Corte di Cassazione, civile, Sentenza|26 gennaio 2022| n. 2299.
In tema di comunione “pro indiviso” di beni immobili, sono irrilevanti i principi elaborati in materia di assemblea condominiale, sia in ragione della diversità delle regole afferenti alla convocazione e allo svolgimento dell’assemblea, sia della facoltà, concessa ai comunisti, di risolvere ogni questione attraverso l’esercizio del diritto potestativo di richiesta di divisione del bene, sicché le deliberazioni adottate dall’assemblea dei comunisti non possono essere impugnate per il vizio di eccesso di potere assembleare o per conflitto di interesse, ma esclusivamente per le ragioni indicate dall’art. 1109 c.c.
Sentenza|26 gennaio 2022| n. 2299. In tema di comunione “pro indiviso” di beni immobili
Data udienza 27 ottobre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Comproprietà indivisa di bene – Applicazione delle regole della comunione – Delibere di rinnovo della locazione di parti dell’immobile a terzi – Eccesso di potere assembleare – Sussistenza in caso di pregiudizio del bene comune – Inapplicabilità del vizio alle assemblee dei comunisti – Differenza tra condominio e comunione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27345-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1919/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/10/2021 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN;
lette le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa CERONI FRANCESCA.
In tema di comunione “pro indiviso” di beni immobili
FATTI DI CAUSA
Con separati atti di citazione (OMISSIS) impugnava le deliberazioni adottate dall’assemblea dei comunisti, titolari di un palazzo sito nel centro di (OMISSIS), il 18.6.2002 e 9.10.2003 ed evocava gli altri comproprietari (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avanti il Tribunale di Verona per sentir dichiarare nulle od annullare le dianzi citate delibere assembleari afferenti la decisione di rinnovare la locazione di parte dei locali, siti nello stabile in proprieta’ comune, alla srl (OMISSIS).
Resistettero tutti i soggetti evocati, contestando la domanda ed il Tribunale scaligero ebbe a rigettare la pretesa mossa dalla (OMISSIS), che gravo’ la sentenza sfavorevole avanti al Corte d’Appello di Venezia.
La Corte serenissima ebbe a rigettare l’appello principale della (OMISSIS) ed accolse quello incidentale mosso dagli appellati in punto condanna alle spese dell’originaria attrice.
Osservava il Collegio marciano come non poteva configurarsi la dedotta ipotesi di eccesso di potere della maggioranza assembleare – i comproprietari favorevoli alla nuova locazione erano collegati da legami di parentela con i soci della societa’ conduttrice – poiche’ locato il bene a canone assai inferiore a quello di mercato, posto che in concreto non concorreva pregiudizio per la comunione e nemmeno travalicamento dei poteri dell’assemblea.
Inoltre la Corte lagunare osservava come il canone locativo di favore trovava giustificazione in ragione della circostanza di fatto che i locali locati erano cosi’ tenuti in buono stato di manutenzione rispetto al degrado, in cui versava la restante parte dell’edificio comune lasciato sfitto.
La (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza resa dalla Corte marciana articolato su sei motivi, illustrato anche con memoria.
I consorti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) resistono con controricorso, illustrato anche con nota difensiva.
(OMISSIS), benche’ ritualmente citato, e’ rimasto intimato.
All’odierna pubblica udienza, in difetto di istanza di discussione, acquisite le conclusioni del P.G. nella persona della Dott. Francesca Cerroni – inammissibilita’ o rigetto del ricorso – il Collegio ha adottato decisione siccome illustrato nella presente sentenza.
In tema di comunione “pro indiviso” di beni immobili
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto dalla (OMISSIS) appare privo di pregio giuridico e va rigettato.
In limine deve la Corte rilevare l’infondatezza dell’eccezione di tardiva proposizione del ricorso sollevata dai resistenti.
Difatti la questione posta si fonda sull’osservazione che la sentenza resa dalla Corte marciana fu notificata al difensore della controparte a sensi del R.Decreto Legge n. 37 del 1934, articolo 82 non avendo questi eletto domicilio nel circondario di Venezia sede del Giudice d’appello.
Tuttavia parte resistente appare dimentica dell’insegnamento di questa Corte – Cass. SU n. 10143/12 – che in presenza di specificazione nell’atto di costituzione in giudizio d’appello dell’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore comunicata all’Ordine professionale – come nella specie – trova applicazione la disposizione L. n. 183 del 2011, ex articolo 25 sicche’ la modalita’ di notifica prevista ex articolo 82 L.p. diviene residuale ed applicabile solo se non indicato detto indirizzo di posta elettronica.
Con la prima ragione di doglianza la ricorrente lamenta nullita’ della sentenza per violazione delle norme ex articolo 132 c.p.c., comma 2, articolo 118 disp. att. c.p.c. e articolo 111 Cost., posto che la decisione resa dalla Corte lagunare era manoscritta con grafia di difficilissima lettura.
La dedotta nullita’ non sussiste ed il richiamo all’arresto di questo Supremo Collegio del 2016 appare inconferente posto che, non solo, la motivazione manoscritta appare decifrabile normalmente, ma la stessa parte ricorrente la ritrascrive nel suo ricorso con solo il dubbio interpretativa su alcune parole.
Con la seconda ragione di doglianza la ricorrente lamenta violazione delle regole di diritto portate dagli articoli 101 e 184 c.p.c., in quanto la Corte serenissima ha ritenuto legittima la produzione documentale operata dalla contro parte una volta scaduto il termine perentorio previsto, benche’ detta produzione non attinente affatto alle difese da essa impugnante svolte, come malamente ritenuto dai Giudici lagunari.
La censura s’appalesa priva di pregio giuridico posto che si compendia nella mera proposizione di tesi difensiva alternativa rispetto a quanto ritenuto dal Collegio marciano in ordine alla natura di risposta a contestazioni avanzate, nelle memorie ex articolo 184 c.p.c., dall’originaria attrice.
In tema di comunione “pro indiviso” di beni immobili
Inoltre, come sottolineato dal P.G., la critica appare peccare di non autosufficienza posto che la ricorrente si limita ad argomentazione astratta senza specificatamente indicare il contenuto dei documenti in questione e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.
Con il terzo mezzo d’impugnazione la (OMISSIS) denunzia violazione del disposto ex articolo 1102, 1105, 1108, 1109, 1137, 1175 e 1375 c.c. con relazione alla figura dell’eccesso di potere in ambito di assemblea condominiale, posto che la Corte veneta ha malamente ricostruito l’istituto senza richiami specifici alla fattispecie, ma solo con argomentazione dogmatiche astratte che non colgono l’effettivita’ della situazione, nel cui ambito essa impugnante risulta espropriata del suoi diritti di comunista dall’azione della maggioranza degli altri comproprietari legata da vincoli di parentela con i soci della societa’ conduttrice, beneficata con un canone locativo assai inferiore a quello di mercato, come accertato dal consulente tecnico.
Con la quarta doglianza la ricorrente deduce omesso esame di fatto decisivo per il giudizio rappresentato dal fatto che i Giudici veneti hanno omesso di considerare che i lavori di restauro degli ambienti locati erano stati effettuati a spese di tutti i comunisti e, non gia’, dalla societa’ conduttrice, sicche’ erroneamente il ridotto canone di locazione e’ stato correlato a detta opera di manutenzione straordinaria.
Con il quinto mezzo d’impugnazione la (OMISSIS) ha invocato la violazione del disposto ex articolo 2373 c.c. – norma in tema di societa’ ma applicabile anche al condominio – in quanto la Corte lagunare ha escluso la concorrenza del conflitto d’interessi alla base del denunziato eccesso di potere assembleare, posto che alcuni dei soci della societa’ conduttrice risultano comproprietari del bene locato senza considerare che detto conflitto si configura anche nel caso di interesse mediato, nella specie lumeggiato dai rapporti di stretta parentela tra soci e comunisti.
I tre motivi dianzi sunteggiati possono esser trattati unitariamente in ragione della soluzione adottata da questa Corte.
I Giudici di merito hanno dato soluzione alla causa applicando l’istituto dell’eccesso di potere assembleare che, consolidato insegnamento di questo Supremo Collegio, ha ammesso anche in relazione alle deliberazioni dell’assemblea del condominio negli edifici, mutuandolo dalla disciplina in tema di delibere delle societa’ commerciali.
E proprio sulla scorta di detto insegnamento la Corte marciana ha puntualmente esaminata la questione di causa ed escluso che le deliberazioni impugnate palesavano detto vizio di legittimita’ in quanto non concorreva il richiesto pregiudizio del bene comune, ne’ che l’assemblea aveva esorbitato dall’ambito delle materie alla stessa demandate.
La critica portata si compendia in buona sostanza nella contrapposizione alla valutazione operata dal Collegio marciano di propria tesi interpretativa del compendio probatorio al fine d’individuare invece la concorrenza del dedotto eccesso di potere.
Reputa invece questo Collegio come, in radice, la questione non poteva esser configurata nella fattispecie, una volta accertato che si verte in tema di assemblea dei comunisti, ex articolo 1109 c.c. e, non gia’, di condomini ex articolo 1136 c.c.
Difatti e’ dato pacifico che le parti in causa, non gia’, sono titolari di ente esclusivo allogato in edifico condominiale, bensi’ sono titolari della comproprieta’ indivisa di uno stabile sito in (OMISSIS), ossia si verte in tema di comunione di diritti reali regolata dalle norme ex articolo 1100 c.c. usque articolo 1116 c.c.
In tema di comunione “pro indiviso” di beni immobili
Detto accertamento fattuale comporta che la questione dell’eccesso di potere assembleare non possa in radice porsi stante l’ontologica diversita’ delle situazioni afferenti la comunione del diritto reale di proprieta’ su un bene immobile ed il condominio negli edifici.
Difatti come reso evidente dalla disciplina codicistica in materia, il condominio negli edifici si configura come ente di gestione governato da amministratore ed assemblea dei condomini – ciascun organo secondo le proprie attribuzioni individuate dalla legge – posto che la comunione delle parti comuni dell’edificio si pone siccome contitolarita’ necessaria, in quanto dipendente dalla titolarita’ dell’ente in signoria esclusiva. Ed in tale prospettiva appare coerente il ricorso a figure proprie del governo delle persone giuridiche, specie le societa’ commerciali, in relazione alle quali e’ disciplinato l’istituto del conflitto d’interessi e dell’eccesso di potere assembleare, situazione questa configurata come limite al controllo di legittimita’ sulla volonta’ espressa da Enti collettivi – Cass. sez. 2 n. 4216/14 -.
L’articolo 1136 c.c. disciplina in modo partito le procedure di convocazione, svolgimento e deliberazione delle assemblee dei condomini di edifici, in cui sono allogati enti in signoria esclusiva, nonche’ stabilisce un duplice criterio di conteggio per stabilire le maggioranze – teste e millesimi -, e la disposizione ex articolo 1119 c.c. individua siccome – di regola – indivisibili le parti comuni dell’edificio, identificate ex articolo 1117 c.c.
Di conseguenza il titolare di ente esclusivo condominiale e’ necessariamente partecipe alla comunione sulle parti comuni e non puo’ – di regola – porre fine a detta condizione sino a che sara’ titolare dell’ente in signoria esclusiva, sicche’ lo stato di comunione sui beni comuni appare situazione favorita dalla legge siccome tendenzialmente stabile nel tempo.
Nella comunione di diritti reali su immobili, invece, non concorrendo una situazione di coesistenza nel medesimo bene di enti in signoria esclusiva e beni comuni, posto che l’intero bene e’ in comproprieta’ pro indiviso in capo a tutti i titolari del diritto di proprieta’ secondo quote, e’ sempre consentito – Cass. sez. 2 n. 2754/71 – senza impedimento alcuno al comunista – sfavor legislativo verso lo stato di comunione – chiedere la divisione del bene comune ex articolo 1111 c.c. ovvero anche solo lo stralcio della sua quota – Cass. sez. 2 n. 707/1962 – e cosi’ porre fine allo stato di comunione.
Inoltre la convocazione, lo svolgimento dell’assemblea dei comunisti non e’ soggetta alle medesime formalita’ previste per il condominio negli edifici, bensi’ sono regolate dai principi della convocazione con liberta’ di forme anche con riguardo all’informazione circa le questioni da decidere ed, inoltre, la deliberazione viene adottata secondo la maggioranza calcolata esclusivamente in forza delle quote di comproprieta’.
Di conseguenza gli istituti elaborati dalla giurisprudenza in tema di controllo di legittimita’ sul merito delle deliberazioni dell’assemblea dei condomini non possono assumere rilevanza in tema di assemblea dei comunisti, posto che le delibere sono impugnabili esclusivamente per le ragioni di cui all’articolo 1109 c.c., ma, altresi’ e soprattutto, ogni questione tra i comunisti si risolve definitivamente attraverso l’esercizio del diritto potestativo di richiesta della divisione del bene comune o lo stralcio della propria quota.
L’argomento dogmatico illustrato comporta che nella specie non poteva esser impugnata la deliberazione dell’assemblea dei comunisti titolari dello stabile sito in (OMISSIS) deducendo vizio fondato sull’eccesso di potere assembleare o sul conflitto d’interessi, in quanto situazioni non configurabile nella specie.
La (OMISSIS), difatti, non gia’ ha lamentato che la deliberazione impugnata e’ “gravemente pregiudizievole al bene comune” – articolo 1109 c.c. – ossia in relazione ad un pregiudizio oggettivo, bensi’ ha impugnato le delibere poiche’ arrecano un pregiudizio di natura soggettivo al suo interesse, quale comunista, alla miglior fruttuosita’ della cosa comune.
La Corte marciana ha puntualmente messo in evidenza come le deliberazioni de quibus non sono pregiudizievoli alla cosa comune posto che la parte locata appare in stato di manutenzione di gran lunga migliore rispetto alle altre parti sfitte dell’edificio, e la critica mossa dalla (OMISSIS) riguarda esclusivamente la fissazione del canone di locazione in misura inferiore a quello di mercato, poiche’, a sua opinione, non concorrevano le giustificazioni – ritenute anche dalla Corte territoriale fondate – poste alla base di detta scelta da parte della maggioranza dei comunisti.
Dunque i Giudici di merito hanno anche esaminato la questione sotto il profilo ex articolo 1109 c.c., n. 1 in tema d’impugnazione delle deliberazioni assunte dall’assemblea dei comunisti.
In tema di comunione “pro indiviso” di beni immobili
In conclusione puo’ esser formulato il seguente principi di diritto “le deliberazioni adottate dall’assemblea dei comunisti di beni immobili pro indiviso non possono esser impugnate deducendo vizio d’eccesso di potere assembleare o conflitto d’interesse ma esclusivamente per le ragioni prescritte ex articolo 1109 c.c.”. La soluzione adottata comporta che la motivazione resa dalla Corte marciana, in quanto la decisione conforme a diritto, vada corretta nel senso dianzi precisato ed un tanto comporta l’infondatezza delle ragioni di impugnazione esaminate congiuntamente tutte fondate sull’applicazione dell’istituto dell’eccesso di potere elaborato in relazione alle delibere adottate dall’assemblea dei partecipi al condominio di edifici.
Con il sesto mezzo d’impugnazione la (OMISSIS) deduce violazione del disposto ex articolo 2043 c.c. posto che il Collegio marciano ha ritenuto che, una volta escluso il ricorrere del dedotto eccesso di potere assembleare fosse esclusa la concorrenza del danno in capo suo rappresentato, non solo, dalla mancata percezione del canone di locazione di mercato, ma pure dall’omessa esecuzione delle opere di manutenzione disposte, in quanto incidente sul suo diritto di comproprietaria compresso dall’azione posta in essere dagli altri comunisti in situazione di conflitto d’interesse con quelli della comunione.
La censura dianzi sunteggiata sconta l’ovvio rilievo che, in difetto di condotta colpevole, nemmeno puo’ configurarsi danno ingiusto, sicche’ escluso il vizio per eccesso di potere assembleare nemmeno assume rilievo il lumeggiato conflitto d’interessi, non solo per quanto dianzi illustrato, ma anche perche’ situazione che assume rilievo in relazione al computo delle maggioranze ossia a questione non dedotta come vizio della deliberazione nel presente giudizio nei gradi di merito. Con la settima doglianza – erroneamente rinominata sesta in ricorso – la (OMISSIS) denunzia violazione della norma ex articolo 91 c.p.c. in tema di condanna alle spese i’d lite poiche’ concorrevano giusti motivi per la compensazione, ex articolo 92 c.p.c., e, comunque, la tassazione delle stesse era esagerata in relazione alle ragioni indicate dalla Corte lagunare per la sua quantificazione.
La censura s’appalesa siccome inammissibile posto che non e’ soggetta al sindacato di legittimita’ il mancato uso della facolta’ discrezionale riconosciuta ex articolo 92 c.p.c. al Giudice – Cass. SU n. 14989/05 – una volta osservato il canone principe della soccombenza ex articolo 91 c.p.c. come puntualmente fatto nella specie.
Inoltre la lamentela relativa alla quantificazione delle spese liquidate dal Giudice non deduce l’unica ragione in base alla quale e’ possibile lo scrutino di legittimita’ ovvero il mancato rispetto dei parametri fissati dalla tariffa ministeriale, rimanendo le altre considerazioni nell’ambito della facolta’ discrezionale riconosciuta al Giudice.
Con relazione alle spese di questo giudizio di legittimita’, reputa la Corte di avvalersi della facolta’ ex articolo 92 c.p.c. stante che il rigetto del ricorso segue a correzione della motivazione fondata su regola iuris innovativa.
Concorrono in capo alla ricorrente le condizioni per il pagamento dell’ulteriore contributo unificato.
In tema di comunione “pro indiviso” di beni immobili
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di questo giudizio di legittimita’. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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