Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 novembre 2020| n. 24476.
In tema di responsabilità da cosa in custodia ex art. 2051 c.c., il concessionario di un’opera pubblica è responsabile del danno subito da un privato in dipendenza del cattivo funzionamento della suddetta opera ove egli sia tenuto, per legge o per contratto, ad eseguire i lavori di manutenzione.
Ordinanza|4 novembre 2020| n. 24476
Data udienza 6 luglio 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Responsabilità civile generale – P.A. – Sinistro stradale – Strada allagata – Rottura rete idrica – Cattivo funzionamento – Perdita del controllo del veicolo – Manleva – Responsabilità del concessionario del servizio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27515/2018 proposto da:
(OMISSIS) SPA, RAPPRESENTATO E DIFESO DALL’AVV. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), RAPPRESENTATA E DIFESA DALL’AVV. (OMISSIS), E DALL’AVV. (OMISSIS);
COMUNE FOLIGNO, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 368/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 21/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/07/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.
RILEVATO
Che:
1. Con ricorso notificato il 21/9/2018, la (OMISSIS) s.p.a. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza n. 368/2018 della Corte d’Appello di Perugia depositata il 21/5/2018 e non notificata. Con separati controricorsi – rispettivamente notificati il 30/10/2018 e il 31/10/2018 resistono il Comune di Foligno e la sig.ra (OMISSIS).
2. Per quanto qui d’interesse, in primo grado la sig.ra (OMISSIS) ha convenuto in giudizio il Comune di Foligno, adducendo la responsabilita’ di quest’ultimo ex articoli 2043 e 2051 c.c., per il sinistro occorso percorrendo una strada comunale che, a causa della presenza di fango e acqua determinata dalla rottura di una tubazione delle acque, aveva determinato la perdita del controllo dell’auto (vecchio modello Fiat 500) su cui viaggiava e l’urto contro un muro di cemento, con conseguenti gravi e permanenti danni alla salute. Il Comune ha chiamato in manleva la societa’ (OMISSIS) quale concessionaria della rete idrica che aveva causato l’allagamento stradale. All’esito del giudizio, il Tribunale di Perugia rigettando l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dal terzo chiamato, ha accolto parzialmente la domanda attorea nei confronti del gestore delle acque e ha dichiarato il concorso di colpa dell’attrice in relazione al sinistro, determinando la responsabilita’ nella misura del 70% per quest’ultima, a causa dell’eccesso di velocita’ rispetto al limite di 30 km/h e al mancato indosso delle cinture di sicurezza nella misura del 30% per la (OMISSIS); ha escluso invece qualsiasi responsabilita’ in capo al Comune convenuto.
3. Avverso la sentenza hanno proposto appello sia la sig.ra (OMISSIS) che la societa’ concessionaria. La Corte d’Appello di Perugia, con la sentenza oggi gravata, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, ha rideterminato la misura del concorso di colpa dell’appellante principale (OMISSIS) e dell’appellante incidentale (OMISSIS), ritenendola pari al 50%. In particolare, ha ritenuto gli appellanti entrambi ugualmente responsabili dell’evento lesivo, in virtu’ della considerazione – ex articolo 1227 c.c. – delle rispettive condotte omissive: da un lato, la sig.ra (OMISSIS) non aveva tenuto condotte diligenti e confacenti ai dettami del C.d.S.; dall’altro la (OMISSIS), nonostante le pregresse segnalazioni da parte dei proprietari dei terreni limitrofi, non aveva risolto la perdita della rete idrica che da circa un mese causava il riversamento sul manto stradale di un rivolo di acqua fangoso, mostrandosi inosservante, dunque, degli obblighi di gestione e manutenzione della rete convenzionalmente assunti con il Comune di Foligno sia ex articolo 2051 c.c., che ex articolo 2043 c.c.. Proprio in virtu’ di tale pattuizione, riteneva che il Comune non potesse essere chiamato a rispondere dell’evento ne’ ex articolo 2051 c.c., avendo trasferito il potere di custodia della res causativa del danno alla concessionaria, ne’ ai sensi dell’articolo 2043 c.c., avendo affidato ad una societa’ specializzata, la (OMISSIS) per l’appunto, il servizio idrico, con la conseguente assunzione, da parte della stessa degli obblighi di custodia e di manleva.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo si denuncia – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli articoli 2051, 2043, 2697 e 2729 c.c., articoli 40 e 41 c.p., articolo 141 C.d.S., commi 1 e 11, articolo 12 preleggi, articoli 115 e 116 c.p.c.. Inoltre, si lamenta – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, consistenti nell’eccessiva velocita’ di marcia tenuta dalla danneggiata e nelle condizioni della strada curvilinea e bagnata a causa di eventi atmosferici pregressi, nonche’ l’errata valutazione di risultanze istruttorie e l’apparenza, perplessita’ e contraddittorieta’ della sentenza per affermazioni tra loro inconciliabili.
1.1. Il motivo e’ inammissibile sotto tutti i profili di doglianza dedotti.
1.2. Per quanto attiene alle doglianze sussunte sub specie articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la ricorrente si limita a riportare un’elencazione di norme violate o falsamente applicate, senza indicare esattamente in che modo le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata siano effettivamente in contrasto con le citate norme regolatrici della fattispecie, ne’ con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina, indicazioni invero imprescindibili – giusta il disposto dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4 – a pena di inammissibilita’ del ricorso (sul punto, cfr., Sez. L, Sentenza n. 287 del 12/1/2016; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16038 del 26/6/2013; Sez. 2, Sentenza n. 16132 del 2/8/2005).
1.3. Parimenti inammissibile e’ la censura sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio, o della erronea valutazione di risultanze istruttorie. I fatti della cui omessa considerazione la ricorrente si duole, ossia l’eccessiva velocita’ di marcia dell’automobilista danneggiata e il manto stradale gia’ bagnato per piogge pregresse, lungi dal configurarsi come fatti rilevanti omessi ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sono stati tutti sufficientemente valutati dalla Corte territoriale. Difatti, il giudice di secondo grado giunge ad escludere la responsabilita’ della sola ricorrente per il sinistro occorso, nonostante l’inadempimento degli obblighi manutentivi su di essa incombenti, proprio in considerazione di tali fatti storici, ritenendo – per l’appunto – che dagli stessi emerga un concorso di colpa tra danneggiata e danneggiante. Il convincimento tratto dalla valutazione di tali fatti, nonche’ dalle risultanze istruttorie che il ricorrente adduce non valutate o, comunque, non correttamente considerate, non sono oggetto del sindacato di questa Corte, poiche’ sotto le spoglie del motivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si richiede un nuovo accertamento fattuale, nonche’ una nuova valutazione di risultanze istruttorie, gia’ ampiamente considerate in sede di merito (sui limiti del sindacato del Giudice di legittimita’ in punto di accertamenti fattuali e risultanze istruttorie v. Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018; Sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017; Sez. U., Sentenza n. 8053 del 7/4/2014).
1.4. In ultimo, quanto alla apparenza, perplessita’ e contraddittorieta’ della motivazione della sentenza, la ricorrente rileva l’inconciliabilita’ di due specifiche affermazioni effettivamente contenute nel provvedimento impugnato, ma avulse dalla considerazione del complessivo contesto argomentativo. In specie, la ricorrente contesta la parte motivazionale ove si fa riferimento alla massima giurisprudenziale applicabile alla fattispecie concreta, per cui “il caso fortuito idoneo a interrompere il nesso di causalita’ tra cosa in custodia e danno deve ascriversi anche al fatto stesso del danneggiato, in particolare quando le circostanze obiettive avrebbero richiesto un comportamento piu’ prudente, valorizzando, pertanto, l’esclusione della responsabilita’ del custode in virtu’ della colpa del danneggiato, ipotesi quest’ultima pacificamente confacente al caso de quo (cfr. Cass. Sez. II nn. 999/2014, 23919/2013 e 20366/2015” (pag. 12 sentenza impugnata). Rileverebbe che il giudice, nel suo argomentare, riportando la stessa massima giurisprudenziale, abbia precisato che “Tale fattispecie, poc’anzi menzionata, non e’ integralmente riscontrabile nel caso de quo, poiche’ ivi la responsabilita’ del sinistro e’ ascrivibile ad entrambi gli appellanti, principale ed incidentale, in egual misura (…)” (pag. 13 sentenza impugnata).
Tanto rilevato, non puo’ accedersi alla tesi che afferma l’inconciliabilita’ tra le due affermazioni estrapolate, tale da rendere manifestamente apparenti le ragioni poste a base della decisione, in quanto il giudice di secondo grado, dopo aver individuato la massima “confacente” al caso concreto, sottolinea che risultando ex actis un concorso di colpa piuttosto che un’ipotesi di colpa esclusiva del danneggiato, la situazione “non e’ integralmente riscontrabile nel caso de quo”. Difatti, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si concretizza nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, solo l’ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicita’ del ragionamento del giudice (Cass., Sez. L -, Ordinanza n. 12096 del 17/5/2018; Sez. 3, Sentenza n. 14767 del 26/6/2007; Sez. 3, Sentenza n. 2427 del 9/2/2004).
1.5. Con il secondo motivo si denuncia – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c. e articolo 12 preleggi, nonche’ l’apparenza ed inesistenza della motivazione. La societa’ ricorrente assume errata la decisione della Corte d’Appello per aver ritenuto la (OMISSIS) s.p.a. tenuta alla manutenzione della strada comunale ove si verifico’ il sinistro, mentre sulla base della Convenzione ATO Umbria 3, la societa’ era tenuta alla sola gestione e custodia della rete idrica del Comune, dovendosi pertanto escludere che tra la res causativa del danno (la strada) e l’attuale ricorrente vi fosse un rapporto materiale rilevante in forza dell’articolo 2051 c.c.. In aggiunta, si adduce che, pur sussistendo l’asserita violazione degli obblighi di manutenzione dell’acquedotto, questa non sarebbe rilevante sotto il profilo della responsabilita’ extracontrattuale di cui all’articolo 2051 c.c., ma solo ai fini della responsabilita’ contrattuale nei confronti dell’ente committente.
1.6. Il secondo motivo e’ inammissibile perche’ non coglie la ratio decidendi della sentenza ex articolo 366 c.p.c., n. 4.
1.7. La Corte territoriale ha ritenuto la ricorrente responsabile (nella misura del 50%) dei danni occorsi, perche’ tenuta – ex articolo 2051 c.c. – alla gestione e manutenzione della rete idrica. Nella fattispecie concreta, infatti, la res causativa del danno non e’ la strada comunale – espressamente ritenuta dal giudice di secondo grado in ottimo stato di manutenzione – ma la rete idrica che, trovandosi in cattivo stato manutentivo, faceva sgorgare sulla strada de qua un pericoloso rivolo d’acqua fangosa, peraltro da circa un mese. Cosicche’, la Corte di merito ha escluso la responsabilita’ del Comune sul presupposto che il potere di custodia della rete idrica, sancito su base convenzionale, obbligasse la concedente (OMISSIS) ad effettuare tutto quanto necessario ad impedire gli eventi dannosi che potevano derivare dalla res custodita.
1.8. Il ragionamento cosi’ ricostruito, emergente dalla sentenza gravata, lungi dal risultare apparente o inesistente, si allinea invero con l’orientamento di questa Corte che, in punto di responsabilita’ da cosa in custodia ex articolo 2051 c.c., ha piu’ volte precisato che il concessionario di un’opera pubblica e’ responsabile del danno subito da un privato in dipendenza del cattivo funzionamento della suddetta opera ove egli sia tenuto – per legge o per contratto – ad eseguirne i lavori di manutenzione (si veda, Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 20907 del 22/8/2018; Sez. 3, Sentenza n. 19773 del 23/12/2003; Sez. 1, Sentenza n. 3248 del 16/4/1997).
2. Con il terzo motivo si lamenta – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2697 c.c., degli articoli 115 e 116 c.p.c. e dell’articolo 12 preleggi; nonche’ – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso. Nel mezzo confluiscono plurime censure.
2.1. In primo luogo, la ricorrente adduce la violazione di norme, nonche’ la contraddittorieta’, apparenza e omissione della motivazione della pronuncia gravata, per non aver ritenuto idoneamente provata la tempestivita’ dell’intervento di riparazione da parte della (OMISSIS), nonche’ l’impossibilita’ oggettiva della riparazione stessa nel tempo precedente il sinistro. In secondo luogo, lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e risultante dagli atti di causa, consistente nelle condizioni metereologiche ostili il giorno dell’evento dannoso, qualificabili come forza maggiore, che avevano impedito la riparazione della perdita da parte della concessionaria il giorno precedente e, dunque, che avrebbero dovuto indurre il giudice ad escludere la responsabilita’ della stessa anche ai sensi dell’articolo 2043 c.c.. In terzo luogo, adduce che gli obblighi che il giudice di secondo grado ha ritenuto omessi – in specie, quelli di apposizione di segnaletica stradale e di comunicazione del guasto al Comune – non incombono sulla concessionaria sulla base della Convenzione ATO. Infine, giunge a contestare l’omessa valutazione di risultanze istruttorie.
2.2. Il motivo e’ inammissibile sotto tutti i profili dedotti.
2.3. Anzitutto, le norme menzionate non possono ritenersi violate o falsamente applicate dalla Corte territoriale per il solo fatto di non aver ritenuto provata la tempestivita’ dell’intervento di riparazione da parte della (OMISSIS), nonche’ l’impossibilita’ oggettiva della riparazione stessa nel tempo precedente al sinistro, nonostante – in tesi del ricorrente – ex actis vi fosse tale prova.
Difatti, in relazione alle doglianze sussunte sub specie articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, questa Corte ha piu’ volte ribadito che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimita’” (Cass., Sez. 1 -, Ordinanza n. 3340 del 5/2/2019; Sez. 1 -, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015).
2.4. In relazione all’evento di forza maggiore consistente nelle piogge del giorno precedente al sinistro, il ricorrente non indica ove ha rilevato tale profilo in corso di causa, limitandosi a far riferimento ad una serie di risultanze istruttorie su cui, non configurandosi domande o eccezioni, il giudice di merito non ha l’obbligo di pronunciarsi espressamente. Per evitare una pronuncia in punto di inammissibilita’ per novita’ della censura, il ricorrente avrebbe dovuto espressamente indicare il luogo delle precedenti fasi processuali in cui ha svolto suddetti rilievi, poiche’ i motivi di ricorso devono necessariamente investire questioni gia’ comprese nel “thema decidendum” del giudizio d’appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimita’, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito ne’ rilevabili d’ufficio (Cass., Sez. 2 -, Sentenza n. 20694 del 9/8/2018; Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013; Sez. 1, Sentenza n. 324 dell’11/1/2007).
2.5. Infine, in punto di esatto contenuto degli obblighi gestori e manutentivi incombenti sull’attuale ricorrente sulla base della Convenzione ATO Umbria 3, deve rilevarsi che l’indicazione – al termine del motivo – del luogo del fascicolo di secondo grado ove e’ possibile rinvenire il testo pattizio, non soddisfa affatto il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, poiche’ ove si censuri l’attivita’ di interpretazione di un contratto svolta dal giudice di merito e’ necessaria la trascrizione integrale della regolamentazione pattizia o quantomeno della specifica parte in contestazione a cui il vizio afferisce, nell’articolazione stessa del ricorso (Cfr. Sez. 3 -, Ordinanza n. 6735 dell’8/3/2019; Sez. L, Sentenza n. 25728 del 15/11/2013; Sez. 1, Sentenza n. 4178 del 22/2/2007).
3. Con il quarto motivo si denuncia – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli articoli 1227 e 2055 c.c. e dell’articolo 12 preleggi; ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso, nonche’ il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili. Anche con l’ultimo motivo la ricorrente deduce plurime doglianze.
3.1. Anzitutto, il giudice di secondo grado, in tesi, avrebbe ritenuto erroneamente applicabile al caso concreto l’articolo 1227 c.c., quandanche dalle risultanze istruttorie fosse emerso che il fatto del danneggiato era stato da solo sufficiente a cagionare l’evento lesivo. Da cio’ derivandone anche l’errata applicazione dell’articolo 2055 c.c., in quanto la presunzione di pari colpa e’ ipotesi del tutto residuale, che viene in riferimento solo in mancanza di elementi di fatto che depongano per una diversa determinazione delle quote di responsabilita’. In secondo luogo, la censura adduce l’inconciliabilita’ delle affermazioni fatte dal giudice di secondo grado il quale, pur avendo rilevato una condotta della danneggiata non improntata ad ordinaria diligenza, non le ha comunque attribuito la responsabilita’ esclusiva per l’evento dannoso. Infine, deduce che se la Corte di merito non avesse omesso di considerare tutti i fatti storici controversi e decisivi risultanti in atti, la stessa avrebbe attribuito correttamente la colpa ex 2055 c.c., se non esclusiva in capo alla danneggiata, nella misura pari almeno al 70%, restando il residuo 30% in capo al danneggiante (in ipotesi il Comune di Foligno).
3.2. Il motivo e’ inammissibile, risolvendosi in una mera contrapposizione tra una ricostruzione fattuale alternativa a quella operata dal giudice di merito alla luce delle risultanze istruttorie. Sul punto, in particolare, viene in rilievo il principio di diritto per cui “In tema di risarcimento del danno, l’accertamento dei presupposti per l’applicabilita’ della disciplina di cui all’articolo 1227 c.c., comma 2 – che esclude il risarcimento in relazione ai danni che il creditore (o il danneggiato) avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza – integra indagine di fatto, come tale riservata al giudice di merito e sottratta al sindacato di legittimita’, se sorretta da congrua motivazione” (Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 3319 dell’11/2/2020; Sez. 3 -, Sentenza n. 16484 del 5/7/2017; Sez. 3, Sentenza n. 15231 del 5/7/2007).
3.3. Quanto alla congruita’ motivazionale, non coglie nel segno la denuncia di affermazioni inconciliabili contenute nella sentenza, potendosi anche in questo caso agevolmente ricostruire l’iter logico-giuridico seguito dalla Corte territoriale per addivenire al proprio convincimento. Difatti, il giudice di merito, sul presupposto della sussistenza di omissioni ascrivibili sia alla danneggiata che alla danneggiante, ha ritenuto – con ampia ed esaustiva argomentazione svolta proprio alla luce delle stesse risultanze fattuali di cui la ricorrente lamenta l’errata valutazione – di dover considerare le condotte colpose ugualmente concorrenti a determinare il danno.
4. Conclusivamente il ricorso e’ inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, a favore delle parti resistenti.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese liquidate in Euro 7.800,00 oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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