Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 marzo 2021| n. 8611.
In tema di prova per presunzioni, il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziarla, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento.
Ordinanza|26 marzo 2021| n. 8611
Data udienza 27 gennaio 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Imposte – Ricavi superiori – Accertamento induttivo – Valutazione bifasica della prova presuntiva – Rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere
Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24586-2019 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore Fallimentare pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 763/2/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del PIEMONTE, depositata il 19/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI MAURA.
FATTO
Ritenuto che:
L’Ufficio di Vercelli emetteva nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. per l’anno 2012 un avviso di accertamento con cui veniva rettificato il reddito di impresa Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 ex articolo 39, comma 1, lett d), sulla base delle risultanze di file informatico da cui risultavano un elenco di commissioni e preventivi di valore notevolmente superiore ai ricavi dichiarati nonche’ contestata l’omessa ritenuta alla fonte quale sostituto di imposta relativamente ai dipendenti.
La societa’ contribuente impugnava il predetto atto avanti alla CTP di Vercelli che accoglieva il ricorso con sentenza nr 181/2015 che veniva gravata dall’Ufficio avanti alla CTR del Piemonte che lo rigettava.
La CTR osservava in particolare che le prove indiziarie poste alla base degli atti impositivi impugnati non erano “gravi, precise, concordanti” come richiesto dalla legge, sicche le correlative pretese creditorie erariali non potevano considerarsi fondate, cosi’ come affermato dalla sentenza appellata, che dunque meritava piena conferma.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un unico motivo.
Resiste con controricorso la Curatela fallimentare della societa’ contribuente, dichiarata fallita pendente il giudizio di appello.
DIRITTO
Considerato che:
L’agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, e degli articoli 2697 e 2727 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poiche’ la CTR non ha operato correttamente la valutazione delle prove indiziarie basanti le riprese fiscali de quibus, omettendone in particolare una considerazione complessiva, con conseguente erronea applicazione dei principi sull’onere della prova e sulla natura della prova presuntiva richiesta nelle ipotesi di accertamento induttivo.
L’Ufficio si duole della non corretta valutazione del fatto che il software gestionale “Easy Store 7” era stato rinvenuto in due versioni una acquisita presso il personal computer dell’amministratore Alciati, e l’altra presso uno dei computer della rete aziendale che contenevano dati differenti e che in merito a questa discrasia erano stati sentiti i dipendenti.
La ricorrente rileva altresi’ che la CTR non avrebbe esplicitato il percorso motivazionale in base al quale abbia superato le dichiarazioni rese dai dipendenti ed inserite nel processo verbale di constatazione maturando il convincimento della non concordanza delle stesse.
La censura e’ fondata.
Va ribadito che:
– “La valutazione della prova presuntiva esige che il giudice di merito esamini tutti gli indizi di cui disponga non gia’ considerandoli isolatamente, ma valutandoli complessivamente ed alla luce l’uno dell’altro, senza negare valore ad uno o piu’ di essi sol perche’ equivoci, cosi da stabilire se sia comunque possibile ritenere accettabilmente probabile l’esistenza del fatto da provare” (Sez. 3, Sentenza n. 5787 del 13/03/2014, Rv. 630512 – 01);.
– “In tema di prova per presunzioni, il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalita’ nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, e’ tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positivita’ parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, e’ doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimita’ la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento” (Sez. 6 5, Ordinanza n. 5374 del 02/03/2017).
Risulta evidente che il giudizio meritale contenuto nella sentenza impugnata contrasta con i principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali.
La CTR piemontese infatti si e’ limitata ad elencare gli indizi utilizzati dall’Ente impositore a sostegno delle proprie pretese creditorie, nemmeno in modo esaustivo e preciso, senza tuttavia darne una valutazione complessiva doverosamente articolata e compiutamente espressiva dell’iter logico-giuridico che la induceva ad affermare la non corrispondenza alle caratteristiche legali (gravita’, precisione, concordanza) necessarie al fine di ammetterne una presunzione (semplice).
Il che non puo’ certo bastare ai fini di una corretta applicazione della disposizione del TU sull’accertamento delle imposte sui redditi evocata con la censura, come interpretata nei citati arresti giurisprudenziali.
La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso cassa la decisone impugnata e rinvia alla CTR piemontese, in diversa composizione, per un nuovo esame.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply