Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 novembre 2020| n. 24473.
In tema di risarcimento del danno alla persona, si riconoscono le fattispecie del danno patrimoniale (nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante: art.1223 c.c.) e del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.; art. 185 c.p.); quest’ultimo ha natura unitaria, rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica, e onnicomprensiva, intesa come obbligo, per il giudice di merito, di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze (modificative in peius della precedente situazione del danneggiato) derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, procedendo, a seguito di articolata, compiuta ed esaustiva istruttoria, ad un accertamento concreto e non astratto del danno, all’uopo dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni. Nel procedere all’accertamento ed alla quantificazione del danno risarcibile, il giudice di merito, deve congiuntamente, ma distintamente, valutare la reale fenomenologia della lesione non patrimoniale e, cioè tanto l’aspetto interiore del danno sofferto (cd. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di sé, della paura, della disperazione), quanto quello dinamico- relazionale (destinato ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto). Nella valutazione del danno alla salute, il giudice dovrà, valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale, che si collocano nella dimensione del danneggiato nella sua sfera morale, che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con sé stesso, quanto quelle incidenti sul piano dinamico- relazionale della sua vita. Nel caso di lesione della salute, costituisce, duplicazione risarcitorie la congiunta attribuzione del danno biologico, inteso come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali, e del danno cd. esistenziale, appartengono a tali categorie o voci di danno alla stessa area protetta dalla norma costituzionale, art. 32 Cost. Non costituisce duplicazione risarcitoria, la differente ed autonoma valutazione compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute, come stabilito dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 235 del 2014, punto 10.1 e ss. (ove si legge che la norma di cui all’art. 139 Cod. ass, non è chiusa al risarcimento del danno morale), e come oggi normativamente confermato dalla nuova formulazione dell’art.138, lett. e, Cod. ass., introdotta dalla Legge di stabilità del 2016.
Data udienza 3 luglio 2020
Tag/parola chiave: Risarcimento del danno alla persona – Infortuni sul lavoro – Danno patrimoniale – Danno non patrimoniale – Danno morale – Danno biologico – Danno esistenziale – Compensatio lucro cum damno – Personalizzazione danno – Presupposti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21834/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avv.ti (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), e dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);
– ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avv.ti (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), e dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia, n. 1505/2018 depositata il 30 maggio 2018;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 3 luglio 2020 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.
RILEVATO IN FATTO
1. (OMISSIS) convenne in giudizio davanti al Tribunale di Verona (OMISSIS) e (OMISSIS) chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa della caduta da un ponteggio, montato dal (OMISSIS) presso l’abitazione della (OMISSIS), in occasione dell’esecuzione di lavori di installazione di pannelli solari sul tetto di quest’ultima.
Nella resistenza dei convenuti il Tribunale, in parziale accoglimento della domanda – liquidati i danni nel complessivo ammontare di Euro 749.194 (di cui Euro 600.000 per danno biologico da invalidita’ permanente, applicato l’aumento del 15% per la ritenuta “necessaria personalizzazione” sull’importo risultante dalle tabelle di Milano, in relazione alla accertata invalidita’ del 65%), ridotto ad Euro 559.396 per il riconosciuto concorso del fatto colposo del danneggiato e detratto il valore capitalizzato della rendita Inail, nell’importo, comunicato dallo stesso istituto, di Euro 253.280,34 -, ha condannato i convenuti, in solido, al pagamento, in favore dell’attore, del residuo importo di Euro 306.116, oltre rivalutazione e interessi secondo le modalita’ di calcolo specificate in sentenza.
2. Pronunciando sui contrapposti gravami la Corte d’appello di Venezia ha integralmente confermato tale decisione, compensando le spese del grado.
Per quanto ancora in questa sede interessa ha in particolare disatteso le censure mosse dai danneggianti – in punto di: a) personalizzazione del danno; b) calcolo dell’importo della rendita Inail portato in detrazione – sulla base delle seguenti considerazioni.
2.1. La personalizzazione del danno, pur non specificamente motivata dal primo giudice, “si dimostra corretta analizzando la tipologia e la gravita’ dei postumi e delle conseguenze riportate dal (OMISSIS) nell’incidente per cui e’ causa. Invero, nel caso di specie, vanno valorizzate le indubitabili conseguenze sulla sfera personale del soggetto leso, sia dal punto di vista della sofferenza, sia del pregiudizio esistenziale e relazionale conseguenti ai postumi fisici descritti dal CTU.
“In particolare: il deficit del VII nervo cranico che determina lagoftalmo, anestesia dell’emivolto destro, deviazione della rima orale; grave deficit della spalla destra, deficit deambulatorio e, nel complesso, un quadro di emiplagia destra con astenia ingravescente.
“Ancora: “difficolta’ ad espletare anche i piu’ comuni atti della vita quotidiana i quali, seppur autonomamente, non sempre riescono ad essere compiuti in modo corretto, abbisognando quindi dell’aiuto di terze persone” (relazione CTU pag. 14, non contestata dai CTP).
“Dagli elementi ora narrati non puo’ non riconoscersi una grave limitazione non solo della sfera del danno alla salute e all’integrita’ fisica ma, altresi’, della sfera, relazionale, morale e, piu’ in generale, del complesso “valore uomo” che travalica, nel caso di specie, la componente media del danno biologico rappresentato dal valore del punto di cui alle tabelle applicate.
“La personalizzazione del risarcimento operata dal giudice di primo grado, pertanto, non si appalesa quale duplicazione di una medesima voce di danno ma come liquidazione esaustiva e mirata del danno patito dallo specifico soggetto vittima dell’infortunio, in considerazione della gravita’ delle lesioni subite, dell’alto grado di sofferenza patito attese la durata e le complicanze della malattia ed il pregiudizio complessivo subito dal soggetto nell’esplicazione della sua esistenza quotidiana”.
2.2. Ai fini della quantificazione del valore della rendita riconosciuta al danneggiato, “il giudice di primo grado non poteva che attenersi a quanto indicato da Inail a seguito dell’esplicita richiesta del giudice… (comunicazione depositata il 18/2/2013 ed anticipata il 14/2/2013).
“Tale dato non puo’ essere superato neppure in questa sede a fronte di risultanze di un atto giudiziale afferente al altro e diverso giudizio”.
3. Avverso tale decisione (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
(OMISSIS) deposita controricorso, con esso svolgendo ricorso incidentale con unico mezzo.
Ad entrambi i ricorsi resiste l’altro intimato, depositando controricorso.
Tutte le parti hanno depositato memorie ex articolo 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo del ricorso principale (OMISSIS) denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione degli articoli 1223 e 1916 c.c. e del Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, articolo 13, “in relazione al diffalco solo parziale della rendita Inail dal risarcimento riconosciuto al danneggiato”.
Rileva che con l’ottavo motivo d’appello egli aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva quantificato la rendita erogata dall’INAIL, scomputata dai danno liquidato, nella somma di Euro 253.280,34, anziche’ in quella di Euro 331.542, ed aveva a supporto allegato copia dell’atto di citazione, notificatogli dall’Inail, introduttivo di separato giudizio per il vantato diritto di surroga, nonche’ del prospetto di calcolo elaborato dallo stesso Istituto.
Soggiunge di avere, quindi, evidenziato, in sede di gravame, come la diversa quantificazione risultante (apparentemente) dalla comunicazione depositata in primo grado dall’Inail di Verona fosse, verosimilmente, frutto semplicemente di una modalita’ espositiva poco chiara adottata dall’Istituto in tale documento (ove si affermava che “si e’ erogata indennita’ di temporanea per un importo complessivo di Euro 6.054,56 relativa al periodo dal 27/04/2008 al 21/11/2008. La rendita decorre dal 22/1/2008 e sono stati – ad oggi – erogati ratei per complessivi Euro 70.169,14. Il valor capitale della stessa ammonta ad Euro 253.280,34 per un danno patrimoniale di Euro 117.492,33 ed un danno biologico di Euro 135.788,01”).
Rileva che, invece, l’atto di citazione notificato per la rivalsa aveva meglio precisato le cifre, chiarendo che l’Istituto doveva sostenere “un onere complessivo di Euro 328.730,19, secondo il dettaglio che segue…: indennita’ temporanea: Euro 6.054,56 visite accertamento postumi: Euro 92,97 valore capitale rendita al 20.02.2013: Euro 253.280,34 acconti e ratei pagati fino al 20.02.2013: Euro 69.627,32 certificazioni medico legali: Euro 55,00”.
Deduce, quindi, che “l’importo di Euro 253.280,34 rappresenta il valore della rendita quantificato dal 20/2/2013, senza tenere conto dei ratei gia’ erogati prima di allora”.
Sotto altro profilo rileva, inoltre, che “non risulta condivisibile” la motivazione sul punto resa dalla Corte di merito la’ dove si afferma la inutilizzabilita’ di “risultanze di un atto giudiziale afferente ad altro e diverso giudizio”.
Osserva di contro che: l’eccezione di compensatio lucri cum damno” configura una eccezione in senso lato, come tale rilevabile d’ufficio dal giudice che, a tal fine, puo’ far riferimento, per il principio dell’acquisizione della prova, a tutte le risultanze del giudizio.
Evidenzia che, peraltro, la documentazione in atti non rende del tutto chiaro il valore delle prestazioni erogate fino al 20/2/2013, fornendo al riguardo indicazioni discordanti, e che, pertanto, si renderanno necessari, in sede di rinvio, ulteriori accertamenti sul punto.
2. Con il secondo motivo il (OMISSIS) denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione o falsa applicazione degli articoli 1223, 1226, 2056 c.c. (sulla indebita personalizzazione del danno in aumento)”.
Lamenta che la Corte di merito, reiterando l’errore del primo giudice, ha personalizzato il danno in mancanza di allegazioni specifiche e sulla base di valutazioni del tutto impersonali non tenendo conto del fatto che certamente lesioni che coinvolgono la capacita’ di parlare o camminare incidono sulla vita personale del danneggiato. Ma proprio perche’ questa incidenza e’ ovvia, e’ altrettanto ovvio che di essa le tabelle gia’ tengono conto, nel quantificare il danno “medio” derivante da tali lesioni.
3. Con l’unico motivo del ricorso incidentale (OMISSIS) denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1223 e 1916 c.c. e del Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, articolo 13 e dell’articolo 111 Cost., svolgendo censure sostanzialmente sovrapponibili a quelle svolte con il primo motivo del ricorso principale.
4. Il primo motivo del ricorso principale e’ fondato e merita accoglimento nei termini appresso precisati. Conseguentemente lo e’ anche quello posto a fondamento del ricorso incidentale, di identico tenore.
4.1. L’affermazione, contenuta in sentenza, secondo cui “tale dato (ossia quello del valore capitalizzato della rendita Inail da detrarre dalla somma liquidata a titolo di risarcimento, n.d.r.) non puo’ essere superato neppure in questa sede a fronte di risultanze di un atto giudiziale afferente al altro e diverso giudizio”, in mancanza di alcuna ulteriore spiegazione, appare incomprensibile ed espone la sentenza, per tale parte, a rilievo di nullita’ per mancanza di motivazione, ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (Sez. U. n. 8053 del 07/04/2014): rilievo che appare consentito dal tenore sostanziale delle censure, indipendentemente dalla ininfluente diversa indicazione, nell’intestazione, del tipo di vizio denunciato (v. Cass. Sez. U. 24/07/2013, n. 17931).
Non e’ dato comprendere infatti se tanto il giudice d’appello afferma perche’: a) ritenga le risultanze dell’atto “afferente ad altro e diverso giudizio” di valore probatorio recessivo rispetto alla documentazione acquisita nel giudizio de quo (ma in tal caso di tale valutazione non offre alcuna, sia pur accennata, ragione giustificativa); b) ritenga invece, a priori, non consentito l’esame e l’attribuzione di alcun rilievo probatorio ad atti o documenti rinvenienti da diverso giudizio.
4.2. Se fosse quest’ultimo il significato da dare all’affermazione, questa paleserebbe comunque un errore processuale, reso manifesto dalla considerazione dei seguenti principi che nella specie vengono in rilievo.
“L’eccezione di compensatio lucri cum damno e’ una eccezione in senso lato, vale a dire non l’adduzione di un fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto azionato, ma una mera difesa in ordine all’esatta entita’ globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato, ed e’, come tale, oltre che rilevabile d’ufficio dal giudice (il quale, per determinare l’esatta misura del danno risarcibile, puo’ fare riferimento, per il principio dell’acquisizione della prova, a tutte le risultanze del giudizio), anche proponibile per la prima volta in appello (cosi’ Cass. Sez. U. 22/05/2018, n. 12566, che rimanda a Cass. 14/01/2014, n. 533; Cass. 24/09/2014, n. 20111).
Nel vigente ordinamento processuale, improntato al principio del libero convincimento del giudice e in assenza di una norma di chiusura sulla tassativita’ tipologica dei mezzi di prova, questi puo’ porre a fondamento della decisione anche prove atipiche, non espressamente previste dal codice di rito, della cui utilizzazione fornisca adeguata motivazione e che siano idonee ad offrire elementi di giudizio sufficienti, non smentiti dal raffronto critico con le altre risultanze del processo (v. e plurimis Cass. n. 13229 del 26/06/2015).
Tra tali prove rientrano certamente anche le prove e le dichiarazioni raccolte in un altro giudizio tra le stesse o tra altre parti.
Anche queste, dunque, ove ritualmente introdotte in giudizio – il che non e’ in alcun modo contestato e sembra pacifico in atti – vanno certamente valutate nel contraddittorio delle parti e sottoposte, come detto, a raffronto critico con le altre risultanze ritualmente acquisite nel processo, ma non se ne puo’ certamente a priori escludere l’utilizzabilita’, come sembra voler invece affermare la sentenza impugnata nel citato passaggio, altrimenti comunque non comprensibile.
5. Il secondo motivo del ricorso principale deve, invece, ritenersi infondato, alla stregua delle seguenti considerazioni.
La motivazione della sentenza giustifica la operata personalizzazione facendo riferimento non solo alle conseguenze sulla sfera “relazionale ed esistenziale” – sulla cui pertinenza e valenza giustificativa si appuntano le critiche del ricorrente – ma anche, e ripetutamente, alle gravi conseguenze subite dal danneggiato sul piano delle sofferenze morali o soggettive.
Ancorche’ generiche, tali indicazioni motivazionali valgono a sottrarre la sentenza ad una censura di erronea personalizzazione.
Un problema di personalizzazione, invero – come piu’ volte questa Corte ha avuto modo di precisare (v. da ultimo, in motivazione, Cass. 11/11/2019, n. 28988) – si pone solo per il danno biologico, proprio in quanto soggetto a liquidazione tabellare standardizzata, ma non anche invece per il danno morale, per il quale le tabelle di Milano non possono ritenersi vincolanti (v. in tal senso Cass. 04/02/2020, n. 2461;).
Sotto tale profilo puo’, pertanto, ritenersi che legittimamente la Corte di merito, sia pure impropriamente parlando di “personalizzazione”, abbia inteso dare congruo apprezzamento al danno morale (cfr. in tal senso, in un caso analogo, Cass. 08/02/2019, n. 3722).
Varra’ al riguardo richiamare la piu’ recente ed ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Cass. 17/01/2018, n. 901; 27/03/2018, n. 7513; 28/09/2018, n. 23469) in tema di risarcimento del danno alla persona; vanno, in particolare, ribaditi, per la loro diretta rilevanza nel caso di specie, i seguenti principi.
I. Sul piano del diritto positivo, l’ordinamento riconosce e disciplina (soltanto) le fattispecie del danno patrimoniale (nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante: articolo 1223 c.c.) e del danno non patrimoniale (articolo 2059 c.c.; articolo 185 c.p.).
II. La natura unitaria ed onnicomprensiva del danno non patrimoniale, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale e delle Sezioni Unite della Suprema Corte (Corte Cost. n. 233 del 2003; Cass. Sez. U. 11/11/2008, nn. 26972-26975) deve essere interpretata, sul piano delle categorie giuridiche (anche se non sotto quello fenomenologico) rispettivamente nel senso:
a. di unitarieta’ rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica;
b. di onnicomprensivita’ intesa come obbligo, per il giudice di merito, di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze (modificative in pejus della precedente situazione del danneggiato) derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, procedendo, a seguito di articolata, compiuta ed esaustiva istruttoria, ad un accertamento concreto e non astratto del danno, all’uopo dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza, le presunzioni.
III. Nel procedere all’accertamento ed alla quantificazione del danno risarcibile, il giudice di merito, alla luce dell’insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 235 del 2014, punto 10.1 e ss.) e del recente intervento del legislatore del Decreto Legislativo 7 settembre 2005, n. 209, articoli 138 e 139 (Codice delle assicurazioni private), modificati dalla L. 4 agosto 2017, n. 124, articolo 1, comma 17 – la cui nuova rubrica (“danno non patrimoniale”, sostituiva della precedente, “danno biologico”), ed il cui contenuto consentono di distinguere definitivamente il danno dinamico-relazionale causato dalle lesioni da quello morale – deve congiuntamente, ma distintamente, valutare la reale fenomenologia della lesione non patrimoniale e, cioe’, tanto l’aspetto interiore del danno sofferto (c.d. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di se’, della paura, della disperazione), quanto quello dinamico-relazionale (destinato ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto).
IV. Nella valutazione del danno alla salute, in particolare – ma non diversamente che in quella di tutti gli altri danni alla persona conseguenti alla lesione di un valore/interesse costituzionalmente protetto (Cass. nn. 8827-8828 del 2003; Cass. Sez. U. n. 6572 del 2006; Corte Cost. n. 233 del 2003) – il giudice dovra’, pertanto, valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale – che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con se’ stesso – quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell’ambito della relazione del soggetto con la realta’ esterna, con tutto cio’ che, in altri termini, costituisce “altro da se'”).
V. In presenza d’un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) puo’ essere aumentata, nella sua componente dinamico-relazionale, solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali ed affatto peculiari: le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l’id quod plerumque accidit (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidita’ non potrebbe non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento.
VI. Nel caso di lesione della salute, costituisce, pertanto, duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico – inteso, secondo la stessa definizione legislativa, come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attivita’ dinamico relazionali – e del danno cd. esistenziale, appartenendo tali c.d. “categorie” o “voci” di danno alla stessa area protetta dalla norma costituzionale (l’articolo 32 Cost.).
VII. Non costituisce duplicazione risarcitoria, di converso, la differente ed autonoma valutazione compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute, come stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 235 del 2014, punto 10.1 e ss. (ove si legge che la norma di cui all’articolo 139 cod. ass. “non e’ chiusa anche al risarcimento del danno morale”), e come oggi normativamente confermato dalla nuova formulazione dell’articolo 138, lettera e), cod. ass., introdotta – con valenza evidentemente interpretativa – dalla legge di stabilita’ del 2016.
Alla luce di tali principi la decisione impugnata si sottrae pertanto, come detto, alla censura in esame, in quanto essenzialmente basata sulla invocazione di un criterio standard di liquidazione del danno morale, allo stato non predicabile alla stregua degli indici di diritto positivo sopra richiamati e, per il resto, risolventesi nella mera generica contestazione di una valutazione di merito che, in quanto motivata, non e’ sindacabile in questa sede”.
6. In accoglimento, pertanto, del (solo) primo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale; rigetta il secondo motivo del ricorso principale; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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