In tema di percezione di incentivi pubblici

Consiglio di Stato, Sentenza|31 marzo 2021| n. 2716.

In tema di percezione di incentivi pubblici, l’istante ha diritto al beneficio solo allorché ne sia sicura l’effettiva spettanza; altrimenti detto, grava sull’interessato l’onere di apprestare tutti gli accorgimenti tecnici necessari a far sì che le grandezze fisiche in considerazione siano misurabili con esattezza e che, conseguentemente, il diritto alla percezione dell’incentivo emerga come oggettivo, evidente ed indiscutibile.

Sentenza|31 marzo 2021| n. 2716

Data udienza 25 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore – Regime di sostegno – D.M. 5 settembre 2011 – Procedimento di controllo – Annullamento – Restituzione degli incentivi medio tempore corrisposti – Difformità fra le condizioni effettive dell’impianto e quelle a suo tempo rappresentate

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8490 del 2018, proposto dalla società Al. En. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Cl., Fr. Sc. e Cr. Ch., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via (…);
contro
Ge. dei Se. En. – GS. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ar. Po., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…);

sul ricorso numero di registro generale 8492 del 2018, proposto dalla società Al. En. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Cl., Fr. Sc. e Cr. Ch., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via (…);
contro
Ge. dei Se. En. – GS. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ar. Po., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…);
per la riforma
quanto al ricorso n. 8490 del 2018:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Terza-ter, n. 3083 del 19 marzo 2018, resa tra le parti, concernente il rigetto dell’istanza di riconoscimento come “unità di cogenerazione ad alto rendimento” (CAR) e di conseguente accesso al relativo regime di sostegno dell’impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore denominato “ALEA-IBI” sito in (omissis), per l’anno 2013;
quanto al ricorso n. 8492 del 2018:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Terza-ter, n. 3087 del 20 marzo 2018, resa tra le parti, concernente l’annullamento del riconoscimento come “unità di cogenerazione ad alto rendimento” (CAR) e della conseguente ammissione al relativo regime di sostegno dell’impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore denominato “ALEA-IBI” sito in (omissis), con contestuale richiesta di restituzione dell’importo degli incentivi medio tempore erogati negli anni 2009 – 2012;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ge. dei Se. En. – GS. s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 marzo 2021, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020 convertito con l. n. 176 del 2020, il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti gli avvocati An. Cl., Cr. Ch. ed Ar. Po., che partecipano da remoto alla discussione ai sensi della citata disposizione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La società appellante è proprietaria, in (omissis), di un impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore denominato “ALEA-IBI”, alimentato a metano.
1.1. Più in particolare, l’impianto, entrato in esercizio nel 2008, preleva il gas direttamente dalla rete di dispacciamento e lo utilizza per produrre contestualmente energia elettrica e termica.
1.2. Il GS. aveva inizialmente ammesso l’impianto al regime di sostegno previsto dal d.m. 5 settembre 2011 per la “cogenerazione ad alto rendimento” (cd. CAR).
1.3. All’esito di un procedimento di controllo svolto ai sensi dell’art. 11 del cennato decreto, il GS., con provvedimento del 27 giugno 2014, ha tuttavia annullato l’ammissione ai benefici de quibus, avendo riscontrato, all’esito di un sopralluogo, che “i convertitori elettronici dei volumi [del gas in entrata] sono risultati privi del sensore di pressione”: l’assenza di tale sensore non consentirebbe, ad avviso del GS., “un calcolo esatto e puntuale del volume del gas in condizioni termodinamiche standard” immesso nell’impianto.
1.4. Conseguentemente, il Gestore ha richiesto alla società la restituzione degli incentivi medio tempore corrisposti con riferimento alla produzione degli anni 2009 – 2012.
1.5. Per analoghe ragioni, con successivo provvedimento del 9 dicembre 2014 il GS. ha respinto l’istanza della società di riconoscimento dell’impianto come “unità di cogenerazione ad alto rendimento” (CAR) e di conseguente accesso al relativo regime di sostegno, per la produzione riferita all’anno 2013.
2. La società, con distinti ricorsi, ha impugnato avanti il T.a.r. per il Lazio entrambi gli atti.
2.1. I ricorsi sono stati rigettati con le due sentenze indicate in epigrafe.
2.2. La società ha interposto distinti appelli, precisando, tra l’altro, che a decorrere dall’11 marzo 2014 si sarebbe dotata di un sensore di pressione.
2.3. Costituitosi in entrambi i gravami il GS., con ordinanza n. 8121 del 28 novembre 2019 questa Sezione ha disposto verificazione, “finalizzata ad accertare, relativamente all’impianto di cui si verte:
– se la strumentazione installata negli anni 2009, 2010, 2011, 2012 e 2013 fosse idonea, nonostante l’assenza del sensore di pressione, a consentire un calcolo esatto e puntuale della “energia primaria introdotta”;
– se, comunque, il sistema di calcolo adottato dalla società ricorrente fosse tale per cui l’energia contabilizzata in entrata per ogni anno di esercizio non potesse che essere sistematicamente sovra-stimata rispetto a quella effettivamente impiegata, non potendosi dunque determinare, neppure in via ipotetica, una sotto-stima di tale valore”.
2.4. Depositata la relazione dell’ausiliario, il ricorso è stato discusso ed introitato in decisione alla pubblica udienza del 25 marzo 2021, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020 convertito con l. n. 176 del 2020, in vista della quale le parti hanno depositato difese scritte e relative repliche.
3. Il Collegio provvede, preliminarmente, alla riunione dei due ricorsi, attesa l’evidente connessione oggettiva e soggettiva.
4. Quanto al merito, il Collegio osserva che la materia del contendere inderogabilmente fissata in prime cure (cfr. art. 104, comma 1, c.p.a.) si riduce ad un’unica questione: se l’assenza di una misurazione diretta dell’energia immessa nell’impianto ne consenta comunque, in via indiretta, una puntuale quantificazione e, quindi, permetta di verificare l’effettiva ascrivibilità dell’impianto al genus della “cogenerazione ad alto rendimento”, connotata, come noto, da un determinato rapporto minimo (evidentemente a saldo positivo) fra energia immessa ed energia prodotta.
4.1. Sono, viceversa, inammissibili le censure non introdotte con gli atti all’uopo previsti dal codice di rito, ossia il ricorso principale, il ricorso incidentale ed il ricorso per motivi aggiunti (atti tutti soggetti, significativamente, ad onere di notifica), stante la natura meramente illustrativa delle memorie difensive (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 18 maggio 2018, n. 2999; v. anche Sez. IV, 7 aprile 2020, n. 2319).
4.2. Orbene, secondo la ricorrente, le modalità seguite nella specie per la misura dei volumi fiscali di gas in ingresso, nonostante l’assenza del sensore di pressione nei contatori d’accesso, sarebbero comunque conformi ai criteri dettati dal d.m. 5 settembre 2011 e dalle relative Linee guida ministeriali.
4.2.1. Invero, in disparte il fatto che la rilevazione diretta della pressione non sarebbe esplicitamente imposta dalla disciplina vigente in materia e, in particolare, dalle cennate Linee guida, comunque i valori preimpostati nel contatore da parte della ricorrente stessa (che, conoscendo la pressione del gas nella linea di dispacciamento ed il range di pressione cui lavora il proprio impianto, ossia 0,8 – 1,2 bar, ha assunto un valore forfettario di 1,15 bar, invero prossimo al valore massimo) sarebbero cautelativi per il GS., tanto che l’energia formalmente contabilizzata sarebbe risultata sempre superiore a quella effettivamente utilizzata.
4.2.2. La ricorrente ha anche aggiunto di essere in buona fede, giacché il contatore a suo tempo acquistato, come detto privo del sensore di pressione, aveva un nome commerciale (T600 TZ) assai simile a quello del diverso modello dotato, invece, anche del misuratore di pressione (T600 PTZ); oltretutto, il fornitore, all’atto della consegna, avrebbe dato alla ricorrente il manuale del contatore dotato del sensore di pressione.
4.3. Secondo il GS., invece, nell’originaria istanza di ammissione agli incentivi la ricorrente avrebbe sostenuto di essere in possesso di un contatore dotato del necessario sensore di pressione, risultato però assente nel corso del sopralluogo svolto nel dicembre 2013; peraltro, ha aggiunto il GS., le istanze di ammissione agli incentivi successivamente svolte per gli anni 2014, 2015 e 2016 sarebbero state accolte, proprio per l’intervenuta installazione del detto sensore di pressione.
4.3.1. In ottica più specificamente tecnica, il GS. sostiene che la misura del gas in entrata dovrebbe essere diretta e, per così dire, fisica, non potendosi viceversa fare riferimento ad un valore fisso, costante e preimpostato, proprio alla luce della finalità dell’incentivazione alla cogenerazione, che richiederebbe l’esatta misurazione del volume di gas in entrata al fine di dare puntuale dimostrazione, sia nell’an sia nel quantum, dell’effettiva e concreta efficienza energetica dell’impianto (cd. “PES”, acronimo dell’espressione inglese che sta per risparmio energetico primario); oltretutto, conclude il GS., il valore di pressione preimpostato dalla società sarebbe inferiore a quello massimo cui potrebbe lavorare l’impianto.
4.3.2. Sotto altro profilo, i provvedimenti impugnati non integrerebbero una sanzione e, dunque, sarebbe ab ovo irrilevante l’allegata buona fede.
5. Ciò premesso, il Collegio osserva, in primo luogo, che sussiste una non contestata difformità fra le condizioni effettive dell’impianto e quelle a suo tempo rappresentate al Gestore nella domanda volta alla percezione degli incentivi.
5.1. Questa oggettiva difformità :
– è certo riconducibile ad un comportamento quanto meno colposo della società, tenuta, se non altro, ad accertarsi della correttezza delle dichiarazioni formali rivolte ad una pubblica Autorità e, prima ancora, ad avere un’esatta conoscenza dei caratteri del proprio impianto, almeno allorché per esso si chieda un ausilio pubblico (cd. principio di auto-responsabilità – cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2017, n. 5869);
– pur a prescindere dall’elemento soggettivo, vulnera comunque – nell’ottica palesemente ed esclusivamente oggettiva assunta, in tema di incentivazione alla cogenerazione, dall’art. 11, comma 3, del d.m. 5 settembre 2011 – quell’imprescindibile legame di fiducia sotteso alla destinazione di risorse finanziarie della collettività a beneficio di iniziative economiche private (in ciò riducendosi, in un’ottica economica, il meccanismo giuridico dell’incentivazione).
6. Quanto all’aspetto più propriamente tecnico, il Collegio osserva anzitutto che la ratio dell’incentivazione alla cogenerazione, imperniata sull’effettiva dimostrazione dell’efficienza energetica dell’impianto ausiliato, richiede la misurazione esatta dell’energia in entrata, al fine di poter acclarare, con speculare esattezza, l’effettivo risparmio di energia primaria conseguito dall’impianto: ciò, invero, è l’unico modo con cui può garantirsi contro possibili indebite percezioni (quand’anche in buona fede) di risorse pubbliche, strutturalmente limitate e teleologicamente destinate all’esclusivo scopo di incentivare forme efficienti di produzione di energia (in giurisprudenza, da ultimo, Corte di giustizia UE, Sez. VII, 17 settembre 2020, causa C-92/19).
6.1. Del resto, né il cennato d.m. né le Linee Guida redatte dal Ministero dello sviluppo economico consentono il ricorso a modalità alternative di computo dell’energia in entrata, ossia scisse dalla concreta misurazione della stessa, ciò che solo avrebbe consentito – nella doverosa esegesi logico-sistematica e teleologica della normativa de qua specularmente opposta a quella, incongrua, viceversa proposta dalla società – l’ammissione della possibilità di fare ricorso anche a valori dell’energia in entrata preimpostati e non conseguenti ad una concreta misurazione reale del flusso.
6.2. Peraltro, anche la relazione di verificazione, pur impropriamente impingendo in considerazioni giuridiche tout court estranee al munus, ha comunque sostenuto che “l’energia contabilizzata in entrata per ogni anno di esercizio (2009 – 2012) non risulta essere sistematicamente sovrastimata rispetto a quella effettivamente impiegata”.
6.3. Tale conclusione avvalora la scelta del Gestore, giacché solo la matematica impossibilità che il sistema adottato dalla società potesse, anche solo in via teorica, condurre ad una sottostima dell’energia in entrata avrebbe potuto, in astratto, lumeggiare l’illegittimità degli atti gravati.
6.4. Peraltro, il consulente tecnico del Gestore (cfr. pag. 13 e ss. e pag. 17 e ss. della relativa relazione) ha, con osservazioni convincentemente motivate, posto in luce taluni vizi logici di fondo delle argomentazioni del verificatore, sì che il margine di errore potrebbe essere ben più largo di quello ipotizzato dall’ausiliario (già di per sé sufficiente, comunque, a determinare il rigetto dei gravami).
6.5. Non può, in proposito, non osservarsi che, in tema di percezione di incentivi pubblici, l’istante ha diritto al beneficio solo allorché ne sia sicura l’effettiva spettanza; altrimenti detto, grava sull’interessato l’onere di apprestare tutti gli accorgimenti tecnici necessari a far sì che le grandezze fisiche in considerazione siano misurabili con esattezza e che, conseguentemente, il diritto alla percezione dell’incentivo emerga come oggettivo, evidente ed indiscutibile (cfr., in subiecta materia, art. 8, comma 6, d.m. 5 settembre 2011, a tenore del quale “la domanda [di accesso al regime di sostegno] è respinta per le unità di cogenerazione non dotate di strumentazione idonea a definire le grandezze fisiche necessarie”).
7. Non ha pregio la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42 d.lgs. n. 28 del 2011, peraltro mai sollevata in prime cure, per le ragioni più volte compiutamente delineate, anche di recente, dalla Sezione (cfr., da ultimo, Sez. IV, 20 gennaio 2021, n. 594, § 7 e ss.), che, con dovizia di argomenti, ha evidenziato la natura ontologicamente non sanzionatoria, ma (doverosamente) ripristinatoria del potere di verifica attribuito al GS. e della connessa possibilità di disporre la decadenza dai benefici inizialmente concessi.
8. Non ha, poi, radicalmente rilievo nella presente causa la modifica della disposizione in commento operata con l. n. 205 del 2017, inapplicabile ratione temporis.
9. Non è, infine, accoglibile l’istanza di disapplicazione del d.m. 5 settembre 2011 “per violazione del principio di proporzionalità “: in disparte la generica motivazione a sostegno della richiesta ed il fatto che parte ricorrente non ha ritualmente impugnato tale atto, comunque non consta alcuna autonoma lesione del principio di proporzionalità, proprio perché il d.m. applica le generali previsioni del d.lgs. n. 28 del 2011, come visto supra prive, ex se, di elementi di frizione con principi di rango costituzionale.
10. Per le esposte ragioni, in conformità peraltro ad un recente precedente di questa Sezione (cfr. Sez. IV, 30 luglio 2020, n. 4840) cui si opera, ad abundantiam, integrale richiamo, i ricorsi riuniti vanno rigettati, con conferma delle sentenze impugnate.
11. Le spese del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
12. Le spese di verificazione, da porsi a carico di parte ricorrente, sono liquidate con separato decreto collegiale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li rigetta.
Condanna la società ricorrente a rifondere al Ge. dei Se. En. – GS. s.p.a. le spese del presente grado dei giudizi riuniti, liquidate in complessivi Euro 20.000,00 (euro ventimila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2021, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020 convertito con l. n. 176 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere, Estensore
Alessandro Verrico – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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