Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 25721.
In tema di impugnazione delle delibere condominiali per contestare an e quantum della propria quota di ripartizione
In tema di impugnazione delle delibere condominiali per contestare an e quantum della propria quota di ripartizione, al fine di valuta la competenza per valore deve essere presa in considerazione il valore complessivo della delibera e non la quota singola contestata dal condomino/attore.
Sentenza|| n. 25721. In tema di impugnazione delle delibere condominiali per contestare an e quantum della propria quota di ripartizione
Data udienza 5 luglio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Condominio negli edifici – Controversie – Competenza per valore – Determinazione – Deliberazioni invalide – Valore della causa – Criterio – Individuazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. SCARPA Antoni – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossan – Consigliere
Dott. CAPONI Remo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23896/2018 proposto da:
(OMISSIS), difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Condominio (OMISSIS), difeso dall’avv. (OMISSIS);
-controricorrente-
avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa n. 645/2018 depositata il 28/05/2018.
Ascoltata la relazione del consigliere Remo Caponi nella pubblica udienza del 5/07/2023.
Ascoltate le osservazioni del P.M., il Sostituto Procuratore Generale Fulvio Troncone, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ascoltato l’avv. (OMISSIS) (su delega scritta dell’avv. (OMISSIS)) per il ricorrente.
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Fatti di causa
Nel 2010 il condomino (OMISSIS) impugnava dinanzi al Giudice di pace di Ragusa la delibera del 7/07/2010 del Condominio (OMISSIS). In primo grado l’impugnazione veniva rigettata. In appello, il (OMISSIS) domandava la riforma integrale della pronuncia per i seguenti motivi: (a) erronea attribuzione a lui dell’obbligo di pagamento di spese connesse alla manutenzione del verde condominiale (punti 1 e 3); (b) sua partecipazione alle spese previste per le assemblee straordinarie; erronea attribuzione delle spese inerenti alla manutenzione della caditoia (punto 5); genericita’ e indeterminatezza nella nomina del tecnico per l’adeguamento dell’impianto fognario ed acque bianche (punto 6); lacunosita’ e indeterminatezza nella nomina del tecnico con riferimento ad una raccomandata del 23/06/2010 (punto 9); erronea attribuzione a lui dell’installazione di una molla nei cancelletti pedonali (varie ed eventuali). Il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’appello ex articolo 339 comma 3 c.p.c. perche’ il valore della causa non supera Euro 1.100. (Trattandosi infatti di causa instaurata prima del 2017, si applica tale limite di valore, non quello di Euro 2.500, al fine di individuare il novero delle cause da decidersi secondo equita’ ex articolo 113 comma 2 c.p.c.).
Ricorre in cassazione (OMISSIS) con un motivo. Resiste il Condominio con controricorso.
Cass. 10134/2021 ha rimesso dalla sesta sezione in pubblica udienza per difetto di evidenza decisoria.
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Ragioni della decisione
1. – Con l’unico motivo si censura che il Tribunale di Ragusa abbia dichiarato inammissibile l’appello sull’assunto che le somme oggetto di contestazione fossero inferiori a Euro 1.100, con conseguente qualificazione della pronuncia del Giudice di pace come pronuncia secondo equita’ e quindi appellabile solo per i motivi ex articolo 339 comma 3 c.p.c. Si deduce violazione degli articoli 10, 12, 112, 339 c.p.c. nonche’ omesso esame circa fatti decisivi.
La parte censurata della sentenza e’ la seguente: “Secondo l’appellante il limite (della competenza per valore del giudice di pace) sarebbe superato (per le) somme dovute in relazione al punto 5 dell’ordine del giorno (lavori di ristrutturazione solaio garages: programmazione inizio interventi), ma in realta’ si tratta di lavori gia’ deliberati di cui viene stabilito il mero avvio con la delibera oggetto della presente impugnazione. Le somme contestate sono pertanto inferiori a Euro 1.100 con conseguente interpretazione della decisione del giudice di pace come posta in essere secondo equita’”. Il Tribunale si riferisce ad una precedente delibera del 17/02/2010, mentre le spese deliberate in altri punti all’or-dine del giorno non superano Euro 1.100.
Il ricorrente fa valere essenzialmente l’argomento che la contestazione deve intendersi riferita all’intera delibera e che quindi e’ il valore di questa a dover essere preso in considerazione ai fini della determinazione del giudice competente.
2.1. – Il motivo e’ fondato.
Come questa Corte ha avuto l’opportunita’ di mettere in evidenza (cfr. Cass. 9068/2022, che si richiama in particolare a Cass. 19250/2021), la giurisprudenza di legittimita’ e’ approdata recentemente al convincimento che, ai fini della individuazione del giudice competente per valore a conoscere della domanda di impugnazione di una delibera assembleare, ove si tratti di domanda proposta da un condomino al fine di contestare l’an o il quantum della quota di partecipazione alle spese condominiali a lui attribuita, il valore da prendere in considerazione non si commisura all’entita’ del singolo importo contestato, ma all’intero ammontare della spesa (della cui frazione in capo all’impugnante si controverte), cosi’ come risulta dal riparto approvato dall’assemblea del condominio. Tale convincimento ha determinato il superamento del precedente orientamento opposto, che determinava il valore della causa sulla base della singola frazione contestata dell’im-porto complessivo del relativo capo di spesa. Cosi’, tra le altre, per l’orientamento recentemente superato, Cass. 971/2001 in una fattispecie in cui si discuteva della ripartizione del 50% delle spese di pulizia secondo i piani in cui si trovano le unita’ immobiliari, mentre era incontestato l’altro 50% secondo i millesimi.
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2.2. – Entrambi gli orientamenti (il precedente e l’attuale) condividono il punto di partenza: cioe’, il collegamento tra ambito oggettivo del giudicato e competenza del giudice. Esso puo’ esprimersi in questi termini: sul diritto su cui il giudice e’ chiamato (dalla legge o dalle parti) a pronunciarsi con autorita’ di cosa giudicata, egli deve essere fornito di competenza. L’articolo 34 c.p.c. esprime tale collegamento nella maniera piu’ evidente (“Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti e’ necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest’ultimo”).
Il legame tra limiti oggettivi del giudicato e competenza del giudice e’ avvertito come cosi’ intenso, che talune autorevoli voci dottrinali lo hanno percorso addirittura in senso inverso: cioe’, dato un certo contenuto delle norme sulla competenza se ne sono tratte conseguenze sull’ambito oggettivo del giudicato in ipotesi in cui tale ambito e’ incerto ed oggetto di dibattito tra dottrina e giurisprudenza.
Esemplare e’ proprio il ruolo giocato dalla interpretazione della disposizione rilevante nel caso di specie: l’articolo 12 c.p.c. Secondo un’opinione classica della dottrina, da tale norma (“Il valore delle cause relative all’esistenza, alla validita’ o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che e’ in contestazione”) si dovrebbe poter desumere che, ove sia dedotta una singola coppia pretesa-obbligo che si fonda o che e’ parte di un rapporto complesso (ad es., una rata rispetto al credito nel suo complesso oppure uno o piu’ canoni di locazione rispetto al rapporto contrattuale nel suo complesso) e il convenuto si limiti a contestare l’esistenza o la validita’ del rapporto complesso, l’autorita’ di cosa giudicata si estende all’accertamento di tale rapporto, indipendentemente dal fatto che esso sia tratto ad oggetto ad oggetto di una esplicita domanda di accertamento incidentale ai sensi dell’articolo 34 c.p.c.
A tale opinione e’ opportuno giustapporre l’orientamento – in un certo senso opposto – della giurisprudenza di legittimita’. Opposto in questo senso: dato un certo ambito oggettivo del giudicato, se ne traggono conseguenze interpretative sull’articolo 12 c.p.c. Infatti, la giurisprudenza di legittimita’ sostiene che l’articolo 12 c.p.c. “subisce deroga” nell’ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad esaminare, con efficacia di giudicato, le questioni relative all’esistenza o alla validita’ del rapporto, che va, pertanto, preso in considerazione nella sua interezza e non gia’ solo nella parte contestata (cosi’ come vorrebbe l’articolo 12 c.p.c.) ai fini della determinazione del valore della causa (cosi’, fra le altre, Cass. 2737/2012, in una fattispecie in cui una parte aveva chiesto la restituzione di Euro 51.650 circa rispetto a un contratto del valore all’epoca di circa 265 milioni di lire).
2.3. – Applicando al caso di specie le considerazioni svolte nel paragrafo precedente, l’orientamento giurisprudenziale recentemente superato trovava corrispondenza in quella voce dottrinale di cui al penultimo capoverso del paragrafo precedente: dato un certo contenuto dell’articolo 12 c.p.c. se ne traevano conseguenze sull’ambito oggettivo del giudicato in tema di limiti oggettivi del giudicato delle impugnazioni di delibere condominiali (in tema di spese). Tale orientamento muoveva dalla considerazione che la pronuncia sulla controversia avente ad oggetto la ripartizione di una parte soltanto dell’ammontare della voce di spesa deliberata dall’assemblea contesta ex articolo 12 c.p.c. solo una parte del rapporto obbligatorio e quindi cio’ indica che non e’ investita con efficacia di giudicato la validita’ della delibera concernente la voce di spesa nella sua globalita’. Con le parole di Cass. 971/2001, cit.: “per determinare il valore della causa de(ve) farsi riferimento (…) a quella parte della delibera impugnata (50% dell’importo della spesa per l’im-presa di pulizie) sulla cui validita’ vi e’ contestazione tra le parti: la decisione in ordine a tale contestazione non comporta necessariamente una pronuncia – con efficacia di giudicato – di invalidita’ dell’intera delibera concernente la voce di spesa in questione”.
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Viceversa, l’orientamento recentemente affermatosi (Cass. 9068/2022, 19250/2021) e’ in linea con il generale orientamento giurisprudenziale sull’articolo 12 c.p.c. (cfr. il capoverso finale del paragrafo precedente), come infatti e’ stato espressamente osservato da Cass. 9068/2022: dato un certo ambito oggettivo del giudicato sulle delibere condominiali, se ne traggono conseguenze interpretative sull’articolo 12 c.p.c. (che quindi e’ messo fuori gioco). Cioe’: anche laddove la controversia cada solo sulla quota di partecipazione alle spese condominiali del singolo condomino, il valore della causa e’ da determinare “sulla base dell’atto impugnato e non sulla base dell’importo del contributo alle spese dovuto dall’attore in base allo stato di ripartizione” (cosi’, Cass. 9068/2022). Cio’ perche’ l’effetto di invalidazione della (eventuale) pronuncia di accoglimento dell’impugnazione proietta la propria efficacia sull’intera deliberazione ed opera nei confronti di tutti i condomini, come nei confronti di tutti loro continua ad operare l’obbliga-torieta’ ex articolo 1137 comma 1 c.c. in caso di rigetto dell’impugnazione.
2.4. – Giova a sostenere l’orientamento piu’ recente anche una specie di argomentazione che e’ orientata dapprima alla preferibilita’ delle sue conseguenze applicative e che poi, sulla base di tale opzione di convenienza pratica, ne seleziona il fondamento sistematico-giuridico o semplicemente legislativo. Ovviamente riveste un carattere relativo tale scansione logica dell’argomento tra un “dapprima pratico” e un “poi sistematico-giuridico”. Essa non implica infatti che ci si abbandoni ad un praticismo incompatibile con la tradizione del modo di pensare dei giuristi Europeo-continentali, prima che con il sistema del diritto positivo (italiano o di un altro paese di civil law). Tale scansione e’ preceduta pur sempre da una originaria ricognizione sistematica del diritto positivo che si conclude con l’accreditare come sistematicamente/dogma-ticamente o semplicemente legislativamente parimenti plausibili almeno due soluzioni. E’ l’esito ambivalente di siffatta ricognizione che legittima (dal punto di vista sistematico, non gia’ da un punto di vista praticistico) la scelta della soluzione preferibile in virtu’ delle sue conseguenze applicative.
Il ragionamento appena svolto entra in gioco per impostare la soluzione del problema di individuare il giudice competente a conoscere dell’impugnazione di una delibera assembleare, ove si tratti di una domanda giudiziale proposta da un condomino che contesta l’an o il quantum della quota di spese condominiali a lui attribuita.
In questa ipotesi, l’originaria ricognizione del diritto positivo muove – come si e’ visto – dal collegamento sistematico tra i limiti oggettivi del giudicato e la disciplina della competenza. Senonche’ si riscontrano incertezze, con piu’ soluzioni plausibili, sia sul fronte della delimitazione oggettiva del giudicato, che sul fronte della disciplina della competenza, a cagione del ruolo ambivalente che l’articolo 12 c.p.c. puo’ svolgere (sul punto si rinvia indietro, al paragrafo n. 2.2.).
A questo punto entra in campo legittimamente la scansione logica dell’argomento tra un “dapprima pratico” e un “poi sistematico-giuridico” o legislativo.
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Il dapprima pratico si risolve nel seguente rilievo. Pur se funzionali al rispetto della garanzia del giudice naturale precostituito per legge (articolo 25 Cost.), le questioni sulla competenza hanno da risolversi in limine litis, quindi in modo snello, allo stato degli atti e sulla base di una cognizione sommaria. Pertanto, la cognizione in tema di competenza deve potersi appuntare su aspetti di semplice, quasi automatica determinazione. Orbene, e’ evidente che, al fine di individuare il giudice competente per valore in materia di impugnazione di una delibera assembleare, ove si tratti di una domanda proposta da un condomino che contesta l’an o il quantum della quota di partecipazione alle spese condominiali a lui attribuita dalla delibera, sia piu’ semplice e automatico determinare il valore della causa sulla base dell’intero ammontare della somma oggetto della delibera e non gia’ sulla base della quota di spesa contestata dall’attore (che in concreto possono essere piu’ quote da sommare tra di loro, eccetera), altrimenti si corre il rischio che, per risolvere in limine litis la questione di competenza, si finisca per anticipare l’accertamento di merito relativo al se le quote sono effettivamente dovute o meno.
Effettuata la scelta della soluzione piu’ conveniente dal punto di vista pratico, la si puo’ ancorare alla ricostruzione sistematico-giuridica piu’ sintonica, tra le due che si contendono il campo su un piede di pari plausibilita’ (si tratta del “poi sistematico-giuridico”). E’ questo il modo in cui ha operato la giurisprudenza di legittimita’ nel passare dall’orien-tamento precedente a quello attuale, e cosi’ nel passare dalla tesi che delimitava l’ambito oggettivo del giudicato alla quota contestata alla tesi che commisura i limiti oggetti all’effetto invalidante che colpisce la delibera nel suo complesso.
2.5. – Inoltre, siffatta argomentazione orientata alle conseguenze consente di offrire all’orientamento giurisprudenziale piu’ recente un fondamento legislativo ulteriore. Le ragioni di semplificazione della decisione sulle questioni di competenza, cui si e’ accennato, trovano un ancoraggio legislativo robusto ed anche una base di razionalita’ notevole direttamente nell’articolo 38 comma 4 c.p.c. Infatti, disponendo che le decisioni sulle questioni di competenza valgono (di regola) ai soli fini della competenza (quindi non anche ai fini del merito, cosicche’ possono aver luogo sulla base di una cognizione sommaria), l’articolo 38 comma 4 c.p.c. ha inteso evitare di costringere il giudice ad anticipare l’accertamento di merito a cognizione piena, ove una medesima questione rilevi sia per la competenza del giudice che per il merito della causa. Cio’ orienta anche una interpretazione corrispondente di una disposizione in fondo ambigua (cfr. indietro, il paragrafo n. 2.2.) come l’articolo 12 c.p.c. In questo senso: al fine di individuare il giudice competente, la parte contestata del rapporto obbligatorio finisce con l’identificarsi con la delibera di spesa nel suo complesso, mentre ai fini del merito la contestazione si appunta sulle singole quote di spesa chiamate in causa dal condomino impugnante. Alternativamente si puo’ radicalmente argomentare che in tal caso l’articolo 12 c.p.c. subisce deroga, sulla falsariga dell’orien-tamento giurisprudenziale affermatosi nell’ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad esaminare, con efficacia di giudicato, le questioni relative all’esistenza o alla validita’ del rapporto nel suo complesso, ancorche’ sia contestata praticamente solo una parte di esso.
La prova del nove si ha ritornando in conclusione a riflettere sul caso di specie. La semplificazione decisoria apportata dal criterio che si conferma si apprezza particolarmente qui, ove il Tribunale ha per l’appunto affrontato una questione di merito (l’essere una certa spesa gia’ stata deliberata da una precedente assemblea di condominio) per risolvere una mera questione di competenza.
3. – Il ricorso e’ accolto, la sentenza e’ cassata in relazione al motivo accolto, la causa e’ rinviata al Tribunale di Ragusa, in persona di diverso magistrato, al quale e’ demandata altresi’ la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, rinvia la causa al Tribunale di Ragusa, in persona di diverso magistrato, al quale demanda altresi’ di liquidare le spese del giudizio di legittimita’.
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