In tema di dichiarazione di fallimento di una società

Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 15 ottobre 2020, n. 22290.

In tema di dichiarazione di fallimento di una società, ai fini del rispetto del termine previsto dall’art. 10 l.fall. l’iscrizione nel registro delle imprese del decreto con cui il giudice del registro, ai sensi dell’art. 2191 c.c., ordina la cancellazione della pregressa cancellazione della società già iscritta, fa presumere sino a prova contraria la continuazione dell’attività d’impresa, atteso che il rilievo di regola solo dichiarativo della pubblicità comporta che l’iscrizione del detto decreto rende opponibile ai terzi l’insussistenza delle condizioni che avevano dato luogo alla cancellazione della società alla data in cui questa era stata iscritta e determina altresì, con effetto retroattivo, il venir meno dell’estinzione della società per non essersi questa effettivamente verificata.

Ordinanza 15 ottobre 2020, n. 22290

Data udienza 22 luglio 2020

Tag/parola chiave: Fallimento – Dichiarazione di fallimento – Società – Cancellazione – Termine – Art.10 l. fall. –

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 23012-2018 proposto da:
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA SOCIETA’ (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del curatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1187/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 15/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.
RILEVATO
che:
la corte d’appello de L’Aquila ha respinto il reclamo della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione avverso la sentenza del tribunale di Teramo che ne aveva dichiarato il fallimento su istanza dell’Agenzia delle Entrate Riscossione;
la societa’ ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un solo motivo, illustrato da memoria;
la curatela del fallimento e la creditrice istante hanno replicato con distinti controricorsi.
CONSIDERATO
che:
I. – con l’unico motivo la ricorrente denunzia la violazione o errata applicazione dell’articolo 10 L. Fall., e il contrasto tra chiesto e pronunciato, in quanto la societa’ era stata cancellata dal registro delle imprese l’8-11-2016 e la sentenza dichiarativa del fallimento era sopravvenuta il 17-11-2017; eccepisce che non poteva essere attribuita rilevanza al provvedimento successivo di cancellazione della cancellazione, poiche’ questo era intervenuto su ricorso (ex articolo 2191 c.c.) successivo al reclamo, donde non avrebbe potuto esser considerato dalla corte d’appello in base al principio di inammissibilita’ dei nova;
II. – il ricorso e’ manifestamente infondato;
in base a un principio da tempo affermato in giurisprudenza, rispetto alla dichiarazione di fallimento di una societa’ e ai fini del rispetto del termine di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese previsto dall’articolo 10 L. Fall., l’iscrizione del decreto con cui il giudice del registro, ai sensi dell’articolo 2191 c.c., ordina la cancellazione della pregressa cancellazione della societa’ gia’ iscritta nello stesso registro, fa presumere sino a prova contraria la continuazione delle attivita’ d’impresa; questo perche’ il rilievo di regola solo dichiarativo della pubblicita’, se avvenuta in assenza delle condizioni richieste dalla legge, comporta che la iscrizione del decreto, emanato ex articolo 2191 c.c., determina l’opponibilita’ ai terzi della insussistenza delle condizioni che avevano dato luogo alla cancellazione della societa’ alla data in cui questa era stata iscritta e, di conseguenza, la stessa cancellazione, con effetto retroattivo, della estinzione della societa’, per non essersi questa effettivamente verificata (v. Cass. Sez. U n. 8426-10);
ne deriva che non e’ di ostacolo l’altrettanto generale principio di immediata estinzione della societa’ per effetto della cancellazione dal registro delle imprese a norma dell’articolo 2495 c.c., atteso che la legge di riforma del diritto delle societa’ non ha modificato la residua disciplina della pubblicita’ nel registro delle imprese, e atteso che a sua volta il termine di un anno, prescritto dall’articolo 10 L.F. ai fini della dichiarazione di fallimento, per quanto decorra, tanto per gli imprenditori individuali quanto per quelli collettivi, dalla cancellazione dal registro delle imprese, fa rimaner salva la dimostrazione di una continuazione di fatto dell’impresa anche successivamente (v. Cass. n. 8033-12); cosicche’ infine il provvedimento del giudice del registro che dispone la cancellazione della previa iscrizione della cancellazione della societa’, viene a porsi come decisivo indice sintomatico in tal senso;
III. – la corte d’appello de L’Aquila, osservando che il giudice del registro delle imprese aveva accolto l’istanza della curatela del fallimento e disposto, con decreto del 22-2-2018, la cancellazione dell’iscrizione con la quale la societa’ era stata appunto cancellata dal registro, appare allineata ai sopra detti principi; e non puo’ affermarsi che cosi’ facendo, nel valorizzate cioe’ tale sopravvenienza, essa abbia violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, poiche’ il detto principio attiene alla domanda, non anche alle risultanze istruttorie; le quali risultanze invece ben possono essere esaminate dal giudice del reclamo senza specifiche limitazioni;
al reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento non si applicano, difatti, per la sua specialita’, i limiti previsti in tema di appello dagli articoli 342 e 345 c.p.c., poiche’ il relativo procedimento e’ caratterizzato da un effetto devolutivo pieno (per tutte Cass. 26771-16) che semplicemente non puo’ estendersi all’ipotesi in cui si sia gia’ verificata una decadenza da una eccezione nel corso della prima fase del giudizio; il che, pero’, nella specie non e’ dedotto e non e’ neppure astrattamente ipotizzabile;
il ricorso va quindi rigettato e le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida per ciascuno dei controricorrenti in 5.100,00 EUR, di cui 100,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

 

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