Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 19 febbraio 2019, n. 7550.
La massima estrapolata:
E’ inammissibile il ricorso per Cassazione sottoscritto personalmente, a nulla rilevando la qualità del ricorrente di difensore iscritto nell’apposito albo. La rappresentanza tecnica da parte di un difensore abilitato è sempre necessaria nel giudizio di legittimità.
Sentenza 19 febbraio 2019, n. 7550
Data udienza 5 dicembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IZZO Fausto – Presidente
Dott. DI SALVO Emanuele – rel. Consigliere
Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere
Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere
Dott. DAWAN Daniela – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 07/06/2018 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI SALVO;
lette/sentite le conclusioni del PG TOMASO EPIDENDIO che conclude per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe indicata, con cui il Tribunale di Salerno, decidendo in sede di rinvio dalla Corte di cassazione, ha respinto l’appello proposto avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca del sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, del conto corrente intestato alla Procedura fallimentare n. 9/2014, relativa alla s.a.s “(OMISSIS)”, acceso presso la (OMISSIS), emanato dal G.i.p. del Tribunale di Vallo della Lucania, in ordine al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 ter.
2. I ricorrenti deducono violazione di legge, poiche’ essi, in quanto creditori della societa’ (OMISSIS), dichiarata fallita, sono stati ammessi al passivo del fallimento. Lo stato passivo e’ stato dichiarato esecutivo con ordinanza del 27 novembre 2014. Il 24 ottobre 2016 il giudice delegato ordinava il deposito in cancelleria del piano di riparto parziale, nell’ambito del quale venivano disposte le assegnazioni di determinate somme ai ricorrenti. Il 25 novembre 2016 il piano di riparto parziale diveniva esecutivo e il giudice delegato ordinava al curatore di provvedere al pagamento delle somme ivi previste. Erroneamente dunque il giudice a quo ha impostato la propria motivazione sul rilievo che il 25 gennaio 2017 il giudice delegato ha revocato il provvedimento dichiarativo di esecutivita’ del piano di riparto, poiche’ tale decisione e’ conseguenza dell’esecuzione del sequestro penale, che ha reso indisponibili le predette somme, ragion per cui il giudice delegato e’ stato costretto a revocare il piano di riparto. Ma il profilo di illegittimita’ e’ costituito dal fatto che sono state sottoposte a sequestro disponibilita’ finanziarie che non appartenevano piu’ alla societa’ fallita ma ai terzi di buona fede e cioe’ ai creditori privilegiati della massa fallimentare, in virtu’ del piano di riparto divenuto esecutivo. Infatti, il passaggio di proprieta’ non dipende affatto dalla tempistica dei singoli versamenti delle somme di danaro ai creditori da parte del curatore fallimentare, come assume il giudice a quo, tant’e’ che se il curatore avesse effettuato i pagamenti il giorno successivo all’ordine emesso dal giudice delegato, e cioe’ il 26 novembre 2016, come avrebbe dovuto, le somme sarebbero divenute di proprieta’ dei terzi creditori di buona fede, titolari di privilegio speciale, peraltro antecedente a quello alla base del reato di cui alla misura cautelare reale. In ogni caso, le somme erano gia’ state assegnate, in maniera definitiva, a terzi, del tutto estranei alla condotta contestata all’indagato, prima dell’esecuzione del sequestro preventivo, con il piano di riparto divenuto esecutivo, che aveva determinato la traslazione della proprieta’ dei beni. Al riguardo, il provvedimento del Tribunale e’ privo di motivazione, non essendo stata esaminata la documentazione prodotta ne’ alcuna delle argomentazioni formulate dai ricorrenti.
Si chiede pertanto annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Preliminarmente, occorre osservare che il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile, in quanto sottoscritto personalmente e non da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione. La rappresentanza tecnica da parte di difensore abilitato e’, infatti, sempre necessaria, anche se ricorrente e’ un avvocato, dovendosi escludere la difesa personale dell’interessato (Cass., Sez. 3, n. 19964 del 29-3-2007), a nulla rilevando che quest’ultimo abbia qualita’ di difensore iscritto nell’apposito albo (Cass. Sez. 2, n. 9562 del 13-12-2011, Rv. 252464; Sez. 6, n. 48440 del 20-11-2008). Si e’, d’altronde, chiarito, in giurisprudenza, che il principio dell’inderogabilita’ della rappresentanza tecnica da parte di difensore abilitato, anche se il ricorrente sia avvocato cassazionista, e’ compatibile con il diritto di difendersi da se’, riconosciuto dall’articolo 6, comma 2, lettera c), della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali: norma quest’ultima che implica l’obbligo di assicurare il diritto della parte di contribuire, unitamente al difensore tecnico, alla ricostruzione del fatto ed alla individuazione delle conseguenze giuridiche solo nel giudizio di merito e non anche in quello di legittimita’ (Cass., Sez. 2, n. 2724 del 19-12-2012, Rv. 255082; Sez. 3, n. 19964 del 29/03/2007, Rv. 236734).
2. La doglianza formulata dagli altri ricorrenti e’ infondata. Correttamente, infatti, il giudice a quo ha posto in rilievo che il decreto del giudice delegato fallimentare dichiarativo dell’esecutivita’ del piano di riparto, lungi dall’avere un’efficacia traslativa della proprieta’ dei beni ricompresi nella massa fallimentare e dall’operare il trasferimento nel patrimonio dei creditori delle somme ricavate dalla vendita dei beni fallimentari, opera una determinazione di fonte giudiziaria della misura dei crediti ammessi al riparto, disponendo che il curatore provveda all’adempimento nelle forme ordinarie. In sostanza, il provvedimento del giudice delegato si limita ad accertare giudizialmente la misura dei crediti aventi diritto al riparto e a ordinare al curatore il pagamento ma l’effetto traslativo della proprieta’ del danaro appartenente alla societa’ fallita ai creditori si produce solo con la materiale traditio delle somme. Infatti, anche successivamente all’emissione del decreto di esecutivita’ del piano di riparto da parte del giudice delegato, ma prima della materiale consegna del danaro agli aventi diritto, i diritti dei terzi, pur ammessi al riparto delle somme, conservano la connotazione di meri diritti di credito, che non mutano la loro originaria natura giuridica. Ne deriva che le somme di danaro, fino alla loro materiale distribuzione da parte del curatore, non possono essere considerate come appartenenti ad un terzo estraneo alla commissione del reato ma restano beni della societa’ fallita, come tali sequestrabili nei confronti di quest’ultima. Si tratta di un’impostazione ineccepibile, sotto il profilo giuridico, sulla base dei principi elaborati dalla giurisprudenza citata dallo stesso giudice a quo. In questa sede puo’ soltanto aggiungersi che le conclusioni alle quali e’ pervenuto il Tribunale sono del tutto conformi anche agli approdi ermeneutici della giurisprudenza civile, la quale ha sottolineato come, in tema di fallimento, l’ammissione del credito al passivo e l’inclusione del relativo importo nel piano di riparto, divenuto esecutivo, non determinino una novazione del credito, che e’ e rimane un diritto di credito nei confronti del fallito, non trasformandosi neanche in un credito nei confronti della massa fallimentare (Sez. 1, n. 8185 del 02/04/2010, Rv. 612548 – 01) e, quindi, ancor meno in un diritto reale sulle somme assegnate.
3. Il ricorso di (OMISSIS) va pertanto dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila, determinata secondo equita’, in favore della Cassa delle ammende. Gli altri ricorsi vanno rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali.
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