Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 24 giugno 2020, n. 4038.
La massima estrapolata:
Nel processo amministrativo l’integrazione in sede giudiziale della motivazione dell’atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento ? nella misura in cui i documenti dell’istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta ? oppure attraverso l’emanazione di un autonomo provvedimento di convalida (art. 21-nonies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990). È invece inammissibile un’integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi.
Sentenza 24 giugno 2020, n. 4038
Data udienza 11 giugno 2020
Tag – parola chiave: Contributi pubblici – Revoca – Motivazione – Processo amministrativo – Integrazione postume – Presupposti di ammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7970 del 2017, proposto da
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato An. La., con domicilio eletto presso lo studio Sa. Ma. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria n. 862/2017.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2020 il Cons. Giordano Lamberti;
Ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6 del D.L. n. 18 del 2020, il Collegio si è riunito con modalità telematiche e la causa passa in decisione, riservando ogni provvedimento sulle eventuali note di udienza che chiedono rinvio, rinvio per rimessione in termini, per discussione orale o per qualsiasi altra motivazione.
Ai sensi dell’art. 4 del D.L. 28 del 2020 l’avvocato dello stato Federica Varrone deposita istanza di passaggio in decisione della causa e l’avvocato An. La. deposita note di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – In data 24 giugno 2014, il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato l’avviso pubblico (CSE 2014 – Comuni per la Sostenibilità e l’Efficienza energetica), relativo alla concessione di contributi a fondo perduto per la realizzazione di interventi di produzione di energia da fonti rinnovabili a servizio di edifici di amministrazioni comunali, attraverso l’acquisto e l’approvvigionamento dei relativi beni e servizi con le procedure telematiche del Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (MePA).
2 – Con l’istanza presentata in data 30 agosto 2014, l’amministrazione comunale di (omissis) ha chiesto la concessione di un contributo a fondo perduto a valere sulla citata agevolazione, per la fornitura di un impianto fotovoltaico connesso in rete da 20 kW e servizi connessi, da installarsi sulla copertura della casa comunale, attraverso l’acquisizione tramite il MePA.
2.1 – Con il decreto del 30 agosto 2014, il MISE ha concesso un contributo pari ad Euro 91.300; poi effettivamente erogato, attraverso il sistema finanziario MEF- IGRUE con RdE n. 5771 e quietanza del 13 novembre 2015.
3 – In data 10 marzo 2017, il MISE, ritenendo che l’operato del Comune violasse la normativa che regola gli appalti pubblici – ed in particolare ravvisando l’omessa verifica sugli operatori economici selezionati ed invitati a partecipare alla gara del possesso delle obbligatorie qualifiche richieste – ha revocato la concessione del contributo.
4 – Il Comune di (omissis) ha impugnato tale provvedimento avanti il T.A.R. per la Calabria che, con la sentenza n. 862 del 2017, lo ha accolto.
5 – Seppur in linea generale deve essere senza incertezza affermato il principio che qualunque amministrazione debba sottostare alle norme che regolano l’affidamento dei contratti e verificare scrupolosamente i requisiti delle potenziali controparti, nello specifico caso in esame, l’appello del Ministero non deve trovare accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
5.1 – Il T.A.R. ha accolto il ricorso comunale, ritenendo che le violazioni contestate dal Ministero con l’atto di revoca del 10 marzo 2017, non rientravano in nessuna delle ipotesi di revoca del beneficio contenute nell’avviso pubblico.
5.2 – L’appellante contesta tale conclusione ed a tale fine deduce che:
a) il Comune di (omissis), nella documentazione allegata alla RdO, aveva inserito il documento “criteri di qualificazione aggiuntivi” nel quale era espressamente previsto che “le ditte partecipanti dovranno essere in possesso delle seguenti qualifiche aggiuntive, a comprova dei requisiti di natura tecnico professionale, ritenuti necessari per lo svolgimento delle attività : – Possesso di certificazione del sistema di qualità della serie europea ISO 9001:2000 nei settori costruzione e progettazione; – Qualifica di operatore ESCo, che ha effettuato interventi di efficientamento energetico”;
b) in tal modo la stazione appaltante si era autovincolata ad ammettere alla gara solo operatori economici in possesso delle qualifiche aggiuntive sopra indicate;
c) per questo motivo il MISE, con il preavviso di revoca n. 1023 del 17 gennaio 2017, aveva esplicitamente chiesto al Comune di inoltrare la documentazione atta a dimostrare la verifica del possesso delle qualifiche aggiuntive richieste con la documentazione allegata alla RdO;
d) detta richiesta era rimasta inevasa.
6 – Come anticipato la censura non coglie nel segno.
Le circostanze riferite dall’appellante sono già state esaminate dal giudice di primo grado, che ha messo in luce come il Comune di (omissis) non abbia “dimostrato nell’odierno giudizio di aver verificato che gli operatori cui è stata indirizzata la richiesta di offerta fossero in possesso dei requisiti di qualificazione ulteriori offerti”. Per tale ragione, il T.A.R. ha disposto la trasmissione di copia della sentenza e degli atti di causa all’ANAC, ai sensi dell’articolo 1, comma 32-bis della legge 6 novembre 2012, n. 190, stante una “possibile mancanza di trasparenza nella procedura ad evidenza pubblica seguita dall’amministrazione comunale ricorrente” (allo stato non si ha notizia dell’esito di tale segnalazione, sicché non vi è prova che l’affidamento sia avvenuto a favore di un soggetto privo dei relativi requisiti).
Il punto centrale sul quale si basa la decisione impugnata è invece se tale mancanza integri o meno una giusta causa di revoca del contributo alla luce della disciplina che regola l’erogazione del finanziamento.
6.1 – Il provvedimento di revoca si giustifica per l’asserita violazione dell’art. 8, comma 1 dell’Avviso ed in forza di quanto previsto dal successivo art. 11, comma 1.
L’art. 11 comma 1 citato contempla tre motivi di revoca: a) il mancato rispetto, da parte del beneficiario, di quanto previsto dai punti (i), (ii), (v), (vi) e (xii) dell’articolo 8 e dai paragrafi 7.3, 9.3 e 9.4; b) l’accertamento, con provvedimento irrevocabile dell’autorità competente, di una violazione, da parte del beneficiario, di obblighi rivenienti dalla Normativa Rilevante ed al cui rispetto il beneficiario sia tenuto in sede di affidamento, stipulazione e attuazione dei contratti rilevanti; c) l’accertamento, nell’ambito delle verifiche e dei controlli di cui all’articolo 10, di una grave violazione di quanto previsto dall’Avviso, dalle disposizioni della Normativa Rilevante, nonché dalla normativa sull’ammissibilità, rendicontazione e certificazione delle spese.
6.2 – Tanto precisato, il richiamo del Ministero all’art. art. 8 comma 1, punto (iii) – in base al quale il beneficiario del contributo è tenuto “a rispettare, nel corso della procedura di affidamento della fornitura dei beni e servizi oggetto di contribuzione, nonché nelle fasi di stipulazione ed esecuzione dei relativi contratti (di seguito, i “Contratti Rilevanti”), tutte le norme, nazionali e comunitarie, di qualsivoglia rango, anche regolamentare, di volta in volta applicabili ad esso Beneficiario, tra le quali, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, quelle rivenienti dal D.Lgs. n. 163/2006, dal D.P.R. n. 207/2010…” – risulta irrilevante, in quanto la violazione degli obblighi ivi previsti non assurge a motivo di revoca alla stregua dell’art. 11, che contempla il mancato rispetto di quanto previsto dai punti (i), (ii), (v), (vi) e (xii) dell’articolo 8, ma non richiama invece il predetto punto (iii).
Ne consegue che il presupposto del decreto di revoca, sul quale il Ministero insiste anche in sede di appello – ovvero che l’omessa verifica da parte della stazione appaltante del possesso, in capo agli operatori economici selezionati, dei requisiti di qualificazione aggiuntivi avrebbe integrato la violazione dell’art. 62, co.5, del D.lgs. n. 163/2016 e, di riflesso, quella dell’art. 8, co.1 dell’avviso, in forza dell’espresso e generale richiamo al D.lgs. 163/2016 ivi contenuto – non risulta contemplato tra le cause di revoca, come già evidenziato dal T.A.R.
6.3 – Tale soluzione appare la sola compatibile con il tenore letterale della disposizioni che regolano la fattispecie.
Come già argomentato dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 settembre 2017, n. 4307), la dovuta prevalenza da attribuire alle espressioni letterali, se chiare, contenute nel bando esclude ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori e preclude ogni operazione intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti e la par condicio dei concorrenti.
Anche dal punto di vista sistematico deve considerarsi che la disposizione (art. 11) che specifica i motivi di revoca, non la riconduce alla mera violazione di una qualsiasi norma, bensì soltanto alla sussistenza di gravi inadempienze, tali da pregiudicare il raggiungimento dello scopo a cui è preordinata l’erogazione finanziamento, ovvero a quelle condotte non coerenti con l’obbiettivo del contributo e che concretizzano uno sviamento delle risorse dalla specifica finalità alla quale sono preordinate.
6.4 – Risulta invece inammissibile la prospettazione del Ministero, secondo cui la revoca del contributo in questione sarebbe conseguenza del mancato rispetto da parte del beneficiario anche della normativa comunitaria in tema di fondi strutturali, implicando un possibile pregiudizio al bilancio generale dell’Unione mediante l’imputazione di spese indebite al bilancio generale.
Tale circostanza, mai emersa in sede procedimentale, integra invero un’indebita integrazione postuma della motivazione del provvedimento.
Nel processo amministrativo l’integrazione in sede giudiziale della motivazione dell’atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento ? nella misura in cui i documenti dell’istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta ? oppure attraverso l’emanazione di un autonomo provvedimento di convalida (art. 21-nonies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990). È invece inammissibile un’integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi (ex plurimis, Consiglio di Stato, sezione terza, 7 aprile 2014, n. 1629).
7 – In definitiva, l’appello non deve trovare accoglimento.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta respinge l’appello e condanna il Ministero appellante alla refusione delle spese di lite in favore del Comune appellato, che si liquidano in complessivi Euro3.000, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore
Stefano Toschei – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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