Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 7 maggio 2020, n. 13975.
Massima estrapolata:
In tema di misure di prevenzione, l’ordine di rimpatrio con foglio di via obbligatorio si caratterizza per la duplice intimazione di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel Comune oggetto dell’ordine di allontanamento, con la conseguenza che la mancanza di una delle due prescrizioni determina l’illegittimità del provvedimento, rilevabile dal giudice penale al fine di disapplicarlo per difformità dalla fattispecie tipica, con la conseguente insussistenza del reato di cui all’art. 76, comma 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. (In motivazione la Corte ha, altresì, escluso la possibile rilevanza della normativa in tema di ordinamento anagrafico della popolazione residente che, con riferimento alle persone senza fissa dimora né domicilio, prescrive l’iscrizione d’ufficio nei registri anagrafici del comune di nascita, trattandosi di disposizione dettata da ragioni di natura amministrativa non rispondente alla finalità di controllo sottesa alla misura di prevenzione).
Sentenza 7 maggio 2020, n. 13975
Data udienza 5 marzo 2020
Tag – parola chiave: Divieto di rientro in Italia ex art. 76 comma 3 dlgs n. 159/2011 – Soggetti destinatari della misura – Presupposti del divieto – Valutazione della pericolosità sociale del soggetto – Accertamento che la persona viva al di fuori del luogo di residenza con l’ordine di rimpatrio – Contestualità dell’accertamento – Insussistenza – Fatto non sussiste
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente
Dott. SIANI Vincenzo – rel. Consigliere
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere
Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere
Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/02/2019 della CORTE APPELLO di PERUGIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. SIANI VINCENZO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. ZACCO FRANCA, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 12 febbraio 2019, la Corte di appello di Perugia ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di Terni il 3 febbraio 2017, appellata da (OMISSIS) la quale – cittadina rumena, imputata del reato di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 3, per aver violato il divieto di fare rientro nel Comune di Terni per anni tre, stabilito con ordine emesso dal Questore di Terni in data 6 maggio 2013 – era stata giudicata responsabile del reato ascrittole ed era stata condannata, riconosciute le circostanze attenuanti generiche in considerazione delle sue misere condizioni umane e sociali, alla pena di mesi due di arresto.
(OMISSIS), all’epoca identificata come persona senza fissa dimora, era stata sottoposta alla misura di prevenzione, notificatale personalmente il 6 maggio 2013, del foglio di via obbligatorio con cui le era stato ordinato di non fare rientro nel Comune di Terni per anni tre, senza preventiva autorizzazione.
In tempo successivo, ossia il 22 giugno 2015, pero’, ella era stata, invece, rintracciata e controllata in (OMISSIS).
Alla base dell’accertamento della sua responsabilita’, la conforme impostazione seguita dalle decisioni di merito ha posto l’esame della documentazione acquisita, comprovante la presenza di (OMISSIS) in (OMISSIS), il foglio di via del Questore di Terni e il verbale di identificazione ed elezione di domicilio redatto in relazione all’imputata in data 21 giugno 2015.
2. Avverso la sentenza suindicata il difensore di (OMISSIS) ha proposto ricorso chiedendone l’annullamento sulla scorta di due motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) e c), la violazione dell’articolo 192 c.p.p. e del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 3, e il relativo vizio di motivazione.
Secondo la ricorrente, la Corte territoriale si e’ limitata a confermare la sentenza di primo grado, senza affrontare minimamente in modo autonomo le problematiche, sollevate con l’appello, relative all’applicazione del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 3, e a ribadire l’esistenza agli atti del processo della documentazione (il provvedimento emesso dal Questore di Terni e il verbale di identificazione ed elezione di domicilio redatto a nome dell’imputata in data 21 giugno 2015) ritenuta ex se idonea a provare il reato contestato, mentre tali elementi, senza un’adeguata valutazione giuridica, non avrebbero potuto, daY soli, comprovare la responsabilita’ e la colpevolezza dell’imputata.
La Corte di appello sarebbe caduta, poi, in un ulteriore errore laddove ha considerato l’assenza dell’imputata come fatto di per se’ dimostrativo della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato.
3.2. Con il secondo motivo, si lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la violazione dell’articolo 163 c.p. e il correlato vizio di motivazione per il diniego della sospensione condizionale della pena.
La censura della difesa sostiene che la Corte di appello si e’ acriticamente conformata alla sentenza di primo grado, senza considerare in alcun modo la modestia dell’illecito e senza motivare nel merito il diniego.
3. Il Procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ dell’impugnazione, non essendo i motivi che la sostanziano idonei a mettere in crisi la motivazione nella sentenza di merito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte ritiene che il ricorso – valutato il motivo dedotto in relazione alla struttura del provvedimento del Questore, atto presupposto, su cui si e’ basata l’imputazione, e alle connotazioni soggettive della destinataria di esso – sia fondato nei sensi che seguono e vada quindi accolto.
2. Il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 2 – al pari della L. n. 1423 del 1956, articolo 2, di cui il primo ha disposto l’abrogazione reiterando, peraltro, con effetto di continuita’ normativa, le medesime previsioni – trova il suo antecedente normativo nella disciplina prevista dal Regio Decreto n. 773 del 1931, articolo 157 (il cui comma 1 era stato dichiarato costituzionalmente illegittimo da Corte Cost. n. 2 del 1956, nella parte relativa al rimpatrio obbligatorio basato su sospetti, e non su fatti concreti) e stabilisce che, qualora le persone indicate nell’articolo 1 della stessa legge siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore puo’ rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel Comune dal quale sono allontanate.
Il Decreto Legislativo cit., articolo 76, comma 3, sanziona la contravvenzione costituita dall’inosservanza dell’ordine del questore con l’arresto da uno a sei mesi.
2.1. Circa la norma con la quale l’indicata norma incriminatrice istituisce la relatio, ossia il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1 (gia’ L. n. 1423 del 1956, articolo 1, come a suo tempo sostituito, con piu’ rigorosa delimitazione e tipizzazione dei soggetti pericolosi, dalla L. 3 agosto 1988, n. 327, articolo 2), tale disposizione indica quali categorie di persone possono essere destinatarie del provvedimento del questore e del conseguente ordine di rimpatrio con foglio di via obbligatorio:
1) coloro che siano ritenuti, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;
2) coloro che per la condotta ed il tenore di vita siano ritenuti, sulla base di elementi di fatto, vivere abitualmente, anche in parte, con i proventi di attivita’ delittuose;
3) coloro che per il loro comportamento siano ritenuti, sulla base di elementi di fatto, dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrita’ fisica o morale dei minorenni, la sanita’, la sicurezza o la tranquillita’ pubblica.
E’ stata poi dichiarata (da Corte Cost., sent. n. 24 del 2019) l’illegittimita’ costituzionale della suddetta disposizione nella parte in cui consente di applicare le misure di prevenzione della sorveglianza speciale, con o senza obbligo o divieto di soggiorno, del sequestro e della confisca, ai soggetti indicati nella L. n. 1423 del 1956, articolo 1, n. 1), poi confluito nel Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, lettera a), (coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi).
2.2. Quanto agli elementi essenziali che contraddistinguono la misura di prevenzione personale costituita dal rimpatrio con foglio di via obbligatorio, essa, come si evince in modo piano dal testo della disposizione, implica che la legittima emissione dell’atto da parte del questore sia sorretta da due condizioni concomitanti, costituite dalla valutazione di pericolosita’ formulata dalla suddetta autorita’ di polizia nei confronti del destinatario, quale persona appartenente a una delle categorie indicate nel precedente articolo 1 (ora, non piu’ con riferimento alla casistica di cui alla lettera a), e dell’accertamento che la persona si trovi fuori del luogo di residenza, verso il quale essa deve essere avviata, con il contestuale divieto di permanere nel luogo di allontanamento.
Da questa considerazione discende il rilievo che il contenuto del provvedimento, per essere conforme al tipo configurato dalla legge, deve contemplare – quale presupposto di carattere necessario, e non eventuale o alternativo – il divieto di rientro della persona (in difetto di autorizzazione, o prima del termine imposto) nel comune dal quale la medesima viene estromessa, coniugato con l’ordine di fare ritorno nel luogo di residenza dal quale la persona si e’ allontanata.
L’effetto coercitivo e l’effetto inibitorio, quindi, formano contestuale oggetto del provvedimento impositivo della misura di prevenzione in esame: il legislatore, rimodulando le disposizioni previste dall’antecedente normativo costituito dal citato Regio Decreto n. 773 del 1931, articolo 157, ha unificato in una sola misura di prevenzione personale di natura promiscua le – prima distinte – previsioni del rimpatrio con il foglio di via obbligatorio e del divieto di ritorno.
Si e’ tratto, pertanto, dalla richiamata struttura della fattispecie il logico corollario secondo cui l’accertamento del fatto che la persona si trova in un luogo diverso da quello di residenza e l’ordine impositivo dell’obbligo conseguente di farvi rientro immediato integrano condizioni imprescindibili – e fra loro non scindibili – della legittima emissione del divieto diretto allo stesso soggetto di far ritorno nel luogo dal quale egli viene allontanato.
2.3. Definita anche per tale verso la norma su cui il questore ha basato il suo provvedimento, deve poi considerarsi che l’atto, previsto dall’articolo 2 della legge citata, alla cui emanazione consegue l’ordine di rimpatrio con foglio di via obbligatorio costituisce un provvedimento di natura amministrativa caratterizzato da un’ampia discrezionalita’, di natura notevolmente restrittiva, e idoneo a produrre effetti giuridici immediati nella sfera giuridica del destinatario, per cui si e’ correttamente argomentato che alla sua adozione e’ sempre necessario far precedere l’effettuazione di un’attenta indagine inerente a tutti gli elementi giustificativi, configurabili come indefettibili presupposti della sua legittimita’.
Naturalmente, il giudice non puo’ sostituirsi all’autorita’ amministrativa nella valutazione circa la pericolosita’ della persona destinataria del provvedimento in questione, in quanto altrimenti eserciterebbe un inammissibile sindacato giurisdizionale di merito sull’atto amministrativo.
Tuttavia, e’ del pari assodato che il giudice puo’ e deve valutare la legittimita’ dell’atto, in quanto essa costituisce il presupposto necessario del giudizio in ordine alla commissione del reato oggetto della sua cognizione; e’, quindi, abilitato a svolgere il sindacato di legittimita’ sul provvedimento consistente nella verifica della sua conformita’ alle prescrizioni di legge: e tra tali prescrizioni deve annoverarsi l’obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosita’ del soggetto.
Pertanto, se all’esito di tale valutazione il giudice ritiene l’illegittimita’ dell’atto stesso, deve disapplicarlo, con le ineludibili conseguenze per la verifica dell’integrazione della fattispecie al suo esame (Sez. 1, n. 32397 del 02/03/2017, Protopapa, n. m.; Sez 5, n. 30915 del 21/06/2016, Tanase, n. m.; Sez. 1, n. 26674 del 21/03/2016, Munteanu, n. m.; Sez. 1, n. 44221 del 17/09/2014, Chirila, Rv. 260897).
2.4. Quanto allo spettro che deve connotare l’indicata verifica, non e’ inutile ricordare come, secondo l’interpretazione qui condivisa, la conformita’ a legge del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio debba essere accertata dal giudice penale alla luce dei parametri dell’incompetenza, della violazione di legge ed anche dell’eccesso di potere (v. Sez. 1, n. 28549 del 18/06/2008, Girola, 241084, anche per la specificazione che, per quanto riguarda particolarmente l’eccesso di potere, esso e’ suscettibile di cognizione da parte del giudice ordinario, non solo nella configurazione dello sviamento di potere, ma anche nelle figure sintomatiche elaborate dalla giurisprudenza amministrativa).
Ne’ sussiste, d’altronde, ragione di limitare l’ambito del sindacato di legittimita’ del giudice penale, quando esso investa addirittura l’accertamento della presenza degli elementi essenziali del provvedimento amministrativo, la cui mancanza sia idonea a comportare la piu’ grave sanzione della nullita’ (Sez. 3, n. 6537 del 30/03/1992, Melone, Rv. 190458).
2.5. L’ulteriore implicazione – di decisivo rilievo nel caso di specie – delle considerazioni finora svolte e’ quella relativa alle conseguenze determinate dalla mancanza nel provvedimento emesso dal questore, ex articolo 2 Decreto Legislativo cit., dell’accertamento del luogo di residenza del destinatario del foglio di via e/o della mancanza in esso del conseguente ordine di rimpatrio.
La tesi che il Collegio ritiene corretta si orienta, pertanto, nel senso che tale mancanza rende l’atto amministrativo difforme dalla fattispecie tipica e, come tale, carente di uno dei suoi elementi essenziali stabiliti dall’articolo 2, con la conseguente produzione della nullita’ del provvedimento prevista dalla L. n. 241 del 1990, articolo 21-septies.
3. Si tratta di conclusione non sempre condivisa.
3.1. La coesistenza nella misura di prevenzione personale del rimpatrio con foglio di via obbligatorio disciplinato dall’articolo 2 cit. di due atti di natura impositiva, costituiti dall’ordine di fare rientro nel luogo di residenza e dal divieto di ritornare (prima del termine indicato, oppure senza autorizzazione) nel luogo dal quale la persona viene allontanata, non e’ stata ritenuta essenziale da una parte della giurisprudenza, essendosi considerata sufficiente per l’integrazione del reato in esame, alternativamente, la violazione del divieto di allontanamento da un certo territorio, oppure quella del divieto di farvi ritorno per un certo periodo, non ravvisandosi nella norma incriminatrice il riferimento, quale presupposto del reato, a un provvedimento amministrativo complesso che prescriva contemporaneamente entrambe le proibizioni (Sez. 1, n. 460 del 14/11/2018, dep. 2019, Lazlo Mircea, Rv. 276155; Sez. 1, n. 4702 del 12/12/2013, dep. 2014, Florian, Rv. 259018; Sez. 1, n. 8480 del 14/12/2012, dep. 2013, Mihai, Rv. 254802; Sez. 1, n. 29694 del 07/06/2012, Gamba, Rv. 253069).
Questa interpretazione, in relazione all’inquadramento svolto in premessa, non appare persuasiva, in quanto non si accorda con la lettura sistematica della norma, la cui struttura, in rapporto alla funzione del provvedimento, non contempla la possibilita’ dell’emissione dissecata dei due ordini che caratterizzano la misura di prevenzione dell’ordine di rimpatrio con foglio di via obbligatorio: la necessaria compresenza e correlazione, in questo atto del questore, di entrambe le intimazioni – fare rientro nel luogo di residenza e non ritornare nel comune oggetto dell’ordine di allontanamento, l’una configurata come la condizione e l’antecedente logico dell’altra – determina la conseguenza che entrambe sono finalizzate in via concorrente a integrare, sul piano oggettivo, la fattispecie legale tipica del provvedimento.
Oltre a quanto gia’ si e’ argomentato, nel senso dell’inscindibilita’ contenutistica della misura di prevenzione milita, d’altronde, la disposizione, perpetuata (mutuandola dalla L. n. 1423 del 1956, articolo 2, comma 3, nel Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 3, dopo la fissazione del quadro sanzionatorio, li’ dove si stabilisce che nella sentenza di condanna viene disposto che, scontata la pena, il contravventore sia tradotto al luogo del rimpatrio.
Impregiudicato lo spessore delle considerazioni svolte dagli interpreti in senso contrario all’attuale applicabilita’ del precetto (la cui genesi rimonta all’arresto obbligatorio in flagranza gia’ previsto per il contravventore della misura di prevenzione, ex Regio Decreto n. 773 del 1931, articolo 220, norma successivamente superata in virtu’ del disposto di cui all’articolo 207 disp. att. c.p.p.), certo e’ che la sua previsione come effetto ulteriore dell’accertamento della violazione della misura di prevenzione e dell’irrogazione della relativa pena sottende la necessarieta’ – non la mera eventualita’ – dell’inserzione nella struttura del relativo provvedimento dell’ordine di rimpatrio del prevenuto, con l’indicazione del relativo comune di residenza.
Pertanto, solo la corretta formazione del provvedimento, caratterizzata dall’emissione della duplice intimazione, costituisce il presupposto del reato derivante dall’inosservanza di una delle sue prescrizioni, con l’ulteriore, ma ineludibile, effetto che la mancanza dell’una o dell’altra prescrizione, determinando la carenza di uno degli elementi essenziali dell’atto amministrativo, ne mina la validita’ e, per tale carenza, fa venir meno il presupposto logico-giuridico della condotta incriminata, costituita – ex Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 3, – dalla violazione della disposizione di un provvedimento che risulti validamente formato.
3.2. Altra parte dell’elaborazione – pur dando per assodata l’illegittimita’ del provvedimento del questore che si sia limitato a imporre il solo divieto di ritorno nel comune di allontanamento (al pari del solo provvedimento di rimpatrio nel comune di residenza, senza il divieto di ritorno), discendente dalla non corrispondenza dell’atto al modello tipizzato dalla legge – ne ritiene l’irrilevanza nel giudizio penale in cui sia contestato il reato di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 76, comma 3, (o del suo antecedente normativo) per il fatto che tale vizio si considera rilevabile dal giudice ordinario al fine di disapplicare il provvedimento amministrativo, in quanto non comporterebbe una lesione di diritti soggettivi facenti capo al destinatario dell’atto, per il singolo comando con esso espresso, con l’effetto che la violazione del divieto di non far ritorno in una certa localita’, che il questore abbia imposto senza contemporaneamente disporre il rimpatrio con foglio di via obbligatorio, integra comunque la contravvenzione prevista dalla L. n. 1423 del 1956, poi Decreto Legislativo n. 159 del 2011 (Sez. 1, n. 22687 del 26/03/2013, Varga, Rv. 256482).
Questo orientamento richiama a sostegno della conclusione ora indicata il limite posto al giudice penale alla disapplicazione degli atti amministrativi considerando in concreto ostativo il principio affermato dalle Sezioni Unite della Corte secondo cui il giudice penale non ha, ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, articoli 4 e 5, il potere di disapplicare gli atti amministrativi illegittimi che non comportano una lesione dei diritti soggettivi, ma si limitano a rimuovere un ostacolo al loro libero esercizio (nulla osta, autorizzazioni) o addirittura li costituiscono ((Sez. U, n. 3 del 31/01/1987, Giordano, Rv. 176304).
E, pero’, sul punto va ricordato che la disapplicazione e’ ammessa dallo stesso insegnamento ora citato se il potere trovi fondamento e giustificazione in un’esplicita previsione legislativa ovvero, nell’ambito dell’interpretazione della norma penale, se l’illegittimita’ dell’atto amministrativo si presenti essa stessa come elemento essenziale della fattispecie criminosa.
Deve, nel caso di specie, considerarsi che l’emissione del valido provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio, afferisce all’atto richiamato, oltre che necessariamente presupposto, dalla norma incriminatrice.
Rispetto ad esso, dunque, il giudice penale, onde stabilire se il fatto contestato all’imputato sussiste, e’ tenuto a verificare previamente la legalita’ formale e sostanziale del provvedimento presupposto, che ha inciso direttamente sulla sfera soggettiva dell’imputato e che si assume da questi violato: e lo deve fare, come si e’ visto, in relazione ai vari profili di invalidita’ in precedenza ricordati, ivi inclusa l’annullabilita’ prevista dalla L. n. 241 del 1990, articolo 21-octies, in quanto tale verifica e’ insita nell’accertamento degli elementi costitutivi del fatto penalmente illecito ogniqualvolta la corrispondenza del provvedimento al modello tipico stabilito dalla legge costituisca condizione di validita’ dell’atto che integra il presupposto del reato.
E tale verifica si impone a maggior ragione ove il vizio consista nella mancanza di uno degli elementi essenziali del provvedimento e, per tale carenza, determini la sua nullita’.
3.3. Per le ragioni esposte, quindi, si ritiene conseguente ribadire il principio – gia’ affermato in sede di legittimita’, piu’ volte, in tempi recenti – secondo cui, in tema di misure di prevenzione, le prescrizioni di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel Comune oggetto dell’ordine di allontanamento costituiscono condizioni imprescindibili e inscindibili per la legittima emissione del foglio di via obbligatorio, con la conseguenza che la mancanza di una delle due prescrizioni determina l’illegittimita’ del suddetto provvedimento, sindacabile dal giudice penale, e la conseguente insussistenza del reato di cui al Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 76, comma 3, (Sez. 1, n. 4074 del 09/01/2019, Pipis Maria Daciana, Rv. 275159; fra le altre, Sez. 1, n. 36652, n. 36653, n. 36654 del 03/06/2019, Patruta, n. m.; Sez. 1, n. 30952, del 16/04/2019, Battilana, n. m.; Sez. 1, n. 37815 del 05/04/2019, D’Andrea, n. m.; cosi’ ora anche Sez. 1, n. 7894 del 21/11/2019, dep. 2020, Sterchele, Rv. 278077; Sez. 1, n. 40832 del 25/06/2019, Hristea, Rv. 277480).
4. L’accertata inscindibilita’ nel provvedimento del divieto di rientro della persona (in difetto di autorizzazione, o prima del termine imposto) nel comune dal quale la medesima viene estromessa e dell’ordine di fare ritorno nel luogo di residenza dal quale la persona si e’ allontanata comporta l’ulteriore conseguenza che la norma istitutiva della misura di prevenzione personale in esame non possa trovare concreta applicazione nei confronti di colui il quale sia privo di residenza, intesa come effettiva e abituale dimora, sia pure per un tempo limitato, nel territorio nazionale: e’ stato, sul punto, considerato che la ratio dell’istituto essendo costituita dal perseguimento dell’obiettivo di far ritornare la persona pericolosa nel comune in cui il soggetto risiede e in cui puo’ meglio esplicarsi il controllo di pubblica sicurezza nei suoi confronti – non si rinviene quando sia del tutto mancante il luogo di residenza in cui destinare il medesimo con la misura coercitiva del foglio di via.
4.1. Va, quindi, ribadito che lo scopo del foglio di via, come quello di ogni altra misura di prevenzione personale, e’ quello di prevenire le manifestazioni della pericolosita’ sociale della quale il destinatario e’ portatore, non quello dell’allontanamento purchessia delle persone pericolose da un determinato luogo, insuperato e attuale essendo il monito della Corte costituzionale, fin da quando ha affrontato (con sent. n. 68 del 1964) la questione di legittimita’ costituzionale della L. n. 1423 del 1956, articolo 2 (sollevata facendo specifico riferimento all’interpretazione della misura di prevenzione prevista dalla norma come obbligo della persona pericolosa di allontanarsi da un determinato luogo, e non anche come obbligo di portarsi in altro, determinato luogo) nel senso che l’obbligo previsto dalla suindicata norma di portarsi, almeno inizialmente, nel Comune di residenza risponde a un’esigenza logica, fondata sulla realta’, poiche’ senza l’indicazione di una destinazione il foglio di via avrebbe “l’aspetto di un bando, non di un ordine di trasferimento da un Comune ad un altro”.
Sicche’, soltanto se intesa nel contestuale senso sopra precisato, la misura in parola, per un verso, assicura un piu’ efficace controllo da parte dell’autorita’ di pubblica sicurezza e, con esso, un’effettiva attivita’ di prevenzione e, per l’altro, garantisce al destinatario di tornare nel luogo di dimora abituale, “dovendosi ragionevolmente presumere che egli nel luogo della sua dimora abituale abbia le maggiori possibilita’ di reinserirsi in un ambiente piu’ confacente ad un sistema di vita meno esposto ai pericoli ed ai turbamenti del luogo di non abituale dimora”.
Forma oggetto, del resto, di affermazione gia’ sedimentata il principio secondo cui il provvedimento con cui il questore, in materia di misure di prevenzione personali, ordina ai soggetti pericolosi per la sicurezza pubblica di fare rientro nei luoghi di residenza ha riferimento alla nozione di residenza offerta dall’articolo 43 c.c., e quindi al luogo della dimora abituale, della cui effettivita’ l’iscrizione anagrafica e’ soltanto un indice, salva la prova contraria (Sez. 1, n. 23022 del 10/02/2009, Aragosa, Rv. 244122).
4.2. Nell’indicata prospettiva, l’interpretazione dell’istituto qui condivisa e’, dunque, consentanea alla necessita’ di prevenire le manifestazioni della pericolosita’ sociale di cui e’ portatore il destinatario del foglio di via, con la connessa esigenza di perseguire la finalita’ di controllo, verso cui e’ funzionalizzata l’intera platea delle misure di prevenzione personale, secondo quanto ha ribadito la (gia’ citata) pronunzia della Corte costituzionale n. 24 del 2019, escludendo che tali misure di prevenzione abbiano nella sostanza carattere sanzionatorio-punitivo, in relazione alla verifica delle garanzie che la CEDU e la Costituzione apprestano per la materia penale, e invece confermando che esse perseguono, all’esito del giudizio di sussistente pericolosita’ del soggetto, una precisa finalita’ preventiva, anziche’ punitiva.
Pertanto, si deve ribadire che il divieto di fare rientro nel territorio di allontanamento presuppone che sia sussistente e, quindi, conosciuto un diverso comune nel quale il soggetto destinatario del foglio di via abbia diritto di soggiornare e dal quale non possa essere allontanato (Sez. 1, n. 37816 del 05/04/2019, Pipis Adrian Marius, n. m.).
4.3. In siffatto quadro nemmeno sembra assumere significativa rilevanza in senso contrario a quello qui indicato la previsione – nell’ambito della normativa dettata in tema di ordinamento anagrafico della popolazione residente, con particolare riferimento alla L. n. 228 del 1954, articolo 2 e al Decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1989, articolo 7, modificato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 126 del 2015 – dell’iscrizione di ufficio delle persone senza fissa dimora, ne’ domicilio nei registri anagrafici del comune di nascita, disposizione che, ispirata da tangibili ragioni di natura amministrativa, anche di ordine statistico, non risponde alle finalita’ di controllo che si e’ detto essere sottese alla normativa sul foglio di via obbligatorio, ne’ garantisce la fruizione di quei presidi che rendono meno probabile la commissione di ulteriori reati (Sez. 1, n. 33110 del 19/03/2019, Bisello, n. m.).
Questo sviluppo argomentativo impone la conclusione che il soggetto che non abbia la residenza nel territorio dello Stato e non disponga di alcuna dimora fissa, pur se per tempo determinato, versa in una condizione personale per la quale l’ordine di rimpatrio con foglio di via obbligatorio – in mancanza della possibilita’ di destinazione del prevenuto nel comune di residenza – non puo’ essere validamente emesso nei suoi confronti.
5. Affrontando il caso in esame nel solco degli indicati principi, e’ risultato assodato, come si desume dalla stessa struttura dell’imputazione, che il provvedimento del Questore di Terni in data 6 maggio 2013 che ha ordinato l’allontanamento di (OMISSIS) dal territorio del Comune di Terni non e’ stato accompagnato dalla contestuale intimazione di fare rientro nel luogo di residenza, perche’ tale luogo non e’ stato indicato in esso, ne’ poteva esserlo dal momento che l’ingiunta era qualificata come persona senza fissa dimora.
Nemmeno e’ emerso dall’analisi che hanno poi compiuto i giudici di merito che la donna, indicata nell’atto del questore come essere un soggetto senza fissa dimora, fosse invece – a quell’epoca – residente in modo effettivo in luogo specifico, ubicato nel territorio di altro Comune.
L’assenza dell’indicazione nel provvedimento, per la mancanza della sua sussistenza, del Comune di residenza della persona destinataria dell’atto ne ha determinato la sua invalidita’, perche’ esso e’ risultato carente di uno dei suoi elementi essenziali.
L’atto, pertanto, doveva e, in ogni caso, deve essere incidenter tantum disapplicato dal giudice penale: consegue che l’inosservanza del provvedimento emesso dal Questore di Terni il 6 maggio 2013 resta priva di rilevanza penale.
6. Ne deriva l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perche’ il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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