Corte di Cassazione, penale, Sentenza|17 marzo 2021| n. 10380.
In tema di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, è insindacabile da parte del giudice dell’esecuzione la sussistenza dell’interesse della parte all’accoglimento della richiesta, atteso che la relativa istanza non introduce un giudizio di impugnazione. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento del giudice dell’esecuzione che aveva dichiarato inammissibile l’istanza in considerazione dell’avvenuta espiazione della pena relativa al reato che, in caso di accoglimento, sarebbe stato quello meno grave).
Sentenza|17 marzo 2021| n. 10380
Data udienza 25 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Esecuzione – Rideterminazione della pena – Riconoscimento della continuazione – Preclusione del giudice dell’esecuzione ad accertare l’interesse all’impugnazione del soggetto ex art. 671 cpp
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI TOMASSI Mariastefani – Presidente
Dott. TARDIO Angela – Consigliere
Dott. BIANCHI Michele – rel. Consigliere
Dott. CASA Filippo – Consigliere
Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 03/12/2019 della CORTE APPELLO di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MICHELE BIANCHI;
lette le conclusioni del PG Dott. Gian Luigi Pratola che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza depositata in data 10.4.2020 la Corte di appello di Roma, quale giudice dell’esecuzione, ha dichiarato la inammissibilita’ delle richieste presentate dal difensore di (OMISSIS) e aventi ad oggetto, da una parte, la rideterminazione della pena inflitta con sentenza pronunciata in data 9.5.2014 dal Tribunale di Roma e, dall’altra, il riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati dalle sentenze pronunciate, in data 9.5.2014, dal Tribunale di Roma e, in data 6.4.2018, dalla Corte di appello di Roma.
La Corte di appello ha rilevato che l’istante aveva gia’ espiato la pena inflitta con la prima sentenza e quindi non aveva interesse ne’ alla rideterminazione della pena ne’ al riconoscimento della continuazione.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), denunciando violazione di legge.
Premesso che era in esecuzione il residuo di pena da scontare in relazione alle condanne inflitte con le menzionate sentenze, la istanza di rideterminazione della pena, di cui alla sentenza 9.5.2014 del Tribunale di Roma, divenuta irrevocabile l’8.4.2015, era fondata sulla sopravvenuta novella, introdotta con L. 16 maggio 2014, n. 79, che aveva modificato, in melius, il trattamento sanzionatorio della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, mentre la richiesta di riconoscimento della continuazione riguardava, da una parte, condanna per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, e, dall’altra, condanna per la fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6.
3. Il Procuratore generale ha chiesto la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, limitatamente alla decisione in ordine alla istanza ai sensi dell’articolo 671 c.p.p., e’ fondato e dunque, in parte qua, va pronunciato annullamento, con rinvio, dell’ordinanza impugnata.
Nel resto il ricorso e’ infondato e va respinto.
1. Con riguardo alla declaratoria di inammissibilita’ della richiesta di rideterminazione della pena il ricorso e’ infondato.
L’originaria richiesta aveva dedotto che la condanna era stata pronunciata, in data 9.5.2014, per la fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, che, successivamente con L. 16 maggio 2014, n. 79, era stata modificata con rideterminazione in melius dai parametri sanzionatori edittali, e quindi aveva formulato la richiesta di rideterminazione, in executivis, del trattamento sanzionatorio sulla base della piu’ favorevole normativa sopravvenuta.
A norma dell’articolo 2 c.p., in caso di successione nel tempo di norme penali va applicata la norma piu’ favorevole “… salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”, come si e’ verificato nel caso in esame.
Correttamente quindi il primo giudice ha dichiarato la inammissibilita’ della richiesta, seppur la motivazione doveva essere nel senso che si trattava di richiesta manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge.
2. Con riguardo alla ulteriore richiesta ai sensi dell’articolo 671 c.p.p. il giudice dell’esecuzione ha fondato il giudizio di insussistenza dell’interesse all’accoglimento della richiesta sul rilievo che la pena inflitta per il reato che, in ipotesi di accoglimento della richiesta sarebbe quello meno grave, era stata gia’ interamente espiata e quindi la parte non avrebbe avuto, in concreto, interesse alla riduzione di pena per quel reato che sarebbe conseguita all’accoglimento della richiesta di riconoscimento della continuazione.
Il ricorso, sul punto, e’ fondato.
Si deve precisare, da una parte, che la richiesta ai sensi dell’articolo 666 c.p.p. non ha natura di impugnazione e quindi la sussistenza di un interesse all’accoglimento dell’istanza non e’ richiesta a pena di inammissibilita’ della stessa e, dall’altra, che l’avvenuta espiazione della pena in relazione alla quale si chiede l’intervento del giudice dell’esecuzione e’ ostativa solo della rideterminazione della pena inflitta sulla base di una norma dichiarata incostituzionale, in ragione del limite, ai sensi della L. Cost. n. 87 del 1953, articolo 30, della efficacia della pronuncia di incostituzionalita’.
Dunque, e’ precluso al giudice dell’esecuzione di sindacare l’interesse, in concreto, della parte all’accoglimento della richiesta ai sensi dell’articolo 671 c.p.p., istituto finalizzato, quanto alla commisurazione della pena, all’applicazione del piu’ favorevole principio del cumulo giuridico delle pene.
3. Va dunque pronunciato annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alla richiesta ex articolo 671 c.p.p., con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Roma.
Nel resto va respinto il ricorso.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla richiesta ex articolo 671 c.p.p. e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Roma. Rigetta nel resto il ricorso.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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