Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 3 febbraio 2020, n. 4395
Massima estrapolata:
Nella ipotesi di cui all’art.609 quater cod. pen., l’adesione, sia pur viziata dalla indisponibilità del diritto ratione aetatis, della persona offesa alla condotta delittuosa compiuta ai suoi danni fa si che neppure tali possibili fattori di riscontro del suo narrato siano abitualmente rinvenibili.
Sentenza 3 febbraio 2020, n. 4395
Data udienza 20 settembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAMACCI Luca – Presidente
Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere
Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 11206/2018 della Corte di appello di Roma del 11 ottobre 2018;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. FIMIANI Pasquale, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso;
sentito, altresi’, l’avv. (OMISSIS), del foro di Roma, in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), del foro di Tivoli, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 11 ottobre 2018, la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione con la quale, il precedente 11 novembre 2015, il Tribunale di Tivoli aveva dichiarato la penale responsabilita’ di (OMISSIS) in ordine al reato di cui all’articolo 609 quater c.p., comma 1, nn. 1 e 2, per avere avuto, in piu’ occasioni, rapporti sessuali con tale (OMISSIS), in epoca in cui la minore era in eta’ inferiore agli anni 14 ed in eta’ in cui la medesima era in eta’ inferiore ad anni sedici, approfittando sia della relazione domestica esistente fra lui e la ragazza, in quanto lo stesso era convivente della nonna materna di costei, sia del fatto che la ragazza gli era stata affidata per ragioni di istruzione, essendo egli maestro di ballo della minore presso una locale scuola di danza.
Con la medesima sentenza il Tribunale tiburtino aveva assolto, per insussistenza del fatto, il (OMISSIS) dal reato di cui all’articolo 612 c.p., commesso, secondo la non avallata ipotesi accusatoria, anch’esso in danno della (OMISSIS).
La Corte territoriale ha confermato la sentenza del giudice di primo grado anche con riferimento alla pena inflitta all’imputato, consistente, previa unificazione delle diverse condotte sotto il vincolo della continuazione, in anni 7 di reclusione, oltre accessori ed oltre il risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, cioe’ la persona offesa e la di lei madre, da liquidarsi in separato giudizio.
Avverso la predetta sentenza della Corte di Roma ha interposto ricorso per cassazione il (OMISSIS), articolando a tal fine due distinti motivi di impugnazione.
Il primo motivo ha ad oggetto il riferito vizio di motivazione della sentenza impugnata, essendo stata la condanna del prevenuto fondata esclusivamente sulle dichiarazioni rese a suo carico dalla persona offesa, senza che le medesime siano sostenute da alcun riscontro esterno.
Il secondo motivo di ricorso, a sua volta, riguarda, sotto il riferito duplice profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, il mancato riconoscimento della circostanza attenuante ad effetto speciale legata alla minore gravita’ dei fatti attribuiti al prevenuto; si osserva, infatti, da parte del ricorrente che la persona offesa avrebbe sempre prestato il suo consenso agli atti sessuali compiuti dal (OMISSIS).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto e’ infondato e, pertanto, lo stesso deve essere rigettato.
Quanto al primo motivo di censura articolato dal ricorrente, con il quale sono state poste in discussione le conclusioni cui e’ giunta l’attivita’ svolta dai giudici del merito onde verificare, in assenza di elementi di riscontro, l’attendibilita’ di quanto riferito dalla minore persona offesa, osserva il Collegio in primo luogo la sostanziale irrilevanza della circostanza che il narrato della (OMISSIS) sia rimasto privo di elementi di riscontro.
E’, infatti, esperienza comune caratterizzante i reati a sfondo sessuale che la prova dichiarativa di essi sia resa esclusivamente dal soggetto passivo del reato, posto che le condotte delittuose proprie di tale genere di delitti sono poste in essere in condizioni di tempo e di luogo che, per lo piu’, prevedono la sola presenza dei soggetti piu’ immediatamente implicati dal fatto, cioe’ l’autore del delitto e la vittima di esso; ove poi si consideri che nel caso in cui la contestazione abbia ad oggetto, come si e’ verificato nel caso in questione, condotte non solo poste in essere in un tempo piuttosto lontano rispetto a quello della loro successiva emersione, ma anche non evidenzianti una forma diretta di coercizione della volonta’ della persona offesa (posto che la contestazione non riguarda un’ipotesi di violenza sessuale ex articolo 609 bis c.p., ma un’ipotesi di violazione dell’articolo 609 quater, cioe’ del compimento di atti sessuali con persona che, per via dell’eta’, non era in condizione di prestare un valido consenso ad essi, sebbene lo abbia prestato), ma semmai una fattispecie di invalidita’ del consenso, risultera’ difficile rilevare anche la esistenza di quegli elementi indiretti di riscontro della patita violenza sessuale, quali ad esempio tracce fisiche sul corpo della vittima della violenta coercizione subita dalla persona offesa,i ovvero altri elementi fattuali, come la momentanea privazione della liberta’ dei movimenti della vittima medesima, indicativi del fatto che il rapporto sessuale, o comunque gli atti aventi una rilevanza sessuale, siano avvenuti aut vi aut clam.
Nella ipotesi di cui all’articolo 609 quater c.p., l’adesione, sia pur viziata dalla indisponibilita’ del diritto ratione aetatis, della persona offesa alla condotta delittuosa compiuta ai suoi danni fa si’ che neppure tali possibili fattori di riscontro del suo narrato siano abitualmente rinvenibili.
Cio’, tuttavia, non mina di per se’ la adeguatezza motivazionale della sentenza nella quale il giudicante abbia attribuito valenza determinante anche al solo racconto della persona offesa, essendo frutto della giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimita’ il ritenere che le dichiarazioni della persona offesa – cui non si applicano le regole dettate dall’articolo 192 c.p.p., comma 3, – possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilita’ dell’imputato, previa verifica, piu’ penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilita’ soggettiva del dichiarante e dell’attendibilita’ intrinseca del suo racconto (Corte di cassazione, Sezione II penale, 27 ottobre 2015, n. 43278; idem Sezioni unite penali, 24 ottobre 2012, n. 41461).
Nel caso in esame la Corte capitolina ha dato atto di avere compiuto, con il necessario scrupolo, tale da far escludere l’evidente illogicita’ dell’approdo cui l’indagine in questione e’ pervenuta, la verifica sia della credibilita’ soggettiva della minore persona offesa sia della attendibilita’ intrinseca di quanto riportato dalla minore in relazione agli atteggiamenti che nei suoi confronti aveva avuto il (OMISSIS), attendibilita’ e credibilita’ supportate, oltre cha dalla obbiettiva coerenza sia istantanea ed interna che diacronica, nelle varie occasioni in cui ella ne ha riferito, del racconto fatto dalla persona offesa, della quale non sono stati evidenziate, ma nemmeno prospettate, situazioni di astio o di malanimo a carico dell’imputato che avrebbero potuto, in astratto, costituire terreno di germinazione di un intento calunniatorio in danno di quello, anche da elementi esterni, indicativi della particolare natura del legame che aveva unito il prevenuto e la persona offesa (in tal senso depongono sia i tabulati telefonici attestanti un intensissimo traffico di conversazioni e di messaggi intercorso fra i due soggetti in questione, cui non risulta che il prevenuto abbia dato una qualche spiegazione alternativa rispetto a quella retraibile dalla sussistenza di un particolare vincolo personale fra il (OMISSIS) e la (OMISSIS) sia l’episodio, giustamente valorizzato in sede di motivazione dai giudici del merito, avvenuto allorche’ la nonna della (OMISSIS), convivente del (OMISSIS), sorprese i due in condizioni quantomeno equivocamente imbarazzati in un locale sottoscala ove i due si erano “appartati”).
Del tutto privo di significato, quanto ad una eventuale svalutazione della attendibilita’ della ragazza, e’ il fatto che la persona offesa abbia ritenuto di rivelare per la prima volta la condotta del (OMISSIS) rivolgendosi al padre, persona con la quale ella da tempo non aveva rapporti di frequentazione, potendo anzi ritenersi che tale scelta, cioe’ quella di rivolgersi in un momento di palese difficolta’ al padre quale persona di riferimento da lungo tempo persa, potesse essere in qualche modo connessa alla sua precedente elezione del (OMISSIS), individuo che, sia per eta’ che per la funzione didattica che svolgeva riguardo alla (OMISSIS) era tale da potere ingenerare un qualche ascendente di tipo “paterno” sulla minore, quale soggetto cui appoggiarsi anche affettivamente.
Passando al secondo motivo di impugnazione, riferito alla esclusione da parte della Corte di merito della possibilita’ di inquadrare la condotta del (OMISSIS) fra quelle di minore gravita’, ai sensi dell’articolo 609 quater c.p., u.c., si rileva che la decisione della Corte e’ stata da questa giustificata nel senso che deporrebbero in termini ostativi a detta qualificazione sia il disvalore, definito “oltremodo viziato”, espresso dalla condotta del prevenuto nonche’ la acquiescenza “inesorabilmente viziata” della minore ad intrecciare una relazione sentimentale con lo stesso (OMISSIS).
Nel censurare siffatta motivazione il ricorrente ha, invece, osservato che l’esistenza del consenso della persona offesa avrebbe dovuto orientare il giudizio in sede di merito verso una valutazione in termini di minore gravita’ della condotta da lui stesso posta in essere.
Ritiene il Collegio di non dover concordare con siffatta impostazione.
Non e’ estranea al patrimonio cognitivo di questo giudice la consapevolezza della esistenza di un orientamento giurisprudenziale, autorevolmente espresso in seno a questa stessa Sezione, secondo il quale in tema di atti sessuali con minorenne, ai fini del riconoscimento dell’attenuante speciale prevista dall’articolo 609 quater c.p., comma 4, e’ necessario considerare tutte le caratteristiche oggettive e soggettive del fatto che possono incidere in termini di minore lesivita’ rispetto al bene giuridico tutelato, tra cui il consenso della persona offesa al rapporto sessuale, l’esistenza di una relazione sentimentale con l’imputato e l’assenza di costrizione fisica (Corte di cassazione, Sezione III penale 16 novembre 2016, n. 48320), orientamento che, sia pure con qualche limitazione, e’ stato confermato allorche’ si e’ rilevato che in una fattispecie di atti sessuali con persona minorenne il consenso della vittima al rapporto sessuale, pur se inidoneo ad escludere la configurabilita’ del reato di violenza sessuale, puo’ essere valutato dal giudice al fine di riconoscere la circostanza attenuante della minore gravita’, precisandosi che tale operazione deve essere compiuta comunque nel quadro di una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalita’ esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest’ultima, anche in relazione all’eta’ (Corte di cassazione, Sezione III penale, 12 dicembre 2016, n. 52380).
Ritiene, tuttavia, il Collegio di dover, motivatamente, attribuire una limitata base applicativa a siffatto orientamento, attestandosi, invece su un diverso indirizzo giurisprudenziale ora formulato in termini rigorosamente schematici, come allorche’ si e’ riportato che ai fini della configurabilita’ del delitto di atti sessuali con minorenne, previsto dall’articolo 609 quater c.p., e’ irrilevante il consenso del minore (Corte di cassazione, Sezione III penale, 8 giugno 2015, n. 24342), ora, invece, piu’ argomentati, allorche’ e’ stato rilevato che in relazione all’ipotesi di atti sessuali con soggetto infraquattordicenne (ma il principio appare applicabile anche alla ipotesi in cui il soggetto disponente, ancora minorenne, sia di eta’ superiore a quella sopraindicata ma il suo consenso sia formulato sulla base di una viziata formazione della volonta’), il consenso del minore, sebbene in astratto non del tutto trascurabile ove congiunto alla obiettiva minima intrusivita’ delle condotte poste in essere, assume una rilevanza assolutamente marginale ai fini della graduazione della intensita’ della lesione patita dalla vittima e dell’eventuale riconoscimento dell’attenuante ex articolo 609 quater c.p., comma 4, in quanto il vizio radicale che colpisce tale manifestazione di volonta’ ne comporta la sostanziale svalutazione in assenza di altri significativi fattori denotanti la modestia dell’episodio criminoso (Corte di cassazione, Sezione III penale, 11 febbraio 2015, n. 6168).
Ritiene, infatti, il Collegio che – ferma restando la necessita’, ai fini della qualificazione della condotta invasiva della liberta’ sessuale siccome caratterizzata da una maggiore o minore gravita’, della complessiva valutazione di tutti gli elementi che ne possano evidenziare il maggiore o minore disvalore, fra i quali, in linea generale, trovano spazio la profondita’ della lesione inferta alla liberta’ sessuale del soggetto passivo del reato e l’intensita’ del danno, anche psichico, da questa patito (Corte di cassazione, Sezione III penale, 2 luglio 2018, n. 29618; idem Sezione III penale, 25 maggio 2015, n. 21623), ed essendo ribadito che, mentre ai fini della affermazione della minora gravita’ e’ necessario che tutti gli indici rivelatori della caratteristica siano orientati in senso positivo, per escludere la sussistenza della fattispecie attenuata e’, invece, sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravita’ (Corte di cassazione, Sezione IV penale, 30 marzo 2017, n. 16122) – nel caso di imputazione avente ad oggetto la commissione di atti sessuali con minorenne, poco significato ha, ai fini della individuazione della minore o maggiore gravita’ del fatto, fare riferimento al grado di coartazione della volonta’ della persona offesa, posto che questo requisito non puo’, per definizione, essere presente neppure in minimo grado, posto che l’eventuale coercizione del soggetto passivo del reato o anche la mancata acquisizione del suo consenso, integrerebbe gli estremi della violazione dell’articolo 609 bis c.p., a prescindere dalla maggiore o minore eta’ di tale soggetto (come e’ testimoniato dal fatto che anche l’ipotesi di violenza sessuale puo’ essere aggravata in funzione della eta’ del soggetto passivo del reato).
Invero, si ritiene in termini piu’ generali, il riferimento stesso alla volonta’ di chi, per definizione, avrebbe espresso, comunque in termini di inefficacia, siffatta volonta’, appare di per se’ elemento quanto meno fuorviante contraddittorio, poiche’ atto ad attribuire un significativo rilievo ad un fattore che, invece, ne e’ quasi del tutto privo.
Si ritiene, pertanto, che in una fattispecie quale quella in esame, in cui e’ stata accertata la commissione del reato di cui all’articolo 609 quater c.p., il giudice del merito, onde pervenire alla diagnosi differenziale rispetto alla sussistenza o meno della fattispecie di minore gravita’, ambito nel quale egli ha un ampio margine di discrezionalita’ sindacabile di fronte a questa Corte solo in caso di manifesta illogicita’ ovvero di obbiettivo travisamento dei presupposti di fatto (Corte di cassazione Sezione III penale, 24 ottobre 2018, n. 48377), egli debba tenere conto in termini di assoluta prevalenza del grado della lesione al bene protetto subita dalla persona offesa e dal danno, anche psichico, arrecato al minore con la condotta posta in essere, trascurando del tutto il fatto che questo non abbia subito coercizioni, le quali come detto, se presenti, avrebbero imposto un diversa qualificazione gia’ come nomen iuris del reato commesso, ed attribuendo una valenza assolutamente recessiva al consenso del minore.
Nel caso in esame la Corte distrettuale di Roma, con motivazione logicamente congrua e fondata su dati di fatto non in contestazione, ha rilevato che il fatto non poteva essere ritenuto rientrante nel novero di quelli di minore gravita’, emergendo plurimi fattori che, invece, deponevano in senso opposto a tale qualificazione; infatti, sia per la loro diuturnita’, sia per l’obbiettiva invasivita’ delle condotte che il (OMISSIS) ha posto in essere, sia per l’intensita’ del dolo espresso dal prevenuto che non si era fatto scrupolo di profittare, oltre che della funzione di istruttore di danza da lui svolta nei confronti della ragazza, anche della “serrata frequentazione domestica” che egli aveva dell’ambiente familiare della (OMISSIS), in ragione del rapporto sentimentale da lui intessuto con la nonna della vittima, la cui fiducia egli ha pertanto anche tradito, erano emerse le condizioni di conclamata gravita’ del fatto ostative ad una sua diversa collocazione ai fini della qualificazione.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato ed il ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento, si dispone che siano omesse le generalita’ e gli altri dati identificativi delle persone, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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