Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 24 luglio 2020, n. 4743.
La massima estrapolata:
In linea di principio è preclusa l’esecuzione di interventi modificativi della consistenza materiale del manufatto oggetto di condono in quanto la normativa sul condono edilizio postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento, nuove opere ad eccezione di quelle dirette a garantirne l’integrità e la conservazione.
Sentenza 24 luglio 2020, n. 4743
Data udienza 18 giugno 2020
Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Presentazione istanza di condono – Realizzazione interventi ulteriori – Ordinanza di demolizione – Vincoli paesistici – Mancata richiesta di autorizzazione paesaggistica
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5361 del 2017, proposto da
Ga. Pi., rappresentato e difeso dall’avvocato Pa. Le., domiciliato presso la Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza (…);
Ev. Gi., rappresentato e difeso dall’avvocato Pa. Le., con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ge. Ba., con domicilio eletto presso lo studio Pa. Di Fe. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Terza n. 01569/2017, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2020, svoltasi con modalità da remoto ai sensi dell’art. 84. Comma 5, del d.l. n. 18/2020, il Cons. Giovanni Orsini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Tar per la Campania con la sentenza impugnata indicata in epigrafe ha respinto il ricorso presentato dagli odierni appellanti per l’annullamento dell’ordinanza n. 202 del 21 giugno 2010 con la quale il Comune di (omissis) ha ingiunto la demolizione di opere ritenute abusive, nonché degli atti connessi.
Le opere sono state realizzate su un terreno di proprietà del signor Pi. che ha presentato una prima istanza di condono edilizio il 30 settembre 1986 concernente la sanatoria di un seminterrato e di un piano rialzato costruiti in assenza di titolo edilizio. Tale domanda non è stata esitata dal Comune. A seguito della costruzione della sopraelevazione del primo e del secondo piano dello stesso immobile sono state presentate due nuove distinte domande di condono in data 4 dicembre 2004, anch’esse non definite.
L’ordinanza impugnata riguarda la chiusura del balcone preesistente al piano rialzato, la chiusura del torrino e del vano scala del primo e del secondo piano e la realizzazione di un manufatto a livello terra da utilizzare come ricovero per animali da cortile.
Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso ritenendo che l’ordinanza impugnata non va a sanzionare con la demolizione gli immobili oggetto delle sopradescritte domande di condono, ma autonomi ulteriori interventi edilizi.
2. L’appello contesta la erroneità della sentenza del Tar deducendo i seguenti motivi di gravame: 1) violazione e falsa applicazione dell’articolo 27 d.p.r. n. 380 del 2001, violazione e falsa applicazione degli articoli 38 della legge n. 47 del 1985 e 32, comma 25, del decreto legge n. 269 del 2003 convertito in legge n. 326 del 2003 – eccesso di potere – illogicità manifesta -difetto dei presupposti in diritto; 2) violazione e falsa applicazione degli articoli 27 e 31 del d.p.r. n. 380 del 2001 – violazione e falsa applicazione degli articoli 146 e 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004 – eccesso di potere – difetto dei presupposti – illogicità ; 3) violazione dei principi in materia di sanzioni edilizie – falsa applicazione degli articoli 31 e 33 del d.p.r. n. 380 del 2001 – eccesso di potere per difetto di istruttoria – violazione del giusto procedimento di legge – illogicità manifesta – erroneità dei presupposti.
3. Il Comune di (omissis) si è costituito in giudizio in data 25 luglio 2017.
L’appellante ha depositato una memoria il 22 maggio 2020.
4. Nell’udienza del 18 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello non è fondato.
5.1. Con il primo motivo gli appellanti lamentano che la sentenza di primo grado abbia respinto le censure proposte con il ricorso originario relative alla violazione del principio che impone in materia di edilizia la sospensione di qualunque procedimento sanzionatorio di opere oggetto di istanza di condono non definita. Contestano, in particolare, che le opere per le quali il Comune ha ordinato la demolizione siano diverse da quelle per le quali è stato richiesto il condono come invece afferma l’amministrazione comunale e la stessa sentenza appellata. Rilevano, inoltre, che in ogni caso il Comune avrebbe dovuto esitare le istanze di condono prima di ordinare la demolizione di opere di cui sarebbe stato necessario valutare l’impatto sui manufatti preesistenti.
Il motivo non è meritevole di accoglimento. Deve essere innanzitutto chiarito che in linea di principio è preclusa l’esecuzione di interventi modificativi della consistenza materiale del manufatto oggetto di condono in quanto la normativa sul condono edilizio postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento, nuove opere ad eccezione di quelle dirette a garantirne l’integrità e la conservazione (cfr. da ultimo Cons. St., II Sez. nn. 470/2020 e 1929/2020).
Nel caso in cui gli interventi edilizi di cui il Comune ha disposto la demolizione fossero ulteriori rispetto a quelli per i quali sono state presentate le istanze di condono l’ordinanza impugnata sarebbe quindi pienamente legittima e, anzi, rappresenterebbe un atto dovuto per l’amministrazione. Gli appellanti rilevano tuttavia che le suddette opere sarebbero ricomprese tra quelle già all’esame dell’amministrazione nell’ambito delle domande di condono a suo tempo avanzate e non ancora definite e sottolineano che l’amministrazione avrebbe svolto una istruttoria carente non avendo verificato tale situazione.
5.2 La censura non appare convincente: nella sua memoria difensiva il Comune di (omissis) precisa infatti che dalla relazione tecnica della polizia edilizia risalente all’11 maggio 2010 risulta chiara la cronologia degli abusi edilizi commessi sin dal 1995 dagli odierni appellanti che giammai hanno interessato i manufatti realizzati nel 2010 dagli stessi. Per confutare tale ricostruzione i ricorrenti avrebbero dovuto produrre in giudizio le istanze di condono in attesa di definizione corredate dagli allegati tecnici per dimostrare che gli interventi per cui è causa non sono stati realizzati in epoca successiva, ma erano già esistenti prima della presentazione delle istanze di condono. Deve pertanto essere confermata la sentenza di primo grado, nella quale, tra l’altro, viene precisato che nel quarto motivo del ricorso introduttivo i ricorrenti rilevano che la tardività nell’esercizio del potere di definire il procedimento di sanatoria in corso li costringe ad operare una scelta tra il decadimento delle opere già realizzate o l’incorrere nelle sanzioni previste per la realizzazione delle opere di completamento, con ciò indirettamente confermando l’accessorietà degli interventi sanzionati rispetto al manufatto originario già oggetto delle istanze di condono.
5.3. Con il secondo motivo viene censurato il capo della sentenza impugnata concernente il manufatto di cui al punto 3 dell’ordinanza di demolizione; per gli appellanti il carattere pertinenziale di tale struttura esclude che dovesse essere oggetto di permesso di costruire.
Precisato che ai fini urbanistici ed edilizi la natura pertinenziale di un immobile deve essere valutata con riguardo alla mancanza di un’autonoma destinazione e di un autonomo valore, nonché alla mancata incidenza sul carico urbanistico, occorre ribadire che le opere edilizie abusive, anche qualora abbiano natura pertinenziale o precaria,…realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico, devono considerarsi comunque eseguite in totale difformità dalla concessione, laddove non sia stata ottenuta alcuna preventiva autorizzazione paesaggistica e, conseguentemente, deve essere applicata la sanzione demolitoria (Cons. St., sez. IV, n. 5524/2018). Nel caso di specie, considerati i vincoli esistenti nell’area interessata e tenuto conto della mancata richiesta di autorizzazione paesaggistica il motivo deve essere senz’altro respinto.
5.4. Con il terzo motivo si lamenta la reiezione da parte della sentenza appellata della censura concernente la omissione da parte dell’amministrazione di ogni valutazione in ordine all’eventualità di applicare in via alternativa alla demolizione la sanzione pecuniaria anche in applicazione del principio per il quale è vietata la sanzione demolitoria delle opere edilizie se essa pregiudica la tenuta delle opere preesistenti.
La censura è priva di pregio. Il Tar, infatti, ha chiaramente e condivisibilmente affermato che, considerato che la zona in cui sono state realizzate le opere è sottoposta a vincolo paesaggistico e visto che gli interventi posti in essere senza titolo hanno sicuramente un impatto ambientale e paesaggistico, l’alternativa costituita dalla sanzione pecuniaria non è perseguibile. Nel caso di specie, il bilanciamento degli interessi nell’ambito dell’applicazione del principio di proporzionalità evocata dall’appellante non può che condurre alla irrogazione della sanzione demolitaria. Non sono state, d’altra parte, evidenziate le ragioni del pregiudizio che ciò comporterebbe per la parte dell’immobile non interessata dal provvedimento impugnato.
6. Alla luce delle considerazioni esposte, l’appello deve pertanto essere respinto.
In considerazione della mancata definizione delle istanze di condono a distanza di molti anni dalla loro presentazione, sussistono le ragioni per compensare le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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