Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 10968.
In tema di diffida ad adempiere l’unico onere che grava sulla parte intimante è quello di fissare un termine
In tema di diffida ad adempiere, l’unico onere che, ai sensi dell’art. 1454 c.c., grava sulla parte intimante è quello di fissare un termine entro cui l’altra dovrà adempiere alla propria prestazione, pena la risoluzione “ope legis” del contratto, non tollerando un ulteriore ritardo nell’adempimento; di talché, qualora il contraente intimi con la diffida una somma superiore all’intero importo dovuto in base al contratto, quest’ultima non determina la risoluzione del contratto, giacché in tal caso è l’intimante che non intende adempiere al contratto.
Ordinanza|| n. 10968. In tema di diffida ad adempiere l’unico onere che grava sulla parte intimante è quello di fissare un termine
Data udienza 18 ottobre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: risoluzione – OPERE E LAVORI PUBBLICI – APPALTO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente
Dott. MELONI Marina – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3363/2017 proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. presso l’avv. (OMISSIS) dal quale e’ rappres. e difesa, con procura speciale in calce al ricorso;
– Ricorrente –
contro
MINISTERO delle INFRASTRUTTURE e dei TRASPORTI – PROVVEDITORATO alle OPERE PUBBLICHE per la LOMBARDIA e la LIGURIA – in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. presso l’Avvocatura dello Stato dalla quale sono rappres. e difesi;
– Controricorrente –
avverso la sentenza n. 2763/2016, della CORTE D’APPELLO di MILANO, pubblicata il 30.6.2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/10/2022 dal Cons. rel., Dott. CAIAZZO ROSARIO.
In tema di diffida ad adempiere l’unico onere che grava sulla parte intimante è quello di fissare un termine
RILEVATO
CHE:
La (OMISSIS) spa, in proprio e quale capogruppo dell’ (OMISSIS) costituita con (OMISSIS) srl (poi fallita) e (OMISSIS) srl, convenne innanzi al Tribunale di Milano il Ministero delle Infrastrutture e dei Lavori pubblici – Provveditorato interregionale alle opere pubbliche per la Lombardia e la Liguria – esponendo: di essersi aggiudicata l’appalto dei lavori di costruzioni della nuova caserma dei c.c. e della palazzina alloggi di Oggiono, per il corrispettivo a corpo di Euro 1.785.122,67 oltre oneri per la sicurezza; che i lavori furono consegnati il 7.4.10, con l’iscrizione di 23 riserve sul registro della contabilita’ del 4.8.10 per l’importo complessivo di Euro 177.084,73; che a seguito dell’emissione del primo s.a.l. il 26.7.10, per la somma di Euro 437.502,00 e del relativo certificato di pagamento, l’ente appaltante, con nota del 5.10.10, aveva comunicato al RUP che non era possibile effettuare il pagamento in quanto non vi era disponibilita’ di bilancio, nonostante fosse stata formulata la relativa richiesta il 21.6.10, indisponibilita’ confermata dalla committente al provveditorato; di aver comunicato in data 7.10.10 la sospensione dei lavori ex articolo 1460 c.c., con successiva diffida della committente al pagamento di quanto dovuto nel termine di gg. 15, ex articolo 1454 c.c..
Pertanto, la societa’ attrice, dando atto dell’intervenuto tardivo pagamento, in data 15.12.2020, da parte del Comune, del solo importo del s.a.l. n. 1, precisava le proprie conclusioni nella memoria istruttoria, chiedendo la pronuncia di risoluzione contrattuale ex articolo 1454 c.c. o, in subordine, ex articolo 1453 c.c., e la condanna dell’ente appaltante al pagamento del decimo dei lavori non eseguiti, dei lavori eseguiti valutati ai prezzi di mercato, oltre interessi Decreto Ministeriale n. 145 del 2000, ex articoli 29 e 30 nonche’ al pagamento della somma di Euro 177.084,73 oggetto delle riserve iscritte.
Si costitui’ il Ministero eccependo l’infondatezza della domanda e chiedendo in via riconvenzionale l’accertamento della legittimita’ della risoluzione contrattuale in danno dell’appaltatrice e la condanna della societa’ attrice al risarcimento dei danni, con riserva di agire in separato giudizio per determinarne il quantum.
Con sentenza del 18.7.12, il Tribunale, tenuto conto delle risultanze dell’a.t.p., accerto’ e dichiaro’ la risoluzione del contratto d’appalto per colpa della (OMISSIS) spa, rigettando le domande dell’attrice, escluso per il valore residuo delle opere realizzate sino alla sospensione dei lavori, nonche’ in ordine alle riserve; pertanto, il Ministero fu condannato al pagamento, in favore dell’attrice, della somma complessiva di Euro 368.558,12 oltre interessi legali e moratori ex Decreto Ministeriale n. 145 del 2000. Al riguardo, il Tribunale ritenne non grave l’inadempimento dell’appaltante per l’esiguita’ del ritardo nel pagamento dell’acconto e, pur risolvendo il contratto per colpa dell’appaltatrice che aveva interrotto i lavori, condanno’ l’appaltante a pagare la suddetta somma per i lavori eseguiti sino alla stessa risoluzione giudiziale.
Con citazione notificata nel 2015 la (OMISSIS) spa appello’ la sentenza suddetta invocando la pronuncia della risoluzione ex articolo 1454 c.c. o, in subordine, ex articolo 1453 c.c., per grave inadempimento della committente con condanna di quest’ultima al pagamento della somma di Euro 563.473,92 oltre interessi. Si costitui’ il Ministero proponendo appello incidentale.
Con sentenza depositata il 30.6.16, la Corte d’appello rigetto’ l’appello principale e l’incidentale, osservando che: il motivo di gravame concernente la ritenuta inefficacia della diffida ad adempiere era infondato in quanto, come rilevato dall’appellata, la norma speciale applicabile ratione temporis era il Decreto Legislativo n. 163 del 2006, articolo 133, comma 1, secondo cui “in caso di ritardo nell’emissione dei certificati di pagamento. nei termini stabiliti nel contratto che non devono comunale superare quelli fissati dal regolamento di cui all’articolo 5, spettano all’esecutore dei lavori gli interessi.. ferma restando la sua facolta’, trascorsi i termini di cui sopra o nel caso in cui l’ammontare delle rate d’acconto, per le quali non sia stato tempestivamente emesso il certificato o il titolo di spesa, raggiunga il quarto dell’importo netto contrattuale, di agire ex articolo 1460 c.c. ovvero, previa costituzione in mora dell’amministrazione e trascorsi 60 gg. dalla costituzione in mora, di promuovere il giudizio arbitrale per la risoluzione del contratto”; dalla a.t.p. risultava che, alla data dell’interruzione dei lavori, il 10.10.10, il mancato pagamento dei lavori eseguiti per il primo s.a.l. e la mancata emissione del secondo s.a.l. consentiva all’ (OMISSIS) di richiedere la risoluzione contrattuale per colpa dell’amministrazione; il corretto iter di risoluzione negoziale consisteva nel previo atto di messa in mora e nel successivo atto introduttivo del giudizio, decorso l’intervallo temporale di 60 gg.; se si fosse proceduto in tal modo, sarebbe stato possibile evitare la lite giudiziaria, dato che l’ordine di pagamento del primo s.a.l. era del 15.12.10; tali ragioni permettevano di ritenere assorbito l’esame del motivo afferente alla dedotta violazione degli articoli 1453 e 1455 c.c., circa la gravita’ dell’inadempimento ascritto alla parte committente, e del Decreto Legislativo n. 163 del 2006, suddetto articolo 133; per il sopravvenuto pagamento dell’acconto, erano venuti meno i presupposti della risoluzione negoziale; il rigetto della domanda di risoluzione comportava anche il rigetto delle domande relative al decimo dell’importo dei lavori non eseguiti; quanto alle riserve iscritte, sub nn. 3 e 13, dalla a.t.p. si evinceva la loro infondatezza; circa l’appello incidentale, il convenuto aveva modificato la domanda in ordine al risarcimento dei danni, da ritenere tardiva; comunque la domanda risarcitoria della parte convenuta era infondata.
La (OMISSIS) spa ricorre in cassazione con tre motivi, illustrati con memoria. Il Ministero si e’ costituito con controricorso.
RITENUTO
CHE:
Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1454 c.c. e Decreto Legislativo n. 163 del 2006, articolo 133 per aver la Corte d’appello respinto la domanda di risoluzione contrattuale sia perche’ la somma richiesta nella diffida ad adempiere era maggiore di quella dovuta a titolo di corrispettivi per i lavori eseguiti alla data della sospensione dei lavori, sia perche’ il procedimento seguito era inapplicabile alla fattispecie, disciplinata invece da quello di cui al predetto articolo 133. Al riguardo, la ricorrente assume che alla data della diffida il credito era comunque sussistente (non esistendo alcuna norma che statuisca l’inefficacia di tale diffida nel caso in cui l’importo effettivo a credito sia inferiore a quello intimato, ovvero che imponga la corrispondenza tra i due importi).
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 1453, 1455 e 1460 c.c., anche in relazione al Decreto Legislativo n. 163 del 2006, articoli 133 e 136, del Decreto Ministeriale n. 145 del 2000, articoli 29 e 30 per aver il giudice di secondo grado omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata di risoluzione per inadempimento ex articolo 1453 c.c., erroneamente ritenuta assorbita dalla statuizione circa l’applicabilita’ esclusiva delle norme speciali sull’appalto di opere pubbliche.
Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articolo 122 come interpretato dalla consolidata giurisprudenza, per aver la Corte d’appello rigettato la domanda di risoluzione contrattuale, escluso anche il diritto della ricorrente al pagamento del decimo dell’importo dei lavori non eseguiti.
Il primo motivo e’ fondato, come desumibile anche dalla difesa di parte controricorrente. Va osservato che al momento della emissione del primo s.a.l. (luglio-ottobre 2010), l’amministrazione si rese inadempiente per mancanza di somme in cassa; in data 12 ottobre 2010, l’impresa (OMISSIS) notifico’ alla committente una diffida ad adempiere ex articolo 1454 c.c., per l’importo di Euro 1.000.000,00, somma – secondo un calcolo approssimativo, dovuto anche alla mancata emissione del secondo s.a.l., quindi alla mancata parziale contabilizzazione del corrispettivo da parte della PA – spettante all’appaltatrice alla data della diffida. Gia’ abbondantemente decorsi i 15 giorni (a risoluzione, pertanto, avvenuta), ossia in data 15 dicembre 2010, l’amministrazione pago’ il primo s.a.l. per Euro 437.502,00. La c.t.u. espletata in corso di giudizio accerto’ che al momento dell’invio della diffida ex articolo 1454 c.c. (12 ottobre 2010) la (OMISSIS) spa era creditrice, per opere eseguite, comprese nel primo e secondo s.a.l., di Euro 808.258,95, inferiore alla somma di Euro 1.000.000, 00 intimata.
Su tali presupposti, la Corte territoriale, pur ritenendo che la (OMISSIS) spa (in qualita’ di capogruppo dell’ (OMISSIS)) avrebbe potuto “richiedere la risoluzione del contratto per colpa dell’amministrazione”, ha affermato l’infondatezza della pretesa creditoria, perche’ la somma ingiunta con la diffida era superiore all’importo dovuto a tale momento, a fronte – si badi – di un contratto (iva compresa) di Euro 1.850.959,24 (p. 11 del ricorso), per cui la somma a quel momento spettante all’impresa (oltre Euro 800.00,00) era quasi la meta’ dell’importo dell’intero appalto.
La Corte ha ritenuto altresi’ che la risoluzione negoziale ex articolo 1454 c.c. sarebbe inammissibile, dovendo applicarsi, nella specie, la sola norma di cui al Decreto Legislativo n. 163 del 2006, articolo 133 e che, di conseguenza, la domanda subordinata ex articolo 1453 c.c. resterebbe assorbita dal rigetto della principale.
Tale assunto della Corte territoriale e’ del tutto erroneo. Invero, in tema di diffida ad adempiere, l’unico onere che, ai sensi dell’articolo 1454 c.c., grava sulla parte intimante e’ quello di fissare un termine entro cui l’altra dovra’ adempiere alla propria prestazione, pena la risoluzione ope legis del contratto, poiche’ la ratio della norma e’ quella di fissare con chiarezza la posizione delle parti rispetto all’esecuzione del negozio, mediante un formale avvertimento alla parte diffidata che l’intimante non e’ disposto a tollerare un ulteriore ritardo nell’adempimento (Cass. 27530/2016; Cass. 3477/2012).
Nel solo caso in cui il contraente intimi con la diffida una somma superiore – non a quella dovuta al momento della diffida, come nella specie – bensi’ all’intero importo dovuto in base al contratto, la diffida ex articolo 1454 c.c. non determina la risoluzione del contratto (Cass. 20742/2012; Cass. 25736/2017, entrambe relative a diffide intimanti il pagamento di somme eccedenti quanto dovuto in base al contratto preliminare), giacche’ in tal caso e’ l’intimante che non intende adempiere il contratto.
Nel caso di specie – come riferisce la stessa sentenza impugnata (p. 5) – “non si e’ trattato affatto di una diffida intimante un prezzo superiore a quello concordato”; quanto alla pretesa esclusivita’ del rimedio risolutorio Decreto Legislativo n. 163 del 2006, ex articolo 133 tale ulteriore assunto della Corte di merito e’ parimenti infondato. Ed invero, in tema di appalto di opere pubbliche, le disposizioni speciali dettate con riferimento alle ipotesi di inadempimento del contratto di appalto (come quelle di cui agli articoli 1662, 1667, 1668 e 1669 c.c., Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 35, u.c. oggi sostituito dal Decreto Legislativo n. 163 del 2006) integrano, senza peraltro sostituirli, i principi generali dettati dal legislatore in tema di mancato adempimento e di risoluzione del negozio di cui agli articoli 1453 ss. c.c..
Da cio’ consegue – quanto, in particolare, alla citata disposizione Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, ex articolo 35 – che tale, speciale rimedio risolutorio sia bensi’ esperibile a prescindere dalla non scarsa importanza dell’inadempimento e pur quando quest’ultima condizione non ricorra, ma che tornino ad applicarsi, per converso, le disposizioni generali di cui agli articoli 1453 e 1455 c.c. ove l’imprenditore non possa invocare i (piu’ favorevoli) presupposti della norma speciale (Cass. 12416/2004; Cass. 12162/2007).
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo e terzo motivo di ricorso.
Per quanto esposto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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