Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 20 aprile 2020, n. 7966.
La massima estrapolata:
All’indennizzo assicurativo per la responsabilità civile non si applicano gli interessi di mora previsti dal d.lgs. n. 231 del 2002, atteso che la somma corrisposta a tale titolo dall’assicuratore, pur trovando fondamento nel contratto di assicurazione, serve a ristorare il danneggiante dell’esborso compiuto a titolo di risarcimento del danno, per il quale l’art. 1, comma 2, lett. b) del citato decreto legislativo esclude espressamente l’applicazione degli interessi predetti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che non aveva riconosciuto gli interessi ex d.lgs. n. 231 del 2002 sull’indennizzo preteso dall’assicurato onde essere rimborsato di quanto corrisposto, a seguito di condanna al risarcimento del danno, per spese di lite e di registrazione del verbale di conciliazione).
Ordinanza 20 aprile 2020, n. 7966
Data udienza 26 novembre 2019
Tag – parola chiave: Assicurazione danni – Danni ad immobile – Risarcimento – Limite del massimale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8924-2018 proposto da:
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 913/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 21/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.
FATTI DI CAUSA
La societa’ (OMISSIS) spa ha effettuato lavori su una galleria per conto di (OMISSIS), a seguito dei quali si sono manifestati danni all’immobile appartenente alla parrocchia di (OMISSIS) e ad altre proprieta’ private.
La societa’ (OMISSIS) e l'(OMISSIS) sono state citate in giudizio dai danneggiati, ed in quel procedimento si e’ accertata la responsabilita’ di entrambe, che sono state condannate al risarcimento in favore delle parti attrici. L'(OMISSIS) ha provveduto a versare la sorte (circa 2 milioni di Euro), mentre la (OMISSIS) ha corrisposto le spese di lite (circa 100 mila Euro), le spese di registrazione del verbale di conciliazione (circa 72 mila Euro) e le spese di CTU.
Di tali esborsi la (OMISSIS) ha chiesto ristoro alla propria assicurazione, all’epoca la (OMISSIS), ora (OMISSIS), che ha opposto la pattuizione di un massimale di 100 mila Euro, e dunque ha rifiutato di corrispondere la somma maggiore che la societa’ ricorrente aveva pagato nella causa per danni.
(OMISSIS) ha dunque citato in giudizio la (OMISSIS) per il pagamento dell’intero. Il giudice di primo grado ha ritenuto operante il massimale di polizza nei termini indicati da (OMISSIS) (ossia 100 mila Euro) anziche’ in quelli indicati dalla ricorrente (2 milioni), condannando dunque la compagnia nei limiti di quel massimale.
La societa’ ha fatto appello, evidenziando tra l’altro che durante il giudizio di primo grado era andato smarrito il fascicolo di parte, nel quale era contenuta altresi’ la documentazione delle ulteriori spese (registrazione accordo, compensi CTU) che la societa’ aveva sostenuto e di cui chiedeva il rimborso.
La corte di appello, mantenendo ferma la statuizione sul massimale (che non risulta essere oggetto di impugnazione) riconosce, in parziale riforma del primo grado, gli interessi e la rivalutazione su tale massimale (100 mila Euro, non concessi in primo grado.
La (OMISSIS) ricorre con due motivi. Non v’e’ costituzione della (OMISSIS)
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- La sentenza impugnata giunge dopo ordinanza che dispone la ricostituzione del fascicolo di parte, andato smarrito nel primo grado e contenente non solo le istanze della ricorrente, ma anche le prove documentali.
Il giudice di primo grado aveva deciso prescindendo da tale fascicolo sul presupposto che era stata la stessa parte attrice, ora ricorrente, a farlo sparire. Questa tesi e’ stata disattesa dal giudice di appello che invece ha ordinato la ricostruzione del fascicolo di parte, andato perduto.
Cio’ detto, il giudice di secondo grado ha mantenuto fermo l’accertamento quanto al massimale (200 milioni di lire, ossia circa 100 mila Euro) che peraltro non era fatto oggetto di impugnazione (vedi sentenza a pagina5), ed ha pero’ riconosciuto su tale importo gli interessi di legge e la rivalutazione, accessori esclusi dal giudice di prime cure. Non ha riconosciuto invece gli interessi previsti per le transazioni commerciali dalla L. n. 231 del 2002.
2.- Con il primo motivo di ricorso, la (OMISSIS) lamenta omesso esame di un fatto deciso e controverso.
Ritiene che tra le sue domande vi fosse quella di rimborso di spese ulteriori (per registrazione dell’accordo e per CTU) contenute nel fascicolo di primo grado, non esaminate dal giudice di quella fase per via dello smarrimento del fascicolo, che quel giudice, come gia’ ricordato, non ha inteso ricostruire.
Poiche’ il giudice di appello ha invece disposto la ricostruzione del fascicolo, che dunque e’ stato inserito tra gli atti di causa, avrebbe dovuto prendere in esame le spese ivi documentate e la relativa richiesta di rimborso, e non lo ha fatto. Si tratterebbe, secondo la ricorrente, dell’omesso esame di un fatto decisivo e controverso.
Il motivo e’ infondato.
E’ vero che dal testo della sentenza di appello non risulta l’esame di questo fatto (ossia che tra le somme da rimborsare vi fossero anche altre spese), ma e’ altresi’ vero che l’omissione riguarda un fatto non decisivo.
Tale e’ quel fatto che, se fosse stato esaminato, avrebbe comportato un diverso esito della lite.
Nella fattispecie, e’ accertato (e non messo in discussione in secondo grado) che il massimale cui era tenuta l’assicurazione era di 100 mila Euro, ossia 200 milioni di Lire, che e’ stato corrisposto, o meglio cui la compagnia e’ stata tenuta in forza della sentenza di primo grado.
Cosi che le spese ulteriori, non considerate dal giudice di appello, esorbitano da tale somma, ed anche se fossero state prese in considerazione, non avrebbero potuto portare ad una modifica della decisione di primo grado quanto al limite massimo cui era tenuta l’assicurazione, limite che, stando alla sentenza impugnata (pagina 5), non e’ stato neanche oggetto di appello.
Con la conseguenza che, diventato definitivo l’accertamento sul massimale (e non si prova che invece vi fosse impugnazione sul punto), si deve escludere che il fatto omesso fosse decisivo.
3.- Con il secondo motivo invece la ricorrente lamenta la erronea applicazione della L. n. 231 del 2002.
La corte di appello ha ritenuto di non dover riconoscere gli interessi previsti da questa legge, in quanto non applicabile ai pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno.
La ricorrente contesta questa tesi, facendo presente che la somma su cui avrebbero dovuto calcolarsi gli interessi secondo la L. n. 231 del 2002 non e’ stata erogata a titolo di risarcimento del danno, bensi’ di indennizzo assicurativo.
Il motivo e’ infondato.
Infatti, la norma (articolo 1, comma 2, lettera c) prevede che sono esclusi i “pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, compresi i pagamenti effettuati a tale titolo da un assicuratore”.
Ed e’ evidente che la norma si riferisce sia al caso in cui l’assicuratore paghi direttamente al danneggiato, sia a quello in cui rimborsi al danneggiante la somma da questi corrisposta al danneggiato.
Piu’ precisamente, gli interessi di cui alla L. n. 231 del 2002 sono negati al danneggiato che riceva il risarcimento del danno, sia che il pagamento avvenga direttamente dal danneggiante sia che avvenga ad opera dell’assicuratore. E questo potrebbe far gioco alla ricorrente, la quale infatti obietta che la somma su cui andrebbero calcolati non e’ quella destinata al danneggiato, bensi’ quella dovuta a lei, sulla base del contratto di assicurazione, nel senso cioe’ che la norma nega gli interessi su somme che hanno titolo nel fatto illecito, ma non su quelle che hanno titolo nel contratto di assicurazione.
Se non che, intanto va detto che in pratica, il danneggiante che paghi direttamente al danneggiato (ed e’ il nostro caso) non corrisponde gli interessi maggiorati (L. n. 231 del 2002), e non li corrisponde perche’ la legge stessa li esclude, e conseguentemente non ha diritto a vederseli rimborsare.
Inoltre, la distinzione posta dalla ricorrente e’ suggestiva. La somma a lei dovuta, ha, si, titolo nel contratto di assicurazione, ma serve a ristorare dell’esborso fatto a titolo di risarcimento, e dunque ha la medesima funzione di quest’ultimo. Il ricorso va pertanto rigettato.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 5600,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali, spese. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, la Corte da’ atto che il tenore del dispositivo e’ tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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