Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 novembre 2020| n. 25677.

In tema di condominio negli edifici, l’introduzione di una domanda di rimozione di un’opera realizzata in esecuzione di una deliberazione dell’assemblea condominiale, in aggiunta a quella originaria di impugnazione ex art. 1137 cod. civ., costituisce, domanda “nuova”, come tale non ammessa dall’art. 183 cod. proc. civ. supponendo, del resto, la modificazione permessa nei limiti della vicenda sostanziale dedotta in giudizio che la domanda iniziale rimanga unitaria nei propri elementi fondamentali, oppure che la domanda diversa, comunque, non si aggiunga alla prima, ma la sostituisca, ponendosi, rispetto a quella, in un rapporto di alternatività.

Ordinanza|13 novembre 2020| n. 25677

Data udienza 22 ottobre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Condominio – Impugnazione di delibera – Effetto costitutivo – caducatorio – Legittimato passivo è l’amministratore di condominio – Azione di rimozione di un’opera su parte comune del condominio – Natura reale – Introduzione di domanda di rimozione dell’opera – Domanda nuova – Inammissibile ex art. 183 cpc

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE SECONDA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 18674-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 960/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 09/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza 9 maggio 2019, n. 960/2019, resa dalla Corte d’appello di Palermo.
Gli intimati Condominio di (OMISSIS), e (OMISSIS) non hanno svolto attivita’ difensive.
La Corte d’appello di Palermo ha rigettato il gravame avanzato da (OMISSIS) contro la pronuncia resa in primo grado il 20 ottobre 2014 dal Tribunale di Palermo. Il Tribunale aveva accolto l’impugnazione della Delib. assembleare 15 novembre 2011 approvata dal Condominio di (OMISSIS), inerente all’uso di una parte comune per l’installazione di un impianto fotovoltaico, dichiarando pero’ inammissibile la domanda di rimozione dello stesso, perche’ tardivamente proposta. Nel corso del giudizio di primo grado era intervenuto anche il condomino (OMISSIS), aderendo all’impugnazione della Delib. formulata dall’attore (OMISSIS). La Corte di Palermo, pur avendo corretto la motivazione del primo giudice, dopo aver constatato che la pretesa di rimozione dell’impianto era stata avanzata dall’attore (OMISSIS) con la memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1 (e non n. 2), ha comunque evidenziato come tale domanda desse luogo ad una mutatio libelli, non consentita in sede di appendice scritta dell’udienza di trattazione.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1, concernendo la domanda di rimozione dell’impianto fotovoltaico non una domanda nuova, quanto “una rettifica concernente l’intervenuta esecuzione, nelle more, dell’impianto fotovoltaico”, oggetto della Delib. annullata.
Il secondo motivo di ricorso allega la violazione dell’articolo 91 c.p.c., dovendo essere le spese processuali poste a carico del Condominio soccombente.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Il ricorrente ha presentato memoria.
Il primo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
L’impugnazione di una deliberazione dell’assemblea di condominio, ai sensi dell’articolo 1137 c.c., quale quella in origine proposta dal condomino (OMISSIS) avverso la Delib. 15 novembre 2011 del Condominio di (OMISSIS), da’ luogo ad un’azione, per cosi’ dire, “costitutiva-caducatoria” (arg. da Cass. Sez. 2, 26/03/2009, n. 7369), che ha ad oggetto l’invalidita’ della decisione presa dall’assemblea e che vede quale unico legittimato passivo l’amministratore di condominio.
L’azione, con la quale il condominio di un edificio chiede, invece, la rimozione di opere, che altro condominio abbia effettuato sulla cosa comune in violazione della disciplina dettata dagli articoli 1102, 1120 e 1122 c.c., ha natura reale (Cass. Sez. 2, 16/03/1981, n. 1455) e deve essere proposta nei confronti di tutti gli altri partecipanti al condominio stesso, come ogni altra azione che tenda all’adempimento di un obbligo positivo inerente a diritti reali, non potendo essere tenuto alla rimozione dell’opera il comproprietario dell’immobile il quale non sia stato parte del processo che abbia ordinato la stessa.
L’introduzione di una domanda di rimozione di un’opera realizzata in esecuzione di una deliberazione dell’assemblea condominiale, in aggiunta a quella originaria di impugnazione ex articolo 1137 c.c., costituisce, pertanto, domanda “nuova”, come tale non ammessa dall’articolo 183 c.p.c. (nella specie, peraltro, proposta nella memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1, che non ammette la proposizione di alcuna ulteriore domanda), supponendo, del resto, la modificazione permessa nei limiti della vicenda sostanziale dedotta in giudizio (come illustrato da Cass. Sez. U, 15/06/2015, n. 12310) che la domanda iniziale rimanga unitaria nei propri elementi fondamentali, oppure che la domanda diversa, comunque, non si aggiunga alla prima, ma la sostituisca, ponendosi, rispetto a quella, in un rapporto di alternativita’ (vedi anche Cass. Sez. 3, 26/06/2018, n. 16807).
E’ di conseguenza infondato anche il secondo motivo, in quanto la condanna al rimborso delle spese processuali del grado di giudizio irrogata all’appellante (OMISSIS) si rivela conforme al principio generale di cui all’articolo 91 c.p.c..
Il ricorso va percio’ rigettato. Non occorre provvedere per le spese del giudizio di cassazione, in quanto gli intimati non hanno svolto attivita’ difensive.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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