In tema di perenzione del processo amministrativo

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 20 febbraio 2020, n. 1287.

La massima estrapolata:

In tema di perenzione del processo amministrativo, il deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza non ammette equipollenti, sicché non è possibile scongiurare il verificarsi della perenzione attraverso lo svolgimento di una diversa attività processuale.

Sentenza 20 febbraio 2020, n. 1287

Data udienza 16 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5637 del 2019, proposto dalla
Su. To. Ce. s.r.l. e dalla Im. So. S.r.l., in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Ma. Na. e Gi. Gh., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato St. Ga. in Roma, via (…);
contro
Il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Al. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Padova, Piazzale (…);
nei confronti
La Ax. s.r.l. ed altri, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Do. Me., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
la Provincia di Vicenza, non costituita in giudizio;
per la riforma
dell’ordinanza collegiale del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione Terza, n. 00672/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) ed altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2020 il consigliere Michele Conforti e uditi per la parte appellante l’avvocato St. Ga., su delega degli avvocati Gi. Gh., Al. Pi. e Do. Me.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il presente appello ha ad oggetto l’ordinanza che ha respinto l’opposizione al decreto di perenzione emesso dal T.A.R. indicato in epigrafe.
1.1 Il Tribunale amministrativo ha dichiarato la perenzione, ai sensi dell’art. 81 c.p.a., deducendo che entro l’anno dal deposito del ricorso non fosse stata presentata l’apposita istanza di fissazione dell’udienza di discussione, così come prescritto dall’art. 71 c.p.a.
1.2 Con il gravame proposto, l’interessato lamenta che le norme su indicate siano state mal applicate, in quanto esse statuiscono il maturarsi della perenzione allorquando non venga compiuto “alcun atto di procedura” e, nel caso in esame, ne sarebbero stati compiuti ben due:
– il deposito delle marche da bollo,
– il deposito della copia cartacea del ricorso.
1.3 Con il secondo motivo di appello, si è inoltre lamentata la violazione e falsa applicazione dell’art. 71 c.p.a., che non prescriverebbe la presentazione di un’istanza a sé stante, non contenuta nell’ambito del medesimo ricorso introduttivo del giudizio, come opinato dal primo Giudice, ma consentirebbe la massima libertà delle forme nell’espletamento di detto incombente.
1.4 Con il terzo motivo, si censura la decisione di prime cure, evidenziandosi che l’interpretazione eccessivamente restrittiva degli artt. 71 e 81 c.p.a. determinerebbe un’ingiusta lesione delle norme costituzionali sul diritto di azione e difesa in giudizio.
1.5 Si sono costituiti in giudizio sia il Comune intimato che la società controinteressata, resistendo all’appello.
2. All’udienza del 16.01.2020, la causa è stata trattenuta in decisione.
3. I motivi di appello proposti possono essere esaminati congiuntamente.
3.1 Essi sono infondati.
L’art. 71, comma 1, c.p.a., di cui il Tribunale amministrativo, ha dichiarato la violazione stabilisce che “La fissazione dell’udienza di discussione deve essere chiesta da una delle parti con apposita istanza, non revocabile, da presentare entro il termine massimo di un anno dal deposito del ricorso o dalla cancellazione della causa dal ruolo”.
In merito, questo Consiglio ha più volte affermato che:
– “A seguito dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, gli “atti di procedura” diversi dall’istanza di fissazione di udienza non sono idonei al fine di evitare l’estinzione del giudizio per perenzione” (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, Ord., 10 ottobre 2016, n. 4176);
– “A norma dell’art. 71 D.Lgs. n. 104/2010 (CPA) la fissazione dell’udienza di discussione del ricorso deve essere chiesta da una delle parti con apposita istanza, non revocabile, da presentare entro il termine massimo di un anno dal deposito del ricorso o dalla cancellazione della causa dal ruolo; ne deriva, in via ordinaria, che la mancata presentazione della istanza di fissazione dell’udienza nel richiamato termine determina la perenzione del ricorso. Tale effetto estintivo del giudizio, peraltro, può verificarsi solo nei casi in cui la presentazione della domanda di fissazione di udienza sia obbligatoria” (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 03 novembre 2016, n. 4609).
3.2 I principi sopra esposti determinano il rigetto delle censure mosse dall’appellante.
Il tenore testuale della disposizione in esame è chiaro, infatti, nel sancire la necessità di effettuare l’incombente omesso, le modalità “con le quali” e il termine “entro cui” esso deve essere espletato a pena di decadenza e la sua non surrogabilità attraverso altri atti.
Il lemma “apposita” indica, in particolare, che l’istanza presentata deve essere contenuta in un atto a sé stante e deve manifestare una volontà inequivoca alla celebrazione dell’udienza di discussione.
L’istituto è corollario della regola per cui il processo amministrativo segue ad un impulso di parte non solo nella fase iniziale di notificazione e deposito del ricorso, ma anche per determinarne il proseguimento (per tutte, Consiglio di Stato, Ad. Pl., 28 settembre 1984, n. 19).
Il deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza, inoltre, non ammette equipollenti, sicché non è possibile scongiurare il verificarsi della perenzione attraverso lo svolgimento di una diversa attività processuale, quali, ad es., quelle indicate dall’interessato e consistenti nel deposito della marche da bollo o nel deposito della c.d. copia di cortesia.
La prescrizione di un simile adempimento, peraltro, non determina, contrariamente a quanto opinato, alcuna ingiusta lesione del diritto di azione e difesa in giudizio, considerato che si tratta di un’attività processuale non gravosa e di agevole espletamento, per la quale è assegnato un termine congruo.
La dedotta istanza di rimessione della questione di costituzionalità è dunque manifestamente infondata.
3.3 In conclusione, l’appello va respinto.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta e, per l’effetto, conferma l’ordinanza collegiale impugnata.
Condanna parte appellante al pagamento delle spese del giudizio di appello, che liquida in euro 1.000,00, oltre accessori in favore di ciascun appellato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere
Michele Conforti – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *