In sede di giudizio di ottemperanza non può essere riconosciuto un diritto nuovo

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 25 agosto 2020, n. 5201.

La massima estrapolata:

Costituisce ius receptum quello secondo il quale in sede di giudizio di ottemperanza non può essere riconosciuto un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello fatto valere ed affermato con la sentenza da eseguire, anche se sia ad essa conseguente o collegato non potendo essere neppure proposte domande che non siano contenute nel “decisum” della sentenza da eseguire.

Sentenza 25 agosto 2020, n. 5201

Data udienza 18 giugno 2020

Tag – parola chiave: Processo amministrativo – Esecuzione di giudicato – Ottemperanza – Giudizio – Riconoscimento di un diritto nuovo ed ulteriore – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9310 del 2019, proposto da
Ma. Ni., Ro. Mo., entrambi rappresentati e difesi dagli avvocati Ma. Zi., Er. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Er. Ga. in Roma, via (…);
contro
Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna sezione staccata di Parma Sezione Prima n. 189/2019, resa tra le parti, concernente ottemperanza alla sentenza del Tribunale di Parma – Sezione Lavoro n. 54/2015 dell’11 febbraio 2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2020 il Cons. Giulio Veltri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. I coniugi odierni appellanti hanno a suo tempo agito innanzi al Giudice del Lavoro di Parma con ricorso iscritto al n. 725/2014, affinché venisse “accertato e dichiarato il diritto… a percepire l’indennizzo ex lege n. 244/07 interamente rivalutato in base agli indici ISTAT, per l’effetto condannare il Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore al pagamento…della somma loro dovuta a tale titolo pari ad Euro 52.804,62… oltre interessi legali dalla rivalutazione di ogni singolo rateo bimestrale sino all’effettivo soddisfo”.
In detta sede hanno chiesto di “condannare, altresì, il Ministero convenuto al pagamento della rivalutazione in base agli indici ISTAT anche per il periodo successivo al maggio 2014” (data della domanda giudiziale).
2. Il Giudice del lavoro di Parma, con sentenza n. 15/2015 dell’11 febbraio 2015 ha accolto il ricorso “facendo riferimento ai conteggi allegati in ricorso” per un credito pari a Euro 52.804,62, accertato “il diritto dei ricorrenti a percepire l’indennizzo…interamente rivalutato in base agli indici ISTAT”, nonché condannato il Ministero della Salute “a corrispondere ai ricorrenti la somma di Euro 52.804,62 oltre interessi legali dalla rivalutazione di ogni singolo rateo bimestrale al saldo”.
3. Con ricorso ex artt. 112 e ss. c.p.a. i medesimi, stante l’inadempimento del Ministero, hanno agito innanzi al TAR Campania per l’ottemperanza alla citata sentenza n. 54/2015.
4. Il TAR, con sentenza n. 118/2018 del 27 aprile 2018, ha accolto il ricorso e ordinato al “Ministero della salute di corrispondere ai ricorrenti quanto riconosciuto dal Giudice del Lavoro di Parma”, disponendo contestualmente la nomina del Commissario ad acta affinché procedesse in caso di ulteriore inerzia dell’Amministrazione.
5. Nel corso del mese di dicembre 2018 il Ministero ha dato esecuzione al decisum, disponendo la liquidazione delle somme spettanti ai ricorrenti a tutto il giugno 2014.
6. I coniugi, sul ritenuto presupposto che, sia la sentenza del Giudice del Lavoro, quanto la sentenza del TAR resa in sede di ottemperanza, avessero accertato il diritto alla percezione dell’indennizzo anche per il futuro, hanno proposto un nuovo ricorso per ottemperanza, chiedendo la condanna del Ministero della Salute al pagamento dell’ulteriore somma di Euro 40.351,00 “a titolo di rivalutazione, in base agli indici ISTAT, dei ratei d’indennizzo di cui al comma 226 L. n. 244/07 afferenti al periodo giugno 2014-dicembre 2018”.
7. Il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso poiché proposto per l’ottemperanza di una sentenza già oggetto di un precedente giudizio di ottemperanza. Ha chiarito, il TAR, che quanto richiesto da parte ricorrente costituisce oggetto di una pretesa ulteriore riferita ad un diritto maturato successivamente alla sentenza civile della quale si è chiesta l’ottemperanza. Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che “è ius receptum quello secondo il quale in sede di giudizio di ottemperanza non può essere riconosciuto un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello fatto valere ed affermato con la sentenza da eseguire, anche se sia ad essa conseguente o collegato (Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 2002, n. 247), non potendo essere neppure proposte domande che non siano contenute nel “decisum” della sentenza da eseguire (Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 2001 n. 49; 10 agosto 2000, n. 4459; Cons. Stato, sez. V, 18 agosto 2010, n. 5817)” (Cons. Giust. Amm., Sicilia, Sez. Giur., 15 maggio 2018, n. 276).
8. Avverso la sentenza hanno proposto appello gli originari ricorrenti.
8.1. I medesimi deducono che, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, con sentenza n. 54/2015 il Giudice del lavoro di Parma, a fronte di espressa domanda in tal senso, avrebbe accertato e dichiarato il diritto dei ricorrenti a beneficiare della rivalutazione dei ratei (anche maturandi), con la conseguenza che la pretesa fatta valere era già contenuta nel decisum della sentenza civile.
9. Nel giudizio si è costituito il Ministero della Salute e ha chiesto la reiezione del gravame in quanto infondato.
10. Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere respinto.
11. È pur vero che i ricorrenti avevano chiesto a suo tempo la condanna dell’Amministrazione al pagamento – anche per il futuro – delle somme contestualmente calcolate ma, su tale punto, il Giudice del Lavoro di Parma nulla ha statuito, né i ricorrenti hanno proposto appello contro la sentenza.
11.1. Come già sottolineato in prime cure, l’oggetto del giudizio di ottemperanza è “rappresentato dalla puntuale verifica da parte del giudice dell’esatto adempimento, da parte dell’amministrazione, dell’obbligo di conformarsi al giudicato per far conseguire concretamente all’interessato l’utilità o il bene della vita riconosciutogli in sede di cognizione” (Cons. Stato, Sez. V, 6 novembre 2015, n. 5075).
11.2. Può aggiungersi che a fronte di statuizioni giudiziali del giudice civile recanti condanne al pagamento di somme (a differenza delle sentenze che operano una disapplicazione, o delle sentenze amministrative di annullamento) il giudice dell’ottemperanza svolge generalmente una mera attività esecutiva e non ha alcuna possibilità di integrare la decisione civile, non foss’altro poiché, diversamente, si finirebbe per ammettere la sindacabilità del rapporto sottostante in palese difetto di giurisdizione.
12. La sentenza di prime cure merita dunque conferma.
13. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna gli appellanti, in solido, alla refusione delle spese di lite sostenute dall’amministrazione per il presente grado di giudizio, forfettariamente liquidate in Euro. 1.500, oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2020 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Umberto Maiello – Consigliere

 

 

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