Corte di Cassazione, penale, Sentenza|20 aprile 2021| n. 14696.
In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche, in caso di sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., le sanzioni interdittive, in quanto sanzioni “principali” e non “accessorie”, devono essere oggetto di espresso accordo tra le parti e non possono essere applicate autonomamente dal giudice. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza che aveva applicato cumulativamente le sanzioni interdittive di cui all’art. 9, comma 2, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, a fronte di accordo avente ad oggetto la sola pena pecuniaria).
Sentenza|20 aprile 2021| n. 14696
Data udienza 14 aprile 2021
Integrale
Tag – parola chiave: MISURE CAUTELARI – MISURE CAUTELARI (IN GENERE)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FUMU Giacomo – Presidente
Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere
Dott. TANGA Antonio Leonar – Consigliere
Dott. CENCI Daniele – Consigliere
Dott. D’ANDREA Alessandr – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/11/2019 del TRIBUNALE di PADOVA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALESSANDRO D’ANDREA; lette/sentite le conclusioni del PG.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 5 novembre 2019 il Tribunale di Padova, in composizione monocratica, applicava, sull’accordo delle parti ex articolo 444 c.p.p., alla societa’ (OMISSIS) s.r.l. – quale ente responsabile per il reato di cui all’articolo 590 c.p., comma 3, in relazione al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 25-septies, comma 3, – la sanzione pecuniaria di Euro 12.900,00, corrispondente a n. 50 quote societarie. Il Tribunale di Padova disponeva, altresi’, che “Vanno applicate le sanzioni interdittive di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 9, comma 2, per la durata di mesi tre”.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, in qualita’ di amministratore unico della societa’ (OMISSIS) s.r.l.
Il ricorrente deduce violazione di legge in relazione al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articoli 11, 13 e 14, ritenendo che le sanzioni interdittive non costituiscono una conseguenza automatica della condanna o dell’applicazione della pena su richiesta, peraltro non ricorrendo, nel caso di specie, le condizioni per la loro applicazione.
Le sanzioni interdittive erano rimaste escluse dal realizzato accordo ex articolo 444 c.p.p., avente ad oggetto la sola applicazione della pena pecuniaria, per cui tali sanzioni non avrebbero potuto essere applicate dal giudice, in quanto in violazione dell’accordo raggiunto tra le parti.
In secondo luogo, il ricorrente osserva che se e’ vero che il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 25-septies prevede l’applicazione delle sanzioni interdittive ex articolo 9, comma 2, e’ anche vero che dalla disciplina degli articoli 11, 13 e 14 del cit. Decreto Legislativo e’ possibile evincere l’esclusione di ogni tipo di automatismo nella loro applicazione, dovendosi effettuare la relativa scelta in applicazione di precisi criteri cui il giudice e’ obbligato ad attenersi. Per la loro applicazione, infatti, e’ necessario che ricorra almeno una delle condizioni richieste dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 13, lettera a) e b), di cui il decidente e’ tenuto a dare adeguata rappresentazione in motivazione – come, invece, non effettuato nel caso in esame -.
Secondo quanto disposto dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 14, inoltre, il giudice, sempre fornendo idonea motivazione, dovrebbe operare una scelta tra le diverse possibili sanzioni interdittive, determinandone il tipo e la relativa durata, senza poter procedere, come invece effettuato nella sentenza impugnata, ad una loro indiscriminata applicazione.
3. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato limitatamente alla disposta applicazione delle sanzioni interdittive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere accolto, stante la fondatezza della doglianza dedotta.
2. La gravata sentenza e’ stata emessa, ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. e Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 63, nei confronti della societa’ (OMISSIS) s.r.l. – di cui il (OMISSIS) e’ amministratore unico – per esserle stata imputata la responsabilita’ amministrativa ex Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 25-septies, comma 3, in ragione del quale, nel caso di condanna per il delitto di cui all’articolo 590, comma 3, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, “si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a sei mesi”.
Tale ultimo articolo distingue le quattro categorie di sanzioni – pecuniarie, interdittive, confisca e pubblicazione della sentenza – previste per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, specificando, al comma 2, che le sanzioni interdittive sono: a) l’interdizione dall’esercizio dell’attivita’; b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli gia’ concessi; e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Come in precedenza osservato, nell’impugnata sentenza sono state applicate cumulativamente tutte le sanzioni interdittive previste dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 9, comma 2, per la durata di mesi tre.
Tale statuizione e’ per il Collegio viziata sotto un duplice profilo, inducendo alla pronuncia del relativo annullamento.
3. In primo luogo rileva, infatti, il condivisibile principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, per il quale, in tema di responsabilita’ da reato degli enti, le sanzioni interdittive sono sanzioni “principali” e non “accessorie”, per cui, in caso di sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., queste ultime devono essere oggetto di un espresso accordo processuale tra le parti in ordine al tipo ed alla durata delle stesse e non possono essere applicate dal giudice in violazione dell’accordo medesimo (cosi’, espressamente, Sez. 3, n. 45472 del 08/06/2016, P.M. e altro in proc. Societa’ Talian, Rv. 267919-01).
Le natura di sanzioni “principali”, e non “accessorie”, delle sanzioni interdittive e’, in particolare, desumibile dai contenuti della norma del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 14, che ne definisce le modalita’ di commisurazione e di scelta, richiamando il corrispondente articolo 11 sulle sanzioni pecuniarie quanto all’individuazione dei criteri per la loro determinazione nel tipo e nella durata, tenendo conto dell’idoneita’ delle singole sanzioni a prevenire illeciti del tipo di quello commesso.
Appare evidente, pertanto, come nel caso di “patteggiamento” l’applicazione delle sanzioni interdittive possa essere consentita solo all’esito di un espresso accordo processuale intervenuto tra le parti, mediante il quale vengano preventivamente stabiliti il tipo e la durata della sanzione ex Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 9, comma 2, in concreto da applicarsi.
Ne consegue l’illegittimita’ della sentenza impugnata nella parte in cui ha applicato cumulativamente le sanzioni interdittive di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 9, comma 2, in quanto ultra petita, per averle disposte in violazione dell’accordo processuale raggiunto dalle parti, avente ad oggetto la sola sanzione pecuniaria. Il rapporto negoziale intercorso tra le parti preclude, infatti, al giudice di applicare una sanzione diversa da quella concordata, in quanto la modifica in peius del trattamento sanzionatorio, sia pure nei limiti della misura legale, altera i termini dell’accordo ed incide sul consenso prestato.
4. L’impugnata sentenza e’, altresi’, viziata per l’assoluta genericita’ e carenza di motivazione con cui il giudice di merito ha cumulativamente applicato tutte le sanzioni interdittive previste dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 9, comma 2.
Il Collegio ritiene corrette le espresse deduzioni difensive, per cui il giudice di merito avrebbe assunto la propria decisione senza conformarsi ai disposti del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articoli 11, 13 e 14. La scelta della sanzione interdittiva concretamente da applicarsi, infatti, deve avvenire nel rispetto dei criteri fissati (per le sanzioni pecuniarie) dall’articolo 11 del cit. Decreto Legislativo – e cioe’: “tenendo conto della gravita’ del fatto, del grado della responsabilita’ dell’ente nonche’ dell’attivita’ svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti” -, nella ricorrenza di almeno una delle condizioni richieste dalle lettera a) e b) del successivo articolo 13 – ovvero qualora: “a) l’ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entita’ e il reato e’ stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all’altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato e’ stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative; b) in caso di reiterazione degli illeciti” – altresi’ provvedendo alla determinazione del relativo tipo e della sua durata, in ossequio a quanto previsto dall’articolo 14 del citato D.Lgs..
Tutto cio’ non puo’ che essere svolto mediante un percorso logico ed argomentativo che il giudice e’ tenuto a rappresentare, sia pur succintamente, nella motivazione del provvedimento applicativo della sanzione interdittiva. E’ indispensabile, cioe’, esplicare in base a quali criteri e nella ricorrenza di quali presupposti e’ stato ritenuto necessario disporre l’applicazione della sanzione – o anche di piu’ sanzioni – ex Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 9, comma 2, altresi’ rappresentando le modalita’ attraverso cui si e’ pervenuti alla scelta del relativo tipo e della sua durata.
L’indicata motivazione e’ del tutto assente nella sentenza impugnata, che, in maniera assertiva e senza alcuna esplicazione in proposito, si e’ limitata a disporre l’indiscriminata applicazione di tutte le sanzioni interdittive previste dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 9, comma 2. Ne consegue allora, anche sotto tale profilo, l’affermazione di illegittimita’ del provvedimento gravato.
5. In esito alle superiori considerazioni, deve procedersi, pertanto, all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla statuizione, che si elimina, relativa all’applicazione delle sanzioni interdittive previste dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 9, comma 2.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione delle sanzioni interdittive, statuizione che elimina.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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