Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 aprile 2023| n. 9224.

Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale

All’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale è applicabile, in forza del rinvio operato dall’art. 50-quater c.p.c., il regime della nullità di cui all’art. 161, comma 1, c.p.c., con la conseguenza che il relativo vizio (che non comporta la nullità degli atti precedenti) si converte in motivo di impugnazione, senza che quest’ultima produca l’effetto della rimessione degli atti al primo giudice, ove il giudice dell’impugnazione sia anche giudice del merito, essendo egli chiamato a rinnovare la decisione come se fosse nella posizione del giudice di primo grado, e non potendo, pertanto, sindacare il mancato rispetto, nell’atto di appello, dei requisiti di ammissibilità di cui all’art. 342 c.p.c.

Ordinanza|3 aprile 2023| n. 9224. Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale

Data udienza 21 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: MARCHI E BREVETTI – MARCHIO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 2547/2019 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 4447/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 15/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/12/2022 dal Consigliere Dott. SCRIMA ANTONIETTA.

Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale

FATTI DI CAUSA

Pronunciando sull’opposizione al d.i. n. 5514/2016 con cui era stato ingiunto alla (OMISSIS) S.r.l. (ora (OMISSIS) S.r.l.) il pagamento di Euro 50.000, oltre interessi e spese, in favore di (OMISSIS), il Tribunale di Milano, con sentenza n. 2355/2018, pubblicata il 27/02/2018, decise nei termini appresso indicati:
“1. Rigetta l’opposizione avverso il D.I. n. 5514 del 2016, RG e conferma integralmente il decreto stesso, confermandone altresi’ l’esecutorieta’;
2. rigetta le domande riconvenzionali formulate dall’opponente nell’atto introduttivo;
3. dichiara inammissibili le ulteriori domande riconvenzionali formulate dall’opponente nella memoria integrativa;
4. dichiara risolto per inadempimento di (OMISSIS) srl il contratto di affitto di azienda inter partes del 28 luglio 2010;
5. condanna (OMISSIS) srl al rilascio, in favore di (OMISSIS), dei locali nei quali l’azienda e’ esercitata, siti in (OMISSIS);
6. fissa, per l’esecuzione, il 15 marzo 2018;
7. ordina all’opponente di cessare l’utilizzazione del nome ” (OMISSIS)”, il suo derivato ” (OMISSIS)” nonche’ il logo ” (OMISSIS)”;
8. condanna l’opponente alla refusione, in favore di (OMISSIS), delle spese di lite che si liquidano in 13.0000,00 per compensi, oltre al 15% per rimborso forfetario spese generali IVA e CPA se dovute”.
(OMISSIS) impugno’ tale sentenza.
L’appellata, costituendosi, chiese il rigetto del gravame e propose appello incidentale.
La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 4447/2018, pubblicata il 15/11/2018, rigetto’ l’appello principale, dichiaro’ improcedibile l’appello incidentale e condanno’ l’appellante principale alle spese del grado.
Avverso la sentenza della Corte di merito (OMISSIS) S.r.l. (gia’ (OMISSIS) S.r.l.) ha proposto ricorso per cassazione basato su cinque motivi e illustrato da memoria.
L’intimata non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.
La trattazione del ricorso e’ stata fissata ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..

Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo e’ cosi’ rubricato: “Violazione e/o falsa applicazione da parte del giudice di secondo grado del Decreto Legislativo 27 giugno 2003, n. 168, articolo 3, cosi’ come sostituito dal Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1, articolo 2, comma 1, lettera d), nonche’ degli articoli 50 bis 50 ter e 50 quater c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5”.
Con tale mezzo la ricorrente rappresenta di aver impugnato la sentenza di primo grado, denunciando, con il primo motivo di appello, che la decisione di primo grado fosse stata emessa dal giudice unico in materia rimessa al Collegio e precisamente alla sezione specializzata in materia di impresa, sostenendo che fosse sorta tra le parti una controversia in materia di marchio, avendo nelle conclusioni della comparsa di risposta l’opposta domandato di disporre “la cessazione di ogni utilizzo sotto ogni forma con ogni modalita’ del nome ” (OMISSIS)”, il suo derivato ” (OMISSIS)” nonche’ il logo ” (OMISSIS)”, anche con facolta’ di trascrizione dell’emananda sentenza presso il competente ufficio marchi e brevetti”.
A tale domanda l’opponente, nella propria memoria integrativa, aveva opposto l’esistenza di un marchio regolarmente registrato, del quale l’opponente era la legittima titolare, come risultava in modo chiaro dalla produzione documentale in giudizio.
La ricorrente, richiamando il disposto di cui al Decreto Legislativo n. 168 del 2003, articolo 3, come sostituito dal Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1, articolo 2, comma 1, lettera d), sostiene che la controversia de qua nella sua interezza avrebbe dovuto essere rimessa alla sezione specializzata in materia di impresa, in quanto era sorta una controversia inerente a un diritto di proprieta’ industriale relativo al marchio registrato da (OMISSIS).
La questione era stata risolta dal primo giudice richiamando l’ordinanza interlocutoria del 20 ottobre 2017, secondo cui “la questione relativa alla “competenza” della sezione specializzata in materia di imprese in ordine alla domanda di cessazione dell’uso del marchio attiene piu’ propriamente alla ripartizione interna degli affari e non ha vera e propria natura di competenza”. Ma, ad avviso della ricorrente, cosi’ ritenendo, il Giudice di primo grado avrebbe statuito come giudice monocratico su una controversia di competenza del tribunale in composizione collegiale, in violazione dell’articolo 50-bis c.p.c., n. 3, sicche’ la sentenza sarebbe stata nulla e, ai sensi dell’articolo 50-quater c.p.c., a tale nullita’ avrebbe dovuto applicarsi l’articolo 161 c.p.c., comma 1.
Deduce la ricorrente che su tale questione la Corte di merito avrebbe aderito alla tesi del Tribunale e cioe’ che la questione del giudice chiamato a decidere in materia di proprieta’ industriale e di uso del marchio, in particolare, fosse questione attinente alla ripartizione di funzioni tra sezione specializzata e sezione ordinaria. Pur convenendo sul punto che non trattavasi di questione di competenza ma di costituzione del giudice, rileva la ricorrente che la Corte territoriale, dimenticando il diverso criterio di composizione della sezione ordinaria e della sezione specializzata, sarebbe giunta alla non corretta affermazione secondo cui “non trova percio’ applicazione il disposto dell’articolo 50 bis c.p.c., n. 3, in relazione al disposto dell’articolo 50 quater c.p.c., bensi’ soltanto il disposto ex articolo 50 ter c.p.c., in relazione al disposto di cui all’articolo 447 bis c.p.c.”.

Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale

Sostiene la ricorrente che dalla sentenza impugnata in questa sede sembra che la Corte di merito abbia voluto affermare che nella specie non esistesse alcuna controversia ricadente in una delle materie rimesse alla competenza della sezione specializzata, sicche’ bene avrebbe fatto il giudice di primo grado a decidere come giudice unico una causa relativa a questione esclusivamente locatizia, salvo poi quella stessa Corte a ritenere sussistente tra le parti “una controversia in materia di impresa, sub specie di controversia circa i segni distintivi”, ritenendo che il marchio aziendale dovesse essere restituito essendo cessato il contratto di affitto di azienda, che non risultasse in alcun modo dimostrato che l’appellante fosse titolare di un proprio diritto di marchio anteriore ne’ di continuazione del presuso ed infine che la domanda di convalidazione ex articolo 28 legge marchi non risultasse provata.
Ad avviso della ricorrente, la Corte di merito avrebbe negato la causa di nullita’ della sentenza, per essere stata pronunciata dal tribunale in composizione monocratica in una causa in cui dovrebbe operare la regola generale della collegialita’ e poi non avrebbe deciso sul punto o avrebbe deciso come giudice di appello (ritenendo espressamente applicabile l’articolo 342 c.p.c.), senza una compiuta delibazione della questione o avendo omesso di esaminare i documenti prodotti dall’attuale ricorrente e le relative difese sul punto. Sempre secondo la (OMISSIS) S.r.l., la domanda riconvenzionale dell’opposta di cessazione di uso della denominazione e del logo (e non del marchio) non avrebbe potuto essere effetto della declaratoria di risoluzione del contratto di affitto d’azienda e avrebbe imposto alla Corte di appello di riconoscere la causa di nullita’ della sentenza di primo grado, decidendo nel merito il fatto con cognizione piena in quanto giudice collegiale.
2 Con il secondo motivo, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, articoli 8, 20 e 28, G.U. 04/03/2005″, la ricorrente deduce di aver, con il quarto motivo di appello, lamentato l’accoglimento da parte del Tribunale dell’avversa domanda di condanna alla cessazione dell’uso del nome ” (OMISSIS)”, del suo derivativo ” (OMISSIS)” e del logo ” (OMISSIS)”, avendo omesso di considerare che (OMISSIS) e’ titolare di un marchio coincidente con il nome ed il logo di cui al contratto di affitto di azienda, marchio registrato in data (OMISSIS). Sostiene la ricorrente che, con l’entrata in vigore del codice di proprieta’ industriale, il legislatore sarebbe intervenuto a modificare la previgente disciplina relativa al trasferimento del marchio, passando da un regime a cessione cd. vincolata ad un regime a cessione cd. libera; infatti nel precedente sistema era possibile trasferire il marchio solo unitamente all’azienda a condizione che il trasferimento avvenisse per l’uso del marchio a titolo esclusivo mentre attualmente l’articolo 23 c.p.i. e l’articolo 2573 c.c., prevedono la possibilita’ di cessione del marchio per la totalita’ ovvero per una parte dei prodotti e servizi per cui e’ stato registrato sicche’, come affermato da autorevole dottrina, nel sistema attuale non vi sarebbe piu’ alcuna connessione inscindibile tra il marchio e l’azienda dell’originario titolare e il marchio puo’, a seguito di liberi trasferimenti, andare a contraddistinguere prodotti o servizi provenienti da aziende che non hanno neppure il piu’ tenue elemento di continuita’ con la prima di esse.
Secondo la ricorrente, la normativa da ultimo richiamata sancirebbe il principio dell’autonomia del marchio rispetto all’azienda del titolare. Detta parte deduce che, svolgendo in maniera del tutto autonoma ed esclusiva l’attivita’ economica di gestione dell’enoteca, avrebbe provveduto a registrare un proprio marchio indipendentemente dal rapporto contrattuale di affitto di azienda in precedenza concluso con (OMISSIS) e l’autonomia di tale titolo di proprieta’ rispetto al patrimonio aziendale sarebbe confermata anche dal contratto di affitto di azienda stipulato nel mese di agosto 2010, nel quale non viene menzionato il predetto marchio ma e’ parte affittuaria l’attuale ricorrente con la propria ragione sociale (OMISSIS) S.r.l..
La ricorrente censura la sentenza impugnata laddove la Corte di merito ha ritenuto che “l’allegata titolarita’ del marchio anteriore e a prescindere dal contratto di affitto di azienda e’ rimasta, nel presente giudizio d’appello, del tutto priva di dimostrazione non essendo a tal fine sufficiente un mero generico richiamo al materiale probatorio e alle difese di primo grado, dato che cio’ costituisce violazione del disposto ex articolo 342 c.p.c. (Cass. n. 1248/13)”, assumendo che era la controparte a dover dimostrare l’anteriorita’ dell’uso del segno, non la ricorrente che, sola, aveva registrato il marchio. Inoltre, quella Corte avrebbe pure errato nel dichiarare non provata la domanda di convalidazione del marchio in quanto l’articolo 28 della legge marchi non prevede che la convalidazione debba essere fatta oggetto di domanda, essendo l’effetto automatico: se il preteso titolare del segno confliggente non fa valere i propri diritti per 5 anni il marchio si consolida in capo a chi lo ha registrato.

Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale

La ricorrente censura, altresi’, la sentenza impugnata anche nella parte in cui la Corte territoriale ha affermato che l’accoglimento della domanda riconvenzionale dell’opposta di cessazione dell’uso del marchio aziendale disposto con la sentenza di primo grado e’ effetto della declaratoria di risoluzione del contatto di affitto d’azienda inter partes, non risultando ben dimostrato che l’appellante fosse titolare di un proprio diritto di marchio anteriore ne’ di “continuazione del preuso”, fondato su un titolo diverso dal contratto di azienda. In tal modo la Corte di merito avrebbe omesso di considerare che la ricorrente e’ titolare di un marchio coincidente con il nome e il logo di cui parla il contratto di affitto di azienda come dimostrato nel giudizio di primo grado in cui sarebbero stati prodotti tutti i documenti attestanti la titolarita’ del marchio in capo all’attuale ricorrente. Il Tribunale non avrebbe potuto condannare sic et simpliciter l’opponente alla restituzione del nome (e del logo) aziendali ma avrebbe dovuto dirimere il conflitto fra segni o meglio far dirimere tale conflitto alla sezione specializzata in materia di impresa presso il Tribunale di Milano ed anzi tale conflitto non sarebbe stato risolto neppure dal giudice di appello la cui sentenza dovrebbe, quindi, essere cassata.
Erronea sarebbe, infine, sempre ad avviso della ricorrente, pure l’affermazione della Corte di merito secondo cui “l’allegata titolarita’ del marchio, anteriore ed a prescindere dal contratto di affitto d’azienda, e’ rimasta, nel presente giudizio d’appello, del tutto priva di dimostrazione non essendo a tal fine sufficiente un mero richiamo al materiale probatorio ed alle difese di primo grado, dato che cio’ costituisce violazione del disposto ex articolo 342 c.p.c. (Cass. n. 1248/13)”.
Ad avviso della ricorrente, che richiama precedenti di legittimita’ sul punto, l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale legittimato a decidere sulla domanda costituisce, alla stregua del rinvio operato dall’articolo 50 quater c.p.c., al successivo articolo 161, comma 1, un’autonoma causa di nullita’ della decisione, con conseguente esclusiva convertibilita’ in motivo di impugnazione e senza che la stessa produca l’effetto della rimessione degli atti al primo giudice, se il giudice dell’impugnazione sia anche giudice del merito, oltre a non comportare la nullita’ degli atti che hanno preceduto la sentenza nulla. Pertanto, il Giudice di appello avrebbe dovuto pronunciare come giudice di primo e ormai unico grado di merito senza i limiti di cognizione di cui agli articoli 342 e 345 c.p.c., di un giudice di appello, diversamente da quanto avvenuto nella specie.
3. I primi due motivi sono fondati e vanno accolti.
Nel caso all’esame, alla luce delle domande riportate nelle conclusioni della comparsa di costituzione di primo grado dell’opposta e di quanto al riguardo dedotto dall’attuale ricorrente nella memoria integrativa depositata in data 18 novembre 2016, risulta evidente la sussistenza di una controversia relativa ad una delle materie attribuite alla sezione specializzata in materia di impresa nonche’ la sussistenza di una rilevante connessione soggettiva e oggettiva di tale domanda con le altre domande proposte.
Non puo’ condividersi l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui, nel caso all’esame: a) l’accoglimento da parte del Giudice di prime cure della domanda riconvenzionale – proposta dell’opposta – e’ effetto della declaratoria di risoluzione del contratto di affitto d’azienda inter partes, adottata dal quel giudice in relazione alla relativa autorizzazione concessa dal locatore ex articolo 4 del predetto contratto; b) non e’ in alcun modo dimostrato che l’appellante fosse titolare di un proprio diritto di marchio anteriore, ne’ di “continuazione del preuso” su titolo diverso dal contratto di affitto di azienda in questione ne’ vi e’ alcun elemento probatorio atto “a fondare la domanda di convalidazione Decreto Legislativo n. 30 del 2005, ex articolo 28” “non trova, percio’, applicazione il disposto ex articolo 50 bis c.p.c., n. 3, in relazione al disposto di cui all’articolo 447 bis c.p.c.”. Trattasi, infatti, di rilievi attinenti al merito e non inerenti, invece, alla preliminare individuazione della composizione, collegiale o monocratica, del tribunale cui e’ devoluta la decisione della causa.
Pertanto nella specie, dovendo trovare applicazione dell’articolo 50-bis c.p.c., n. 3, l’inosservanza di tale disposizione, risulta disciplinata dall’articolo 50-quater c.p.c.. Tale norma prevede espressamente che le disposizioni di cui agli articoli 50-bis e 50-ter c.p.c., non si considerano – diversamente da quanto sostiene a p. 11 del ricorso – attinenti alla costituzione del giudice e che alla nullita’ derivante dalla loro inosservanza si applica dell’articolo 161 c.p.c., comma 1.
Ed infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita’, l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale legittimato a decidere su una domanda giudiziale costituisce, alla stregua del rinvio operato dall’articolo 50 quater c.p.c., al successivo articolo 161, comma 1, un’autonoma causa di nullita’ della decisione e non una forma di nullita’ relativa derivante da atti processuali antecedenti alla sentenza (e, percio’, soggetta al regime di sanatoria implicita), con la sua conseguente esclusiva convertibilita’ in motivo di impugnazione e senza che la stessa produca l’effetto della rimessione degli atti al primo giudice se il giudice dell’impugnazione sia anche giudice del merito, oltre a non comportare la nullita’ degli atti che hanno preceduto la sentenza nulla (Cass., sez. un., n. 28040 del 25/11/2008; v. anche Cass. n. 13907 del 18/06/2014 e Cass., ord., n. 16186 del 20/06/2018).
Ne consegue che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto del tutto priva di dimostrazione l’allegata titolarita’ del marchio, anteriore e a prescindere dal contratto di affitto di azienda, “non essendo a tal fine sufficiente un mero generico richiamo al materiale probatorio ed alle difese di primo grado, dato che cio’ costituisce violazione del disposto ex articolo 342 c.c. (Cass. n. 1248/13)”, in quanto la Corte di merito cosi’ pronunciandosi ha erroneamente e chiaramente deciso quale giudice di seconda istanza, nonostante la nullita’ della sentenza di primo grado, e come giudice di secondo grado risulta aver operato anche in relazione a quanto affermato alla fine di p. 4 e all’inizio di p. 5 della sentenza impugnata in questa sede e gia’ sopra riportato.
Risulta evidente che la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra ricordati, in quanto, attesa la nullita’ della sentenza di primo grado, avrebbe dovuto rinnovare la decisione come se fosse stata nella posizione del giudice di primo grado e non pretendere che l’appello rispettasse l’articolo 342 c.p.c., nei termini che ha invece ha ritenuto non rispettati, cioe’ criticasse il contenuto della decisione del giudice di primo grado.
Quanto precede assorbe l’esame di ogni altra questione proposta con i motivi all’esame.
4. Dall’accoglimento dei primi due motivi resta assorbito lo scrutinio del terzo motivo (rubricato “Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione agli articoli 1455 e 1456 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5: la pronuncia di risoluzione”), del quarto motivo (rubricato “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, nonche’ violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5: inesistenza del credito azionato”) nonche’ del quinto motivo (rubricato “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 645 e 447 bis, in relazione agli articoli 420 427 c.p.c. (a loro volta) in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5: la qualificazione contrattuale e la nullita’ della clausola del contratto di affitto di azienda relativa alla durata del contratto”).
5. Conclusivamente vanno accolti il primo e il secondo motivo del ricorso, mentre va dichiarato assorbito l’esame di motivi terzo, quarto e quinto del ricorso; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di appello di Milano – sezione specializzata in materia di impresa, in diversa composizione, perche’ giudichi quale giudice di primo grado sull’intera causa all’esame e provveda anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.
6. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso, dichiara assorbito l’esame di motivi terzo, quarto e quinto del ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano sezione specializzata in materia di impresa, in diversa composizione, perche’ rinnovi la decisione sulla controversia in ragione della nullita’ della sentenza di primo grado. Al giudice del rinvio e’ rimesso di provvedere anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *