Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 aprile 2021| n. 10870.
In tema di rapporto di lavoro a termine, per la proroga del contratto non è necessaria la forma ad substantiam, potendo l’accordo fra le parti essere manifestato in forma orale o risultare da comportamenti concludenti.
Ordinanza|23 aprile 2021| n. 10870
Data udienza 5 novembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Contratto a termine – Rinnovo orale – Licenziamento – Accertamento rapporto subordinato a tempo indeterminato – Inefficacia del licenziamento – Risarcimento del danno – Società – Fusione o incorporazione – Si ha prosecuzione dei rapporti giuridici in capo al soggetto unificato quale centro unitario di imputazione dei rapporti preesistenti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere
Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28568/2017 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., fusa per incorporazione nella (OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 779/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 27/05/2017 R.G.N. 1344/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/11/2020 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO.
RILEVATO
Che:
(OMISSIS) adiva il Tribunale di Cosenza ed esponeva di essere stato assunto dalla s.r.l. (OMISSIS) con contratto a tempo determinato per il periodo 6/12/2006-30/4/2007; deduceva altresi’ che il rapporto di lavoro era stato rinnovato verbalmente sino al 30/9/2007, allorquando gli era stato comminato licenziamento in forma orale. Sulla scorta di tali premesse chiedeva accertarsi l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e condannarsi la societa’ alla reintegra nel posto di lavoro ed, in subordine, al pagamento di un’indennita’ pari a quindici mensilita’ della retribuzione globale di fatto percepita, oltre alla corresponsione di differenze retributive e dell’indennita’ di mancato preavviso.
Costituitasi la societa’ contestava le domande chiedendone la reiezione.
Il giudice adito respingeva il ricorso. Detta pronuncia veniva riformata dalla Corte d’appello di Catanzaro che, con sentenza resa pubblica il 27/5/2017, accertava l’esistenza fra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a far tempo dal 11/5/2007, dichiarava l’inefficacia del licenziamento intimato e condannava la societa’ al risarcimento del danno in favore del lavoratore, liquidato in misura corrispondente alla retribuzione globale di fatto dovuta dal 3/12/2007 al 20/11/2008.
Nel pervenire a tali conclusioni, per quanto ancora qui rileva, il giudice del gravame osservava che: a) la proroga del contratto a termine intercorso fra le parti non poteva desumersi ne’ dalla documentazione prodotta ne’ dalle prove testimoniali richiamate; b) la lettera di proroga risultava sottoscritta dal solo datore di lavoro e non anche dal lavoratore, ne’ ne risultava dimostrato l’invio al Centro per l’Impiego; c) in mancanza di forma scritta l’effetto di conversione del contratto di lavoro a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato era diretta conseguenza della disposizione di legge (L. n. 368 del 2001, articolo 5); d) la comunicazione inviata oralmente della scadenza del nuovo termine illegittimamente stabilito dal datore di lavoro equivaleva ad un licenziamento orale inefficace, ai sensi della L. n. 604 del 1966, articolo 2, comma 3.
Avverso tale decisione la (OMISSIS) s.p.a. incorporante la (OMISSIS) s.r.l. interpone ricorso per cassazione affidato a tre motivi ai quali oppone difese l’intimato.
CONSIDERATO
Che:
1. Deve in via preliminare respingersi l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso sollevata dalla parte controricorrente.
Questa premette che la (OMISSIS) srl con atto notarile registrato il 13/1/2014 era stata incorporata dalla (OMISSIS) s.p.a. e che, cio’ nonostante, la (OMISSIS) si era costituita nel giudizio di appello con memoria 25/1/2016 benche’ fosse gia’ stata cancellata dal registro delle imprese.
Deduce, poi, che il presente giudizio e’ stato instaurato dalla (OMISSIS) s.p.a. quando, in virtu’ dell’atto di incorporazione, la (OMISSIS) s.r.l. si era gia’ estinta. Soggiunge che, essendo rimaste le stesse le parti costituite in giudizio in sede di delibazione della sentenza di secondo grado, “l’interesse ad agire e quindi, l’interesse all’impugnazione dell’attuale societa’ ricorrente sarebbe potuta sussistere se la (OMISSIS) si fosse regolarmente costituita in sede di appello, quanto meno al momento della decisione della causa in appello, poiche’ e’ in relazione a tale decisione che va valutato detto interesse”.
In difetto, si prospetta l’inammissibilita’ del ricorso per carenza dell’interesse ad agire, perche’ in quel giudizio, pur avendo gia’ incorporato la (OMISSIS) s.r.l., la (OMISSIS) s.p.a. non si era costituita. Legittimati all’impugnazione come a resistervi, sono infatti solo i soggetti che abbiano assunto la veste di parte nel previo giudizio di merito sicche’ nel caso in cui un soggetto che, come nella specie, non sia stato parte del giudizio di appello, proponga impugnazione avverso la decisione adottata, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile.
2. L’eccezione e’ priva di fondamento.
Secondo i principi affermati da questa Corte, ed ai quali va data continuita’, in tema di fusione per incorporazione, l’articolo 504-bis c.c., nel testo modificato dal Decreto Legislativo n. 6 del 2003, nel prevedere la prosecuzione dei rapporti giuridici, anche processuali, in capo al soggetto unificato quale centro unitario di imputazione di tutti i rapporti preesistenti, risolve la fusione in una vicenda evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che, pur in presenza di un nuovo assetto organizzativo, conserva la propria identita’ (vedi ex aliis, Cass. Sez. U. 17/09/2010 n. 19698, Cass. 16/5/2017 n. 12119, Cass. 10/12/2019 n. 32208). Ne consegue che a seguito della fusione si ha la prosecuzione dei rapporti giuridici nel soggetto unificato quale centro unitario di imputazione di tutti l’rapporti precedenti (Cass. 15/2/2013 n. 3820).
Non appare, dunque, pertinente alla vicenda giuridica considerata, la prospettazione di una carenza di legittimazione, ad impugnare e di interesse ad agire in capo alla societa’ ricorrente, giacche’ la stessa si palesa quale centro di imputazione di tutti i rapporti preesistenti alla fusione per incorporazione, anche di natura processuale, ed e’ portatrice di un qualificato interesse, concreto ed attuale, alla impugnazione della pronunzia a se’ sfavorevole, emessa dalla Corte distrettuale.
3. Del pari priva di fondamento e’ l’ulteriore eccezione sollevata dal (OMISSIS), con riferimento alla inammissibilita’ del ricorso per la nullita’ della procura speciale alle liti, ex articolo 83 c.p.c., comma 3, conferita all’avv. (OMISSIS) dal legale rappresentante della societa’ la cui sottoscrizione e’ stata qualificata come illeggibile ed il cui nominativo non sarebbe evincibile ne’ dalla intestazione ne’ dal contesto dell’atto.
Deve, infatti, darsi continuita’ all’indirizzo espresso da questa Corte secondo cui l’illeggibilita’ della firma del conferente la procura alla lite, apposta in calce od a margine dell’atto con cui sta in giudizio una societa’, esattamente indicata con la sua denominazione, e’ irrilevante quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa, dalla certificazione d’autografia resa dal difensore o dal testo dell’atto o anche quando sia con certezza desumibile dall’indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese (vedi per tutte Cass. 29/3/2019 n. 8930).
Nella fattispecie delibata, deve ritenersi la ritualita’ della sottoscrizione resa dal legale rappresentante della societa’ (OMISSIS) che non solo non risulta illeggibile ma che e’ anche attestata dalla certificazione di autografia resa dal difensore ed e’ identificabile per il tramite delle risultanze del registro delle imprese, sicche’ l’eccezione sollevata al riguardo, in quanto destituita di fondamento, deve essere respinta.
4. Con il primo motivo di ricorso si denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione fra le parti in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si criticano gli approdi ai quali e’ pervenuto il giudice del gravame per aver trascurato di considerare che il fatto controverso sul quale si fonda la qualificazione della domanda, non e’ costituito dalla esistenza della proroga, quanto dalla validita’ del consenso prestato oralmente dal lavoratore, non risultando sottoscritta la comunicazione di scadenza del nuovo termine.
Dalla lettura del ricorso introduttivo emergeva chiaramente che il ricorrente non contestava la circostanza che il contratto fosse stato prorogato sino al 30/9/2007, ma che tale proroga fosse stata disposta verbalmente. Si deduce al riguardo che per la validita’ della proroga non e’ prescritta alcuna forma ad substantiam in quanto la normativa in vigore richiede il consenso del lavoratore, nella specie desumibile per facta concludentia dal comportamento del lavoratore stesso.
5. Il secondo motivo prospetta violazione del Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articoli 1 e 4, ex articolo 360 c.p.c., n. 3.
Si deduce l’erroneita’ della statuizione con la quale la Corte ha sostenuto la necessita’ di forma scritta della proroga del contratto a termine. In tema di rapporto di lavoro a termine, per la proroga del contratto non e’ necessaria la forma scritta ad substantiam ai sensi delle disposizioni summenzionate, potendo l’accordo fra le parti essere manifestato in forma orale o risultare da comportamenti concludenti ed al riguardo si rimarca come, dalla medesima prospettazione di parte ricorrente, richiamata dalla Corte di merito anche nello storico di lite, si evinceva che il rapporto di lavoro era stato “rinnovato verbalmente” fra le parti.
Si osserva come la circostanza che non fosse stata sottoscritta dal lavoratore la proroga, non poteva escludere ne’ la sussistenza della proroga stessa, ne’ la validita’ del consenso che puo’ essere manifestato anche per facta concludentia.
6. Con il terzo motivo si deduce violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c..
Ci si duole che la Corte distrettuale, pur accogliendo parzialmente il ricorso del lavoratore rigettando le domande volte a conseguire il pagamento di differenze retributive e della indennita’ di preavviso, in presenza di una situazione di reciproca soccombenza, non abbia disposto la compensazione delle spese di lite.
7. La Corte intende esaminare con priorita’ il secondo motivo di ricorso.
Invero, secondo i consolidati approdi ai quali e’ pervenuta la giurisprudenza di questa Corte, il principio processuale della ragione piu’ liquida, desumibile dagli articoli 24 e 111 Cost., comporta che la causa puo’ essere decisa sulla base della questione ritenuta di piu’ agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre; si impone infatti, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerita’ del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’articolo 276 c.p.c. (cosi’ Cass. 28/5/2014 n. 12002, cui adde Cass. 11/5/2018 n. 11458, Cass. 9/1/2019 n. 363).
In tale prospettiva, va, dunque esaminato detto secondo motivo.
8. Esso e’ fondato e meritevole di accoglimento peri le ragioni di seguito esposte.
Come questa Corte insegna il Decreto Legislativo n. 368 del 2001 (articolo 4) non prevede, a differenza di quanto stabilito dal Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, articolo 22, comma 2, in tema di somministrazione di lavoro (su cui cfr. Cass. 10.10.2014 n. 21520), che la proroga del contratto a tempo determinato debba avvenire per iscritto.
Peraltro, neppure nell’impianto di cui alla L. n. 230 del 1962, era previsto che la pattuizione di una proroga dovesse avvenire con atto scritto, anche se in quel caso la mancata prescrizione di forma era superflua, posto che la prosecuzione del contratto oltre la durata iniziale comportava tout court la trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato (L. n. 230 del 1962, articolo 2), salva evidentemente la prova di una proroga concordata (cfr. Cass. 3/7/1990 n. 6797).
In tale contesto, come rimarcato in piu’ occasioni da questa Corte, deve ritenersi che la mancata previsione della forma scritta per la proroga sia oggi bilanciata dai nuovi e piu’ flessibili meccanismi sanzionatori descritti, comportanti maggiorazioni retributive per la prosecuzione del rapporto oltre la scadenza iniziale, oltre alla trasformazione del contratto in rapporto a tempo indeterminato qualora tale prosecuzione superi i detti limiti di venti o trenta giorni (a seconda che la durata iniziale del contratto sia inferiore o superiore a sei mesi), lasciando intatto l’onere in capo al datore di lavoro di provare l’esistenza delle ragioni obiettive che giustificano la proroga (vedi Cass. 21/1/2016 n. 1058, Cass. 4/5/2020 n. 8443).
Si e’ anche ritenuto, di conseguenza, che la suddetta disposizione, inserendosi in. un complessivo articolato regime probatorio e sanzionatorio, corredato da limiti temporali massimi, non si pone in contrasto con la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che, come affermato dalla Corte di Giustizia (sentenza 26 gennaio 2012, C-586/10), mira a limitare il ricorso a una successione di contratti o rapporti a tempo determinato attraverso l’imposizione agli Stati membri dell’adozione di almeno una delle misure in essa enunciato.
Deve allora osservarsi che il nostro legislatore, con il Decreto Legislativo n. 368 del 2001 (anche nel testo vigente all’epoca dei fatti causa), non solo ha previsto obiettive ragioni per l’assunzione a termine (articolo 1) e per la sua proroga, addossando sul datore di lavoro la prova della loro sussistenza (articolo 4), ma ha previsto altresi’ (sempre nel testo vigente all’epoca dei fatti) una durata massima del rapporto di lavoro in caso, di proroga, oltre a meccanismi sanzionatori per l’ipotesi di successione di contratti (articolo 5):
La Corte di merito, nel suo incedere argomentativo, laddove ha affermato che in mancanza di forma scritta della proroga, il contratto a termine si converte in contratto a tempo indeterminato, non si e’ conformata agli enunciati principi.
Il motivo va pertanto accolto, restando logicamente assorbite le ulteriori censure.
La sentenza va, quindi, cassata con rinvio alla Corte designata in dispositivo la quale esaminera’ la vicenda sottoposta al suo scrutinio, applicando i principi summenzionati e disponendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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