Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 3 maggio 2019, n. 18364.
La massima estrapolata:
In tema di ingiusta detenzione, è illegittima la decisione con cui il giudice riduca automaticamente l’importo da liquidarsi, determinato secondo il criterio aritmetico, per il solo fatto che il soggetto abbia già subito precedenti periodi di sottoposizione a regime carcerario. (In motivazione, la Corte ha precisato che, poichè l’esistenza di una precedente esperienza carceraria può avere, a seconda dei casi, sia un effetto di riduzione sia un effetto, invece, di massimizzazione della sofferenza cagionata dalla carcerazione, il giudice è tenuto a valutare caso per caso).
Sentenza 3 maggio 2019, n. 18364
Data udienza 18 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IZZO Fausto – Presidente
Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere
Dott. BRUNO Mariarosar – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 12/09/2018 della CORTE APPELLO SEZ. DIST. di BOLZANO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. BRUNO MARIAROSARIA;
lette le conclusioni del P.G..
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, quale giudice della riparazione, con ordinanza emessa in data 12/9/2018, ha accolto la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta da (OMISSIS), liquidando a titolo di indennizzo, per il periodo di detenzione patito dal richiedente, l’importo di Euro 19.016,00.
Nella ordinanza la Corte di merito ha precisato quanto segue.
(OMISSIS) era stato condannato con sentenza del Tribunale di Bolzano del 31/12/2012 per il reato di cui all’articolo 624-bis c.p. alla pena di anni 1 di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale che, a seguito di provvedimento del 27/2/2016 era stato revocato. Tale ultimo provvedimento era stato ritenuto illegittimo dalla Corte di Cassazione ed annullato in data 2/3/2017.
A seguito di tali vicende il (OMISSIS) aveva patito mesi 11 e gg. 28 di reclusione in virtu’ del provvedimento di revoca della sospensione non dovuto. Precisamente, era stato detenuto in carcere dal 3/3/2016 al 9/3/2016 e in detenzione domiciliare dal 9/3/2016 al 14/1/017.
Nella liquidazione dell’indennizzo, la Corte territoriale determinava l’importo con criterio aritmetico e provvedeva a dimezzare la somma cosi’ determinata, tenuto conto che il (OMISSIS) aveva gia’ vissuto precedenti esperienze detentive e che comunque, il predetto era stato ritenuto responsabile del reato con sentenza irrevocabile. Rigettava ogni altra richiesta dell’istante che aveva invocato un maggior danno in ragione del peggioramento delle sue condizioni di salute dovute allo stato detentivo subito.
2. Avverso la ordinanza, ha proposto ricorso per Cassazione (OMISSIS) a mezzo del difensore, deducendo i seguenti motivi di ricorso.
1) Carenza della motivazione con particolare riferimento alla decisione di dimezzare l’importo liquidato del 50%.
Dalla lettura della ordinanza sarebbe impossibile comprendere i criteri che hanno guidato la Corte di merito nella scelta di dimezzare l’importo.
Le precedenti esperienze carcerarie non possono costituire, in base ai principi piu’ volte affermati in sede di legittimita’, motivo di riduzione dell’indennita’ da riconoscersi.
2) Manifesta illogicita’ della motivazione nella parte in cui la Corte di merito cita a sostegno delle proprie ragioni l’orientamento espresso dalla Cassazione in una pronuncia riguardante il caso di un soggetto che vedeva prolungato lo stato di detenzione (Sez. 3 n. 43550 del 8/7/2016, Rv. 267928 – 01).
3) Omessa motivazione in ordine alla dedotta incidenza del periodo detentivo sulle condizioni di salute del richiedente.
4) Erronea applicazione della legge penale nella monetizzazione dell’importo dovuto; mancanza di motivazione in ordine alla operata diminuzione della meta’ per il periodo patito in detenzione domiciliare. La difesa osserva che l’importo liquidato per ogni giorno di detenzione in carcere e’ errato (tale importo e’ di almeno Euro 235,83 e non 235,00 come indicato nel provvedimento impugnato).
Tale somma puo’ subire una riduzione fino alla meta’ per gli arresti domiciliari. Ebbene, anche con riferimento a tale aspetto la Corte di merito non ha motivato in ordine alle ragioni della diminuzione della meta’ per il periodo di detenzione domiciliare.
3. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. L’Avvocatura dello Stato, per il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha depositato memoria nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato e deve essere accolto nei termini di seguito indicati.
2. E’ d’uopo premettere che “In tema di ingiusta detenzione, il controllo sulla congruita’ della somma liquidata a titolo di riparazione e’ sottratto al giudice di legittimita’, che puo’ soltanto verificare se il giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento e non sindacare la sufficienza o insufficienza dell’indennita’ liquidata, a meno che, discostandosi sensibilmente dai criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non abbia adottato criteri manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia liquidato in modo simbolico la somma dovuta” (cosi’ Sez. 4, n. 24225 del 04/03/2015, Rv. 263721 – 01).
Il sindacato della Corte di legittimita’ viene pertanto esperito sulla congruita’ della motivazione sottesa al provvedimento che deve rispondere alle regole della logica e deve conformarsi ai principi stabiliti in sede di legittimita’.
Ebbene, il provvedimento appare meritevole di censura nella parte in cui provvede al dimezzamento della somma liquidata ponendo a base di tale scelta la semplice constatazione delle precedenti esperienze detentive del ricorrente.
Sul punto, come ricordato dalla difesa, la Corte di legittimita’, si e’ piu’ volte espressa, affermando il principio in base al quale, l’importo da liquidarsi a titolo di indennizzo per riparazione dell’ingiusta detenzione, non puo’ essere ridotto in considerazione del fatto che il soggetto abbia piu’ volte in precedenza subito periodi di detenzione, ricavando in ogni caso da tale osservazione, la deduzione che la custodia indebitamente sofferta abbia prodotto minore sofferenza (cosi’ ex multis Sez. 4, n. 46772 del 24/10/2013, Rv. 257636 – 01, cosi’ massimata: “E’ illegittima la decisione con cui il giudice riduce automaticamente l’importo da liquidarsi per l’ingiusta detenzione, determinato secondo il criterio aritmetico, per il solo fatto che il soggetto abbia gia’ subito precedenti periodi di sottoposizione a regime carcerario).
Nell’orientamento citato si e’ precisato che l’esistenza di una precedente esperienza carceraria puo’ avere, secondo i casi, sia un effetto di riduzione della sofferenza cagionata dalla carcerazione, sia un effetto di massimizzazione di quella sofferenza: ne consegue che il Giudice deve valutare tale aspetto caso per caso, prescindendo dalla generalizzata convinzione che le pregresse esperienze detentive producano sempre l’effetto di attenuare l’afflittivita’ di tale condizione.
3. Ulteriore ragione di censura e’ da ravvisarsi nella indicazione contenuta nella ordinanza dell’importo da determinarsi per ogni giorno di carcerazione, che e’ pari ad Euro 235,83 e non 235,00 come segnalato nel ricorso.
Il dato di partenza della valutazione indennitaria, che va necessariamente tenuto presente, e’ costituito, dal cd. parametro aritmetico, da calcolarsi secondo i criteri indicati dalla sentenza delle Sezioni unite, Caridi (Sez. U, n. 24287 del 09/05/2001, Rv. 218975 – 01) individuato nella somma di Euro 235, 82 per ogni giorno di detenzione in carcere ed in quella di Euro 117,91 per ogni giorno di detenzione domiciliare, in ragione della ritenuta minore afflittivita’ di essa (Sez. U, Sentenza n. 24287 del 09/05/2001, Rv. 218975 – 01).
Secondo i principi costantemente affermati da questa Corte tale criterio aritmetico di calcolo, costituisce, pero’, solo una base utile per la determinazione della indennita’ da liquidarsi. Siffatto parametro non e’ vincolante in assoluto ma, raccordando il pregiudizio che scaturisce dalla liberta’ personale a dati certi, costituisce il criterio base della valutazione del giudice della riparazione, il quale, potra’ derogarvi in senso ampliativo (purche’ nei limiti del tetto massimo fissato dalla legge) oppure restrittivo, a condizione che, nell’uno o nell’altro caso, fornisca una logica motivazione.
Nel caso in esame, pur dovendo darsi atto che e’ legittima la liquidazione dell’indennizzo dovuto a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione subita agli arresti domiciliari in misura pari alla meta’ di quella spettante per un identico periodo di detenzione in carcere (cosi’ ex multis Sez. 4, n. 34664 del 10/06/2010, Rv. 248078 – 01), la Corte di merito non ha motivato in ordine alle ragioni di tale dimezzamento.
4. Di contro risulta infondata l’ulteriore critica difensiva che attiene alla dedotta carenza di motivazione nella ordinanza impugnata circa la esistenza di maggiori danni fisici e morali subiti dal ricorrente per effetto della detenzione. Sul punto i giudici di merito hanno adeguatamente motivato, evidenziando che non risulta dimostrata una correlazione tra la documentata invalidita’ civile e lo stato di depressione insorto nel richiedente con la patita detenzione.
5. Deve quindi annullarsi l’ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo esame sui punti evidenziati alla Corte d’appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano. E’ rimessa al Giudice di rinvio la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano – cui rimette anche la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimita’.
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