In tema di impugnazioni cautelari

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 27 maggio 2019, n. 23151.

La massima estrapolata:

In tema di impugnazioni cautelari, eventuali elementi sopravvenuti al momento della chiusura della discussione dinanzi al tribunale del riesame non assumono alcun rilievo nel successivo giudizio di legittimità, potendo essere fatti valere soltanto con una nuova richiesta di revoca o di modifica della misura cautelare al giudice competente. (Fattispecie in cui la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibili i motivi aggiunti depositati dalla difesa e fondati su documenti formati in un momento successivo alla presentazione del ricorso per cassazione).

Sentenza 27 maggio 2019, n. 23151

Data udienza 24 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro – rel. Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo;
e da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del Tribunale di Palermo del 5 ottobre 2018;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dr. Filippi Paola, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, in accoglimento del ricorso del pubblico ministero, e per il rigetto del ricorso dell’indagato;
udito il difensore, avv. (OMISSIS), anche in sostituzione dell’avv. (OMISSIS).

RITENUTO IN FATTO

1. – Con ordinanza del 5 ottobre 2018, il Tribunale di Palermo ha parzialmente accolto l’appello proposto dal pubblico ministero avverso il decreto di rigetto della richiesta di misure cautelari personali nei confronti di (OMISSIS) emesso il 25 giugno 2018 dal Gip dello stesso Tribunale. Il Tribunale del riesame ha ravvisato la sussistenza di gravi indizi dei reati di cui ai capi 2), 3), 4), 5), 6), 6) bis dell’imputazione provvisoria, in riferimento ai quali ha disposto la misura degli arresti domiciliari, ma non li ha ravvisati – per quanto qui rileva – in relazione ai capi 7), 8), 9).
2. – Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, lamentando il mancato riconoscimento della sussistenza di indizi di alcuni dei reati contestati a (OMISSIS), e posti anch’essi a fondamento della richiesta misura cautelare personale: capo 7), Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, per avere, nella qualita’ di presidente del consiglio di amministrazione della (OMISSIS) s.p.a., al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto al di sopra della soglia di punibilita’, compiuto atti fraudolenti sui beni della societa’ idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, in particolare simulando un contratto di finanziamento datato 28 gennaio 2016 in favore della (OMISSIS) s.r.l. (societa’ partecipata al 100% dalla (OMISSIS) s.p.a., apparentemente amministrata da un soggetto diverso, ma di fatto riconducibile allo stesso (OMISSIS)), attraverso un bonifico di Euro 14.400.000; capo 8) articolo 81 c.p., comma 2, Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, per avere, con piu’ azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, nella stessa veste e agli stessi fini di cui al capo precedente, compiuto atti fraudolenti sui beni della societa’ idonei a rendere inefficace la riscossione coattiva, in particolare simulando un contratto di finanziamento datato 2 novembre 2016 in favore della stessa (OMISSIS) s.r.l., erogato con bonifici del valore complessivo di Euro 10.900.000; capo 9) articolo 81 c.p., comma 2 e articolo 648 ter.1 c.p., per avere, con piu’ azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, avendo commesso i reati di cui ai capi 7) e 8), impiegato, sostituito e trasferito in attivita’ economiche, finanziarie e imprenditoriali oggetto della predetta societa’ calcistica il denaro, i beni e le altre utilita’ sottratti all’erario, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa, in particolare impiegando le somme di denaro ricevute dalla (OMISSIS) s.r.l. a titolo di restituzione finanziamento e restituzione prestito, per un valore complessivo pari a Euro 21.331.430,00, secondo le modalita’ analiticamente descritte nell’imputazione provvisoria; con la recidiva.
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si lamentano la violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, nonche’ la manifesta illogicita’ della motivazione in relazione al diniego della sussistenza del dolo specifico. Il ricorrente sostiene che il Gip aveva correttamente evidenziato la finalita’ della sottrazione al pagamento delle imposte nella “ossessione” di (OMISSIS) di sottrarre beni ai pignoramenti da parte dello Stato. Si lamenta che il Tribunale avrebbe ammesso la propensione alla sottrazione di beni all’erario, circoscrivendola, pero’, ai debiti erariali personali dell’indagato ed escludendo i debiti della societa’, sul rilievo che, nonostante la notevole esposizione debitoria della societa’ stessa, vi erano stati piani di ammortamento concordati e puntualmente rispettati.
2.2. – Si contesta, in secondo luogo, l’affermazione del Tribunale secondo cui l’unica finalita’ dei falsi finanziamenti di cui ai capi 7) e 8) era la volonta’ di sottrarre denaro liquido non al fisco ma al creditore (OMISSIS)., sul rilievo che tale finalita’ – pur effettivamente confermata dal quadro istruttorio – convivrebbe con quella di ledere le ragioni erariali, a fronte di spostamenti di denaro a favore della (OMISSIS), per importi molto considerevoli.
2.3. – Con un terzo motivo di doglianza, si deduce l’inosservanza dell’articolo 82 c.p., comma 2, per la mancata considerazione del fatto che la frode rispetto al creditore (OMISSIS)., punibile ai sensi dell’articolo 388 c.p., avrebbe potuto concorrere con quella ai danni dello Stato, di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11. Il ricorrente osserva che vi e’ omogeneita’ dei beni giuridici tutelati dalle due fattispecie incriminatrice, perche’ entrambe poste a tutela di creditori, essendo dunque configurabile una aberratio ictus plurioffensiva.
2.4. – Una quarta censura e’ riferita alla mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del delitto di cui all’articolo 388 c.p., quale presupposto dell’autoriciclaggio, di cui al capo 9) dell’imputazione provvisoria. Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che il reato di cui all’articolo 388, peraltro non autonomamente contestato per mancanza di querela, commesso in danno della (OMISSIS). non fosse stato indicato tra quelli presupposto del contestato autoriciclaggio. Secondo il pubblico ministero, tale contestazione era stata invece effettuata con la memoria del 16 aprile 2018, integrativa della richiesta per l’applicazione di misure cautelari del 27 febbraio 2018; e nella richiesta di misure cautelari reali e personali del 25 maggio 2018 si era richiamato espressamente il contenuto della richiesta precedente e delle sue integrazioni. Piu’ in generale il Tribunale avrebbe potuto individuare d’ufficio il reato di cui all’articolo 388 c.p. quale presupposto dell’autoriciclaggio.
2.5. – Con un quinto motivo di ricorso, il pubblico ministero lamenta che non si sarebbe considerato che i pagamenti erano avvenuti dopo la consumazione dei reati di cui ai capi 7) e 8), ne’ che i piani di ammortamento e i pagamenti stessi erano successivi alla scoperta dell’istanza di fallimento e dell’indagine da parte di (OMISSIS); si sarebbe trattato, comunque, di somme inferiori rispetto ai crediti erariali. Si contesta anche l’affermazione del Tribunale secondo cui l’unica finalita’ dei falsi finanziamenti di cui ai capi 7) e 8) era la volonta’ di sottrarre denaro liquido non al fisco ma al creditore (OMISSIS)., sul rilievo che tale finalita’ – pur effettivamente confermata dal quadro istruttorio – convivrebbe con quella di ledere le ragioni erariali, a fronte di spostamenti di denaro a favore della (OMISSIS) per circa 47 milioni di Euro tra gli anni 2013 e 2017.
2.6. – Infine, sempre sotto il profilo della violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, si contesta l’affermazione dell’ordinanza impugnata secondo cui non sarebbe stata effettuata una compiuta valutazione della capienza del patrimonio residuo della societa’ rispetto al soddisfacimento delle pretese tributarie, ne’ della diretta incidenza delle operazioni finanziarie oggetto dell’imputazione al fine della creazione di una situazione di pericolo concreto. Ad avviso del pubblico ministero, non e’ configurabile in via generale un obbligo di verifica della capienza del patrimonio del debitore erariale, a maggior ragione nel caso – come quello di specie – in cui l’oggetto della sottrazione sia denaro.
3. – L’ordinanza e’ stata impugnata anche dalla difesa di (OMISSIS), per contestare la ritenuta sussistenza di gravi indizi dei reati di cui ai capi 2), 3), 4), 5), 6), 6 bis) dell’imputazione provvisoria (riferiti a diverse fattispecie di cui agli articoli 2621 e 2638 c.c.), nonche’ di esigenze cautelari.
3.1. – Con un primo motivo di doglianza, si prospettano vizi della motivazione in relazione ai reati di false comunicazioni sociali di cui ai capi 2), 3), 4), richiamando una consulenza tecnica di parte e deducendo l’insussistenza di una condotta concretamente idonea a indurre altri in errore. riferita all’iscrizione nei bilanci di crediti per imposte anticipate, concernenti perdite fiscali, tra le poste attive dello stato patrimoniale. Secondo il Tribunale, mancava la possibilita’ di avallare, al momento della redazione del bilancio, la ragionevole certezza della realizzazione di attivita’ per tali imposte; mentre secondo la difesa, dalla consulenza tecnica di parte, e’ emerso che l’iscrizione delle imposte anticipate era obbligatoria e, comunque, priva del requisito dell’idoneita’ ingannatoria. Si sottolinea, sul punto, che la posta delle imposte anticipate non era celata all’interno di altre voci di bilancio, bensi’ palesata in un’apposita voce del conto economico, oggetto di specifica illustrazione nella nota integrativa, per cui ogni lettore del bilancio avrebbe potuto notare l’iscrizione di tale posta e le sue ragioni. In altri termini, l’indicazione nelle note integrative della semplice possibilita’ di imponibili futuri di entita’ tale da giustificare l’iscrizione delle imposte anticipate avrebbe automaticamente stimolato quel minimo di diligenza che deve utilizzare chiunque legga il bilancio.
3.2. – Quanto, piu’ in particolare, all’iscrizione nel bilancio chiuso al 30 giugno 2016, di crediti tributari, si sostiene che l’ordinanza si basa sostanzialmente sull’applicazione di un principio contabile inesistente, secondo cui solo i crediti certi, liquidi ed esigibili potrebbero essere iscritti in bilancio. La difesa cita in senso contrario il principio OIC n. 15, al punto n. 30, il quale stabilisce che “i crediti che si originano per ragioni differenti dallo scambio di beni e servizi (…) sono iscrivibili in bilancio se sussiste titolo al credito, e cioe’ se essi rappresentano effettivamente un’obbligazione di terzi verso la societa’”. Si sostiene che, nel caso di specie, vi erano contenziosi tributari pendenti, alcuni dei quali si erano risolti in senso favorevole al contribuente, la cui esistenza sarebbe incompatibile con l’ipotizzata sussistenza del dolo del reato.
3.3. – Con un terzo motivo di doglianza, riferito all’iscrizione nei bilanci 2016 e 2017 di un credito di 40 milioni di Euro nei confronti di (OMISSIS) s.a., conseguente alla cessione della partecipazione nella (OMISSIS) s.p.a., si contesta la tesi accusatoria fatta propria dal Tribunale – secondo cui il carattere di artificio contabile di tale appostazione si desumerebbe da consulenze tecniche, intercettazioni, accertamenti documentali, ispezioni, intercettazioni, da cui era emerso che, a fronte di una partecipazione valorizzata in bilancio per circa 18 milioni di Euro, la cessione era stata effettuata per 40 milioni. Secondo la difesa, la consulenza tecnica di parte aveva evidenziato che il valore della partecipazione non era esplicitato ed era stato comunque asseverato, in una perizia del 2006, in 30 milioni di Euro. Non si sarebbe considerato, inoltre, che una parte consistente dei 40 milioni era stata pagata (4 milioni di Euro direttamente, Euro 7.500.000 mediante accollo di un debito, Euro 5.700.000 di nuovo direttamente); ne’ potrebbe assumere rilevanza il fatto che la proprieta’ della societa’ acquirente e’ riferibile allo stesso (OMISSIS) essendo comunque lecite le cessioni infragruppo.
3.4. – Un successivo motivo di doglianza si riferisce all’imputazione di cui ai capi 5), 6), 6 bis), relative a violazioni dell’articolo 2638 c.c.; si richiamano, sul punto, le ragioni gia’ esplicitate con i precedenti motivi di ricorso.
3.5. – Si deducono, poi, vizi della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione del reato, sul rilievo che lo stesso sarebbe stato escluso dal Gip, il quale aveva rigettato per ben due volte la richiesta di applicazione di misura cautelare (7 maggio 2018, 25 giugno 2018). Il Tribunale non avrebbe offerto riferimenti a situazioni che possono costituire occasioni prossime per compiere ulteriori reati, essendosi limitato ad affermare che il rischio di recidiva e’ concreto e attuale, per il pericolo che l’indagato possa perseverare nell’opera di falsa rappresentazione della situazione economica della societa’ calcistica attraverso manovre svolte attraverso i terzi che la amministrano, in sostanza per suo conto ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)). Non si sarebbe considerato che il Tribunale ha espressamente escluso la sussistenza di esigenze cautelari nei confronti di tali tre soggetti: quanto (OMISSIS), si osserva che egli si e’ dimesso dalla carica l’8 agosto 2018 e che successivamente a tale momento non risulta che abbia mantenuto legami con la societa’ o con (OMISSIS) ne’ abbia mantenuto un coinvolgimento in altre realta’ imprenditoriali collegate; quanto alla (OMISSIS), si ritiene che la stessa sia intervenuta illecitamente in una sola occasione quale curatrice degli interessi di (OMISSIS), mantenendo al piu’ un ruolo di supporto, assolutamente subordinato. Quanto a (OMISSIS), il pericolo di recidiva e’ escluso, sul rilievo che lo stesso non ha mantenuto legami con la societa’ dopo le sue dimissioni (27 luglio 2017), mentre rimane del tutto neutro la circostanza che egli continui a essere il consulente contabile dell’indagato stesso, non essendo emersi ulteriori fatti specifici di un qualche rilievo.
3.6. – In sesto luogo, si lamenta l’insussistenza del requisito della gravita’ indiziaria, di cui all’articolo 267 c.p.p., che avrebbe potuto giustificare l’emissione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche effettuate. Si afferma che il primo decreto, del 31 marzo 2017, stessa data nella quale era stata iscritta la notizia di reato, era motivato sulla base della necessita’ di accertare il concreto spessore dell’attivita’ criminosa posta in essere dall’indagato e per controllare i movimenti e contatti intrattenuti dallo stesso, oltre che per individuare eventuali complici; mentre le ragioni dell’urgenza vengono ancorate nell’imminente definizione della trattativa tra questo e tale (OMISSIS). Secondo la difesa, dall’annotazione del nucleo di polizia valutaria richiamata nel decreto non emergerebbe una notizia di reato, ma solo la volonta’ di approfondire la vicenda che aveva esposto mediaticamente la societa’ calcistica. La stessa annotazione era stata iscritta al registro delle notizie anonime, non assurgendo, dunque, alla dignita’ di indizio. Da tutto cio’, conseguirebbe l’inutilizzabilita’ delle intercettazioni disposte il 31 marzo 2017.
3.7. – La difesa, all’udienza odierna, ha depositato memoria con motivi aggiunti, con la quale ribadisce l’insussistenza delle esigenze cautelari, rilevando che, nel periodo successivo alla presentazione del ricorso per cassazione, le quote della societa’ calcistica sono state cedute ad un gruppo inglese, rispetto al quale l’indagato e’ del tutto estraneo; cosicche’ quest’ultimo non potrebbe interferire nelle scelte societarie. La difesa ha depositato, a tal fine, l’atto di cessione delle quote della societa’ e il verbale dell’assemblea dei soci con le dimissioni dei vecchi organi amministrativi e la nomina dei nuovi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. – Il ricorso del pubblico ministero e’ infondato.
4.1. – I motivi sub 2.1., 2.2., 2.3., 2.5. – che possono essere trattati congiuntamente perche’ attengono, nella sostanza, alla configurabilta’ di gravi indizi dei reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, di cui ai capi 7) e 8) dell’imputazione provvisoria – sono nel complesso infondati. Essi si basano, essenzialmente, sulla contestazione delle affermazioni dell’ordinanza secondo cui la propensione dell’indagato alla sottrazione di beni all’erario deve essere circoscritta ai debiti erariali personali, con esclusione dei debiti della societa’, perche’ nonostante la notevole esposizione debitoria della societa’ stessa, vi erano stati piani di ammortamento concordati e puntualmente rispettati, per cifre considerevoli, fino alla data del 30 giugno 2018. E’ oggetto di contestazione anche l’ulteriore affermazione del Tribunale secondo cui, allo stato degli atti, emerge che l’unica finalita’ dei falsi finanziamenti di cui ai capi 7) e 8) era la volonta’ di sottrarre denaro liquido non al fisco ma al creditore (OMISSIS). Si tratta – come anticipato – di rilievi che attengono alla logicita’ della motivazione e non all’interpretazione dell’articolo 11 adottata dal Tribunale, nel senso della possibilita’ astratta che la finalita’ di frodare il fisco coesista con quella di frodare altri creditori – che anzi il pubblico ministero mostra di condividere – ne’ a vuoti motivazionali nell’analisi del materiale istruttorio; analisi che e’ stata compiutamente effettuata dal Tribunale con esiti del tutto logici e coerenti.
Il Tribunale, infatti, ha evidenziato l’insussistenza del dolo specifico richiesto dalla disposizione incriminatrice, sul rilievo che i fondi trasferiti dai conti della societa’ dell’indagato a quelli di altre societa’ sono poi rientrate nei conti della prima societa’, non di rado anticipatamente rispetto ai fittizi contratti posti formalmente a supporto delle movimentazioni, in condizioni di debito verso l’erario non dissimili da quelle esistenti al momento in cui le somme erano fuoriuscite dai conti. Allo stato degli atti, dunque, tali movimenti risultano inspiegabili in chiave di frode, anche perche’ buona parte delle somme rientrate sono state effettivamente impiegate per l’adempimento dei debiti di imposta.
E tale ricostruzione interpretativa insindacabile in questa sede perche’ non affetta da lacune e o vizi logici – esclude in radice che sia configurabile la aberratio ictus plurioffensiva ipotizzata dalla difesa, essendo stata smentita, allo stato degli atti, la sussistenza di sufficienti elementi a sostegno della contestata finalita’ di frodare le ragioni del fisco.
4.2. – Il quarto motivo – riferito alla mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del delitto di cui all’articolo 388 c.p., quale presupposto dell’autoriciclaggio, di cui al capo 9) dell’imputazione provvisoria – e’ inammissibile perche’ manifestamente infondato.
L’insussistenza della lacuna motivazionale denunciata emerge dalla stessa prospettazione del ricorrente, secondo cui il Tribunale non ha omesso una motivazione sul punto, ma ha erroneamente ritenuto che il reato di cui all’articolo 388, peraltro non autonomamente contestato per mancanza di querela, commesso in danno della (OMISSIS). non fosse stato indicato tra quelli presupposto del contestato autoriciclaggio (come emerge dalla lettura della pag. 37 dell’ordinanza). E risulta del tutto generica l’affermazione del pubblico ministero secondo cui tale contestazione era stata invece effettuata con la memoria del 16 aprile 2018, integrativa della richiesta di applicazione di misure cautelari del 27 febbraio 2018 e richiamata nella richiesta di misure cautelari reali e personali del 25 maggio 2018, perche’ tali atti sono semplicemente menzionati senza puntuali riferimenti al loro effettivo contenuto. Del resto, dall’imputazione provvisoria, non emerge che tale reato presupposto fosse stato richiamato, anche solo in via di fatto; con la conseguenza che sarebbe stato impossibile per il Tribunale indicarlo d’ufficio quale reato presupposto dell’autoriciclaggio.
4.3. – Anche il sesto motivo di ricorso e’ inammissibile, seppure per ragioni diverse. A differenza degli altri, esso si riferisce, effettivamente, ad una pretesa violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, perche’ si basa sul rilievo che tale disposizione avrebbe dovuto essere interpretata dal Tribunale nel senso che non configura in via generale un obbligo di verifica della capienza del patrimonio del debitore erariale. L’interpretazione proposta dal ricorrente e’, pero’, manifestamente erronea. Questa Corte ha gia’ affermato, sul punto, che per la configurazione del reato, e’ sufficiente che la condotta sia idonea a pregiudicare l’attivita’ recuperatoria dell’amministrazione finanziaria, ovvero a mettere a repentaglio la realizzazione della pretesa tributaria, anche solo rendendo piu’ difficile una eventuale procedura esecutiva, senza che, quindi, sia necessario che la stessa venga resa non piu’ possibile (ex plurimis, Sez. 3, n. 14606 del 17/11/2017, dep. 30/03/2018, Rv. 272818 – 01; Sez. 3, n. 3011 del 05/07/2016, dep. 20/01/2017, Rv. 268798 – 01). Si e’ comunque precisato che il delitto previsto dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 11, e’ reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio ex ante che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attivita’ recuperatoria dell’amministrazione finanziaria (ex multis, Sez. 3, n. 46975 del 24/05/2018, Rv. 274066 – 01). Ed e’ evidente che tale giudizio ex ante non puo’ che svolgersi attraverso una comparazione – seppure effettuata in via sommaria e allo stato degli atti – tra il valore del denaro o dei beni occultati e la pretesa dell’erario, dovendosi in ultima analisi valutare se la residua consistenza patrimoniale del debitore sia sufficiente a soddisfare tale pretesa. Il Tribunale ha fatto corretta applicazione di tale principio, laddove ha evidenziato che, nel caso di specie, non e’ stata effettuata una compiuta valutazione della capienza del patrimonio residuo della societa’ rispetto al soddisfacimento delle pretese tributarie, ne’ della diretta incidenza delle operazioni finanziarie oggetto dell’imputazione al fine della creazione di una situazione di pericolo concreto.
5. – Il ricorso proposto nell’interesse dell’indagato e’ infondato.
5.1. – Il primo motivo di doglianza – con cui si prospettano vizi della motivazione in relazione ai reati di false comunicazioni sociali di cui ai capi 2), 3), 4) – e’ infondato. Come ben evidenziato dal Tribunale la finalita’ frodatoria dell’iscrizione contabile dei crediti oggetto dell’imputazione e’ – allo stato degli atti manifesta, trattandosi di crediti inesistenti. Il Tribunale evidenzia analiticamente le ragioni per le quali ritiene infondate le conclusioni della consulenza di parte della difesa, dato che le stesse si pongono in contrasto, sia con quanto rilevato dal consulente del pubblico ministero, sia con quanto accertato dal tribunale fallimentare, mancando la pianificazione fiscale che costituisce condizione essenziale e imprescindibile per procedere all’iscrizione (pagg. 40-42 dell’ordinanza). La valutazione del Tribunale sul punto e’, dunque, adeguatamente motivata, a fronte di una prospettazione difensiva formulata in modo non specifico, in mancanza dell’indicazione di quali siano i crediti fiscali che dovrebbero essere ritenuti realmente esistenti. Ed e’ del tutto corretta anche l’affermazione dell’ordinanza secondo cui la decettivita’ dell’operazione emerge dalla rappresentazione di un patrimonio netto di molto superiore a quello reale, oltre che dalla stessa prospettazione difensiva – ripresa con il ricorso per cassazione – non basata sulla macroscopicita’ o sull’immediata riconoscibilita’ dell’illegittimita’ di tali iscrizioni in bilancio, quanto, invece – come si vedra’ – sulla pretesa esistenza delle voci di credito iscritte.
5.2. – Le considerazioni appena svolte si attagliano anche al secondo motivo di doglianza, riferito, in particolare, all’iscrizione nel bilancio chiuso al 30 giugno 2016, di crediti tributari. Risulta, infatti, infondata l’affermazione difensiva per cui l’ordinanza si basa sostanzialmente sull’applicazione di un principio contabile inesistente, secondo cui solo i crediti certi, liquidi ed esigibili potrebbero essere iscritti in bilancio. Lo stesso principio contabile richiamato dalla difesa (principio OIC n. 15, al punto n. 30) stabilisce, infatti – ne’ potrebbe fare altrimenti, pena l’assoluta incertezza della contabilita’ – che i crediti sono iscrivibili in bilancio se rappresentano effettivamente un’obbligazione di terzi verso la societa’. E tale effettivita’ e’ stata – come visto – motivatamente esclusa dal Tribunale, che ha confermato la totale mancanza di giustificazione della relativa iscrizione; mentre la difesa si e’ limitata, sul punto, a ribadire genericamente che vi erano contenziosi tributari pendenti, alcuni dei quali si erano provvisoriamente risolti in senso favorevole al contribuente.
5.3. – Anche il terzo motivo di doglianza, riferito all’iscrizione nei bilanci 2016 e 2017 di un credito di 40 milioni di Euro nei confronti di (OMISSIS) s.a., conseguente alla cessione della partecipazione nella (OMISSIS) s.p.a., e’ infondato. Il Tribunale fornisce una motivazione pienamente logica e coerente, laddove evidenzia che il carattere di artificio contabile di tale appostazione si desume dall’assoluta sproporzione tra il valore della partecipazione e il corrispettivo pattuito. Con ampia e analitica motivazione, si sottolinea che, nelle conversazioni intercettate, si manifesta in modo chiaro la natura fittizia dell’operazione, compiuta strumentalmente per mettere i conti in ordine, dissimulando la reale situazione economico-patrimoniale della societa’. Del resto, l’acquirente e’ riconducibile allo stesso (OMISSIS) e, come sostanzialmente ammesso dalla difesa anche con il ricorso per cassazione, non ha pagato la cifra pattuita, ma una cifra di molto minore (4 milioni di Euro direttamente, Euro 7.500.000 mediante accollo di un debito, Euro 5.700.000 di nuovo direttamente), non esistendo in natura, neanche in un ipotetico futuro, la capienza necessario nelle casse della stessa (OMISSIS), societa’ di comodo sostanzialmente non operativa (pagg. 43-48 dell’ordinanza).
5.4. – Il motivo di doglianza sub 3.4. – che si riferisce all’imputazione di cui ai capi 5), 6), 6 bis), relative a violazioni dell’articolo 2638 c.c. – e’ inammissibile, perche’ formulato in modo Irti’ specifico, e comunque precluso. La difesa si limita a richiamare, sul punto, le ragioni, infondate, gia’ esplicitate con i precedenti motivi di ricorso, ma non chiarisce perche’ tali ragioni si attaglierebbero anche alle diverse fattispecie di cui sopra, ne’ prende in considerazione l’affermazione dell’ordinanza impugnata secondo cui non erano state formulate specifiche doglianze in sede di riesame.
5.5. – Il quinto motivo – con cui si deducono vizi della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione del reato – e’ inammissibile.
La difesa si limita a reiterare doglianze gia’ esaminate e motivatamente disattesa dal Tribunale, il quale ha correttamente identificato il pericolo concreto e attuale di reiterazione dei reati nella pervicacia e nel totale dispregio della legge dimostrati dall’indagato, il quale ha agito in modo continuativo per occultare la verita’ e perseguire i propri interessi nonostante le verifiche in corso da parte del giudice sia civile che penale, anche al fine di eludere le stesse, attraverso l’uso di societa’ e soggetti di comodo. Il Tribunale ha anche adeguatamente argomentato circa l’irrilevanza delle formali dimissioni dell’indagato dall’amministrazione della societa’, evidenziando che lo stesso ha continuato la sua attivita’ di gestione tramite altri. Ne’ puo’ assumere rilevanza in senso contrario la circostanza che per tali soggetti ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) si sia espressamente esclusa la sussistenza di esigenze cautelari. Tale esclusione e’ dovuta, infatti, semplicemente alla natura di prestanome dei soggetti in questione, che ha fatto venire meno le esigenze cautelari nei loro confronti nel momento in cui hanno cessato di svolgere la loro attivita’ in nome e per conto dell’indagato, il quale, proprio avendo esercitato il controllo tramite tali soggetti per un tempo prolungato e continuativo, evidenzia una spiccata tendenza a reiterare gli illeciti (pagg. 49-55 dell’ordinanza impugnata).
5.6. – Inammissibile, per manifesta infondatezza, e’ il sesto motivo di ricorso, con cui si lamenta l’insussistenza del requisito della gravita’ indiziaria che avrebbe potuto giustificare l’emissione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche effettuate.
Dalla stessa prospettazione difensiva emerge che l’informativa del 31 marzo 2017 – di cui la difesa contesta la valenza indiziaria evidenziava con sufficiente chiarezza la necessita’ di accertare il concreto spessore dell’attivita’ criminosa posta in essere dall’indagato e controllare i movimenti e contatti intrattenuti dallo stesso, anche al fine di individuare eventuali complici, nell’imminenza della definizione di una trattativa tra l’indagato e tale (OMISSIS); situazione che rendeva urgente l’accertamento. Tale essendo il tenore nella nota, risulta del tutto irrilevante se la stessa fosse formalmente una comunicazione di notizia di reato; del resto, la stessa difesa afferma che l’iscrizione nel registro degli indagati era avvenuta in quella stessa data, evidentemente in forza di ulteriori indizi emersi aliunde.
5.7. – Anche i motivi aggiunti proposti dalla difesa sono inammissibili. Essi si riferiscono, infatti, ad una pretesa insussistenza sopravvenuta delle esigenze cautelari, sul rilievo che, nel periodo successivo alla presentazione del ricorso per cassazione, le quote della societa’ calcistica sarebbero state cedute ad un gruppo inglese, rispetto al quale l’indagato e’ del tutto estraneo. Si tratta di una prospettazione del tutto generica, perche’ il ricorrente non descrive analiticamente il contenuto degli atti depositati a supporto della stessa (atto di cessione delle quote della societa’ e verbale dell’assemblea dei soci con le dimissioni dei vecchi organi amministrativi e la nomina dei nuovi), dal cui tenore emerge, anzi, l’esistenza di condizioni rispetto all’esecuzione dell’operazione, il cui avveramento resta da definire.
Anche a prescindere dalla rilevata mancanza di specificita’ delle doglianze, risulta in ogni caso assorbente il rilievo che le stesse si basano su elementi sopravvenuti; cosicche’, sul punto, deve ribadirsi il principio secondo cui eventuali acquisizioni successive rispetto al momento della chiusura della discussione dinanzi al collegio non assumono alcun rilievo nell’ambito del successivo giudizio di legittimita’, potendo essere fatte valere soltanto con la richiesta di revoca o modifica della misura al giudice competente (ex multis, Sez. 6, n. 39871 del 12/07/2013, Rv. 256445 – 01; Sez. 2, n. 8460 del 14/02/2013, Rv. 255308 – 01).
6. – In conclusione, i ricorsi del pubblico ministero e dell’indagato devono essere rigettati, con condanna di quest’ultimo al pagamento delle spese processuali

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del pubblico ministero. Rigetta il ricorso di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali.

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