Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 25 agosto 2020, n. 5203.
La massima estrapolata:
In materia elettorale l’osservanza dell’onere di specificità del motivo non assorbe né azzera il distinto onere del principio di prova, del pari gravante sul ricorrente, posto che anche una denuncia estremamente circostanziata dell’irregolarità in cui sarebbe incorsa la sezione elettorale, deve pur sempre essere sorretta da allegazioni ulteriori rispetto alle mere affermazioni del ricorrente e che, tuttavia, per altro verso, un motivo anche strutturato in termini specifici può rendere inammissibile il ricorso allorché questo presenti caratteri tali da doversi qualificare come esplorativo.
Sentenza 25 agosto 2020, n. 5203
Data udienza 9 luglio 2020
Tag – parola chiave: Elezioni – Ricorso elettorale – Motivi – Onere di specificità – Osservanza – Risvolti applicativi
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8563 del 2019, proposto da
Ma. Pe., rappresentato e difeso dall’avvocato Fa. Am., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lu. Go. in Roma, via (…);
contro
Comune di Perugia, non costituito in giudizio;
nei confronti
Mi. Ce., rappresentato e difeso dall’avvocato Lu.i Ce., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria Sezione Prima, n. 497/2019, resa tra le parti, concernente la proclamazione degli eletti nelle consultazioni del 12.06.2019 per l’elezione del Sindaco e il rinnovo del Consiglio comunale di Perugia
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Mi. Ce.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2020 il Cons. Antonio Massimo Marra e uditi per le parti gli avvocati presenti secondo la legge come da delega in atti (ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 26 maggio 2019 si sono svolte nel Comune di Perugia (PG) le elezioni amministrative per il rinnovo della carica di Sindaco e del Consiglio comunale.
Il sig. Ma. Pe., odierno appellante, si è presentato candidato alla carica di consigliere comunale per la Lista n. 5 “Forza Italia Berlusconi per Romizi”.
Al termine delle operazioni elettorali è stato proclamato Sindaco eletto il sig. An. Ro. ed attribuiti n. 2 seggi per la carica di consigliere comunale ai candidati della lista n. 5, assegnati al secondo graduato e sig. Mi. Ce.; laddove, il ricorrente, è risultato il primo dei non eletti, ancorché per un solo voto di differenza rispetto al nominato candidato eletto sig. Ce., odierno controinteressato e appellante incidentale.
Il ricorrente, candidato della lista n. 5, ha impugnato l’atto di proclamazione degli eletti alla carica di consigliere comunale del Comune di Perugia, ivi comprese le operazioni di scrutinio e di verbalizzazione, nella parte in cui risulta collocato nella posizione n. 3 della graduatoria dei candidati di detta Lista; a tal fine ha proposto due ordini di censure, relativo, il primo, alla dedotta carenza d’istruttoria, sul rilievo di voti dispersi e/o non assegnati e/o erroneamente valutati nulli, oltre che per travisamento dei fatti; l’altro, ai voti erroneamente valutati nulli, in quanto nelle sezioni n. 5, 28, 77, 100, 101, 128 e 133, si sarebbe verificata la presenza di sette voti nulli a lui riferibili.
Con memoria di risposta depositata in data 26 agosto 2019, si è costituito in giudizio il sig. Mi. Ce., controinteressato in primo grado, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso e richiedendone nel merito la reiezione.
Il controinteressato ha altresì presentato ricorso incidentale condizionato, riproposto in appello.
Il TAR, con la sentenza appellata (I, n. 497/2019), dopo aver puntualizzato gli orientamenti in materia di principio di prova nel contenzioso elettorale, con riguardo particolare alle dichiarazioni sostitutive di atto notorio, ha dichiarato il ricorso principale inammissibile, in quanto essenzialmente esplorativo e non sorretto da alcun valido principio di prova; e dichiarato quindi improcedibile per carenza di interesse del ricorso incidentale, stante la natura comunque accessoria e condizionata dello stesso.
Infine, all’esito del giudizio, il T.A.R. per l’Umbria, con la sentenza n. 497/2019 del 30 settembre 2019, ha respinto il ricorso principale e ha dichiarato improcedibile il ricorso incidentale condizionato.
Avverso tale sentenza, ha proposto appello l’interessato, candidato nella lista n. 5, e ne ha chiesto la riforma, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in primo grado e correzione del risultato elettorale in proprio favore.
Non si è costituito l’appellato Comune di Perugia; si è costituito, invece, in appello il controinteressato, il quale ha riproposto appello incidentale condizionato avverso la sentenza, e comunque chiedendo la reiezione dell’appello principale.
Infine, nella udienza pubblica del 9 luglio 2020, il Collegio, ha trattenuto la causa in decisione.
L’appello principale è infondato.
Nell’appello l’interessato contesta, sostanzialmente, che:
– è stato erroneamente dichiarato dal Tar inammissibile il primo motivo di gravame, per asserita inidoneità probatoria delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio rese ex post da terzi elettori, in quanto allegatamente in contrasto con l’art. 24 della Cost; laddove, il principio di segretezza non avrebbe avuto luogo ad esprimersi, dovendosi invece ritenere che fuori del momento del voto, l’elettore è del tutto libero di dichiarare pubblicamente per chi intende votare o per chi ha votato;
– nulla argomenta, il giudice di prime cure, a supporto della statuizione del carattere meramente esplorativo del ricorso, a fronte di un profilo di doglianza adeguatamente circoscritto ed univoco quanto all’indicazione dei voti mancanti nelle singole sezioni;
– le contestazioni sull’errata applicazione della normativa elettorale – scaturite dalle dichiarazioni di elettori, costituenti quindi principio di prova – avrebbero dovuto indurre il T.A.R. ad accogliere il richiesto approfondimento istruttorio.
Ripropone quindi le censure, basate sulla mancata attribuzione di voti o viceversa dichiarati nulli, la cui esistenza sarebbe stata suffragata da dichiarazioni sostitutive, sia pure ex post.
Prima di procedere all’esame delle suestese doglianze appare opportuno puntualizzare brevemente taluni arresti elaborati da questo Consiglio relativamente al contenzioso elettorale e segnatamente per le ipotesi in cui venga richiesto, come nella specie, il riconteggio o la revisione delle schede:
i) avverso le determinazioni valutative prese dal seggio elettorale e risultanti dal relativo verbale, col ricorso elettorale può essere dedotta la sussistenza di vizi rispetto ai quali le dichiarazioni sostitutive di atti notori costituiscano principi di prova, tali da legittimare l’esercizio dei poteri istruttori del giudice, pur se i rappresentanti di lista non abbiano verbalizzato le loro contestazioni;
ii) in assenza di risultanze documentali dai verbali sezionali, l’onere probatorio minimo può considerarsi soddisfatto da parte del ricorrente allorquando quest’ultimo esibisca in giudizio quantomeno una dichiarazione sostitutiva di atto notorio rilasciata dal rappresentante di lista presente alle operazioni elettorali;
iii) l’onere di esporre i motivi specifici su cui si fonda il ricorso elettorale deve essere valutato con rigore attenuato, posto che l’interessato, non avendo la facoltà di esaminare direttamente il materiale in contestazione,
iv) le dichiarazioni dei terzi elettori (di aver votato scheda bianca o nulla o di aver dato questa o quella preferenza), non possono ritenersi ammissibili perché violative del valore costituzionale della segretezza del voto ex art. 48, co. 2, Cost..
Ciò posto, con il primo motivo appello (pagine 11 – 21), si censura l’erroneità della sentenza nella parte in cui sono state ritenute inidonee le dichiarazioni sostitutive di atto notorio rese ex post da terzi elettori, in quanto asseritamente violative del valore costituzionale della segretezza del voto.
Il motivo appare privo di pregio atteso che, sulla scorta delle suindicate coordinate ermeneutiche fatte proprie dal giudice di prime cure e condivise dal Collegio, le dichiarazioni dei terzi elettori (di aver votato scheda bianca o nulla o di aver dato questa o quella preferenza), non possono ritenersi ammissibili perché poste in violazione del valore costituzionale della segretezza del voto ex art. 48, co. 2, Cost. (Cons. St., sez. V, 8 giugno 2015, n. 2805), indipendentemente dalla circostanza che siano state o meno formate dichiarazioni sostitutive.
In altri termini, in disparte la questione se le dichiarazioni sostitutive, anche se ritenute ammissibili, possano o meno integrare il principio di prova richiesto dalla giurisprudenza, deve essere tuttavia rilevato che, nella specie, sulla scorta dei rilevati principi le dichiarazioni prodotte -intervenute ex post – rendono alquanto dubbio il raggiungimento del minimo onere probatorio sia pur valutato con rigore attenuato da parte dell’interessato.
E’ ben vero che, secondo l’orientamento invocato dall’appellante, l’onere di esporre i motivi specifici su cui si fonda il ricorso elettorale deve essere valutato con rigore attenuato, posto che l’interessato, non avendo la facoltà di esaminare direttamente il materiale in contestazione, deve rimettersi alle indicazioni provenienti da terzi (che possono essere imprecise o non esaurienti).
Nondimeno, le mere dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà rilasciate da terzi, relativamente ai 10 voti di preferenza che alcuni elettori avrebbero espresso in favore dell’appellante (riguardanti le sezioni nn. 12, 39, 85, 108, 109, 145 e 151) risultano, per vero, alquanto generiche e quindi inidonee a superare il limite del valore probatorio delle dichiarazioni presentate.
La censura deve, quindi, essere respinta.
Con il secondo motivo (pagine 22 – 25), è stata dedotta l’erroneità della sentenza per difetto d’istruttoria, non avendo il giudice di prime cure riconosciuto n. 7 voti erroneamente valutati nulli, anche per la vicinanza dei rettangolini dei simboli che verosimilmente – secondo la prospettazione dell’appellante – avrebbero potuto indurre l’elettore in errore in sede di espressione di voto.
La censura non merita accoglimento.
In proposito è sufficiente richiamare l’indirizzo giurisprudenziale consolidato secondo cui: “In materia elettorale, l’osservanza dell’onere di specificità del motivo non assorbe né azzera il distinto onere del principio di prova, del pari gravante sul ricorrente, posto che anche una denuncia estremamente circostanziata dell’irregolarità in cui sarebbe incorsa la sezione elettorale, deve pur sempre essere sorretta da allegazioni ulteriori rispetto alle mere affermazioni del ricorrente e che, tuttavia, per altro verso, un motivo anche strutturato in termini specifici può rendere inammissibile il ricorso allorché questo presenti caratteri tali da doversi qualificare come esplorativo (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 23/01/2015, n. 57).
La sentenza sotto tale profilo è dunque immune da errori, avendo correttamente ritenuto inammissibile la doglianza in quanto puramente esplorativa e non sorretta da alcun valido principio di prova.
La sentenza impugnata, quindi, merita conferma sia nella parte in cui ha respinto il ricorso principale degli odierni appellanti sia nella parte in cui, conseguentemente, ha dichiarato improcedibile, per difetto di interesse il ricorso incidentale condizionato, proposto in primo grado, dal controinteressato.
In conclusione, l’appello deve essere respinto, meritando conferma la sentenza di primo grado.
La reciproca soccombenza delle parti, per la reiezione dell’appello principale e di quello incidentale rispettivamente proposti dalle parti, giustifica l’integrale compensazione, tra le stesse, delle spese inerenti al presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello principale, proposto da Ma. Pe., e sull’appello incidentale condizionato, proposto da Mi. Ce., li respinge entrambi e per l’effetto conferma, ai sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.
Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2020, in modalità telematica, con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Antonio Massimo Marra – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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