Istanza diretta a sollecitare l’esercizio del potere di autotutela

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 29 maggio 2019, n. 3576.

La massima estrapolata:

In tema di istanza diretta a sollecitare l’esercizio del potere di autotutela, se non può legittimarsi un uso distorto e strumentale della richiesta di riesame che investa situazioni già valutate dall’amministrazione sì da rimettere in discussione rapporti già definititi e provvedimenti rimasti inoppugnati, nondimeno il concreto esercizio del potere di autotutela è pur sempre vincolato all’attuazione delle finalità per cui esso è attribuito dalla legge: il che porta a ritenere che, fermo restando il carattere discrezionale dell’autotutela, il riesame da parte dell’amministrazione, quale fase ad essa prodromica, possa ritenersi in taluni casi doveroso.

Sentenza 29 maggio 2019, n. 3576

Data udienza 14 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2095 del 2018, proposto da:
Ok Go. s.r.l. in proprio e in qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo con le imprese El. s.r.l. e Ph. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Cl. e Sa. Ta., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato An. Cl. in Roma, via (…);
contro
Gs. – Gr. Se. As. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. Po., Lu. De Pa., Lu. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Lu. Ma. in Roma, via (…);
nei confronti
Ae. di Ro. s.p.a., non costituito in giudizio;

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1894 del 2018, proposto da
Ae. di Ro. s.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fa. Ci., Lu. Le., Gi. Lo Pi., Pa. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Lo Pi. in Roma, via (…);
contro
Gs. – Gr. Se. As. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. Po., Lu. De Pa., Lu. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Lu. Ma. in Roma, via (…);
Ok Go. S.r.l. ed altri, non costituiti in giudizio;
Entrambi per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza, 2 febbraio 2018, n. 1255 resa tra le parti;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Gs. – Gr. Se. As. s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2019 il consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati An. Cl., Lu. Ma. Pa. Co., Fa. Ci.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con bando pubblicato nella G.U.U.E. del 10 novembre 2015 e sulla G.U.R.I. dell’11 novembre 2015, Ae. di Ro. s.p.a. (di seguito “Ad.” o “Ae. di Ro.”) indiceva una procedura ristretta, da aggiudicarsi con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento del servizio annuale di vigilanza antincendio nell’A. “Le. da Vi.” di Fi., con opzione di proroga sino ad un massimo di complessivi dodici mesi.
1.1. L’aggiudicazione definitiva della gara a favore del raggruppamento temporaneo di imprese tra Ok Go. s.r.l., quale mandataria, con le mandanti El. s.r.l. e Ph. s.r.l. (nel prosieguo “Ok Go.” o “Rti Ok Go.”) veniva poi annullata, con sentenza n. 323 del 10 gennaio 2017, dal Tribunale Amministrativo per il Lazio (per la ritenuta inidoneità del requisito di capacità tecnica speso dalla concorrente) su ricorso proposto dalla seconda classificata, GS.- Gr. Se. As. s.p.a. (di seguito “GS.”) e Ad., in ottemperanza alla sentenza di primo grado, affidava a quest’ultima il servizio con contratto del 27 gennaio 2017, risolutivamente condizionato ai sensi dell’art. 1353 c.c.all’accoglimento di eventuali appelli proposti nei confronti della sentenza.
1.2. A seguito della sentenza n. 4307 del 12 settembre 2017 di questa V Sezione del Consiglio di Stato con cui venivano accolti gli appelli di Ad. e di Ok Go. (e venivano respinti i ricorsi di primo grado e l’appello incidentale di GS., i cui motivi, pur rilevandone l’inutilità della decisione per carenza di interesse, stante l’accoglimento dell’appello principale, venivano esaminati nel merito “per ragioni di completezza”), con istanza del 20 settembre 2017 GS. invitava la stazione appaltante a non risolvere il contratto e a dichiarare, in autotutela, l’incongruità dell’offerta di Ok Go. o, comunque, a sottoporla a nuova verifica di anomalia in quanto, a suo dire, divenuta incongrua nell’intervallo temporale tra la precedente verifica del marzo 2016 e il mese di settembre 2017 in ragione di una sopravvenienza normativa che aveva determinato la cessazione di alcuni sgravi contributivi (previsti dall’art. 1, comma 178, legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”).
1.3. Con nota del 26 settembre 2017, Ad. affermava di non ravvisare “né i presupposti per l’annullamento in autotutela, né ragioni sufficienti a giustificare la revoca dell’aggiudicazione, la cui legittimità è stata confermata dalla sentenza” del Consiglio di Stato.
1.4. Successivamente, Ae. di Ro., dato atto dell’avvenuto verificarsi della condizione risolutiva espressa dedotta nel contratto sottoscritto con GS., ne dichiarava la risoluzione e stipulava (in data 17 ottobre 2017) il contratto con l’originario aggiudicatario.
2. Con ricorso proposto al T.a.r. per il Lazio- Roma GS. chiedeva di accertare l’illegittimità del silenzio-inadempimento serbato dalla stazione appaltante e dichiarare, per violazione dell’art. 21 quinquies legge n. 241 del 1990, “l’obbligo di Ad. di provvedere sull’istanza del 20.9.2017 di GS. e quindi di adottare ogni conseguente provvedimento formale, specifico ed espresso, diretto a dichiarare incongrua l’offerta del costituendo R.T.I. con capogruppo OK. s.r.l. e con mandanti Ph. ed El.”, lamentando violazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 97 del D.Lgs. n. 50 del 2016, dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 1, comma 178, della legge n. 208 del 2015.
L’impugnazione si fondava sul presupposto che la detta nota del 26 settembre non integrasse riscontro formale, espresso e specifico all’istanza di GS..
La ricorrente GS., inoltre, impugnava la detta nota, ove ritenuta di contenuto e valenza provvedimentale rispetto alla sua istanza, anche con ulteriore e autonomo ricorso dinanzi al T.a.r. Lazio (iscritto al numero 9951/2017), con cui veniva gravata anche la successiva nota del 4 ottobre 2017 con la quale Ad. aveva dichiarato risolto il contratto di appalto stipulato con GS..
2.1. Si costituiva in giudizio Ae. di Ro. che eccepiva in limine l’inammissibilità del ricorso per carenza originaria di interesse e per insussistenza dell’inerzia (vista la nota del 26 settembre 2017 con cui avrebbe provveduto a riscontrare l’istanza della ricorrente) e, inoltre, la sua improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse (in conseguenza dell’avvenuta stipula del contratto con il RTI Ok Go.), chiedendone comunque il rigetto a ragione della sua infondatezza.
2.2. Non si costituiva invece in resistenza il raggruppamento controinteressato, benché ritualmente intimato.
3. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale Amministrativo, disattese le eccezioni in limine formulate da Ad., ha ritenuto fondati i motivi di censura nei sensi e termini di cui in motivazione e, in accoglimento del ricorso, ha accertato e dichiarato l’obbligo di Ad. di dare motivato riscontro alla richiesta dell’interessata del 20 settembre 2017, anche ai sensi dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 “indipendentemente dalla risposta positiva o negativa che verrà fornita in esito al riesame, nel termine di venti giorni dalla notifica o comunicazione della sentenza, ai sensi dell’art. 117, comma 2, c.p.a.”.
3.1. Con nota del 22 febbraio 2018 (anch’essa impugnata da GS. con proposizione di motivi aggiunti al ricorso nel parallelo giudizio n. 9951/2017 dinanzi al T.a.r. Lazio) Ad. comunicava a GS. di aver compiuto il riesame rilevando all’esito “la piena sostenibilità dell’offerta anche dopo il venir meno degli sgravi predetti, alla luce dei dati sul costo del personale impiegato dall’ATI Ok Go….i quali risultano pacificamente compatibili con le valutazioni di congruità “; si precisava nella stessa nota che il riesame era stato effettuato in esecuzione della sentenza di prime cure “senza che ciò possa costituire in alcun modo acquiescenza alla sentenza del Tar Lazio n. 1255/2018 e con la più ampia riserva per ogni diritto, facoltà ed azione da noi esperibile”.
4. Per la riforma della sentenza Ae. di Ro. ha infatti proposto appello, deducendone l’erroneità e ingiustizia per aver respinto le eccezioni di inammissibilità e improcedibilità del ricorso di prime cure ed averlo, invece, ritenuto fondato nel merito.
4.1. Anche il RTI Ok Go. ha appellato la sentenza (con ricorso n. 2018-2095), lamentando l’erroneità ed illegittimità delle relative statuizioni che avevano accolto il ricorso di GS..
4.2. Si è costituita in resistenza GS., depositando memorie con cui ha illustrato le proprie tesi difensive e ha argomentato l’inammissibilità e l’infondatezza dei gravami proposti, chiedendone il rigetto.
4.3. Rinviata la discussione dei ricorsi per consentirne la trattazione congiunta con gli appelli (iscritti ai numeri 2018-6747 e 2018-06748 R.G.) proposti avverso la sentenza del T.a.r. per il Lazio, Roma, Sez. III, 30 luglio 2018, n. 8556 (resa nel citato giudizio n. 9951/2017 R.G.) che, in accoglimento del ricorso di GS. come integrato da motivi aggiunti, ha annullato l’aggiudicazione disposta in favore del RTI Ok Go. in ragione della ritenuta intervenuta modifica dell’offerta di quest’ultimo, all’udienza del 14 febbraio 2019, le cause sono state infine trattenute in decisione.

DIRITTO

5. Deve preliminarmente essere disposta la riunione degli appelli perché proposti avverso la medesima sentenza, e quindi ai sensi dell’art. 96, comma 1, Cod. proc. amm.
6. La Sezione, in primo luogo, rileva come la decisione sugli appelli in questione proposti avverso la sentenza che ha dichiarato l’illegittimità del silenzio serbato da Ad. e il conseguente obbligo di provvedere sull’istanza di GS. diretta ad accertare fattori sopravvenuti di anomalia dell’offerta aggiudicataria risulti logicamente pregiudiziale rispetto alla delibazione dei gravami proposti dalle odierne appellanti avverso la citata sentenza del T.a.r. Lazio n. 8556 del 2018 che ha dichiarato l’illegittimità della verifica di perdurante sostenibilità dell’offerta del RTI Ok Go., svolta dalla stazione appaltante in esecuzione, non acquiescente, alla sentenza impugnata in questa sede.
7. Giova, sempre in via preliminare, evidenziare come non risulti necessario aderire alla richiesta di differimento della trattazione o di sospensione dell’odierno giudizio formulata dalla difesa di GS. in attesa della pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione, adita con ricorso ai sensi dall’art. 111 Cost. dalla stessa GS. per l’annullamento della sentenza n. 4307/2017 sotto il profilo dell’eccesso di potere giurisdizionale (per diniego del potere- dovere di giudicare a ragione dell’asserita violazione dei principi in tema di interesse ad agire e di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale) in cui sarebbe incorso questo Consiglio per non avere esaminato in tale pronunzia gli ulteriori motivi di appello incidentale avverso l’ammissione della terza classificata Gielle di Galantucci Luigi, sull’assunto che dalla sua esclusione e dalla conseguente mancata adozione del criterio del confronto a coppie sarebbe derivata la sicura prevalenza di GS. nella gara in oggetto.
7.1. Ed invero, le questioni oggetto del ricorso in cassazione avverso la sentenza n. 4307/2017 non rivestono alcuna valenza pregiudiziale ai fini della decisione della presente controversia che, anche in caso di accoglimento, non perderebbe comunque la sua utilità, attenendo l’odierno giudizio alla diversa e autonoma questione della configurabilità di un obbligo di provvedere sull’istanza dell’odierna appellata.
7.2. A tale dirimente considerazione si aggiunga, poi, che per un verso, le parti non hanno risolutivamente condizionato il contratto stipulato con GS. e la produzione dell’effetto risolutivo al passaggio in giudicato della sentenza di appello (ovvero all’inesperibilità di impugnazioni nei confronti della stessa, nei casi e con i limiti previsti dalla legge), ma al solo esito favorevole del gravame (id est: al suo accoglimento), per altro verso a tale evenienza comunque non conseguirebbe, contrariamente a quanto asserito dall’appellata GS., la reviviscenza della sentenza di primo grado (nella specie la n. 323/2017 del T.a.r. per il Lazio) e, per l’effetto, l’automatica aggiudicazione della gara in favore di GS., ma la mera riassunzione del giudizio (all’esito della cassazione della sentenza di appello con rinvio) dinanzi al Consiglio di Stato per l’adozione di una nuova decisione che “non si sostituisce ad altra precedente, ma interviene direttamente sulla domanda proposta dalle parti” (Cons. di Stato, Sez. V, 28 marzo 2018, n. 1940).
7.3. Per tali ragioni, l’eventuale accoglimento del ricorso in cassazione avverso la sentenza di appello di questa Sezione non determinerebbe il venir meno dell’interesse alla decisione del presente giudizio.
8. Deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione di inammissibilità degli appelli proposti, formulata da GS., secondo la quale l’adozione del provvedimento di riesame del 22 febbraio 2018 da parte di Ad. avrebbe determinato acquiescenza all’obbligo di provvedere disposto dalla sentenza in epigrafe qui impugnata.
8.1. L’eccezione è infondata.
8.2. Come già evidenziato in narrativa, il riesame della verifica di anomalia è stato effettuato dall’appellante Ad. in esecuzione alla sentenza di prime cure “senza che ciò possa costituire in alcun modo acquiescenza alla sentenza del Tar Lazio n. 1255/2018 e con la più ampia riserva per ogni diritto, facoltà ed azione da noi esperibile”.
8.2. L’appellante Ad. non ha, dunque, mai prestato acquiescenza alla sentenza di primo grado (della quale ha chiesto e ha continuato a chiedere la riforma) perché non ha inteso darvi, come sostiene GS., spontanea esecuzione, esercitando un potere che in precedenza aveva ritenuto di non esercitare: secondo pacifico orientamento giurisprudenziale, infatti, l’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329, comma 1, Cod. proc. civ., configurabile anteriormente alla proposizione del gravame, consiste nell’accettazione della pronuncia, ossia nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare, sia in forma espressa sia attraverso atti incompatibili con la volontà di avvalersi dei rimedi impugnatori e dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa e univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia (cfr. ex multis Consiglio di Stato, V, 23 aprile 2018, n. 2419; Cons. di Stato, IV, 19 ottobre 2015, n. 4781).
8.3. Deve parimenti escludersi che abbia prestato acquiescenza alla sentenza Ok Go. che ha censurato la successiva pronunzia del T.a.r. Lazio 8556/2018 (con l’appello n. 6748/2018 R.G.) tra l’altro proprio sull’assunto che “la verifica non doveva e non poteva essere effettuata”, dovendo perciò considerarsi tamquam non esset: come dedotto dalla stessa parte appellante, peraltro, l’auspicato accoglimento dell’appello in epigrafe travolgerebbe gli atti adottati da Ad. in esecuzione della sentenza gravata.
8.4. Non può poi attribuirsi alcuna portata dirimente alla distinzione, operata da GS., tra l’esecuzione di una sentenza di primo grado resa all’esito di un giudizio di cognizione, recante una statuizione di annullamento o di attribuzione di un bene della vita (che in tesi non determinerebbe l’acquiescenza alla stessa), e quella emessa a conclusione di un giudizio sul silenzio, che ha dichiarato l’obbligo di provvedere dell’amministrazione sull’istanza del privato: ciò in quanto in ogni caso di sentenza lesiva degli interessi della parte, l’acquiescenza opera allo stesso modo configurandosi soltanto qualora la parte accetti la pronuncia, manifestando in modo preciso e univoco la volontà di non avvalersi dei rimedi impugnatori.
8.5. Detta evenienza, per quanto detto, non si è affatto verificata nel caso di specie ove, a prescindere da ogni questione sulla natura (meramente confermativa o innovativa della realtà fattuale e giuridica) del provvedimento in esame, la rinnovata verifica di congruità operata dall’amministrazione in ottemperanza alla sentenza esecutiva di primo grado non elide il dato di fondo costituente l’aspetto centrale e il vero thema decidendum del presente giudizio: ovvero che Ad. riteneva e continua a ritenere insussistente e incoercibile un obbligo di provvedere sulle istanze di GS. dirette ad ottenere una nuova verifica di anomalia al fine di valutare l’attuale sostenibilità dell’offerta anche dopo la decadenza dei regimi di decontribuzione previsti dalla citata disciplina normativa.
9. Nel merito gli appelli sono infondati.
9.1. La Sezione rileva che non sono meritevoli di favorevole considerazione le censure formulate dalle appellanti avverso le statuizioni della sentenza impugnata che hanno ritenuto suscettibile di accoglimento il ricorso di GS., sotto il profilo della sussistenza in capo alla stazione appaltante di un obbligo di riesame connesso alla fattispecie disciplinata dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 e derivante da circostanze sopravvenute oggettive tali da rendere plausibile o, comunque, possibile l’anomalia dell’offerta aggiudicataria.
9.2. Deve, infatti, rilevarsi come il primo giudice abbia fatto buon governo dei consolidati principi giurisprudenziali in materia di esercizio dei poteri di autotutela e revoca del provvedimento amministrativo per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, esercitabile anche in relazione all’aggiudicazione di un appalto pubblico nella fase immediatamente successiva alla scelta del contraente e precedente alla stipula del contratto, rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo.
9.3. In particolare, è ben vero, come del resto ha rilevato anche la sentenza impugnata, che per la consolidata giurisprudenza l’amministrazione non ha l’obbligo di pronunciarsi in maniera esplicita su un istanza diretta a sollecitare l’esercizio del potere di autotutela (che costituisce una manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa, di cui è titolare in via esclusiva l’amministrazione per la tutela dell’interesse pubblico) e che il potere di autotutela è incoercibile dall’esterno attraverso l’istituto del silenzio-inadempimento ai sensi dell’art. 117 c.p.a. (cfr. ex multis, Cons. di Stato, V, 4 maggio 2015, n. 2237; Cons. Stato, sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4309; 7 luglio 2014, n. 3426; 24 settembre 2013, n. 4714; Sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 355; sez. V, 3 ottobre 2012, n. 5199; sez. VI, 9 luglio 2013, n. 3634).
9.4. Ciò posto in linea di principio, rileva innanzitutto la Sezione come il tribunale, richiamato correttamente detto orientamento giurisprudenziale, ha altrettanto correttamente indicato le ragioni per cui nella peculiare fattispecie in esame tale indirizzo non potesse trovare piena applicazione nel senso prospettato dalle appellanti e dovesse, invece, ritenersi sussistente un obbligo di Ad. di provvedere espressamente sull’istanza formulata dall’orinaria ricorrente.
9.5. Se, infatti, non può legittimarsi un uso distorto e strumentale della richiesta di riesame che investa situazioni già valutate dall’amministrazione sì da rimettere in discussione rapporti già definititi e provvedimenti rimasti inoppugnati (con pregiudizio per il principio di certezza dell’azione amministrativa), nondimeno il concreto esercizio del potere di autotutela è pur sempre vincolato all’attuazione delle finalità per cui esso è attribuito dalla legge (del perseguimento, secondo le migliori modalità, dell’interesse pubblico, nella comparazione con i differenti interessi coinvolti nella vicenda oggetto di valutazione): il che porta a ritenere che, fermo restando il carattere discrezionale dell’autotutela, il riesame da parte dell’amministrazione, quale fase ad essa prodromica, possa ritenersi in taluni casi (e non solo in relazione ad atti vincolati) doveroso.
9.6. Ai fini che qui interessano, deve rilevarsi come detta regola risulti poi applicabile anche con riguardo all’accertamento di anomalia: in particolare, in presenza di fatti sopravvenuti incidenti sugli elementi costitutivi dell’offerta (specie allorquando, come nella fattispecie in oggetto, detti fattori intervengano prima della conclusione del contratto e l’avvio della commessa) una nuova verifica di anomalia è funzionale ad evitare che l’eccessivo ribasso offerto influisca negativamente sulla corretta esecuzione del servizio secondo determinati standard di qualità e a valutarne l’effettiva ed attuale sostenibilità .
L’effettivo accertamento di una non più perdurante affidabilità dell’offerta ben potrà poi costituire presupposto per l’esercizio di autotutela da parte dell’amministrazione, ove essa valuti la sussistenza di un interesse pubblico alla rimozione dell’aggiudicazione, senza che in ciò possa ravvisarsi alcun pregiudizio agli immanenti e fondamentali principi di stabilità e celerità delle procedure di gara e di affidamento e di certezza dell’azione amministrativa.
9.7. Tali osservazioni inducono, dunque, la Sezione a respingere la censura delle appellanti con cui è stata ribadita l’inammissibilità del ricorso di primo grado avverso il silenzio serbato da Ad.: detto rimedio, invero, non è stato affatto utilizzato nella specie per sottrarsi al carattere definitivo e inoppugnabile dei provvedimenti conseguente alla definizione dei giudizi amministrativi, ma per far valutare alla stazione appaltante fatti del tutto nuovi da quelli esaminati ed esaminabili nei precedenti segmenti del procedimento amministrativo e nei giudizi relativi alla legittimità degli atti di gara.
9.8. Ne consegue che, applicando dette coordinate ermeneutiche alla fattispecie oggetto di giudizio, non può revocarsi in dubbio che, verificata in origine la non anomalia dell’offerta del RTI odierno appellante anche con riguardo al costo del personale specie in considerazione degli sgravi contributivi riconosciuti ex lege n. 208 del 2015, in presenza di una modifica normativa che, determinando la cessazione di quelle agevolazioni, ha inciso su tali parametri, oggetto di specifica valutazione e apprezzamento e quindi effettivamente idonei a compromettere la “congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta”, non poteva ritenersi meramente confermabile l’originaria aggiudicazione, ripristinata a seguito della sentenza di questa Sezione n. 4307 del 2017 di accoglimento dell’appello, senza ulteriori valutazioni in ordine agli eventuali profili di sopravvenuta anomalia: ciò tanto più che, in base a consolidati principi giurisprudenziali richiamati anche dal primo giudice (vedi Cons. di Stato, III, 15 maggio 2017, n. 2252), per un verso, l’incidenza del costo del lavoro risponde a finalità di tutela dei lavoratori e, quindi, a valori sociali e di rilievo costituzionale, per altro verso la qualità del servizio offerto dipende anche, in modo significativo, dall’utilizzo di personale qualificato ed equamente retribuito, con la conseguenza che il costo del personale e la sua conformità ai valori economici previsti dalla normativa vigente deve essere apprezzato con particolare rigore.
9.9. Non si tratta a ben vedere di ammettere, come assume l’appellante Ad., “una sorta di obbligo di sindacato permanente sulla congruità delle offerte presentate”, ma soltanto di riconoscere che allorquando, come nella fattispecie in esame, la situazione di fatto rappresentata in gara per effetto di sopravvenienze fattuali o giuridiche risulti diversa da quella che precede la stipula del contratto, si impone alla stazione appaltante l’obbligo di verificare mediante i necessari accertamenti la permanente affidabilità, serietà e congruità dell’offerta: come, infatti, devono ritenersi ammissibili giustificazioni delle imprese concorrenti che, fondandosi su fatti sopravvenuti o sopravvenienze normative, consentano di ritenere chiara l’adeguatezza dell’offerta, allo stesso modo non pare revocabile in dubbio che dette sopravvenienze possano incidere anche negativamente sulla sua sostenibilità, pregiudicando l’interesse pubblico alla corretta e regolare esecuzione del servizio affidato.
10. Sotto altro concorrente profilo non può ritenersi che la nota del 26 settembre 2017 abbia in concreto riscontrato l’istanza di GS., così determinando il venir meno della situazione di inerzia qui contestata da parte della stazione appaltante ed elidendo l’obbligo di provvedere: è appena il caso di osservare che con quella nota l’appellante Ae. di Ro. non abbia assunto alcuna determinazione in ordine alla necessità di sottoporre l’offerta ad ulteriore e nuova verifica di anomalia né all’adozione come richiesto da GS. di “ogni conseguente provvedimento formale, specifico ed espresso, diretto a dichiarare incongrua l’offerta del costituendo R.T.I.”.
10.1. Rispetto a tale richiesta inerente l’eventuale esistenza di fattori sopraggiunti di anomalia dell’offerta, che costituiva il fulcro dell’istanza e l’oggetto dell’invocato potere di riesame, Ad. non ha fornito alcun riscontro, limitandosi piuttosto con la nota in esame ad affermare di non ravvisare “né i presupposti per l’annullamento in autotutela, né ragioni sufficienti a giustificare la revoca dell’aggiudicazione”, anche in considerazione della sentenza del giudice di appello che ne aveva confermato la legittimità, in tal modo obliterando del tutto la questione posta dall’istante in ordine alla sopravvenuta cessazione degli sgravi contributivi (sin dal 31 dicembre 2016).
10.2. Peraltro, la stessa nota del 22 febbraio 2018 con cui Ad. ha comunicato di aver provveduto al riesame in esecuzione della sentenza di prime cure, ma senza che ciò importasse acquiescenza alla stessa, consente di trarre conferma che la predetta appellante, per un verso, ritenga tuttora insussistente nella fattispecie l’inerzia provvedimentale (asserendo che l’istanza di revisione di congruità dell’offerta fosse, in definitiva, strumentale e finalizzata ad ottenere unicamente una revisione in autotutela dell’aggiudicazione), per altro verso continui a negare in radice l’esistenza di un siffatto obbligo di riesame assumendo che esso rientrasse nelle sue prerogative discrezionali (e fosse pertanto incoercibile) e che, comunque, non era in concreto esercitabile, non potendo nel caso in esame determinare la revoca in autotutela di un’aggiudicazione che, a seguito della stipula del contratto, aveva ormai esaurito i suoi effetti.
10.3. La circostanza per cui detta nota sia stata poi pure autonomamente impugnata dinanzi al T.a.r. adito nel parallelo giudizio (definito con la sentenza 8556 del 2018) non consente, inoltre, di ritenere superato l’interesse ad agire di GS. per effetto del presunto venir meno dell’inerzia serbata dalla stazione appaltante sulla sua istanza, come dimostrerebbe l’asserito implicito riconoscimento da parte della stessa GS. di una valenza provvedimentale della nota in parola: deve al riguardo rilevarsi come GS. abbia spiegato autonomo ricorso avverso la nota “ove di contenuto provvedimentale” (risultando perciò la relativa questione sulla sua effettiva natura ancora sub iudice, come correttamente rilevato dal tribunale), senza con ciò contraddire l’assunto secondo cui essa non sia in alcun modo satisfattiva dell’interesse perseguito dal privato (in quanto con essa l’amministrazione si limitava a non ravvisare i presupposti dell’autotutela, ma non procedeva ad alcun riesame sull’attuale sostenibilità dell’offerta); sicché deve ritenersi permanente la violazione ed elusione da parte di Ad. dell’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso.
10.4. A ciò consegue dunque la piena ammissibilità nella fattispecie del ricorso avverso il silenzio, con cui ai sensi dell’art. 31, comma 1, Cod. proc. amm., “decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casi previsti dalla legge, chi vi ha interesse può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere” e che, in base al comma 2 della stessa norma, “può essere proposto fintantoché perdura l’inadempimento” (id est: fino a quando l’amministrazione non si pronunzi sull’istanza dell’interessato).
10.5. Del resto, come già evidenziato nel capo relativo al rigetto dell’eccezione preliminare di inammissibilità degli appelli, il provvedimento di riesame intervenuto tra i due gradi di giudizio, in esecuzione, non acquiescente, alla sentenza di prime cure, non consente neppure di ritenere superata la questione inerente l’accertamento dell’obbligo di provvedere, costituente appunto l’oggetto del presente giudizio.
10.6. Merita, dunque, conferma la sentenza appellata nella parte in cui ha rilevato che non potesse ritenersi inammissibile il ricorso per originaria carenza di interesse di GS., proprio perché quella nota recante quei contenuti non poteva in alcun modo considerarsi satisfattiva dell’obbligo sopra indicato. L’istanza di GS. non era infatti volta ad ottenere l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione a favore di Ok Go., ma diretta a monte allo svolgimento di una nuova verifica in ordine alla sostenibilità dell’offerta: il che imponeva non già l’esercizio di un potere discrezionale di revoca, in autotutela, dell’aggiudicazione, ma un obbligo di riesame finalizzato alla conferma (o meno) dell’aggiudicazione a tutela sia dell’interesse dell’impresa seconda graduata ad una competizione trasparente e ad una legittima valutazione delle offerte in gara, sia dell’interesse pubblico ad individuare, all’esito della procedura, il miglior concorrente e a stipulare con soggetti che garantiscono l’affidabilità e la qualità del servizio offerto (e, nel particolare caso oggetto di giudizio, di un servizio essenziale per la sicurezza di un così importante scalo aeroportuale).
10.7. Devono parimenti ritenersi corrette le statuizioni della sentenza di prime cure nella parte in cui hanno escluso la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso, tale da determinarne l’eccepita improcedibilità, a ragione dell’intervenuta stipula del contratto: è appena il caso di osservare a riguardo che l’istanza di provvedere è del 20 settembre 2017, ininfluente risultando rispetto ad essa, sotto il profilo della permanenza dell’interesse ad agire, la successiva stipula del contratto di appalto tra la stazione appaltante e il raggruppamento Ok Go. in data 17 ottobre 2017.
10.8. Per le stesse ragioni non rappresenta profilo dirimente ai fini della decisione l’argomento speso dalle appellanti al fine di sostenere l’erroneità della sentenza impugnata secondo cui l’intervenuta stipula del contratto precluderebbe in radice l’esercizio dei poteri di autotutela, inibendo comunque alla stazione appaltante di revocare o annullare il provvedimento di aggiudicazione.
10.8.1. Deve, infatti, evidenziarsi come, la questione prospettata dalle appellanti in ordine all’impossibilità di revocare, in autotutela, l’aggiudicazione di un appalto pubblico anche dopo la stipulazione del contratto (questione risolta in senso negativo dalla più recente giurisprudenza che, in tal caso, ritiene applicabile il diverso rimedio, di natura negoziale, del recesso dal contratto: cfr. Cons. di Stato, Ad. Plen. 20 giugno 2014, n. 14; Cons. di Stato, III, 29 novembre 2016, n. 5026) non rileva ai fini della decisione della presente controversia: ciò in quanto, da un lato, l’istanza di GS. non era diretta ad ottenere la revoca dell’aggiudicazione nell’esercizio dei poteri discrezionali di autotutela, ma, a monte, una rinnovata verifica di anomalia dell’offerta (alla luce delle sopravvenienze evidenziate) strumentale alla conferma dell’aggiudicazione al RTI Ok Go. (non effettuabile in modo automatico stante la sopravvenienza di fatti nuovi tali da determinare appunto un obbligo di riesame), dall’altro la stipula del contratto non poteva assurgere a circostanza ostativa rispetto alla revoca dell’aggiudicazione non essendo in effetti essa ancora intervenuta all’epoca della presentazione dell’istanza diretta ad ottenere la rivalutazione della congruità dell’offerta.
10.8.2. Sotto altro concorrente profilo, la Sezione rileva, altresì, come inconferente risulti il richiamo operato dalle appellanti ai principi affermati dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di cui alla sentenza 20 giugno 2014, n. 14 (che riguardava la differente ipotesi di revoca intervenuta dopo un considerevole lasso temporale dalla conclusione del contratto e motivata sulla base di sopravvenuti motivi di interesse pubblico e di mutate esigenze della stazione appaltante insorte nel corso dell’esecuzione dell’appalto): detti principi non si attagliano alla fattispecie qui al vaglio ove, per un verso, il contratto non era stato ancora stipulato al momento della proposizione dell’istanza a provvedere, per altro verso le questioni prospettate con detta richiesta di riesame attenevano all’aggiudicazione e a vizi suoi propri (sotto il profilo dell’anomalia dell’offerta del RTI aggiudicatario) e, in definitiva, ad una fase antecedente a quella della stipulazione del contratto (di cui l’aggiudicazione costituisce evidentemente presupposto costitutivo e fondante.)
Peraltro, come affermato dalla pacifica giurisprudenza richiamata dalla stessa appellante Ok Go. “in via generale, mentre la revoca resta impraticabile dopo la stipula del contratto d’appalto pubblico, dovendo utilizzarsi, in quella fase, il diverso strumento del recesso, prima del perfezionamento del documento contrattuale, al contrario, l’aggiudicazione è pacificamente revocabile” (Cons. di Stato, III, 29 novembre 2016, n. 5026).
Anche sotto tale profilo, dunque, l’intervenuta stipula del contratto tra le odierne appellanti non ha determinato il venir meno dell’interesse qualificato in capo alla GS. al ricorso finalizzato ad imporre alla stazione appaltante la rinnovata valutazione della componente dell’offerta dell’O. Go..
10.9. A ciò si aggiunga che, come rilevato dal giudice di prime cure, sia la natura (confermativa o meno dell’aggiudicazione) della predetta nota del 26 settembre 2017 e della successiva del 4 ottobre 2017, sia le ulteriori determinazioni dell’amministrazione erano all’epoca della sentenza impugnata ancora sub iudice, a seguito dei ricorsi allora pendenti dinanzi al tribunale (e definiti con la sentenza del T.a.r. Lazio n. 8556/2018, oggetto degli appelli di Ad. e Ok Go. di cui ai nn. 2018-06497 e 2018-6748 R.G., trattati congiuntamente agli odierni gravami).
11. Quanto infine alle doglianze secondo cui il giudice amministrativo non potrebbe sostituirsi alla stazione appaltante imponendo a quest’ultima la revoca dell’aggiudicazione è sufficiente osservare che nessuna valutazione discrezionale o di opportunità è stata effettuata nella sentenza impugnata (che non contiene alcuna statuizione di carattere conformativo circa il tipo e il contenuto di provvedimento da adottare).
11.1. Il tribunale nell’accogliere il ricorso di GS., ritenendone la fondatezza, invero, non ha esorbitato dai limiti del sindacato giurisdizionale né ha invaso sfere di discrezionalità riservate all’amministrazione, ma si è pronunziato nei limiti della domanda proposta con il ricorso introduttivo volta ad accertare se sussistessero i presupposti per dichiarare l’obbligo della stazione appaltante di verificare, nella fase precedente alla stipula del contratto e prima dell’avvio della commessa, l’effettiva, concreta e attuale corrispondenza tra quanto dichiarato in origine nel procedimento di verifica di anomalia e la situazione di fatto sull’assunto che essa si fosse sensibilmente modificata: detto peculiare obbligo, costituente espressione del più generale dovere dell’amministrazione di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento espresso, a prescindere dall’esistenza di una specifica norma che lo contempli (e, dunque, dell’addotta inapplicabilità, secondo le prospettazioni delle appellanti, dell’art. 97 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 alla gara in oggetto, il cui bando è stato pubblicato prima dell’entrata in vigore del citato decreto), riposa sui generali principi di efficacia, efficienza, trasparenza e imparzialità, nonché sui doveri di correttezza e buon andamento dell’azione amministrativa.
12. In conclusione gli appelli vanno respinti e deve essere confermata la sentenza impugnata.
13. Sussistono giusti motivi, in considerazione della complessità delle questioni trattate, per disporre la compensazione tra le parti delle spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, così provvede: a) riunisce gli appelli; b) li respinge.
Dispone compensarsi tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere, Estensore

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