In tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 10 febbraio 2020, n. 1034.

La massima estrapolata:

In tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali, il dipendente che sostenga la dipendenza dell’infermità da una causa di servizio ha l’onere di dedurre e provare i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell’affezione denunciata alle modalità concrete di svolgimento delle mansioni inerenti la qualifica rivestita. Ne consegue che, ove la patologia presenti una eziologia multifattoriale, il nesso causale tra attività lavorativa ed evento, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma esige una dimostrazione, quanto meno in termini di probabilità, ancorata a concrete e specifiche situazioni di fatto, con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro e alla durata e intensità dell’esposizione a rischio.

Sentenza 10 febbraio 2020, n. 1034

Data udienza 6 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1315 del 2013, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato St. Pa., con domicilio eletto presso lo studio Ass. Studio Gr. & in Roma, c.so (…);
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Provveditore agli Studi di Taranto, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Puglia n. -OMISSIS-/2012.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2020 il Cons. Giordano Lamberti e udito l’avvocato Lu. Fi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – L’appellante, assistente tecnico di laboratorio presso l’Istituto Tecnico Industriale Statale “-OMISSIS-” di -OMISSIS-ha chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “ernia del disco”, manifestatasi il giorno 26 novembre 1996, mentre sollevava uno strumento destinato ad esercitazioni di laboratorio.
2 – La commissione Medico Ospedaliera presso l’ospedale -OMISSIS-non ha riconosciuto come dipendente da causa di servizio l’infermità in questione.
Il Provveditore, con provvedimento dell’11 ottobre 1999, ha quindi respinto l’istanza del dipendente.
3 – Con ricorso al T.A.R. per la Puglia, l’appellante ha chiesto l’annullamento del decreto n. -OMISSIS-/99 del Provveditore agli Studi di Taranto, oltre agli atti e provvedimenti in qualsiasi modo a questo connessi e/o collegati, nonché l’accertamento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità dallo stesso lamentata.
A tal fine, ha dedotto il difetto di istruttoria del provvedimento della Commissione medica, recepito dal Provveditore, in quanto non sarebbe stata effettuata alcuna indagine sull’attività lavorativa dallo stesso svolta.
4 – Il T.A.R., con la sentenza n. -OMISSIS- del 2012, ha respinto la domanda, rilevando che: “il parere emesso dalla Commissione Medica è adeguatamente motivato, soprattutto con riferimento alla rilevata esclusione del nesso eziologico tra il servizio e l’infermità patita dal ricorrente, in quanto tra i possibili fattori nocivi derivanti dal servizio, non ne è stato ravvisato alcuno che potesse assurgere a fattore causale diretto o concausale preponderante ed efficiente nel determinismo dell’affezione in esame”.
5 – Con l’appello in esame si deduce che tale pronuncia sarebbe ingiusta, errata e manifestamente viziata da illogicità e travisamento.
Secondo l’appellante, i motivi di censura non contestavano la congruità del parere espresso dalla nominata Commissione, essendo invece rivolti nei confronti del rapporto inviato dal Capo dell’Istituto, che sarebbe stato insufficiente a consentire un esame della pratica, tenuto conto che, a norma degli artt. 4 e 5 del D.P.R. 20.04.1994 n. 349, in presenza d’infermità o di lesione in danno di un dipendente, l’amministrazione interessata è tenuta – in difetto di differente iniziativa – ad avviare d’ufficio il procedimento ed ad esperire ogni indagine necessaria alla dimostrazione dell’effettiva natura di dette infermità .
Per tale ragioni, per colmare tale difetto di prova, il ricorrente ha chiesto la prova testimoniale, finalizzata a dimostrare l’esistenza di circostanze decisive per la formulazione del cennato giudizio.
6 – Con l’ordinanza n. -OMISSIS- del 2019, la Sezione ha ammesso la prova testimoniale con il teste prof. -OMISSIS-, come specificato in seguito, così come richiesto dall’appellante, vertente sulle seguenti circostanze: “a) Vero che negli anni precedenti il 25.11.1996 il signor -OMISSIS- ha quotidianamente prestato il proprio servizio con modalità tali da essere costretto in posizione eretta per almeno sei ore al giorno; b) Vero che, a causa delle mansioni cui era assegnato, il signor -OMISSIS- era sovente impegnato nello spostamento di attrezzature e strumenti di laboratorio il cui peso superava i quindici chilogrammi, con la precisazione cosa si deve intendere per “sovente; c) Vero che, soprattutto negli ultimi anni prima del 1996, il laboratorio di fisica ove il signor -OMISSIS- svolgeva la propria attività è stato caratterizzato da una forte umidità, con la specificazione in che termini si è manifestato tale fenomeno”.
7 – L’appello non deve trovare accoglimento.
Come evidenziato dal T.A.R., il parere medico posto alla base del decreto impugnato, si esprime nel senso che l’infermità : “Esiti discopatici di discectomia L5-S1 con sofferenza muscolare neurogena non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, in quanto le cause di questa alterazione non sono note con assoluta certezza; tuttavia è ormai patrimonio comune che traumi e/o sforzi violenti e ripetuti nel tempo o attività comportanti un significativo impegno vertebrale perdurante negli anni, possano esserne quantomeno inevitabile concausa. Si tratta, in sostanza, di patologie su base costituzionale, favorite nella loro insorgenza o da attività particolarmente usuranti dal punto di vista fisico o da fattori traumatici o da esposizioni ripetute e durature a condizioni meteo-climatiche non favorevoli. Dal caso di specie non sono emersi dal rapporto inviato dal Preside dell’Istituto scolastico elementi ricollegabili a fattori innanzi riportati, né in forma acuta né in forma cronica. L’evento traumatico riportato nella domanda, non trova riscontro nel rapporto informativo e non può costituire da solo elemento concausale efficiente e determinante all’insorgenza della patologia”.
La relazione del Capo di Istituto, contestata dall’appellante, indica, tra l’altro, le seguenti circostanze rilevanti ai fini del presente giudizio e non specificatamente contestate dall’interessato: a) le mansioni svolte sono corrispondenti alla qualifica rivestita; b) l’attività di lavoro del dipendente negli ultimi cinque anni si è mantenuta nei limiti previsti dagli eventuali accordi di categoria in materia di produttività .
Inoltre, dalla stessa non emerge alcun elemento che possa corroborare la tesi del ricorrente, ovvero: che questi fosse esposto a condizioni climatiche pericolose; che stesse in posizione eretta per l’intera durata del servizio, che fosse adibito ad attività di sollevamento di oggetti pesanti.
7.1 – A fronte della specifica censura dell’appellante, deve ricordarsi che, in tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali, il dipendente che sostenga la dipendenza dell’infermità da una causa di servizio ha l’onere di dedurre e provare i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell’affezione denunciata alle modalità concrete di svolgimento delle mansioni inerenti la qualifica rivestita. Ne consegue che, ove la patologia presenti una eziologia multifattoriale, il nesso causale tra attività lavorativa ed evento, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma esige una dimostrazione, quanto meno in termini di probabilità, ancorata a concrete e specifiche situazioni di fatto, con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro e alla durata e intensità dell’esposizione a rischio (cfr. Corte di Cass. n. 21825 del 15/10/2014; n. 15080 del 26/06/2009).
8 – Le dichiarazioni testimoniali del teste escusso acquisite in giudizio non appaiono idonee ad assolvere l’onere probatorio incombente sull’appellante, confermando invece l’attendibilità della relazione del capo di istituto di cui l’appellante lamenta la lacunosità .
Ed invero, il Prof -OMISSIS- ha, tra l’altro dichiarato, che “il lavoro era abitualmente svolto stando in piedi e girando tra i tavoli di lavoro…anche se non nella totalità delle ore di laboratorio previste, in quanto per necessità didattiche a volte le ore di laboratorio erano adibite a lezioni di teoria svolte in classe”. Il teste conclude: “non posso affermare che il sig. -OMISSIS- svolgesse per intero il suo servizio quotidiano stando in piedi”.
Quanto alla circostanza relativa al sollevamento di oggetti pensanti, lo stesso teste ha dichiarato: “a memoria ricordo che non esisteva nel laboratorio strumentazione di peso superiore a 15Kg…L’unica attrezzatura di peso era la pompa a vuoto, che non raggiungeva i 15 Kg ed è stata utilizzata per il mio servizio per due volte…la restante strumentazione era di esiguo peso”.
Quanto alle condizioni ambientali dei locali di lavoro, il teste ha precisato che solo “in presenza di particolari condizioni climatiche, nei giorni di forte umidità, sul pavimento del laboratorio si formavano minuscole gocce di condensa”.
Tali dichiarazioni appaiono sostanzialmente coerenti con la relazione a suo tempo redatta dal Capo dell’Istituto, da cui la superfluità di dare ulteriore corso all’istruttoria, tenuto anche conto che il prof. -OMISSIS-, preside dell’Istituto scolastico, è il soggetto che a suo tempo ha redatto la relazione informativa, la quale ha già trovato conferma nelle dichiarazioni del teste -OMISSIS-, non potendosi ragionevolmente ritenere che le dichiarazioni rese a notevole distanza di tempo degli eventi possano essere maggiormente attendibili di quanto a suo tempo già riferito nella relazione formale.
Per la medesima ragione non appare necessario acquisire le dichiarazioni dell’ulteriore teste, stante la convergenza delle evidenze probatorie già acquisite in giudizio.
9 – Infine, deve dichiararsi la tardività e la conseguente inammissibilità dell’atto depositato dall’appellante in data 29 gennaio 2020. Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che i termini per il deposito di memorie e documenti di cui all’art. 73 c.p.a. sono perentori (cfr. Cons. St., sez. III, n. 1335 del 2015), pertanto, il suddetto deposito non può essere considerato da questo Collegio.
10 – Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta respinge l’appello e condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite, che si liquidano in Euro2.000, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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