In tema di trasporto internazionale e la Convenzione di Varsavia per ritardo o inadempimento nell’esecuzione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 aprile 2023| n. 10178.

In tema di trasporto internazionale e la Convenzione di Varsavia per ritardo o inadempimento nell’esecuzione

In tema di trasporto internazionale, la Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929 introduce una presunzione di responsabilità del vettore aereo, per ritardo o inadempimento nell’esecuzione del trasporto, che il vettore può superare solo se egli dimostri di non essere riuscito ad impedire l’evento, nonostante l’adozione di ogni misura idonea a garantire la puntuale esecuzione del trasporto.

Ordinanza|17 aprile 2023| n. 10178. In tema di trasporto internazionale e la Convenzione di Varsavia per ritardo o inadempimento nell’esecuzione

Data udienza 29 marzo 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Trasporto internazionale – Vettore – Responsabilità – Esclusione – Dimostrazione di non essere riuscito a impedire l’evento – Adozione di ogni misura idonea a garantire la puntuale esecuzione del trasporto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

Dott. ROSSELLO Carmelo Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2417/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS) (p.e.c. indicata: (OMISSIS)), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avv. (OMISSIS) (p.e.c. indicata: (OMISSIS)), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza del Tribunale di Bologna n. 936/2020, depositata
il 23 giugno 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 marzo 2023
dal Consigliere Emilio Iannello.

In tema di trasporto internazionale e la Convenzione di Varsavia per ritardo o inadempimento nell’esecuzione

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio davanti al Giudice di Pace di Bologna la (OMISSIS) chiedendone – per quanto ancora in questa sede interessa – la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa del ritardo di oltre ventiquattro ore del volo (OMISSIS)/(OMISSIS), quale seconda tratta del viaggio di ritorno dalle (OMISSIS). Esposero infatti che, giunti allo scalo intermedio dell’aeroporto di (OMISSIS) intorno alle ore 17 del 4 gennaio 2018, erano rimasti ivi bloccati per tutto il pomeriggio per essere poi collocati a spese del vettore aereo presso il (OMISSIS), rimanendovi fino alla mattina successiva, con obbligo di permanenza all’interno delle camere e divieto di usufruire dei servizi dell’hotel. In tale contesto, la convenuta aveva fornito esclusivamente un cestino di alimenti e bevande per la colazione del 5 gennaio 2018 e aveva provveduto ad imbarcarli per (OMISSIS) solo nel pomeriggio di tale data.
Con sentenza n. 919/2019 l’adito giudice, in accoglimento della domanda, condanno’ la convenuta compagnia aerea al pagamento, in favore degli attori, della somma di Euro 616,00 ognuno, di cui Euro 600,00 per compensazione pecuniaria ex articolo 7 Reg. CE n. 261/04 ed Euro 16,00 come ricevuta delle voci di spesa per alimenti e bevande.
2. Tale decisione e’ stata confermata, sia pure con diversa motivazione, dal Tribunale di Bologna.
Il giudice a quo ha, infatti, ritenuto che alla fattispecie non fossero applicabili ne’ la Convenzione di Montreal del 1999 (in quanto mai ratificata dalla Federazione Russa), ne’ il regolamento CE n. 261/04, non facendo parte dell’UE la Federazione Russa, ma occorresse piuttosto fare applicazione della Convenzione di Varsavia del 1929, la quale prevede, all’articolo 19, la responsabilita’ del vettore per il caso di ritardo nel trasporto, dettando un limite massimo del danno risarcibile (articolo 22) senza determinare, pero’, i criteri utili per la liquidazione e rinviando a tal fine alla legge nazionale del giudice.
Ha nondimeno ritenuto che, stante il comprovato inadempimento imputabile ad (OMISSIS), spettasse a parte appellata il risarcimento sia del danno patrimoniale, rappresentato dal comprovato esborso di danaro per l’acquisto di alimenti e bevande presso l’aeroporto di (OMISSIS), sia di quello non patrimoniale, per i gravi disagi causati, in quanto conseguenti a comportamento lesivo dei diritti tutelati dagli articoli 13 e 15 Cost., equitativamente liquidato nella somma, gia’ riconosciuta dal primo giudice, di Euro 600 per ciascuno degli attori.
3. Avverso tale decisione (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui resistono gli intimati, depositando controricorso.
4. La trattazione e’ stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
La ricorrente ha depositato memoria.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’articolo 360, comma 1, HYPERLINK “id:29590;1,29225;1″num HYPERLINK “id:29590;1,29225;1”. 3, c.p.c., violazione dell’articolo 2002 c.c., in relazione agli articoli 1678, 1681 e 1341 c.c., per avere il giudice d’appello rigettato la reiterata eccezione circa l’esistenza, nelle condizioni generali di contratto, di una clausola che escludeva dagli obblighi contrattuali il rispetto delle “tempistiche indicate negli orari”, sul rilievo della mancata produzione dell’integrale contratto di trasporto alla quale non poteva supplire il riferimento alle condizioni pubblicate sul sito della compagnia poiche’ riflettenti le condizioni attuali e non quelle vigenti al momento dell’acquisto dei titoli di viaggio.
Osserva al riguardo la ricorrente che la clausola in questione era stata riportata testualmente nell’atto di citazione e non aveva incontrato alcun dissenso o contestazione da parte degli attori e che inoltre la stipula dei contratti di trasporto via internet rende problematica la produzione in giudizio delle condizioni generali in formato cartaceo.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’articolo 360, comma 1, HYPERLINK “id:26496;1,26132;1,27360;1″num HYPERLINK “id:26496;1,26132;1,27360;1”. 3, c.p.c., violazione dell’articolo 1223 c.c. “in relazione alla liquidazione di danni patrimoniali indiretti a fattispecie di inadempimento contrattuale” (cosi’ testualmente nella intestazione).
Deduce che, contrariamente a quanto ritenuto in sentenza, “non possono riconnettersi al ritardo aereo le esigenze alimentari degli attori… in quanto connaturate alle peculiarita’ dei singoli soggetti a prescindere dai viaggi aerei”.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’articolo 360, comma 1, HYPERLINK “id:29590;1,29225;1″num HYPERLINK “id:29590;1,29225;1”. 3, c.p.c., violazione degli articoli 1223 e 2059 c.c., “in relazione alla liquidazione di danni morali estranei alla fattispecie di inadempimento contrattuale o comunque ad essa non direttamente connessi”.
Premessa la contestazione della sussistenza o rilevanza delle circostanze fattuali valorizzate in sentenza, rileva che ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento non era sufficiente l’inadempimento ne’ la lesione di diritti costituzionalmente tutelati in mancanza della “deduzione precisa e puntuale del danno” conseguente.
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’articolo 360, comma 1, HYPERLINK “id:29590;1,29225;1″num HYPERLINK “id:29590;1,29225;1”. 3, c.p.c. violazione degli articoli 1226 c.c. e 113, comma 2, c.p.c., per avere il Tribunale proceduto a liquidazione equitativa del danno in mancanza dei relativi presupposti.
5. Il primo motivo e’ inammissibile.
5.1. Con esso in sostanza la ricorrente deduce la violazione delle norme che regolano la responsabilita’ contrattuale del vettore aereo per avere erroneamente rigettato l’eccezione diretta a negare tale responsabilita’ sulla base di dedotta clausola contrattuale per difetto di prova relativa alla sua esistenza.

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Questa essendo la prospettazione censoria, appare anzitutto evidente che, lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, nel provvedimento impugnato, delle fattispecie astratte recate dalle norme di legge richiamate, la ricorrente allega un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensi’ alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione, neppure coinvolgendo, la prospettazione critica, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in se’ incontroverso, insistendo propriamente la ricorrente nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quella operata dal giudice a quo.
5.2. Pur riguardata la censura in tale diversa prospettiva, nell’esercizio del potere/dovere di autonoma qualificazione giuridica del suo contenuto sostanziale (Cass. Sez. U. n. 17931 del 24/07/2013), non potrebbe giungersi a diversa conclusione.
In disparte l’inosservanza degli oneri di specifica indicazione, ex articolo 366 c.p.c., n. 6, degli atti e documenti richiamati, occorre rilevare che:
– l’evocazione del principio di non contestazione non risulta posta a base dell’appello (come avrebbe dovuto essere, posto che l’inadempimento era stato gia’ ritenuto dal giudice di primo grado) e costituisce dunque questione nuova non deducibile per la prima volta in cassazione;
– in ogni caso tale richiamo non e’ effettuato nei termini in cui la giurisprudenza di questa Corte lo richiede (“il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda denunciare l’omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della prova derivante dalla assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza, deve indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericita’ o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto”: v. ex aliis Cass. 22/05/2017, n. 12840).
5.3. Il rilievo della difficolta’ di documentare le condizioni generali di contratto stipulato via internet appare privo di significato censorio, non potendo tale difficolta’, quand’anche effettivamente apprezzabile, di per se’ costituire ragione di deroga della norma sul riparto dell’onere probatorio.
5.4. Deve peraltro osservarsi, ancora a monte di tali considerazioni, la non decisivita’ del vizio denunciato.
Ed infatti, quand’anche provata, la clausola in questione sarebbe comunque da considerare nulla e priva di effetto ai sensi dell’articolo 23, comma 1, della Convenzione di Varsavia del 1929, come detto applicabile alla fattispecie, ai sensi del quale “ogni clausola tendente a esonerare il vettore dalla sua responsabilita’ od a stabilire un limite inferiore a quello fissato nella presente Convenzione, e’ nulla e di nessun effetto; la nullita’ di questa clausola non ha pero’ per conseguenza la nullita’ del contratto, il quale resta soggetto alle disposizioni della presente Convenzione”.
5.5. Mette conto al riguardo rammentare che, ai sensi dell’articolo 19 della citata Convenzione “il vettore e’ responsabile del danno derivante da ritardo nel trasporto aereo di passeggeri, bagagli o merci”, e che inoltre, ai sensi del successivo articolo 20, “il vettore non e’ responsabile se prova che egli ed i suoi preposti hanno preso tutte le misure necessarie per evitare il danno o che era loro impossibile di prenderle”.
La Convenzione, pertanto, introduce una presunzione di responsabilita’ del vettore aereo, superabile solamente offrendo la prova liberatoria dell’imprevedibilita’ del danno, tale che non era ragionevole ex ante adottare delle misure idonee ad evitarne l’avveramento, ovvero dell’oggettiva impossibilita’ di adottarle.

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In sostanza, l’esenzione del vettore aereo gioca sul piano del caso fortuito o della forza maggiore.
In base a queste disposizioni deve quindi concludersi che la responsabilita’ del vettore puo’ essere esclusa solo se egli dimostri di non essere riuscito ad impedire l’evento nonostante l’adozione di ogni misura idonea a garantire la puntuale esecuzione del trasporto.
La presunzione di responsabilita’ del vettore opera, com’e’ ovvio, sul piano dell’imputabilita’ dell’inadempimento, ai sensi dell’articolo 1218 c.c., non su quello della prova oggettiva dello stesso.
L’assenza di una norma speciale impone di far riferimento ai criteri ordinari di riparto dell’onere della prova, di cui all’articolo 2697 c.c., e alla giurisprudenza di questa Corte stratificatasi, con plurime pronunce dal noto arresto di Cass. Sez. U. n. 13533 del 30/10/2001.
Costituisce, infatti, oramai vero e proprio ius receptum il principio di diritto secondo cui, in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto e’ gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sara’ sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformita’ quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento (Cass. Sez. U. n. 13533 del 2001, cit.; v. anche Cass. n. 826 del 20/01/2015; n. 15659 del 15/07/2011 e, con specifico riferimento ai danni da inesatto adempimento del contratto di trasporto aereo, Cass. n. 1584 del 23/01/2018).
6. Il secondo motivo e’ del pari inammissibile.
In sede di legittimita’ e’ censurabile soltanto l’eventuale errore compiuto dal giudice di merito nell’individuare la regola giuridica in base alla quale accertare la sussistenza del nesso causale tra fatto illecito ed evento (ad es., la regola della certezza invece che quella della ragionevole probabilita’); per contro, l’eventuale errore nell’individuazione delle conseguenze fattuali che sono derivate dall’illecito, alla luce della regola giuridica applicata, costituisce una valutazione di fatto, come tale sottratta al sindacato di legittimita’ (Cass.n. 4439 del 25/02/2014)
E’ stato in tal senso ulteriormente e condivisibilmente chiarito che il “nesso causale e’ fattore costitutivo dell’illecito e poiche’ i presupposti di fatto di un certo evento non dipendono quasi mai da una causa soltanto, e’ compito del giudice selezionare solo quelli giuridicamente rilevanti al suo accadimento”, soggiungendosi che tale operazione “puo’ essere vista sotto due prospettive: quello della corretta scelta del criterio di selezione; quello delle conseguenze tratte dal criterio scelto in concreto”. Orbene, mentre la “scelta del criterio di selezione puo’ dar luogo ad un problema di violazione di norme giuridiche sostanziali, deducibile nel giudizio di cassazione come error in iudicando, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, c.c.”, le “conseguenze del criterio di scelta, invece, se correttamente motivate, non possono formare oggetto del sindacato di legittimita’, perche’ si risolvono in un accertamento di fatto, altrimenti detto della causalita’ di fatto” (cosi’, in motivazione, Cass. 07/12/2005, n. 26997, ripresa, del pari, da Cass. n. 1165 del 2020).
In altri termini, “l’errore compiuto dal giudice di merito nell’individuare la regola giuridica in base alla quale accertare la sussistenza del nesso causale tra fatto illecito ed evento e’ censurabile in sede di legittimita’ ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, mentre l’eventuale errore nell’individuazione delle conseguenze che sono derivate dall’illecito, alla luce della regola giuridica applicata, costituisce una valutazione di fatto, come tale sottratta al sindacato di legittimita’, se adeguatamente motivata” (Cass. 25/02/2014, n. 4439, 10/04/2019, n. 9985).

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Nel caso di specie la regola causale applicata in sentenza e’ quella della regolarita’ causale che presiede il nesso di causalita’ giuridica che, ai sensi dell’articolo 1223 c.c., deve legare l’evento di danno (nella specie il ritardo di oltre ventiquattro ore del vettore e la conseguente attesa in aeroporto) alla conseguenza dannosa (nella specie l’acquisto di alimenti e bevande).
La contestazione sul punto della ricorrente appare del tutto apodittica e non supportata da alcun riferimento a regole di comune esperienza. Appartiene piuttosto al novero di tali regole il collegamento tra forzato trattenimento in un dato luogo e l’esigenza di far fronte, in tale condizione, alle naturali esigenze di sostentamento alimentare. E’ vero che queste sarebbero sussistite anche nel caso di esatto adempimento dell’obbligazione, ma diverso sarebbe stato il modo di affrontarle, non limitato e costretto, anche nei suoi riflessi economici, dalla diversa condizione determinata dal forzato trattenimento in aeroporto.
Appare dunque evidente che la censura, su tale piano, si risolve nella inammissibile mera critica della selezione, in punto di fatto, delle conseguenze dannose, operata dal giudice di merito.
7. Il terzo motivo e’ infondato.
Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la nota sentenza n. 26972 dell’11/11/2008, il danno non patrimoniale e’ risarcibile nei soli casi “previsti dalla legge”, e cioe’, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 2059 c.c.:
a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avra’ diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorche’ privo di rilevanza costituzionale;
b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avra’ diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni);
c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avra’ diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati ex ante dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice.
Tuttavia le stesse Sezioni Unite, con la sentenza gia’ richiamata, hanno pure precisato che il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, e’ risarcibile – sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 2059 c.c. – anche quando non sussiste un fatto-reato, ne’ ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni:
a) che l’interesse leso – e non il pregiudizio sofferto – abbia rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione per via interpretativa dell’articolo 2059 c.c., giacche’ qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioe’ di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile);
b) che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilita’ (in quanto il dovere di solidarieta’, di cui all’articolo 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza);
c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualita’ della vita od alla felicita’.
Dalla giurisprudenza di legittimita’ e’ stato ulteriormente specificato che il danno non patrimoniale, anche nel caso di lesione di diritti inviolabili, va debitamente allegato e provato da chi lo invoca, anche attraverso il ricorso a presunzioni semplici (cfr. Cass. Sez. U. n. 33645 del 15/11/2022; v. anche Cass. 13/05/2011, n. 10527; Cass. 21/06/2011, n. 13614).
Nella specie, il Tribunale ha motivato il proprio giudizio positivo circa la sussistenza di un danno non patrimoniale risarcibile dando adeguato conto di tutti i predetti requisiti e muovendosi secondo le esposte coordinate.
Ha infatti evidenziato che:
– la compagnia aerea, raggiunto l’aeroporto intermedio di (OMISSIS), ha costretto i passeggeri al pernottamento presso il (OMISSIS), impedendo agli stessi l’imbarco su altro volo di diversa compagnia per la destinazione di (OMISSIS);
– l’attesa presso la struttura alberghiera si e’ protratta dal pomeriggio del 4.1.2018 al 5.1.2018, arco temporale, in cui i passeggeri privi di documenti non hanno potuto lasciare la struttura in cui pernottavano;
– il vettore, inoltre, ha inibito l’utilizzo dei sevizi che la struttura alberghiera offriva, imponendo la permanenza all’interno delle camere e senza la messa a disposizione di alcun sistema di comunicazione internazionale a favore delle parti attrici;
– nell’arco delle 24 ore di permanenza all’interno delle camere, e’ stato fornito solo un cestino per la colazione, del tutto insufficiente per un normale consumo di alimenti e bevande giornaliero; peraltro, la fornitura della colazione e’ avvenuta senza adeguata assunzione di informazioni in ordine alla sussistenza di allergie o intolleranze alimentari da parte dei passeggeri, precludendo cosi’ a (OMISSIS) il consumo della colazione fornita in quanto incompatibile con le proprie esigenze alimentari;
– a (OMISSIS) e (OMISSIS), una volta raggiunto l’hotel, non solo e’ stata preclusa la possibilita’ di circolare nella citta’ di (OMISSIS), ma e’ stato, altresi’, inibito l’utilizzo delle parti comuni della struttura alberghiera e dei vari servizi che la stessa offriva; in sostanza la liberta’ di movimento degli attori e’ stata limitata alla sola camera in cui soggiornavano con privazione di alimenti e bevande;
– agli stessi e’ stato, altresi’, precluso l’utilizzo di strumenti di comunicazione con soggetti terzi, avendo la compagnia aerea inibito l’utilizzo di qualsiasi sistema (tra cui quelli di comunicazione) offerti dal (OMISSIS).
Attraverso la rappresentazione della gravita’ del ritardo (in se’ autoevidente, per essersi protratto per oltre ventiquattro ore) e l’accertamento, in punto di fatto, delle descritte condizioni nelle quali gli appellati sono stati costretti ad attendere la ripresa del viaggio – accertamento cui la ricorrente muove critiche solo parziali e comunque meramente in facto e non in iure – il Tribunale ha offerto una valutazione del giudizio circa la configurabilita’ della lesione di diritti inviolabili della persona, tutelati dagli articoli 13 e 15 Cost..
Al contempo appare altresi’ offerta, in tal modo, anche insindacabile motivazione di una valutazione positiva circa la consistenza dei pregiudizi di carattere non patrimoniale, tale da superare la soglia minima di tollerabilita’.
8. Mette conto peraltro osservare che, proprio con riferimento al tema dei danni da inesatto adempimento del contratto di trasporto aereo, questa Corte ha anche evidenziato la rilevanza, quale fondamento di risarcibilita’ anche dei danni non patrimoniali, della lesione del diritto costituzionalmente tutelato, ex articolo 16 Cost., della liberta’ di circolazione (Cass. 15/02/2023, n. 4723, in una fattispecie di danni derivanti a passeggeri del volo (OMISSIS) – (OMISSIS), via (OMISSIS), dal ritardo nella consegna del bagaglio di due giorni di ritardo rispetto al loro arrivo nel Paese di destinazione).
La presente fattispecie si presta ampiamente a tale concorrente prospettiva qualificatoria, non potendosi dubitare che anche il diritto costituzionalmente tutelato della liberta’ di circolazione sia compresso dal trattenimento forzato degli odierni resistenti in aeroporto e poi in hotel nelle condizioni descritte.
9. Il quarto motivo e’ altresi’ infondato.
La motivazione sopra richiamata vale indubbiamente a offrire elementi concreti atti a dimostrare l’effettiva esistenza di un apprezzabile pregiudizio di carattere non patrimoniale tale da giustificare pienamente il ricorso alla liquidazione equitativa, quale nella specie operata dal Tribunale.
10. Il ricorso deve essere dunque rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese processuali, che liquida in Euro 1.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dall’articolo 1, comma 17, L. 24 dicembre 2012, n. 228, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’articolo 1-bis dello stesso articolo 13.

 

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