Corte di Cassazione, penale, Sentenza|17 marzo 2021| n. 10349.
In tema di regime penitenziario differenziato ai sensi dell’art. 41-bis ord. pen., è illegittima l’ordinanza del tribunale di sorveglianza che disapplichi la circolare del DAP del 2 ottobre 2017 con cui si vieta la consegna diretta di oggetti a figli e familiari durante i colloqui, ove emessa senza avere previamente accertato che la “traditio” non presenti rischi concreti per le esigenze di sicurezza sociale e per l’ordine e la sicurezza pubblica. (Conf. n. 10350 del 2021).
Sentenza|17 marzo 2021| n. 10349
Data udienza 4 dicembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Sorveglianza – Detenuto in regime di cui all’art. 41 bis l. n. 354/75 – Reclamo – Diritto ai colloqui visivi con i familiari – Carenza di motivazione in ordine all’applicabilità dell’art. 26 l. n. 354/75 – Annullamento con rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Presidente
Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere
Dott. CAIRO Antonio – rel. Consigliere
Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
nei confronti di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 28/04/2020 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. CAIRO ANTONIO;
Letta la requisitoria della Dott.ssa Loy M. F., sostituto procuratore generale presso questa Corte di cassazione con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza dell’Aquila.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di sorveglianza dell’Aquila, con ordinanza in data 28 aprile 2020, accoglieva il reclamo proposto dal detenuto (OMISSIS) sottoposto al regime di cui alla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 41 bis (d’ora in avanti anche: Ord. pen.). Il magistrato di sorveglianza aveva respinto il reclamo avverso il diniego di acquistare al sopravitto generi, dolci e giocattoli da consegnare ai figli minori, durante il colloquio, che sarebbe stato effettuato con modalita’ “senza vetro divisorio”.
Il divieto di consegna diretta era opposto dalla Direzione dell’Istituto che non permetteva di elargire direttamente generi alimentari e doni ai figli durante il colloquio.
Avverso la decisione negativa il detenuto adiva il Tribunale di sorveglianza e affermava che il colloquio con il figlio minore rappresenta un momento delicato poiche’ il minore e’ allontanato dagli altri familiari e in questi casi la consegna di un giocattolo o di un dolce costituisce una esplicazione del rapporto tale che le ragioni di sicurezza si ritengono sufficientemente garantite dalla videoregistrazione, dovendosi, comunque, assicurare anche al detenuto in regime differenziato un frammento di quotidiana normalita’ nella relazione tra padre e figlio.
Nella specie il Tribunale di sorveglianza giunge alla disapplicazione della circolare D.a.p. attraverso l’affermazione della sproporzione tra misura prevista e il diritto alla genitorialita’.
2. Ricorre per cassazione, l’avvocatura dello Stato nell’interesse del Ministero della Giustizia e lamenta quanto segue.
2.1. Con il primo motivo deduce l’inosservanza o l’erronea applicazione degli articoli 35-bis e 41-bis ord. Pen. Ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B).
Il ricorso ex articolo 35-bis Ord. pen. presuppone l’inosservanza da parte dell’amministrazione penitenziaria di disposizioni dell’ordinamento stesso; dall’altro un grave pregiudizio all’esercizio di un diritto del detenuto. Non vi e’ alcuna violazione di disposizioni, poiche’ ai sensi dell’articolo 41-bis, comma 2-quater, lettera B), Ord. pen. e’ previsto che i colloqui si svolgano in modo da impedire il passaggio di oggetti. Il colloquio tra padre e figlio e’ momento indubbiamente importante ma non puo’ ammettersi per ragioni di sicurezza il passaggio diretto di oggetti.
Non decisiva si rivela la sua ripresa.
Il diritto ai colloqui visivi con i familiari e’ una posizione soggettiva fondamentale del detenuto ed e’ regolata oltre che dalla disposizione di legge dalla circolare D.a.p. del 2 ottobre 2017 che ha ad oggetto l’organizzazione del circuito penitenziario di cui all’articolo 41-bis ord. Pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ fondato per quanto si passa a esporre.
1. Deve premettersi che la L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 26, riserva particolare cura a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie. La disposizione e’ finalizzata, invero, a evitare che l’esperienza carceraria incida anche sulle relazioni familiari.
La famiglia costituisce un valore affettivo di importanza primaria da tutelare nel contesto penitenziario. Diversamente, il detenuto subirebbe un’emarginazione non giustificabile e un’afflizione aggiuntiva non connaturata allo scopo della pena. In questa prospettiva rileva anche la L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 45.
L’assistenza delle famiglie e’ in realta’ un aspetto indefettibile del trattamento penitenziario ed e’ funzionale al riadattamento sociale e alla rieducazione, proprio perche’ permette che il soggetto in vinculis non interrompa il rapporto con una formazione sociale di base che gli assicura un supporto materiale e psicologico. La restrizione, infatti, rischia di mettere in crisi il rapporto e di comprometterne l’unita’.
Ancora ai sensi dell’articolo 94 reg. es. la stessa amministrazione penitenziaria deve dedicare particolare cura ai rapporti familiari, favorendone il dispiegarsi.
Non puo’ esservi dubbio, pertanto, che le previsioni anzidette realizzano obblighi in capo all’Amministrazione penitenziaria e una posizione di diritto soggettivo in capo al detenuto. Ragionando diversamente il relativo dovere di assistenza risulterebbe una posizione giuridica strutturalmente fievole.
Il sistema e’, infatti, ispirato a un criterio di favor verso la famiglia, e tende ad assicurare l’attuazione di strumenti e comportamenti finalizzati al mantenimento del rapporto tra detenuto e nucleo di convivenza.
Anche l’acquisto di oggettistica o altri regali destinati ai componenti la famiglia puo’, pertanto, costituire oggetto di diritto soggettivo del detenuto. Con l’oggetto di cui si fa dono si rivolge il pensiero ad un membro del nucleo familiare e cosi’ si attesta il persistere di un sentimento d’affettivita’ durante il regime di restrizione.
1.1. Ebbene, non v’e’ dubbio che norme siffatte e i principi relativi non siano ipso iure annullati a fronte di restrizioni connotate da particolari forme di controllo e di regime restrittivo di rigore elevato, come accade nella L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 41-bis.
La disciplina introdotta per le “situazioni di emergenza” (articolo 41-bis L. cit.) prevede, invero, la sospensione delle regole comuni del trattamento.
Essa ha lo scopo di evitare che il detenuto mantenga rapporti con appartenenti alla criminalita’ organizzata all’interno della struttura penitenziaria e con i soggetti che fanno parte delle organizzazioni di provenienza che continuano a trovarsi all’esterno, in condizione di liberta’.
Le limitazioni e le restrizioni delle facolta’ che competono in regime differenziato non sono frutto di un trattamento di pura afflizione. I diritti al trattamento ordinario non sono “soppressi”, ma incisi spesso da modalita’ di esercizio di maggiore rigore rispetto alla liberta’ che ne dovrebbe in ordinario caratterizzare l’esplicarsi. Lo scopo e’ quello di ritenere prevalente l’esigenza di evitare che si possa aggirare o eludere l’applicazione dei divieti di comunicazione con l’esterno della struttura.
I limiti strutturali del divieto sono segnati dall’impossibilita’ di incidere sui diritti fondamentali della persona e su quelle posizioni che trovano, addirittura, presidio superprimario.
2. Ebbene, per quanto qui rileva, dal divieto di scambio di oggetti durante i colloqui trae scaturigine la necessita’ di “regolare” i rapporti tra la L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 41-bis e gli altri diritti previsti dalle norme dell’Ordinamento giudiziario.
Il detenuto” lamenta la violazione del diritto allo svolgimento di un sereno rapporto familiare e al mantenimento del vincolo d’affezione con il proprio figlio essendogli inibito l’esercizio di una facolta’ genitoriale che si traduce nel diritto di acquistare e consegnare “direttamente” dolciumi e giocattoli al figlio stesso, durante il colloquio, che avviene con modalita’ senza vetro.
E’, tuttavia, lo stesso ordinamento penitenziario a prevedere, da un lato, la centralita’ dei rapporti familiari (L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 26) e, dall’altro, il divieto di scambio degli oggetti anzidetti (articolo 41-bis Ord. pen.).
Cio’ fa intendere come il legislatore nel medesimo testo normativo, pur sancita l’anzidetta rilevanza dei vincoli indicati (che hanno presidio costituzionale articolo 29 Cost. e ss.) introducendo l’articolo 26 Ord. Pen. e le disposizioni sopra citate, non si astenga dal ribadire nella L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 41-bis il divieto di scambio di oggetti. In altri termini si ritiene egualmente centrale, nel patrimonio delle posizioni legittimanti la vita restrittiva, il diritto di mantenere inalterato il rapporto familiare e quello di evitare che esso possa essere strumentalizzato in funzione dell’elusione delle esigenze di sicurezza sociale e di ordine pubblico anche al centro della tutela costituzionale.
In questa logica i due diritti sono in reciproco bilanciamento e si diversificano non nell’an, ma nel quomodo, prevedendo specifiche modalita’ del relativo esercizio.
Il rapporto tra la L. 26 luglio 1975, n. 354, articoli 26 e 41-bis non apre a un contrasto “necessario” tra disposizioni.
Piuttosto, esso crea una regolamentazione differenziata sulla vicenda di esercizio delle facolta’ e dei poteri che ineriscono all’esercizio dei due diritti soggettivi: quello di mantenere i rapporti con la famiglia e quello che garantisce i colloqui del detenuto.
L’impedimento afferente “il passaggio di oggetti” durante il colloquio del detenuto in regime differenziato ripete il suo fondamento, come anticipato, dalle esigenze di sicurezza sociale che trovano espressa tutela nella disposizione e persistono anche la’ dove il confronto sia con l’interesse, egualmente meritevole di tutela, per la salvaguardia del rapporto con il figlio minore.
La relazione familiare non e’, pertanto, ex se recessiva, rispetto all’obiettivo perseguito dal legislatore di assicurare le esigenze di ordine pubblico e di difesa sociale, almeno fino a quando si puo’ assicurare che il bilanciamento tra i due scopi e tra i valori ad essi sottostanti possa essere conciliato con le esigenze di difesa sociale, cui protende la L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 41-bis.
La circolare disapplicata prevede che lo scambio si attui con una consegna del bene all’operatore interno alla struttura e con la traditio a fine colloquio o con la spedizione “a mezzo pacco”, dopo il colloquio stesso (circolare del 2 ottobre 2017 del D.A.P.).
La questione rileva, dunque, sul piano delle modalita’ di esercizio del diritto, attraverso norme interne di organizzazione che devono assicurare il controllo proprio in funzione del tipo di restrizione in essere a presidio delle esigenze di ordine e sicurezza pubblica, obiettivo che potrebbe essere eluso se si legittimasse una consegna diretta dal detenuto all’ospite in visita.
Il bilanciamento attuato, dunque, proprio attraverso la norma di regolamentazione interna, e’ ragionevole e salvaguarda il diritto del detenuto di consegnare il bene, nel rispetto del diritto del minore e di una particolare modalita’ di esplicazione della genitorialita’, senza violare la disposizione di legge che pone il divieto di consegna. Cio’ attraverso un’attivita’ di controllo necessaria e che avviene con l’intermediazione dell’operatore addetto alla verifica.
Il provvedimento impugnato, prima di procedere alla disapplicazione della circolare amministrativa, non si confronta con l’aspetto indicato e con le ragioni che gia’ avevano indotto il Magistrato di sorveglianza a negare la consegna diretta durante il colloquio, aspetto che va vagliato in via preliminare, al fine di verificare se essa traditio, nel caso oggetto d’esame, presenti o meno rischi per le esigenze di sicurezza sociale e per l’ordine e la sicurezza pubblica, beni tutelati dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 41-bis.
Nel bilanciamento tra il diritto alla conservazione delle relazioni familiari e quello legato alle esigenze di salvaguardia della difesa sociale, si deve verificare se la prevalenza accordata a quest’ultimo e al connesso divieto di consegna sia giustificata in concreto. Cio’ al fine di appurare se la cura dell’interesse concreto porti con se’ “necessariamente” la disapplicazione della circolare ovvero sia costituzionalmente possibile dare un’adeguata e paritaria tutela alle due situazioni giuridiche soggettive.
I beni tutelati, della famiglia e della sicurezza sociale, a fronte di una possibile esecuzione bilanciata, non richiederebbero un necessario obbligo di consegna con le modalita’ previste dalla circolare piu’ volte richiamata. Se l’acquisto dei beni avvenga al sopravitto senza che il detenuto abbia avuto la possibilita’ di tenerli con se’, si deve verificare quale elemento in concreto esponga a pericolo la sicurezza cui e’ finalizzato la L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 41-bis. Solo se il segnalato bilanciamento non fosse possibile si dovrebbe escludere la possibilita’ di addivenire a consegna dei beni durante il colloquio, rischiando di recare un pregiudizio evidente al valore di difesa sociale anche garantito dalla norma in esame, facendo prevalere oltre il perimetro costituzionalmente garantito, una esigenza sull’altra. La stessa Corte costituzionale ha ribadito che il meccanismo di deroga al regime ordinario, introdotto dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 41-bis, si regge sulla regola di congruita’ rispetto allo scopo perseguito (Corte Cost. 149/2018; n. 351 del 1996; e n. 349 del 1993).
Il ricorso va, pertanto, accolto. Il provvedimento che ha disapplicato la circolare amministrativa non affronta la questione indicata e procede a una disapplicazione automatica della fonte amministrativa d’organizzazione, senza provvedere a una verifica sulla congruita’ dello scopo perseguito. L’ordinanza va, pertanto, annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza dell’Aquila, che si atterra’ ai principi anzidetti, accertando in che misura essa disapplicazione si ponga come strada obbligata e se ricorrono, nel caso in esame, rischi per la tutela dell’ordine e della sicurezza, presidiati dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 41-bis.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza dell’Aquila.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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