Corte di Cassazione, penale, Sentenza|26 febbraio 2021| n. 7792.
In tema di valutazione della prova, il giudice di merito, in base al principio della scindibilità delle dichiarazioni, ben può ritenere veridica solo una parte della confessione resa dall’imputato, e nel contempo disattenderne altre parti, allorché si tratti di circostanze tra loro non interferenti sul piano logico e fattuale (nella specie, la giustificazione della condotta omicidiaria, pure ammessa, in termini di legittima difesa), e sempre che giustifichi la scelta con adeguata motivazione.
Sentenza|26 febbraio 2021| n. 7792
Data udienza 16 dicembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Omicidio – Armi – Armi clandestine – Omesso esame di memorie difensive – Principio della scindibilità delle dichiarazioni – Legittima difesa putativa – Presupposti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CASA Filippo – Presidente
Dott. LIUNI Teresa – rel. Consigliere
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere
Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) JUNIOR, nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/01/2019 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. TERESA LIUNI;
udito il Procuratore generale, Dott. CARDIA DELIA, la quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
L’avvocato (OMISSIS), del foro di BENEVEVENTO, patrono delle parti civili in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); anche in qualita’ di sostituto processuale dell’avvocato (OMISSIS), del foro di BENEVENTO, in difesa di (OMISSIS), nonche’ in qualita’ di sostituto processuale dell’avvocato (OMISSIS), del foro di BENEVENTO in difesa di (OMISSIS) (esercente la potesta’ genitoriale sul minore), chiede il rigetto del ricorso e deposita conclusioni scritte contestualmente alle note spese;
L’avvocato (OMISSIS), del foro di BENEVENTO, difensore di (OMISSIS) JUNIOR, conclude insistendo nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 28/01/2019 la Corte di Assise di appello di Napoli ha riformato quoad poenam la sentenza del 31/10/2017 della Corte di Assise di Benevento che aveva condannato (OMISSIS) junior alla pena di anni 25 di reclusione ed Euro 2.000 di multa per i reati, avvinti in continuazione, di omicidio in danno di (OMISSIS), nonche’ di detenzione e porto in luogo pubblico di una pistola revolver Smith & Wesson e di detenzione di una pistola Tanfoglio clandestina. Reati accertati a (OMISSIS).
La Corte territoriale ha confermato l’accertamento dei reati, ma ha ridotto la pena al minimo edittale di quella prevista per il piu’ grave delitto di omicidio, escludendo la pena pecuniaria dall’aumento per la continuazione con i reati in materia di armi; quindi ha rideterminato il trattamento sanzionatorio in anni 22 e mesi 6 di reclusione.
1.2. La vicenda era avvenuta nella notte tra il (OMISSIS), in una strada su cui affacciava il deposito dell’imputato, dinanzi al quale era avvenuto un litigio tra (OMISSIS) e (OMISSIS), imprenditore alimentare, al cui esito il primo aveva esploso da tergo vari colpi di pistola all’indirizzo del secondo. Non vi e’ questione di ricostruzione materiale del fatto, accertato grazie alle dichiarazioni di alcuni testimoni e dello stesso imputato (peraltro immortalato nella fase successiva all’omicidio dalle telecamere di sorveglianza della sua stessa abitazione), bensi’ di valutazione dell’invocata esimente della legittima difesa – almeno putativa – che avrebbe determinato all’azione l’imputato, attesi gli antecedenti della vicenda. Infatti, la moglie ed il fratello del (OMISSIS) avevano riferito di prestiti elargiti dal (OMISSIS) alla vittima, e in un’occasione il fratello aveva anche dato garanzia firmando una scrittura privata; detto teste aveva negato particolari minacce ad opera del (OMISSIS), il quale pero’ era spesso presente nell’azienda del (OMISSIS), tanto che costui era spazientito per le ripetute pressioni e per gli atteggiamenti dell’imputato.
Sottoposto a fermo di indiziato, il (OMISSIS) ammetteva di avere sparato all’indirizzo della vittima: cio’ pero’ attribuiva alla necessita’ di difendersi dal (OMISSIS), il quale quella notte – dopo essere stato chiamato dall’imputato stesso per verificare il pericolo di un attentato ai danni del deposito – aveva ingiunto al (OMISSIS), il quale gli aveva chiesto di rientrare almeno parzialmente dalla sua posizione debitoria, di pagargli quell’intervento notturno. Da tale pretesa era scaturito un litigio esitato nella minaccia a mano armata del (OMISSIS), il quale aveva puntato una pistola alla testa del (OMISSIS) affermando che se fosse morto non gli avrebbe piu’ dato nulla, e lo aveva colpito con un pugno al volto. Il (OMISSIS) si era allontanato e rannicchiato verso il basso, e aveva udito un rumore metallico come il clic di una pistola, cosi’ aveva estratto la pistola che a sua volta recava nel marsupio ed aveva esploso due o tre colpi dal basso verso l’alto, al che il (OMISSIS) era caduto a terra. L’imputato aveva raccolto la pistola e la borsa della vittima, gettandole nella vettura, quindi era partito eseguendo una manovra in retromarcia durante la quale probabilmente era passato sulle gambe del (OMISSIS). Rientrato a casa, aveva bruciato nel caminetto gli indumenti da lui indossati e la borsa; aveva ripulito le armi, gettando la propria pistola nella siepe di recinzione (dove era stata rinvenuta dagli operanti), e ponendo la Tanfoglio del (OMISSIS) nello sportello della vettura Mercedes, senza ricordarsi che erano accese le telecamere del sistema di videosorveglianza.
Il (OMISSIS) aveva riferito di avere acquistato il revolver Smith & Wesson nel quartiere di Scampia, dopo avere subito richieste estorsive da persone ignote all’inizio di (OMISSIS); nulla sapeva della pistola Tanfoglio del (OMISSIS).
1.3. La Corte di Assise di appello – valutati i risultati probatori – ha concordato con la Corte di primo grado nell’escludere l’esimente della legittima difesa, osservando tra l’altro che risultava incomprensibile in tale prospettiva la distruzione della borsa della vittima, insieme agli indumenti indossati dall’imputato quella notte, nonche’ l’azione di ripulitura della pistola Tanfoglio asseritamente appartenente al (OMISSIS), che invece avrebbe potuto supportare ove fossero state rilevate impronte di costui – la versione che l’arma fosse stata impugnata dal (OMISSIS) per minacciare di morte il (OMISSIS). Infine, sarebbe inspiegabile il motivo per cui, una volta ripulita, la pistola Tanfoglio era stata rimessa nella vettura utilizzata sulla scena del delitto.
La Corte di secondo grado osservava al riguardo che non vi era coerenza e compatibilita’ tra tale ultima azione e la freddezza e lucidita’ sottese agli altri comportamenti tenuti dal (OMISSIS), e ne inferiva che la pistola Tanfoglio in realta’ apparteneva allo stesso imputato, dimenticata nella vettura durante l’intera missione. Invece, il (OMISSIS) non aveva armi, e tale conclusione confliggeva in radice con la tesi della legittima difesa, implicando che il (OMISSIS) aveva sparato ad una persona disarmata, e cosi’ escludendo ogni proporzionalita’ tra l’azione dell’imputato ed un qualsiasi ipotetico atto della vittima nei suoi confronti.
1.4. In ordine al contrasto tra le ricostruzioni della dinamica dell’omicidio svolte rispettivamente dalla Dott.ssa (OMISSIS), Ct del Pubblico ministero, ed il Dott. (OMISSIS) per la difesa, la Corte napoletana riteneva di accordare preferenza alla prima, osservando che i colpi avevano raggiunto la vittima alla distanza di circa otto/dieci metri, da tergo. Nemmeno il Ct della difesa si era spinto a negare che il foro in regione dorsale bassa a sinistra fosse di entrata, pertanto almeno un proiettile aveva raggiunto il (OMISSIS) al dorso; quanto al foro in corrispondenza delle ultime coste a sinistra, il Ct della difesa poneva in dubbio che fosse di uscita, suggerendo la probabilita’ – ma non la certezza – che fosse di entrata. Peraltro, dall’esame dibattimentale dei consulenti era risultata smentita l’ipotesi difensiva della lesione al fegato, mentre l’organo leso era la milza, compatibile con una direzione del proiettile dall’indietro all’avanti, come da tesi di accusa. La principale causa di morte era stata indicata dalla Dott.ssa (OMISSIS) nella lesione al capo, mentre il Dott. (OMISSIS) l’aveva definita una ferita di striscio: la Corte ha valorizzato – pur nell’assenza di fori alla meninge e al cervello – la presenza di versamenti di sangue alla regione cerebellare e ai lobi posteriori (che per l’accusa erano segni di emorragia e per la difesa, invece, di ipostasi), nonche’ l’obiettiva frattura lineare ad andamento longitudinale di circa otto centimetri dalla fossa cranica posteriore a sinistra sino alla fossa cranica media. Si e’ anche rilevato che l’inserimento di uno specillo nel cranio aveva indicato una direzione da sinistra a destra e dal basso verso l’altro, dall’occipitale sinistro verso il frontale/parietale destro, direzione non compatibile con lo sparo meramente difensivo.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, avv. (OMISSIS), deducendo i seguenti motivi di impugnazione, che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione, a tenore dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione di legge e il correlato vizio di motivazione, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera c) ed e), con riferimento a due questioni preliminari sollevate con i motivi di gravame, ovvero l’omessa valutazione della memoria difensiva depositata all’udienza del 31/10/2017, nonche’ il mancato deposito a seguito dell’avviso di conclusione delle indagini delle fotografie scattate in sede di esame autoptico, di carattere irripetibile, che venivano poi acquisite ex articolo 234 c.p.p. all’udienza del 20/9/2016, all’esito della deposizione della consulente Dott.ssa (OMISSIS).
2.1.1. Secondo il ricorrente, con riguardo alla prima eccezione non vi era stata alcuna confutazione delle argomentazioni avanzate nella citata memoria difensiva, come aveva invece ritenuto la Corte napoletana, in quanto l’Assise di primo grado non aveva deciso alcunche’ in ordine all’istanza ex articolo 507 c.p.p. di disporre una perizia medico-legale.
2.1.2. Quanto al problema delle fotografie, la difesa ha riferito di averle ripetutamente richieste al Pubblico ministero, anche dopo avere ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini, ma – non essendo riuscita ad ottenerle – aveva modificato la linea difensiva orientandosi per il rito ordinario in base a valutazioni medico-legali di parte limitate agli accertamenti depositati dal consulente tecnico del Pubblico ministero. Tale situazione avrebbe dovuto dare luogo alla inutilizzabilita’ degli elementi di indagine che non erano stati debitamente depositati a seguito dell’avviso ex articolo 415 bis c.p.p., sicche’ vi e’ stato un evidente errore di diritto nell’ammissione tardiva delle fotografie in sede processuale ai sensi dell’articolo 234 c.p.p., con conseguente lesione del diritto di difesa in merito alle opzioni processuali praticabili.
2.2. Con il secondo motivo di impugnazione si lamenta violazione di legge processuale e vizio argomentativo con riferimento all’omessa motivazione del punto n. 3 dell’atto di appello, riguardante le censure sulla valutazione operata dalla Corte di assise di primo grado delle dichiarazioni rese da alcuni testimoni, a carico e a discarico. Il ricorrente ha indicato come rilevanti al riguardo le testimonianze rese da (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente moglie e fratello della vittima, in ordine al debito del congiunto nei confronti del (OMISSIS), nonche’ la deposizione del Commissario (OMISSIS) che aveva riferito di una possibile tentata estorsione in danno dell’imputato. Erano poi rilevanti le testimonianze di (OMISSIS) e (OMISSIS), a loro volta debitori del (OMISSIS) per somme consistenti, i quali avevano affermato di non essere mai stati compulsati dal loro creditore onde restituire il denaro.
Tali testimonianze incidono negativamente sul movente del delitto, rendendo incomprensibili le ragioni per cui il (OMISSIS) avrebbe deciso di uccidere il meno gravato dei suoi debitori.
2.3. Con ulteriore motivo si lamenta vizio argomentativo con riferimento all’articolo 192 c.p.p., in relazione alla confessione resa dal (OMISSIS), che non e’ stata considerata nella sua globalita’ – da intendersi comprensiva tanto dell’accusa contra se, quanto della giustificazione della condotta – ne’ con apprezzamento della sua spontaneita’, avuto riguardo al momento della stessa, immediatamente resa nell’interrogatorio in sede di fermo e poi confermata nell’esame dibattimentale.
Dalle vicende creditorie narrate dal (OMISSIS) e dalla dinamica dell’aggressione subita ad opera del (OMISSIS) e’ evidente che la reazione dell’imputato e’ stata dettata dalla necessita’ di difendersi; ne’ la condotta successiva al fatto smentisce tale impostazione, manifestando invece lo stato confusionale in cui versava l’imputato, il quale non soltanto aveva ripulito la pistola Tanfoglio del (OMISSIS), ma aveva anche bruciato la borsa di costui contenente la documentazione dei loro rapporti creditori, parimenti rilevante al fine di poter ottenere soddisfazione del proprio credito.
2.4. Con riferimento alle violazioni in materia di armi, si deduce violazione di legge e vizio argomentativo.
Invero, dovendosi riconoscere che il fatto e’ avvenuto in presenza della scriminante – quantomeno putativa – della legittima difesa, di cui sussistono tutti i presupposti (il ricorso rinvia al motivo n. 3 dell’atto di appello per le argomentazioni a supporto di tale affermazione), il ricorrente evidenzia la correlazione diretta tra la situazione aggressiva integrata dal (OMISSIS), che aveva puntato la pistola alla fronte del (OMISSIS) minacciandolo di morte, e la reazione difensiva di costui, il quale d’istinto aveva estratto la sua pistola dal marsupio ed aveva esploso tre colpi “quasi ad occhi chiusi” in direzione del primo, implorandolo di non sparare. Sul punto ha influito anche il dato – processualmente accertato – della vicinanza del (OMISSIS) alla criminalita’ organizzata sannita, che contribuiva a provocare nel (OMISSIS) uno stato psicologico tale da far intendere integrati i presupposti dell’invocata esimente, almeno nella forma putativa di cui all’articolo 59 c.p., comma 4. Cio’ e’ in contrasto con la ricostruzione della impugnata sentenza sul punto della detenzione della pistola Tanfoglio da parte dell’imputato, la cui presenza nella tasca dello sportello lato guida della vettura Mercedes e’ stata ascritta a dimenticanza del (OMISSIS).
Viene inoltre sottoposta a critica, per macroscopica contraddittorieta’, la ricostruzione delle posizioni di sparatore e vittima, laddove l’impugnata sentenza da un lato accoglie le risultanze medico-legali attestanti l’esplosione dei colpi alla distanza di diversi metri, dall’altro afferma che la distanza tra sparatore e bersaglio era “misurabile in piu’ di qualche decina di centimetri”.
Da tale discrasia risulta evidente la necessita’ di disporre una perizia onde chiarire la dinamica della vicenda.
2.5. Con ulteriore motivo si deduce il travisamento della prova con riferimento alla rivalutazione della consulenza medico-legale della difesa, anche in base all’esame dibattimentale del Dott. (OMISSIS). Invero, secondo il ricorrente, dalle circostanze riportate alla pagina 7 dell’impugnata sentenza si ricava il travisamento dei giudici di secondo grado, laddove il Ct della difesa spiegava che le risultanze in atti non erano compatibili con la tesi dell’omicidio volontario.
A supporto di tale affermazione il ricorso ha riportato ampi stralci dell’esame dibattimentale del Dott. (OMISSIS), riferiti alla direzione dei proiettili, con particolare riguardo ai fori di ingresso ed uscita dal corpo della vittima, alle ipostasi post-mortem e alle lesioni riscontrate. Sono stati riportati anche frammenti delle contrarie argomentazioni del consulente del Pm, in particolare sulla lesivita’ del cranio della vittima, punto di insanabile contrasto tra i due esperti, la cui frontale contrapposizione e’ stata documentata nella nota n. 5 del ricorso.
Tali elementi hanno evidenziato le omissioni di entrambe le Corti di merito in ordine alle considerazioni espresse nel motivo di gravame n. 4 sulle contraddizioni del consulente del Pm, che addirittura non ha confermato le proprie conclusioni in sede di esame dibattimentale. Cio’ ulteriormente imponeva l’espletamento della perizia medico-legale richiesta dalla difesa per fugare ogni dubbio sulle cause e sulla dinamica della morte del (OMISSIS).
2.6. Con l’ultimo motivo di impugnazione si lamenta l’illegittimita’ del diniego delle circostanze attenuanti generiche, basato sulle modalita’ del reato e sulla personalita’ del (OMISSIS), che si asserisce gravato – contrariamente al vero da precedenti per reati contro la persona e in materia di armi, laddove egli annovera soltanto due condanne per guida in stato di ebbrezza.
Di contro, non si e’ dato rilievo alla condotta post delictum, ampiamente collaborativa, tenuta dall’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ complessivamente infondato e deve essere respinto.
Preliminarmente, si rileva che la presente vicenda processuale si connota – quanto alla ricostruzione degli eventi ed alla qualificazione giuridica dei fatti e del titolo di responsabilita’ dell’imputato – come un caso di cosiddetta “doppia conforme”, costruzione che notoriamente postula che il vizio di motivazione deducibile e censurabile in sede di legittimita’ e’ soltanto quello che – a presidio del devolutum – discende dalla pretermissione dell’esame di temi probatori decisivi, ritualmente indicati come motivi di appello e trascurati in quella sede (Sez. 5, n. 1927 del 20/12/2017, dep. 2018, Petrocelli e altri, Rv. 272324; Sez. 2, n. 10758 del 29/01/2015, Giugliano, Rv. 263129; Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, dep. 2014, Dall’Agnola, Rv. 257967); o anche manifestamente travisati in entrambi i gradi di giudizio (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, Rv. 272018). Al di fuori di tali ristretti binari, resta precluso il rilievo del vizio di motivazione secondo la nuova espressione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) nel caso di adeguata valutazione conforme nei gradi di merito del medesimo compendio probatorio.
Nel caso in esame, l’esito del giudizio in entrambi i gradi e’ giunto al medesimo risultato, sicche’ l’indagine di legittimita’ deve limitarsi al vaglio della correttezza del procedimento sotto i profili della completezza di valutazione del compendio probatorio e dell’assenza di manifesto travisamento delle prove.
Deve altresi’ ribadirsi che nei casi di doppia conforme, le motivazioni delle sentenze di merito convergono in un apparato motivazionale integrato, dando luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218), che in tali termini deve essere assunto anche nella denuncia dei vizi di legittimita’, nei limiti della loro rilevanza.
Infine, in ordine alle critiche rivolte alla valutazione di elementi probatori, giova ricordare che trattasi di terreno interdetto alla verifica di legittimita’, che puo’ riguardare soltanto il corretto e completo apprezzamento del materiale probatorio sotto il profilo indicato. E sul punto, le argomentazioni espresse dalla Corte di appello risultano corrette ed esaustive.
2. Cio’ premesso, si esamineranno i motivi di impugnazione nei limiti cosi’ tracciati e secondo l’ordine di esposizione.
2.1. Iniziando dalle preliminari censure processuali, si osserva che la doglianza riguardante la pretermissione della memoria difensiva del 31/10/2017 e’ stata oggetto di congruo vaglio da parte della Corte territoriale, la quale ha osservato che il giudice di prime cure aveva confutato le argomentazioni sviluppate in detto atto difensivo, pur senza citarlo esplicitamente. Del resto, l’esame della memoria in questione (allegata al ricorso) consente a questa Corte di verificare la completa disamina dei temi ivi posti da parte dei giudici di merito di ambo i gradi, sicche’ non si ravvisa il dedotto vizio di legittimita’.
In particolare, la doglianza sul silenzio serbato dal primo giudice quanto alla sollecitazione difensiva ex articolo 507 c.p.p. di disporre una perizia medico-legale (silenzio interpretabile come implicito rigetto di tale iniziativa) e’ stata espressamente considerata dai giudici di appello che – con ordinanza dibattimentale dell’8/1/2019 – hanno motivatamente disatteso l’istanza, rilevando l’esistenza in atti di consulenze di parte pubblica e privata che rendevano superfluo ed inutile un ulteriore accertamento medico-legale (cfr. pag. 4 sentenza impugnata).
Invero, e’ acquisizione risalente che l’omessa valutazione di memorie difensive, pur non comportando la nullita’ del provvedimento impugnato, puo’ influire sulla congruita’ e correttezza logico-giuridica della motivazione della decisione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive (Sez. 6, n. 18453 del 28/02/2012, Cataldo e altri, Rv. 252713; Sez. 2, n. 14975 del 16/03/2018, Tropea e altri, Rv. 272542; Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, Capezzuto, Rv. 276199), rilevando specialmente quando con la memoria sia stato introdotto un tema potenzialmente decisivo ed il provvedimento impugnato sia rimasto sul punto del tutto silente (Sez. 2, n. 38834 del 07/06/2019, Forzini, Rv. 277220).
Tuttavia, l’omesso esame, da parte del giudice di merito, di una memoria difensiva puo’ essere dedotto in sede di legittimita’ come vizio di motivazione purche’, in virtu’ del dovere di specificita’ dei motivi di ricorso per cassazione, si rappresenti puntualmente la concreta idoneita’ scardinante dei temi della memoria pretermessa rispetto alla pronunzia avversata, evidenziando il collegamento tra le difese della memoria e gli specifici profili di carenza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ argomentativa della sentenza impugnata (Sez. 5 n. 17798 del 22/03/2019, C., Rv. 276766).
Nel caso in esame, tali specifiche ragioni sono state omesse dal ricorrente, il quale si e’ limitato a denunciare (contrariamente al vero) la mancata considerazione degli argomenti difensivi espressi nella memoria, senza descriverne la valenza ad orientare il decidente in senso diverso, ovvero senza prospettare elementi di decisivita’ disarticolante del ragionamento motivazionale espresso in entrambi i gradi di merito.
2.2. In ordine all’eccezione di violazione del diritto di difesa determinata dalla tardiva acquisizione delle fotografie scattate in sede di esame autoptico, che irritualmente sarebbe stata operata ai sensi dell’articolo 234 c.p.p. all’esito della deposizione della Ct del Pm, Dott.ssa (OMISSIS), si rileva che non ricorre alcuna violazione procedurale o lesione del diritto di difesa, come ha correttamente esposto l’impugnata sentenza. Ivi si e’ osservato che il deposito delle fotografie e’ avvenuto in tempo utile a spiegare in giudizio le piu’ ampie difese dell’imputato, ne’ all’epoca era stato obiettato che tale documentazione fosse necessaria per avanzare eventuali richieste di riti speciali, peraltro non formulate neppure nel senso di un giudizio abbreviato condizionato ad integrazione istruttoria. La contraria doglianza su tale ultimo punto e’ dunque priva di basi apprezzabili.
Deve qui rimarcarsi che la sede e le modalita’ di acquisizione del compendio fotografico risultano corrette sotto il profilo processuale.
Infatti, l’atto istruttorio rilevante era costituito dall’indagine autoptica e dal suo esito, cristallizzato nella relazione della consulente del Pm. Il compendio fotografico a corredo di tale atto istruttorio – a termini dell’articolo 234 c.p.p., comma 1, – ha avuto la funzione di fissare per immagini l’iter dell’indagine autoptica, alla quale peraltro era legittimato ad intervenire il consulente tecnico della difesa per tutto l’arco di svolgimento, sicche’ correttamente le fotografie sono state acquisite all’esito della deposizione dibattimentale della consulente medico-legale dell’accusa, cio’ essendo espressamente facultizzato ai sensi dell’articolo 501 c.p.p., comma 2.
Entrambe le censure processuali devono dunque essere rigettate.
3. Si esamina di seguito la censura riguardante le testimonianze indicate nel secondo motivo di impugnazione, in ordine alle quali si lamenta che vi sia stata completa omissione di valutazione nella sentenza di appello.
Tale affermazione e’ fuorviante, trattandosi di deposizioni che sono state ampiamente riportate nella prima sentenza ed utilizzate per la ricostruzione degli antefatti della vicenda – in particolare quelle del fratello dell’imputato, (OMISSIS), e della moglie, (OMISSIS) – quanto all’esistenza di una situazione debitoria del (OMISSIS) verso la vittima, asseverata dallo stesso imputato. Egualmente dicasi per le deposizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), il cui contenuto e’ stato riportato nella prima sentenza, e richiamato anche nell’impugnata sentenza. Le deduzioni difensive che si basano su tali ultime deposizioni, in merito alla loro ritenuta valenza negativa sul movente del delitto, trattandosi di debitori piu’ “importanti” del (OMISSIS) e ciononostante non soggetti ad alcuna pressione ad opera del creditore, sono valutazioni di merito tendenti ad accreditare una diversa visione della vicenda e pertanto prive di rilievo in questa sede, ove deve aversi riguardo soltanto al corretto e completo apprezzamento del materiale probatorio e all’assenza di manifesto travisamento delle prove.
Quanto alla deposizione del teste di PG (OMISSIS), essa e’ stata ampiamente richiamata dal primo giudice per le attivita’ immediatamente effettuate sui luoghi dal personale intervenuto, mentre le dichiarazioni del teste in merito alla “storia di una possibile tentata estorsione in danno del (OMISSIS)” non sono state focalizzate in sentenza. Tuttavia, il tema – definito dallo stesso teste (OMISSIS) mera “ipotesi investigativa”, alla stregua del frammento riportato nel ricorso – e’ stato scandagliato dai giudici di merito, in base a quanto riferito dal diretto interessato (OMISSIS), il quale aveva affermato di non avere sporto denuncia, perche’ sperava di risolvere in altro modo il problema, con l’aiuto del (OMISSIS) (cfr. pag. 28 della prima sentenza). Pertanto, risulta acclarato che di tale retroscena estorsivo – certamente non trascurato dai giudici del merito – non vi era alcuna traccia tangibile, e quindi si conferma la valutazione di mera ipotesi investigativa, come tale priva di concreta incidenza sulla ricostruzione della vicenda.
Deve qui ribadirsi che in sede di legittimita’ non e’ censurabile la sentenza, per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame, quando questa risulta disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio previsto dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della prospettazione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa (Sez. 2, n. 35817 del 10/7/2019, Sirica, Rv. 276741; Sez. 2, n. 1405 del 10/12/2013, dep. 2014, Cento e altri, Rv. 259643).
4. Il seguente motivo di ricorso lamenta vizi di valutazione della confessione resa dal (OMISSIS), che non sarebbe stata considerata nella sua globalita’ – da intendersi comprensiva tanto dell’accusa contra se, quanto della giustificazione della condotta in termini di legittima difesa – ne’ con apprezzamento della sua spontaneita’, da valutarsi in relazione al momento in cui essa e’ intervenuta, avendo l’imputato mantenuto ferma la sua versione in ogni fase delle indagini e del processo.
Anche tale censura e’ infondata, oltre che basata su elementi ed apprezzamenti di natura fattuale, come dimostra l’arricchimento del motivo con plurimi richiami ai contenuti dell’interrogatorio del (OMISSIS) in sede di fermo, cosi’ dando luogo ad un motivo di ricorso vietato dalla legge.
Va rilevato che la ricostruzione della vicenda si giova soltanto in parte delle ammissioni del (OMISSIS), in quanto la condotta successiva al delitto e’ stata immortalata dal sistema di videosorveglianza dell’abitazione dell’imputato stesso, mentre i passaggi della vettura Mercedes nella disponibilita’ del (OMISSIS) nel torno di tempo dell’omicidio erano stati rilevati dalle telecamere della piazza (OMISSIS) ed analizzati nella loro valenza dalla Polizia giudiziaria, come ha testimoniato proprio l’Isp. (OMISSIS).
La pretesa che la confessione sia inscindibile nella sua valutazione e’ del tutto priva di fondamento giuridico, essendo ormai un dato acquisito nell’esegesi di legittimita’ che “In tema di valutazione della prova, il giudice di merito, in base al principio della scindibilita’ delle dichiarazioni, ben puo’ ritenere veridica solo una parte della confessione resa dall’imputato, e nel contempo disattenderne altre parti, allorche’ si tratti di circostanze tra loro non interferenti sul piano logico e fattuale, e sempre che giustifichi la scelta con adeguata motivazione” (Sez. 5, n. 47602 del 26/05/2014, Cabitza, Rv. 261014; Sez. 1, n. 35993 del 14/06/2011 Filippone e altri, Rv. 250774).
Nel caso in esame, l’ammissione di avere commesso l’atto omicidiario e’ stata scissa dalla parte intesa a rivendicare di avere agito per legittima difesa, in base ad argomentazioni pienamente logiche ed ancorate a specifici dati di fatto che escludono i denunciati vizi di legittimita’. Le contrarie deduzioni difensive dirette ad asseverare la tesi della legittima difesa, soprattutto laddove tendono ad attribuire alla condotta post-delictum del (OMISSIS) un significato opposto a quello motivatamente argomentato dai giudici del merito, sono di mero carattere confutativo e non rivestono efficacia dirimente.
5. Il quarto motivo di impugnazione, riferito alla detenzione e porto della pistola Tanfoglio, che nel ricorso si attribuisce alla vittima (OMISSIS), ripercorre gli snodi ricostruttivi dell’invocata scriminante della legittima difesa, come desunti dall’esame dell’imputato, ed illustrati in termini di ricorrenza dell’esimente putativa per avere il (OMISSIS) erroneamente ritenuto sussistenti i presupposti di fatto di una situazione di pericolo consistente nell’aggressione a mano armata da parte del (OMISSIS), che innescava la reazione uguale e contraria.
Devono qui richiamarsi i presupposti della legittima difesa putativa, come risultanti dai parametri ermeneutici elaborati da questa Corte, secondo la quale: “La legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di quella reale, con la sola differenza che nella prima la situazione di pericolo non sussiste obiettivamente, ma e’ supposta dall’agente sulla base di un errore scusabile nell’apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza del pericolo attuale di un’offesa ingiusta; sicche’, in mancanza di dati di fatto concreti, l’esimente putativa non puo’ ricondursi ad un criterio di carattere meramente soggettivo identificato dal solo timore o dal solo stato d’animo dell’agente” (Sez. 1, n. 3898 del 18/02/1997, Micheli, Rv. 207736; in senso conforme, Sez. 2, n. 6024 del 27/01/2016, Mistretta, Rv. 266199). Tale errore scusabile deve trovare adeguata giustificazione in qualche fatto che, sebbene malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilita’ di determinare nell’agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo attuale di un’offesa ingiusta (Sez. 1, n. 3464 del 24/11/2009, dep. 2010, Narcisio, Rv. 245634).
Deve tuttavia osservarsi che – alla stregua della versione dell’imputato non si dovrebbe parlare di legittima difesa putativa, quanto di piena ricorrenza dell’indicata esimente, poiche’ egli non si sarebbe trovato in una condizione di erronea percezione del pericolo, ma sarebbe stato effettivamente minacciato dal (OMISSIS) con una pistola – in tesi: la Tanfoglio – puntata alla fronte, fino al fatidico clic percepito dal (OMISSIS) allorche’, colpito con un pugno al volto dall’antagonista, si era rannicchiato in basso, senza possibilita’ di fuga, sicche’ la reazione uguale e contraria apparirebbe l’unica possibile a contrastare il pericolo incombente, nonche’ proporzionata all’azione aggressiva in atto.
In realta’, l’intera costruzione e’ fondata sulle unilaterali affermazioni dello stesso imputato, che i giudici di merito hanno concordemente ritenuto inattendibile, pur nell’apparente contegno ammissivo, evidenziando le rilevanti discrasie desunte dalla condotta post-delictum, come sintetizzate al paragrafo 1.3. della parte narrativa, e da altre, pure richiamate, in ordine alle accertate modalita’ delle posizioni reciprocamente assunte tra sparatore e vittima, che saranno esaminate infra.
Pertanto, la presente censura deve essere disattesa, in quanto tendente ad attestare una diversa e piu’ favorevole dinamica degli eventi, contrastante con la concorde ricostruzione fattuale e logica effettuata nelle due sentenze.
6. Il presente motivo di impugnazione riguarda il dedotto travisamento della prova, indicata nella consulenza medico-legale della difesa e nell’esame dibattimentale del Dott. (OMISSIS), laddove spiegava che le risultanze in atti non erano compatibili con la tesi dell’omicidio volontario. Il punto e’ stato illustrato con dovizia di richiami alle dichiarazioni del Dott. (OMISSIS) in sede di audizione dibattimentale, a confutazione dei contenuti e degli esiti della consulenza tecnica di parte pubblica, che pero’ non e’ stata allegata al ricorso, che per tale profilo e’ carente di autosufficienza.
Alla stregua di quanto emerge dalle sentenze di merito, ed in particolare dalla prima, la lesivita’ accertata in sede autoptica, prodotta da due colpi di arma da fuoco, aveva riguardato le zone cranio – encefalica e toraco-addominale, nella parte sinistra. La lesione cranica e’ stata descritta con foro di entrata in regione temporo-parietale sinistra a fondo cieco; la lesione toracica ha il foro di entrata in corrispondenza della regione dorsale bassa, e dunque e’ stato inequivocabilmente esploso da tergo, a distanza di circa otto/dieci metri, con vittima in piedi, con tramite intracorporeo parallelo e foro di uscita in regione anteriore, nell’emitorace sinistro in corrispondenza della XI costa omolaterale. Anche il proiettile nel cranio fu esploso da tergo, ad una distanza di circa otto/dieci metri tra sparatore e vittima, dall’alto verso il basso, da sinistra verso destra, con il capo leggermente reclinato a destra. Detto proiettile, che non fuoriusci’ e fu rinvenuto nella loggia renale sinistra, era penetrato dalla regione temporo-parietale, che infatti presentava i tratti tipici del foro di entrata: piccole dimensioni, con margini estroflessi a forma leggermente circolare.
Tali elementi, tratti dall’osservazione obiettiva delle lesioni e dalla traiettoria dei proiettili, manifestano l’inconsistenza della tesi della legittima difesa, smentita dal fatto che l’ingresso di entrambi i proiettili e’ avvenuto da tergo, ad una certa distanza – otto/dieci metri dal bersaglio – cosi’ da illustrare un contesto ben diverso da quello costruito dall’imputato.
Le contrarie osservazioni del consulente medico-legale della difesa sono state specificamente confutate sia dal primo giudice che dalla Corte territoriale con argomenti logici, il principale dei quali consiste nel rilievo che il colpo penetrato in zona dorsale attinse la milza, che resto’ spappolata, e non il fegato, rimasto indenne, chiaro indice della direzionalita’ dall’indietro in avanti del proiettile, poi fuoriuscito in regione anteriore, come ha attestato la Dott.ssa (OMISSIS), Ct del Pm.
La reiterazione in sede di ricorso delle medesime argomentazioni del Dott. (OMISSIS), gia’ congruamente confutate nell’impugnata sentenza, non attribuisce loro maggiore valenza dimostrativa, ne’ puo’ utilizzarsi a tal fine il richiamo di un passaggio motivazionale (pag. 7) in cui la Corte di appello, escludendo colpi sparati a bruciapelo, ha parlato di distanza tra sparatore e bersaglio “misurabile in piu’ di qualche decina di centimetri”, poiche’ l’indicata locuzione non significa affatto che tale fosse l’effettiva distanza tra i due soggetti, ma e’ diretta a specificare il concetto per cui essi erano distanti – nei termini precedentemente individuati di circa otto/dieci metri – cioe’ ben piu’ di qualche decina di centimetri.
Non raggiunge migliore risultato la contestazione della ferita al capo come principale causa del decesso, tema sul quale pure il ricorso si e’ diffuso, riportando ampi stralci del confronto dibattimentale tra i due consulenti di parte, senza pero’ indicare quale sarebbe stata la causa alternativa di morte.
In ogni caso, il risultato letale e’ stato sicuramente determinato dai colpi di arma da fuoco esplosi all’indirizzo della vittima, e le critiche alla ricostruzione del consulente medico-legale dell’accusa sono rimaste fini a se stesse, basate sull’esame postumo delle risultanze documentali e non sulla diretta partecipazione all’indagine autoptica, in conclusione prive di ogni incidenza al fine di supportare la versione difensiva del (OMISSIS), come ha rilevato la Corte territoriale.
Alla stregua di tali argomentazioni dei giudici di merito, dunque, risulta sconfessata la tesi della legittima difesa, ed all’opposto avvalorata la ricostruzione secondo la quale la vittima era ad una certa distanza dal (OMISSIS) e collocata di spalle al medesimo, dati che escludono che l’unico modo per l’imputato di difendersi da una presunta aggressione del (OMISSIS) fosse quello di sparargli alle spalle.
7. Con l’ultimo motivo di impugnazione si censura la negazione delle circostanze attenuanti generiche, in quanto basata su dati inesatti concernenti i precedenti penali dell’imputato, e sulla mancata valorizzazione della condotta post delictum, ampiamente collaborativa, tenuta dal (OMISSIS).
Sul punto specifico, la motivazione in esame richiama le modalita’ del reato e la personalita’ dell’imputato, “il quale non ha reso piena confessione ma ha ammesso cio’ che non poteva negare, tentando di avvalorare la versione a lui piu’ favorevole”. Incidentalmente – racchiuso in parentesi – vi e’ il richiamo al fatto che il (OMISSIS) sia gravato per reati contro la persona ed in materia di armi.
Ritiene questa Corte che tale motivazione, pur espunto il richiamo ai precedenti penali, sia immune da vizi, avendo dato sufficientemente conto dei parametri di riferimento ai sensi dell’articolo 133 c.p. ai quali si e’ attenuta la Corte territoriale, sub specie di gravita’ del reato e personalita’ dell’imputato, spregiudicato nella costruzione di una causa di giustificazione del proprio delitto.
L’unico argomento valorizzato dalla difesa del (OMISSIS) e’ stato, dunque, valutato in senso opposto dai giudici di appello, ne’ puo’ chiedersi a questa Corte di legittimita’ di capovolgere tale apprezzamento, essenzialmente discrezionale.
In termini generali, l’esegesi di legittimita’ sul tema in esame afferma che la concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato; ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimita’ dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante e’ soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, dep. 9/3/2016, Piliero, Rv. 266460; Sez. 3, n. 54179 del 17/07/2018, Rv. 275440). Invero, la valutazione in ordine alla sussistenza delle attenuanti ex articolo 62 bis c.p. si configura come un giudizio di fatto, lasciato alla discrezionalita’ del giudice di merito (Sez. 3, n. 26272 del 07/05/2019, Boateng, Rv. 276044), il quale deve motivare la sua decisione nei soli limiti atti a far emergere, in misura sufficiente, l’avvenuta valutazione circa l’adeguamento della pena concretamente applicata rispetto alla gravita’ effettiva del reato e alla personalita’ dell’imputato (tra le tante, Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, dep. 2011, Straface, Rv. 248737; Sez. 1, n. 46954 del 4/11/2004, PG in proc. Palmisani e altro, Rv. 230591), se del caso anche attraverso il ricorso a formule sintetiche (cosi’ Sez. 4, n. 23679 del 23/04/2013, Viale e altro, Rv. 256201).
8. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con le conseguenze di legge in ordine all’imputazione delle spese processuali, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p..
Inoltre, l’imputato e’ tenuto alla rifusione delle spese affrontate dalle parti civili per la costituzione nella presente fase processuale, che si liquidano ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articoli 12 e 16 come modificato dal Decreto Ministeriale n. 37 del 2018 – in relazione alle voci indicate nelle note depositate, nonche’ in considerazione dell’attivita’ effettivamente svolta, delle questioni trattate e del numero di parti rappresentate – per (OMISSIS), in proprio e quale esercente la potesta’ genitoriale sul minore (OMISSIS), nella misura di Euro 3.600,00 per ciascuna delle due posizioni, oltre accessori di legge; quanto alle parti civili ammesse al patrocinio a spese dello Stato (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nella misura che sara’ liquidata dalla Corte di Assise di appello di Napoli ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (OMISSIS), in proprio e quale esercente la potesta’ genitoriale sul minore (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 3.600,00 per ciascuna delle due posizioni, oltre accessori di legge. Condanna, inoltre, il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili ammesse al patrocinio a spese dello Stato (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nella misura che sara’ liquidata dalla Corte di Assise di appello di Napoli ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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