Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 7 maggio 2020, n. 14039.
Massima estrapolata:
In tema di sequestro probatorio, in sede di opposizione avverso il decreto del pubblico ministero di rigetto della richiesta di restituzione delle cose sequestrate, prevista dall’art. 263, comma 5, cod. proc. pen., il giudice per le indagini preliminari non può ordinare il dissequestro per motivi che attengono alla legittimità del provvedimento genetico – in quanto la competenza a decidere la fondatezza del “fumus” del reato contestato è riservata in via esclusiva al tribunale del riesame – ma solo per ragioni che attengono alla necessità od opportunità del mantenimento del vincolo.
Sentenza 7 maggio 2020, n. 14039
Data udienza 12 febbraio 2020
Tag – parola chiave: Sequestro somma – Istanza di dissequestro – Rigetto – Reati di falso – Mantenimento del vincolo ai fini della prova
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente
Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere
Dott. SCARLINI Enrico – rel. Consigliere
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere
Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 03/10/2019 del GIP TRIBUNALE di TARANTO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO;
sentite le conclusioni del PG Dott.ssa FILIPPI PAOLA, per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 3 ottobre 2019, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto rigettava l’opposizione, formulata ai sensi dell’articolo 263 c.p.p., comma 5, da (OMISSIS) avverso il decreto del pubblico ministero di rigetto dell’istanza di dissequestro della somma di Euro 1.660,00.
La predetta somma di denaro era stata rinvenuta a seguito di perquisizione del prevenuto (insieme a documenti di identita’ falsi, appunti, contenenti indicazioni di importi e persone, e due localizzatori gps) e posta in sequestro in quanto pertinente ai reati di cui il medesimo era accusato, ai sensi dell’articolo 497 bis c.p. (per i documenti detenuti) e articolo 495 c.p. (per le false generalita’ declinate) c.p., ed al reato commesso dal coindagato (OMISSIS), ascrittogli ai sensi dell’articolo 378 c.p. per avere favorito la latitanza del medesimo (OMISSIS).
1.1. Il Giudice rigettava l’opposizione formulata sia sul vincolo di pertinenzialita’ fra il bene sequestrato ed i reati contestati, sia sulla consunzione delle ragioni di ablazione della somma di denaro, considerando la struttura e la natura dell’opposizione medesima, che si configura come un giudizio di impugnazione e che, pertanto, non puo’ vertere su motivi non dedotti fin dalla prima istanza.
E, nella prima istanza, osservava il giudice, non si era dedotta la nullita’ formale del provvedimento di sequestro per l’insufficiente motivazione (in ordine alla pertinenzialita’ della somma di denaro ai reati ipotizzati) ma solo la sostanziale assenza delle esigenze probatorie e del ricordato vincolo pertinenziale.
In ogni caso il pubblico ministero aveva fornito adeguata risposta anche sul ricordato vincolo pertinenziale, ricollegando il possesso della somma, posta sotto sequestro, alla necessita’, da parte del (OMISSIS), di ricompensare (OMISSIS) per l’aiuto prestatogli.
Somma che, costituendo il prezzo del reato (di favoreggiamento personale), avrebbe dovuto essere sottoposta a confisca obbligatoria.
2. Propone ricorso l’indagato, a mezzo del suo difensore, lamentando, con l’unico motivo, il vizio di motivazione in riferimento alla inadeguata risposta fornita ai rilievi articolati dalla difesa nell’istanza di dissequestro.
In questa, infatti, si era chiesta sia la revoca del disposto sequestro probatorio, essendo del tutto carente il vincolo pertinenziale fra la somma oggetto del medesimo ed i contestati delitti (anche in considerazione della fungibilita’ del bene), sia, in subordine, il dissequestro della stessa essendosi esaurite le ragioni della sua apprensione.
Il pubblico ministero, invece, aveva motivato solo sulla richiesta subordinata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell’interesse del prevenuto e’ inammissibile.
1. Quanto alla prima censura, spesa sull’omesso sindacato del vincolo di pertinenzialita’ fra la somma di denaro sequestrata ed i delitti ascritti al prevenuto ed al coindagato, devono ricordarsi i limiti propri del rimedio attivato l’opposizione prevista dall’articolo 263 c.p.p., comma 5, contro il decreto di rigetto del pubblico ministero dell’istanza di restituzione delle cose sequestrate precisati in plurimi arresti di questa Corte, affermandosi che:
– in sede di opposizione avverso il decreto del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione delle cose sequestrate, il giudice per le indagini preliminari non puo’ ordinare il dissequestro per motivi che attengono alla legittimita’ del provvedimento genetico, in quanto la competenza a decidere la fondatezza del “fumus” del reato contestato e’ riservata in via esclusiva al tribunale del riesame (Sez. 2, n. 50169 del 11/11/2015, Nobile, Rv. 265413);
– in tema di sequestro probatorio, con l’opposizione avverso il decreto del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione delle cose sequestrate sono deducibili esclusivamente censure relative alla necessita’ di mantenere il vincolo a fini di prova e non anche alla opportunita’ o legittimita’ del sequestro, che possono essere fatte valere con la richiesta di riesame (Sez. 2, n. 45343 del 16/07/2013, Moruzzi, Rv. 257489);
– con l’opposizione avverso il decreto del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione delle cose sequestrate sono deducibili esclusivamente censure relative alla necessita’ di mantenere il vincolo a fini di prova e non anche alla opportunita’ o legittimita’ del sequestro, che possono essere fatte valere con la richiesta di riesame; ne consegue che l’ordinanza del G.i.p. che provvede sull’opposizione e’ ricorribile per cassazione per tutti i motivi indicati nell’articolo 606 c.p.p., comma 1, ma tali motivi non possono surrettiziamente riproporre questioni che attengono alla legittimita’ del provvedimento genetico (Sez. 3, n. 24959 del 10/12/2014, dep. 16/06/2015, Piscopo, Rv. 264059).
1.1. Se ne deduce, pertanto, l’inammissibilita’ della doglianza relativa al ricordato difetto genetico della misura (l’assenza di pertinenzialita’ dei beni ai contestati delitto contestato), sul quale peraltro, il Tribunale aveva speso una motivazione che non puo’ dirsi meramente apparente (e si ricorda che sulle misura cautelari reali il vizio di legittimita’ sollevabile e’ solo la violazione di legge), ricollegando il possesso della somma da parte del prevenuto alla necessita’ di ricompensare il coindagato per la sua condotta di favoreggiamento.
2. Va dichiarata inammissibile anche la censura relativa alla cessazione delle ragioni che avevano giustificato l’applicazione della misura cautelare reale posto che, nel ricorso, non si affronta la ragione dedotta dal Giudice per il mantenimento del sequestro, la prospettabilita’ della confisca obbligatoria della somma in questione qualora si fosse accertata la fondatezza dell’ipotesi d’accusa, l’avere costituito il prezzo del reato.
3. All’inammissibilita’ del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della somma di Euro 2.000 alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply