Corte di Cassazione, penale, Sentenza|19 marzo 2021| n. 10773.
In tema di inosservanza di provvedimento dell’autorità, la disposizione di cui all’articolo 650 del codice penale è norma di natura sussidiaria, che si applica solo quando la violazione del provvedimento amministrativo non sia altrimenti sanzionata.
Sentenza|19 marzo 2021| n. 10773
Data udienza 12 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Ordine di inibizione alla prosecuzione dell’attività sanitaria – Provvedimento del Sindaco – Esercizio di attività di riabilitazione da malattie psichiatriche – Assenza di autorizzazione sanitaria – Inosservanza di ordine dell’autorità – Atto amministrativo emanato a tutela della collettività e non di singoli privati cittadini
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NICOLA Vito – Presidente
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere
Dott. CORBO Antonio – rel. Consigliere
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza in data 18/10/2019 del Tribunale di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Antonio Corbo;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Cimmino Alessandro, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza adottata in data 18 ottobre 2019, e depositata il 10 gennaio 2020, il Tribunale di Reggio Calabria ha respinto l’istanza di riesame proposta da (OMISSIS) avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, avente ad oggetto la struttura sanitaria “(OMISSIS)” sita in (OMISSIS).
Il sequestro e’ stato disposto in relazione ai reati di cui all’articolo 650 c.p. e Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 193, comma 3, per l’inosservanza dell’ordine di inibizione alla prosecuzione dell’attivita’ sanitaria, emesso dal Sindaco di Reggio Calabria il 3 luglio 2019, con riguardo all’esercizio dell’attivita’ di riabilitazione da malattie psichiatriche in assenza di autorizzazione sanitaria.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe (OMISSIS), personalmente e quale legale rappresentante della societa’ “(OMISSIS) s.a.s.”, con atto sottoscritto dall’avvocato (OMISSIS), articolando due motivi, preceduti da un’ampia premessa, concernente l’evoluzione del procedimento e la “storia” dell’attivita’ della societa’.
In particolare, si rappresenta che, in data 4 febbraio 2010, con Decreto Dirigenziale n. 909, la struttura sanitaria aveva ricevuto accreditamento definitivo dalla Regione quale centro di riabilitazione estensiva per 30 posti letto a ciclo continuativo, che, in data 25 gennaio 2012, veniva chiesto il trasferimento della stessa da (OMISSIS), sempre in Reggio Calabria, e che, in data 7 agosto 2013, la precisata richiesta era parzialmente rettificata, con domanda di trasferimento di 26 dei 30 posti gia’ autorizzati da (OMISSIS), e di conferma di 4 posti nella struttura di (OMISSIS). Si segnala, poi, che, con Decreto del Presidente della Giunta Regionale del 10 marzo 2014, veniva autorizzato il trasferimento di 26 posti, e revocata l’autorizzazione e l’accreditamento per 4 posti, e che, con sentenza del 23 gennaio 2019, n. 149, passata in giudicato, il T.A.R. Calabria annullava il provvedimento amministrativo appena indicato nella parte in cui revocava l’autorizzazione e l’accreditamento per 4 posti, cosi’ determinandone la reviviscenza. Si osserva, quindi, che, in considerazione della sentenza del T.A.R., il provvedimento emesso dal Sindaco di Reggio Calabria e notificato il 3 luglio 2019, con il quale si vietava la prosecuzione delle attivita’ in (OMISSIS), avrebbe potuto contestare solo il fatto dell’ospitalita’, da parte della struttura, di 27 pazienti invece che di 4 pazienti, e che, pero’, tale violazione, comporta esclusivamente l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dalla Legge Regionale Calabria n. 24 del 2008, articolo 10, comma 3. Si rileva, ancora, che, per quanto riguarda l’individuazione dei requisiti strutturali, non deve applicarsi la disciplina di cui al Regolamento Regione Calabria n. 23 del 2017, che attiene alle strutture sanitarie di nuova edificazione, bensi’ quella di cui al Decreto Giunta Regionale n. 141 del 2009, concernente le strutture mediche riconvertite, essendo quella in questione oggetto di riconversione da “prestazioni socioassistenziali di rilievo sanitario per soggetti portatori di disturbi mentali” ad “attivita’ di riabilitazione diretta al recupero funzionale e sociale di soggetti adulti affetti da minorazioni neuropsichiche, sensoriali e/o plurime”, autorizzata con delibere regionali del 1996 e del 1997.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’articolo 125 c.p.p., comma 3 e articolo 321 c.p.p., articolo 650 c.p. e Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 193, comma 3, nonche’ vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), avendo riguardo alla ritenuta legittimita’ dell’ordine di inibizione alla prosecuzione dell’attivita’ sanitaria, emesso dal Sindaco di Reggio Calabria il 3 luglio 2019.
Si premette che: a) il provvedimento di revoca delle autorizzazioni e dell’accreditamento della struttura sanitaria e’ stato revocato dalla sentenza del T.A.R. n. 149 del 2019; b) le disposizioni in tema di requisiti strutturali sono rispettate, essendo applicabile la disciplina di cui al Decreto Giunta Regionale n. 141 del 2009, e non quella di cui al Regolamento Regione Calabria n. 23 del 2017; c) lo sforamento dei limiti dell’autorizzazione, per l’ospitalita’ di 27, invece che di 4 pazienti, implica semplicemente l’applicazione della Legge Regionale Calabria n. 24 del 2008, articolo 10, comma 3, secondo il quale: “L’esercizio di attivita’ socio-sanitaria diversa da quella autorizzata comporta, in aggiunta alla decadenza ai sensi dell’articolo 9, comma 3, lettera a), l’applicazione di una sanzione amministrativa per un importo compreso tra un minimo di Euro 5.000,00 e un massimo di Euro 50.000,00, nonche’ l’impossibilita’ di presentare richiesta di autorizzazione all’esercizio della medesima o di altra attivita’ sanitaria o socio-sanitaria per un periodo di sei mesi”.
Si rileva, poi, che il provvedimento di inibizione alla prosecuzione dell’attivita’ sanitaria, emesso dal Sindaco di Reggio Calabria il 3 luglio 2019 e’ illegittimo in particolare perche’: a) si fonda sul presupposto dell’insussistenza dell’autorizzazione della sede di (OMISSIS) alla erogazione di prestazioni sanitarie, erroneo stante la sentenza di annullamento del T.A.R.; b) assume l’esistenza di inidoneita’ strutturali, quando invece, con riguardo a tutti i profili, ivi comprese le camere per i degenti, l’ambulatorio medico, ed il servizio igienico assistito, e’ puntualmente rispettata la disciplina nella specie applicabile, quella di cui al Decreto Giunta Regionale n. 141 del 2009; c) e’ in violazione dell’articolo 50 T.U.E.L. in quanto non e’ certo improntato a ragioni di urgenza, essendo stato notificato 48 giorni dopo la sua adozione, ne’ di contingibilita’, siccome la revoca dell’autorizzazione era nota da tempo, ed era stata anzi superata dalla sentenza del T.A.R., e neppure puo’ dirsi residuale, poiche’ provvedimenti in materia potevano essere adottati dai dirigenti comunali a norma dell’articolo 107 T.U.E.L., ovvero temporaneo, tendendo a cristallizzare per un tempo indefinito la situazione.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’articolo 125 c.p.p., comma 3, e articolo 321 c.p.p., articolo 650 c.p. e Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 193, comma 3, nonche’ vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), avendo riguardo alla sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum libertatis.
Si deduce, quanto al fumus commissi delicti, che: a) il reato di cui all’articolo 650 c.p. non e’ configurabile sia perche’ il provvedimento che ne costituisce il presupposto, l’ordine di inibizione alla prosecuzione dell’attivita’ sanitaria emesso dal Sindaco di Reggio Calabria il 3 luglio 2019, e’ illegittimo, e tale illegittimita’ deve essere rilevata dal giudice penale (si cita Sez. 1, n. 54841 del 17/01/2018, Sciara, Rv. 274555-01), sia perche’ la disposizione incriminatrice in questione e’ applicabile solo quando l’inosservanza del provvedimento dell’autorita’ non e’ sanzionata da alcuna norma penale, processuale o amministrativa (si citano Sez 1, n. 3579 del 1998 e Sez. 1, n. 43398 del 2005), e non puo’ essere invocata a presidio di un’ordinanza emessa per assicurare l’attuazione di leggi o regolamenti, in quanto la relativa inottemperanza e’ sanzionata in via amministrativa da specifiche norme di settore (si cita Sez. 3, n. 20417 del 2018), o nell’interesse di privati cittadini (si citano Sez. 1, n. 237 del 2007 e Sez. 1, n. 46004 del 2014); b) il reato di cui al Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 193, comma 3, non e’ configurabile perche’ postula l’assenza dello speciale provvedimento autorizzativo, invece esistente, e perche’ non ricorrono carenze strutturali legittimanti la revoca dell’autorizzazione.
Si deduce, quanto al periculum libertatis, che la struttura e’ dotata dei requisiti necessari per operare legittimamente (si cita Sez. 3, n. 40079 del 15/12/2017, dep. 2018), e che, comunque, il legale rappresentante della societa’ si e’ attivato per trasferire i degenti, anche coinvolgendo i familiari degli stessi, ma non ha ottenuto collaborazione ne’ da questi, ne’ dalle autorita’ amministrative; si aggiunge che molti degenti sono ospiti della struttura da oltre venti anni, sicche’ un loro allontanamento e’ sicuramente causa di ulteriori gravi disagi psichici per gli stessi, e sono stati del tutto inadeguatamente sistemati in una casa di riposo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato per le ragioni di seguito precisate.
2. Infondate, innanzitutto, sono le censure formulate nel primo motivo, e che contestano la legittimita’ dell’ordine di inibizione alla prosecuzione dell’attivita’ sanitaria, emesso dal Sindaco di Reggio Calabria il 3 luglio 2019, ossia del provvedimento costituente il presupposto del reato di cui all’articolo 650 c.p..
2.1. Indubbiamente, compete al giudice penale una verifica della legittimita’ dei provvedimenti amministrativi, quando gli stessi costituiscono presupposto di una condotta penalmente rilevante.
Questa conclusione discende gia’ da quanto previsto dall’articolo 4 e, soprattutto, L. 20 marzo 1865, n. 2248, articolo 5, All. E (c.d. legge di abolizione del contenzioso amministrativo). L’articolo 4 prevede, al comma 1: “Quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell’autorita’ amministrativa, i tribunali si limiteranno a conoscere degli effetti dell’atto stesso in relazione all’oggetto dedotto in giudizio”, e, al comma 2: “L’atto amministrativo non potra’ essere revocato o modificato se non sovra ricorso alle competenti autorita’ amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei Tribunali in quanto riguarda il caso deciso”. L’articolo 5, poi, dispone: “In questo, come in ogni altro caso, le autorita’ giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali in quanto siano conformi alle leggi”.
Si puo’ aggiungere che la riferita conclusione e’ ancor piu’ di evidente necessita’ con riferimento all’articolo 650 c.p., il quale richiede espressamente, come presupposto, “un provvedimento legalmente dato dall’Autorita’”.
Il principio, del resto, e’ costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo la quale, ai fini del giudizio di responsabilita’ in ordine al reato di cui all’articolo 650 c.p., il giudice e’ tenuto a verificare previamente la legalita’ sostanziale e formale del provvedimento che si assume violato, sotto i tre profili tradizionali della violazione di legge, dell’eccesso di potere e della incompetenza; ne consegue che ove venga rilevato il difetto del presupposto della legittimita’, sotto uno di tali profili, l’inosservanza del provvedimento non integra il reato in questione per la cui sussistenza e’ richiesto esplicitamente che il provvedimento sia “legalmente dato” (cfr., per tutte, Sez. 1, n. 54841 del 17/01/2018, Sciara, Rv. 274555-01, e Sez. 1, n. 555 del 16/11/2010, dep. 2011, Filogamo, Rv. 249430-01).
2.2. Il provvedimento del 3 luglio 2019, come indicato anche nel ricorso, e’ stato emesso dal Sindaco nell’esercizio dei poteri conferitigli dal Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articolo 50 (c.d. “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali” o “T.U.E.L.).
L’articolo 50 cit., al comma 5, prevede: “In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunita’ locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunita’ locale, in relazione all’urgente necessita’ di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilita’ urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillita’ e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza; spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di piu’ ambiti territoriali regionali”.
Da questa disposizione, si desume, per quanto specificamente rileva in questa sede, che il Sindaco puo’ adottare “ordinanze contingibili e urgenti” volte a fronteggiare “emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale”.
2.3. Secondo quanto illustrato nell’ordinanza impugnata, il provvedimento del Sindaco e’ stato emanato in data 3 luglio 2019 per fronteggiare la situazione derivante dall’esercizio della struttura sanitaria “(OMISSIS)” in (OMISSIS) n. 36, all’esito di plurimi accertamenti.
In particolare, per come emerge dalla decisione del Tribunale, le criticita’ della situazione derivante dall’esercizio della struttura sanitaria “(OMISSIS)” in (OMISSIS) n. 36 erano state segnalate al Comune: a) dagli accertamenti ispettivi dei Carabinieri in data 7 febbraio 2019, dai quali era emerso che nella struttura erano alloggiate 27 persone, e che risultavano gravi carenze organizzative, tra le quali stanze di metrature inidonee a fronte dei letti ivi posizionati, servizi igienici insufficienti e arredi vetusti; b) dalla comunicazione della Commissione aziendale per l’autorizzazione e l’accreditamento del 17 aprile 2019, la quale aveva evidenziato l’assenza di autorizzazione e la necessita’ dell’adozione di un’ordinanza di chiusura della struttura al fine di evitare il rischio di danni alle persone ricoverate, e rappresentato di aver effettuato i medesimi rilievi gia’ nel 2018; c) dal sopralluogo del Dipartimento di Prevenzione dell’ASP di Reggio Calabria in data 17 giugno 2019, che aveva consentito di constatare le medesime irregolarita’ individuate nell’ispezione eseguita dai Carabinieri.
Inoltre, come evidenziato dall’ordinanza impugnata, ma anche dal ricorso, il decreto del Presidente della Giunta Regionale del 10 febbraio 2014, n. 30, il quale aveva autorizzato il trasferimento di 26 dei 30 posti letto nella struttura di (OMISSIS) e revocato l’autorizzazione di 4 posti letto in (OMISSIS), e’ stato annullato con sentenza del T.A.R. in data 21 gennaio 2019 solo in quest’ultima parte. Di conseguenza, risulta del tutto corretta la conclusione per cui la struttura di (OMISSIS), in conseguenza della citata sentenza, puo’ essere ritenuta autorizzata ad ospitare solo 4 pazienti.
Infine, sempre secondo quanto indicato dal Tribunale, una ulteriore, e successiva, verifica compiuta dai Carabinieri ha evidenziato la presenza e l’alloggio di 26 pazienti all’interno della struttura sanitaria di (OMISSIS) ancora alla data del 6 settembre 2019.
2.4. Sulla base dei precedenti rilievi, deve ritenersi corretta la conclusione del Tribunale di Reggio Calabria affermativa della legittimita’ dell’ordine di inibizione alla prosecuzione dell’attivita’ sanitaria, emesso dal Sindaco di Reggio Calabria il 3 luglio 2019.
Innanzitutto, il provvedimento contestato puo’ ritenersi legittimamente emanato per fronteggiare “emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale”. Lo stesso, infatti, concerne la gestione di una struttura sanitaria ospitante un significativo numero di pazienti, aperta al pubblico ed ubicata nel territorio del Comune di Reggio Calabria, che si assume connotata da gravi irregolarita’. Sono inoltre evidenziati almeno due distinti ordini di ragioni, tra di loro autosufficienti, da cui desumere la grave illegalita’ della gestione della struttura. Da un lato, si rappresenta che la struttura di via della Rimembranza era autorizzata, al piu’, ad ospitare 4 pazienti, e, invece, in occasione dei due sopralluoghi precedenti al provvedimento del sindaco, risultavano alloggiati ben 27 degenti. Dall’altro, si osserva che entrambi i sopralluoghi avevano riscontrato, nel precisato stabile, gravi carenze organizzative, tra le quali stanze di metrature inidonee a fronte dei letti ivi posizionati, servizi igienici insufficienti e arredi vetusti; ne’, per contrastare tali rilievi, puo’ valere l’assertiva invocazione dell’applicabilita’ della disciplina di cui al Decreto Giunta Regionale n. 141 del 2009: anche ad ammettere che questo sa il regime giuridico di riferimento, non e’ possibile valutare in questa sede l’irrilevanza, peraltro meramente enunciata, delle carenze organizzative rilevate nei precisati accertamenti.
Legittima e’ anche l’affermazione della sussistenza dei caratteri di “contingibilita’” ed “urgenza”. Invero, il sintagma normativo appena evocato fa riferimento a situazioni di grave ed eccezionale necessita’ non fronteggiabili con i mezzi ordinari, e, quindi, legittimanti l’adozione di provvedimenti di carattere straordinario e di durata temporanea. Ora, nella specie, per quanto evidenziato dal Tribunale attraverso il richiamo degli accertamenti precedenti all’emanazione del divieto di prosecuzione dell’attivita’ sanitaria, emesso dal Sindaco di Reggio Calabria il 3 luglio 2019, al momento dell’adozione di questo, la situazione illegale e pericolosa per la salute e l’igiene pubblica non solo si protraeva da tempo nell’assenza di provvedimenti di altre Autorita’, ma era sicuramente, e gravemente, attuale. Si puo’ aggiungere, anzi, che nella specie vi e’ anche una conferma ex post della perdurante attualita’ della grave situazione di emergenza per la sanita’ e l’igiene locale: gli accertamenti compiuti dai Carabinieri in data 6 settembre 2019 hanno evidenziato, ancora a quella data, la presenza e l’alloggio di 26 pazienti all’interno della struttura sanitaria di (OMISSIS), a fronte del limite massimo di 4 degenti legittimamente ospitabili.
3. Infondate, poi, sono le censure formulate nel secondo motivo, nella parte in cui contestano il fumus commissi delitti del reati di cui all’articolo 650 c.p., per l’illegittimita’ dell’ordine di inibizione della prosecuzione dell’attivita’ sanitaria, emesso dal Sindaco di Reggio Calabria il 3 luglio 2019, nonche’, ulteriormente, per l’inapplicabilita’ della disposizione incriminatrice in esame sia perche’ esclusa dall’operativita’ di altre disposizioni sanzionatorie, e segnatamente di quella di cui alla Legge Regionale Calabria n. 24 del 2008, articolo 10, comma 3, sia perche’ non riferibile alle violazioni di leggi o di regolamenti, sia perche’ non utilizzabile a tutela di interessi di privati cittadini.
3.1. L’illegittimita’ dell’ordine di inibizione della prosecuzione dell’attivita’ sanitaria, emesso dal Sindaco di Reggio Calabria il 3 luglio 2019, deve essere esclusa, allo stato, alla luce di quanto si e’ gia’ detto in precedenza, ai § 2., 2.1, 2.2., 2.3. e 2.4.
3.2. La prospettazione dell’inapplicabilita’ dell’articolo 650 c.p., per la presenza di altre disposizioni sanzionatorie, e segnatamente di quella di cui al Legge Regionale Calabria n. 24 del 2008, articolo 10, comma 3, e’ priva di fondamento.
E’ vero che costituisce principio ampiamente consolidato, e che il Collegio condivide, quello secondo cui, in tema di inosservanza di provvedimento dell’autorita’, la disposizione di cui all’articolo 650 c.p. e’ norma di natura sussidiaria, che si applica solo quando la violazione del provvedimento amministrativo non sia altrimenti sanzionata (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 25322 del 15/02/2019, Cardinale, Rv. 276005-01, e Sez. 1, n. 44126 del 19/04/2016, Azzarone, Rv. 268288-01).
Tuttavia, nella specie, la disciplina richiamata dal ricorrente, e in particolare la Legge Regionale Calabria 18 luglio 2008, n. 24, articolo 10, comma 3, sanziona l’esercizio di attivita’ socio-sanitaria diversa da quella autorizzata dalle competenti Autorita’ regionali, non l’inosservanza del provvedimento del Sindaco che vieta la prosecuzione dell’attivita’ sanitaria.
Inoltre, piu’ in generale, deve considerarsi che il medesimo Legge Regionale Calabria n. 24 del 2008, articolo 10, sia nel testo originario, sia all’esito delle successive modificazioni, ha sempre previsto al comma 1: “Fatte salve eventuali sanzioni di natura penale, la Regione e’ autorizzata ad applicare le sanzioni di cui ai commi 2, 3 e 4”.
Quindi, le sanzioni amministrative indicate nel citato articolo 10, comma 3, e richiamate dal ricorrente, sono previste “in aggiunta” a quelle penali.
3.3. Infondata e’ anche la deduzione dell’inapplicabilita’ dell’articolo 650 c.p. perche’ non riferibile alle violazioni di leggi o di regolamenti.
Invero, il principio evocato nel ricorso, e ripetutamente affermato in giurisprudenza, fa riferimento all’ipotesi di provvedimenti dell’autorita’ amministrativa sanzionati da norme amministrative di settore, ed esclude l’applicazione della disposizione incriminatrice in ragione dell’applicabilita’ di tali previsioni sanzionatorie amministrative (cfr., esemplificativamente: Sez. 3, n. 20417 del 21/02/2018, Delicato, Rv. 273223-01; Sez. 1, n. 1200 del 15/11/2012, dep. 2013, Napoli, Rv. 254247-01; Sez. 1, n. 7893 del 08/02/2007, Nigro, Rv. 236244-01; Sez. 1, n. 11367 del 04/02/2004, Gusmeroli, Rv. 27742-01).
La questione, pertanto, risulta del tutto sovrapponibile a quella esaminata in precedenza al § 3.2., e per le stesse ragioni deve essere ritenuta priva di fondamento.
In ogni caso, comunque, puo’ essere fugato anche il dubbio che l’ordinanza del Sindaco di Reggio Calabria, dalla cui inosservanza e’ fatta discendere la violazione dell’articolo 650 c.p., sia diretta a garantire, in generale, l’applicazione di leggi o di regolamenti.
Invero, detta ordinanza risulta funzionale a fronteggiare una specifica e ben individuata situazione emergenziale in materia di igiene e sanita’, che si protraeva illegalmente ed in modo pericoloso, quella determinata dalla operativita’ della struttura “(OMISSIS)” ubicata in (OMISSIS), come riscontrata da plurimi accertamenti e sopralluoghi.
3.4. Manifestamente infondata, infine, e’ la critica che assume l’illegittimita’ dell’applicazione dell’articolo 650 c.p., perche’, nella specie, riferito ad un provvedimento adottato nell’interesse di privati cittadini, invece che della collettivita’.
In effetti, e’ corretta l’osservazione che, secondo il diffuso orientamento della giurisprudenza, ai fini della configurabilita’ della contravvenzione di “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorita’”, e’ necessario che il provvedimento violato sia stato emesso nell’interesse della collettivita’, con conseguente insussistenza del reato di cui all’articolo 650 c.p. nel caso di inosservanza di provvedimento adottato nell’interesse di privati cittadini (cfr., per tutte, Sez. 1, n. 46004 del 21/10/2014, Lepore, Rv. 261264-01, e Sez. 1, n. 237 del 04/12/2007, dep. 2008, Leone, Rv. 238811-01).
Tuttavia, sembra del tutto ragionevole ritenere che, nella specie, il provvedimento oggetto di inosservanza, concernendo il divieto di operativita’ di una struttura sanitaria, ospitante ben 27 degenti, e per sua natura destinata a fornire servizi al pubblico, sia stato emesso nell’interesse della collettivita’ e non di privati cittadini.
4. Infondate, ancora, sono le censure formulate nel secondo motivo, nella parte in cui contestano il fumus commissi delicti del reato di cui al Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 193, comma 3, perche’ la fattispecie postula l’assenza dello speciale provvedimento autorizzativo, invece esistente, e perche’ non ricorrono carenze strutturali legittimanti la revoca dell’autorizzazione.
4.1. Il Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 193, in particolare, dispone: a) al comma 1: “Nessuno puo’ aprire o mantenere in esercizio ambulatori, case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, gabinetti di analisi per il pubblico a scopo di accertamento diagnostico, case o pensioni per gestanti, senza speciale autorizzazione del prefetto, il quale la concede dopo aver sentito il parere del consiglio provinciale di sanita’”; b) al comma 2: “L’autorizzazione predetta e’ concessa dopo che sia stata assicurata la osservanza delle prescrizioni stabilite nella legge di pubblica sicurezza per l’apertura dei locali ove si da’ alloggio per mercede”; c) al comma 3: “Il contravventore alla presente disposizione ed alle prescrizioni, che il prefetto ritenga di imporre nell’atto di autorizzazione, e’ punito con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da L. 1.000.000”; d) al comma 4: “Il prefetto, indipendentemente dal procedimento penale, ordina la chiusura degli ambulatori o case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica ovvero delle case o pensioni per gestanti aperte o esercitate senza l’autorizzazione indicata nel presente articolo.
Il prefetto puo’, altresi’, ordinare la chiusura di quelli fra i detti istituti nei quali fossero constatate violazioni delle prescrizioni contenute nell’atto di autorizzazione od altre irregolarita’. In tale casa, la durata della chiusura non puo’ essere superiore a tre mesi. Il provvedimento del prefetto e’ definitivo”.
Alla luce del dettato normativo riportato, sembra corretto ritenere che il reato, previsto dall’articolo 193, comma 3 cit., si perfeziona, alternativamente, tanto con l’esercizio di “ambulatori, case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, gabinetti di analisi per il pubblico a scopo di accertamento diagnostico, case o pensioni per gestanti, senza speciale autorizzazione”, quanto con la violazione delle “prescrizioni” dettate dall’autorita’ competente concernenti l’autorizzazione.
Ora, posto che, sotto il profilo semantico, “contravvenire” significa “andare contro”, e che le condotte di agire senza autorizzazione e di “contravvenire” alle “prescrizioni” concernenti l’autorizzazione sono tra loro parificate sotto il trattamento sanzionatorio, la seconda di esse implica esercizio dell’attivita’ in significativo contrasto con le condizioni prefissate dal provvedimento abilitativo. Tale contrasto, pero’, non e’ limitato a specifiche tipologie di “prescrizioni”. Di conseguenza, ai fini dell’integrazione della fattispecie di cui al Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 193, comma 3, possono assumere rilievo anche violazioni significative delle “prescrizioni” relative al numero di persone ospitate in una casa o in un istituto di cura.
Ne’ tale conclusione risulta eccentrica nel panorama giurisprudenziale. Per un approdo analogo, ad esempio, si puo’ richiamare l’affermazione secondo cui integra il reato previsto dal Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 193, e non un’ipotesi di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione sanzionata con la mera chiusura dell’istituto, lo svolgimento presso un istituto di cura medico-chirurgica di attivita’ medico-specialistiche ulteriori a quelle gia’ autorizzate (cosi’, Sez. 3, n. 46463 del 04/11/2009, (OMISSIS), Rv. 245623-01, con riguardo a fattispecie nella quale, all’interno di un ambulatorio medico polispecialistico, autorizzato per attivita’ di analisi e radiologia, venivano praticate prestazioni sanitarie ulteriori, non comprese tra quelle autorizzate).
Appare utile precisare, infine, per completezza, che l’autorizzazione, originariamente riservata al Prefetto dal Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 193, e’ ora di competenza delle Regioni, come specifica il precedente appena citato, il quale richiama, in motivazione, il Decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1972, n. 4, articolo 1, comma 2, lettera e), nonche’ come espressamente dispongono, per quanto di interesse nel caso di specie, la gia’ citata Legge Regionale Calabria n. 24 del 2008, articoli 11 e 12.
4.2. In considerazione della portata applicativa della fattispecie, l’affermazione del fumus commissi delicti del reato di cui al Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 193, comma 3, risulta corretta quanto meno con riferimento all’ipotesi della violazione delle “prescrizioni” dettate dall’autorita’ competente concernenti l’autorizzazione.
Ed infatti, anche a voler ritenere che la struttura sanitaria “(OMISSIS)” ubicata in (OMISSIS) operasse in forza di autorizzazione, per effetto della sentenza del T.A.R. del 23 gennaio 2019, l’attivita’ nella stessa era in ogni caso esercitata in marcata violazione delle prescrizioni. Invero, l’autorizzazione consentiva, al massimo, l’ospitalita’ di 4 degenti; la struttura, invece, dal febbraio al settembre 2019, e’ risultata ospitare prima 27 e poi 26 pazienti. Risulta quindi indicata con chiarezza, e per amplissime proporzioni, la violazione delle prescrizioni concernenti l’autorizzazione, e, percio’, una condotta sussumibile nella fattispecie di cui al Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 193, comma 3.
5. Manifestamente infondate, infine, sono le censure formulate nel secondo motivo, nella parte in cui contestano periculum libertatis, in particolare sul rilievo della legittimita’ dell’esercizio della struttura, e sull’esigenza di tutela dei degenti.
Le questioni concernenti la legittimita’ della conduzione della struttura e l’esigenza di tutale dei degenti sono manifestamente infondate per le ragioni precedentemente evidenziate in precedenza, in particolare al § 2.3.
Si deve solo aggiungere che la necessita’ di ricorrere al sequestro preventivo, come misura indispensabile per interrompere la prosecuzione dell’attivita’ illecita, e’ confermata dal fatto che la struttura di (OMISSIS) ospitava ben 26 degenti ancora il 6 settembre 2019, ossia ancora dopo l’ordine di inibizione della prosecuzione dell’attivita’ sanitaria, emesso dal Sindaco di Reggio Calabria il 3 luglio 2019, e nella piena consapevolezza, evidenziata anche nel ricorso, che nella sede indicata potevano essere legittimamente ospitati, al piu’, solo 4 pazienti.
6. Alla complessiva infondatezza delle censure segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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