della Gr. Vi. s.r.l. del 13-8-2018 così come in motivazione precisato e l’illegittimità del silenzio sulla stessa serbato dall’ente locale; b) ordinato al Comune di (omissis) di provvedere su tale istanza mediante adozione di un provvedimento espresso e motivato nei modi e nei termini specificati in motivazione.
Nel caso di inerzia del Comune, decorsi i termini sopra indicati, parte ricorrente potrà agire per la nomina di un commissario ad acta.
L’accoglimento dell’appello esime il Collegio dall’esaminare la richiesta di devoluzione alla Corte di Giustizia di questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE, formulata nell’atto di appello.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (cfr., ex multis, Cass. civ., V, 16-5-2012, n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
La peculiarità della controversia e la novità della questione affrontata giustificano l’integrale compensazione tra le parti costituite delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione staccata di Latina n. 398/2019 e in accoglimento del ricorso di primo grado, così provvede: a) dichiara l’obbligo del Comune di (omissis) di provvedere sull’istanza della Gr. Vi. s.r.l. del 13-8-2018 così come in motivazione precisato e l’illegittimità del silenzio sulla stessa serbato dall’ente locale; b) ordina al Comune di (omissis) di provvedere su tale istanza mediante adozione di un provvedimento espresso e motivato nei modi e nei termini specificati in motivazione.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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