In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 9 aprile 2020, n. 11752.

 

In assenza di un formale atto di remissione del debito o di rinunzia a esercitare i diritti sottostanti, i crediti si possono ritenere venuti meno essendo rimasti parte integrante del patrimonio della fallita e non impedendo l’impropria operazione contabile contestata dalla curatela per riscuoterli.

Sentenza 9 aprile 2020, n. 11752

Data udienza 11 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Reati fallimentari – Bancarotta fraudolenta – Assenza di un formale atto di remissione del debito o di rinunzia a esercitare i diritti sottostanti – Crediti – Eliminazione – Parte integrante del patrimonio della fallita – Non impedimento dell’impropria operazione contabile contestata dalla curatela per riscuoterli

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Presidente

Dott. PISTORELLI Luca – rel. Consigliere

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 10/12/2018 della Corte d’appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Pistorelli Luca;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Epidendio Toryhaso, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alle pene accessorie fallimentari e per l’inammissibilita’ del ricorso nel resto.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Lecce ha confermato la condanna di (OMISSIS) per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, commesso nella sua qualita’ di amministratore della (OMISSIS) s.r.l., fallita nel corso del 2009. La contestazione riguarda lo storno dall’attivo di poste contabili relative a crediti vantati dalla fallita nei confronti di altre societa’ del gruppo – amministrate dallo stesso imputato – ed il loro trasferimento nel conto sopravvenienze passive, operazione cui conseguiva la sostanziale ed ingiustificata omessa riscossione dei crediti.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando tre motivi. Con i primi due deduce erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in merito alla configurabilita’ del reato ritenuto. In tal senso il ricorrente osserva come l’artificio contabile contestato non integra gli estremi della distrazione, non essendo di per se’ idoneo ad estinguere il credito o ad integrare un atto di rinunzia alla sua riscossione e dunque a costituire un atto dispositivo del patrimonio della fallita. Con il terzo motivo lamenta l’illegale commisurazione delle pene accessorie fallimentari in ragione della sopravvenuta declaratoria di illegittimita’ costituzionale della L.Fall., articolo 216, u.c., ad opera di Corte Cost. n. 222 del 2018.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato nei limiti di seguito esposti.
2. I fatti che ai sensi della L.Fall., articolo 216, integrano il reato di bancarotta patrimoniale sono accomunate dal connotato della diminuzione, fittizia od effettiva, del patrimonio del debitore.
2.1 In particolare, i fatti di distrazione e di dissipazione costituiscono ipotesi di effettiva diminuzione patrimoniale, atteso che a seguito di tali condotte i beni escono definitivamente dal patrimonio del fallito. Quelli di occultamento, di dissimulazione, di riconoscimento o esposizione di passivita’ inesistenti configurano, invece, ipotesi di diminuzione patrimoniale fittizia, in quanto, malgrado l’apparenza dai medesimi creata, i beni continuano a far parte del patrimonio del debitore, con conseguente possibilita’, mediante l’esercizio delle opportune iniziative, di recuperarli alla massa attiva. In posizione in qualche modo intermedia si pone invece la condotta di distrazione, che pure determina un effettivo distacco del bene dal patrimonio, ma non necessariamente impedisce agli organi fallimentari di recuperarlo.
2.2 Nel caso di specie all’imputato e’ contestato di aver distratto o comunque occultato crediti vantati dalla fallita nei confronti di altre societa’ sempre riconducibili allo (OMISSIS) mediante un artifizio contabile, consistito nello stornare i medesimi a sopravvenienze passive, operazione che, secondo la Corte territoriale, si sarebbe tradotta nel loro sostanziale azzeramento e di fatto nella rinunzia ai relativi diritti.
Tale affermazione non puo’ essere condivisa, posto che, in assenza di un formale atto di remissione del debito o di rinunzia ad esercitare i diritti sottostanti, i crediti in questione possono ritenersi venuti meno, rimanendo parte integrante del patrimonio della fallita e non impedendo l’impropria operazione contabile contestata alla curatela di agire per riscuoterli.
Certamente attraverso l’artifizio contabile di cui si e’ detto non si e’ determinato alcun distacco dei beni menzionati dal patrimonio in grado di integrare la ipotizzata distrazione, ne’ lo stesso ha di per se’ cagionato un reale “azzeramento” del loro valore, eventualmente qualificabile come distruzione o dissipazione (venendo in proposito semmai in conto l’eventuale lesione della garanzia patrimoniale causata dalla mancata riscossione dei crediti divenuti eventualmente irrecuperabili al momento del fallimento, previa dimostrazione che, qualora si fosse proceduto tempestivamente in tal senso ovvero attraverso idonei strumenti conservativi, il valore dei crediti sarebbe stato preservato). Ne’, infine, il fatto descritto e’ riconducibile all’alternativa condotta di occultamento. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, infatti, il verbo occultare, nel senso evocato dalla L.Fall., articolo 216, definisce sia il comportamento del fallito che nasconde materialmente i suoi beni in modo che il curatore non possa apprenderli, sia il comportamento del fallito che, mediante atti o contratti simulati, faccia apparire come non piu’ suoi beni che continuano ad appartenergli, in modo da celare una situazione giuridica che consentirebbe di assoggettare detti beni all’azione esecutiva concorsuale (ex multis Sez. 5, n. 46921 del 15/11/2007, Di Nora, Rv. 237981; Sez. 5, n. 46692 del 03/10/2016, Marzio, Rv. 268637).
In definitiva, la condotta dell’imputato non si e’ tradotta in alcun atto di disposizione patrimoniale, reale o simulato, o comportamento materiale cui sia conseguito l’effettiva od apparente diminuzione della garanzia patrimoniale della fallita.
3. Cio’ pero’ ancora non significa che il fatto contestato sia penalmente irrilevante. Ed infatti, cosi’ come descritto nell’editto imputativo, lo stesso contiene la contestazione di un fraudolento intervento sulle scritture contabili ovvero sul bilancio eventualmente rilevante ai fini della configurabilita’ dei reati di bancarotta fraudolenta documentale o di bancarotta impropria da reato societario. In altri termini, risultando erronea la qualificazione giuridica attribuita dal titolare dell’azione penale e recepita dai giudici del merito, era comunque compito della Corte territoriale verificare nel concreto se sussistevano nel fatto cosi’ come contestato tutti gli elementi idonei ad integrare le diverse fattispecie astrattamente ed alternativamente configurabili in relazione alla condotta effettivamente descritta. Verifica che comporta un accertamento in fatto non esperibile dal giudice di legittimita’ e che spetta a quello del merito. Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce per nuovo esame.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *