Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 25 maggio 2020, n. 3282.
La massima estrapolata:
In materia di violazioni edilizie, le sanzioni non hanno una funzione punitiva di un comportamento illegittimo alle quali si attagliano i principi di cui alla l. 689/81, ma sono misure volte a garantire il ripristino della legalità violata, aventi carattere reale; a conferma di tale assunto deve ricordarsi che, tra i soggetti legittimanti all’ottenimento del titolo in sanatoria ai sensi dell’art. 36, possono annoverarsi anche coloro i quali non sono direttamente responsabili dell’abuso, rispetto ai quali non appare pertanto configurabile una sanzione afflittiva sul modello della l. 689/81.
Sentenza 25 maggio 2020, n. 3282
Data udienza 14 maggio 2020
Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Sanzioni – Irrogazione – Funzione punitiva – Insussistenza – Carattere reale – Ragioni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 1516 del 2020, proposto da
It. Si. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Cr., con domicilio eletto presso lo studio Ca. De Vi. in Roma, via (…);
nei confronti
Fr. Ma., rappresentato e difeso dall’avvocato Pa. De Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione di Salerno, n. 100/2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2020 il Cons. Giordano Lamberti e rilevato che l’udienza si svolge ai sensi dell’art. 84 comma 5, del D.L.n. 18 del 17 marzo 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
Visto l’art. 84 comma 5 del D.L.n. 18 del 17 marzo 2020 che consente la definizione del giudizio ai sensi dell’articolo 60 del codice del processo amministrativo, omesso ogni avviso;
Premesso che:
– deve dichiararsi l’inammissibilità dell’intervento di Fr. Ma., posto che l’essere stati autori di esposti o denunce non vale, di per sé, a fondare la legittimazione ad intervenire, essendo invece essenziale che l’interventore ad opponendum tragga, sia pur di riflesso, una qualche utilità personale dal provvedimento impugnato e quindi dalla reiezione del ricorso, non riconducibile ad una mera generica pretesa alla legalità dell’agire amministrativo (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 1669/2014);
rilevato che:
– la controversia all’esame del Collegio attiene alla pretesa creditoria del Comune di (omissis), avente ad oggetto la somma dovuta per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria del 29 aprile 2008 (n. 17/08);
– la società appellante si è opposta a tale pretesa con ricorso al T.A.R. per la Campania, eccependo l’intervenuta prescrizione di tale credito;
– con la sentenza n. 100 del 20 gennaio 2020, il T.A.R. ha respinto il ricorso, rilevando che: a) trova applicazione nella specie il termine di prescrizione decennale, trattandosi di oblazione ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001; b) la nota inviata dal Comune n. 79476 del 5 novembre 2008 ha interrotto il termine di prescrizione;
– con l’atto di appello si deduce l’inesistenza della notifica dell’atto n. 79476 del 5 novembre 2008 e si insiste nel sostenere che il termine di prescrizione applicabile sarebbe quinquennale e non decennale;
considerato, quanto a quest’ultima questione, che:
– il termine di prescrizione applicabile è stato correttamente individuato dal T.A.R. in dieci anni in conformità all’orientamento della giurisprudenza (cfr. Cons. di Stato n. 8181/2019 e n. 4514/2019); invero, la somma richiesta in pagamento altro non è se non il contributo di costruzione, previsto dall’art. 16 del T.U. edilizia che deve essere versato, nella peculiare fattispecie di cui all’art. 36 del T.U., in misura doppia;
– dal tenore letterale del citato art. 36 (“il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia”) non emerge in alcun modo il frazionamento della somma, ivi prevista a titolo di oblazione, in una quota riconducibile al contributo di costruzione ed in una quota a titolo di vera e propria sanzione a cui sarebbe applicabile la l. 689/81 ed il termine di prescrizione ivi previsto, come prospettato dall’appellante;
– da un altro punto di vista, deve in ogni caso ricordarsi che, secondo l’indirizzo dominante, in materia di violazioni edilizie, le sanzioni non hanno una funzione punitiva di un comportamento illegittimo alle quali si attagliano i principi di cui alla l. 689/81, ma sono misure volte a garantire il ripristino della legalità violata, aventi carattere reale; a conferma di tale assunto deve ricordarsi che, tra i soggetti legittimanti all’ottenimento del titolo in sanatoria ai sensi dell’art. 36, possono annoverarsi anche coloro i quali non sono direttamente responsabili dell’abuso, rispetto ai quali non appare pertanto configurabile una sanzione afflittiva sul modello della l. 689/81;
ritenuto, quanto alla dedotta inesistenza della notifica dell’atto n. 79476 del 5 novembre 2008, che:
– il motivo sia inammissibile nella presente fase di appello, in quanto in violazione dell’art. 104 c.p.a., trattandosi di una questione mai sollevata durante il giudizio di primo grado, dove il Comune aveva già prodotto la relata del messo notificatore (doc. 4 del fascicolo di primo grado) dalla quale risultava che la nota di determinazione oneri n. 79476 risultava notificata ai sensi dell’art. 140 c.p.c. in data 10 dicembre 2008;
– a fronte di tale produzione documentale, l’allora parte ricorrente nulla eccepiva;
– inoltre, nello stesso ricorso di primo grado, era la stessa parte appellante a riferire – senza in alcun modo disconoscere la circostanza o criticare il procedimento di notifica – della richiesta di pagamento del Comune portata dalla predetta nota (testualmente a pg. 3 del ricorso di primo grado si legge: “il Comune di (omissis), con nota prot. n. 79476 del 05.11.2008, ha chiesto “il pagamento dell’importo a saldo della sanzione pari ad Euro 47.643,25”, mentre nel capoverso immediatamente successivo parte ricorrente così si esprime: “nel successivo termine di 5 anni trattandosi di sanzione…la P.A. non ha adottato alcun atto interruttivo. Sicché, il diritto a conseguire detto importo si è, comunque, definitivamente prescritto”; nello sviluppare il primo motivo di ricorso, parte ricorrente a pg. 5 ribadisce quanto segue: “in data 05.11.2008, (il Comune) ha chiesto “il pagamento dell’importo a saldo della sanzione pari ad Euro 47.643,25”. A partire – al più – da tale ultima data è iniziato a decorrere il termine di prescrizione quinquennale, il quale è definitivamente scaduto, in mancanza di qualsivoglia atto interruttivo, al più in data 05.11.2013″);
– non possa avere accesso in sede di impugnazione un motivo volto a contestare la prospettazione fornita dalla stessa parte ricorrente durante il precedente grado di giudizio, durante il quale, oltretutto, alcuna eccezione è mai stata sollevata anche dopo la produzione in giudizio della relata di notifica poi contestata in questa sede;
– al rigetto dell’appello consegua la condanna dell’appellante alla refusione delle spese di lite in favore del Comune, liquidate come in dispositivo, mentre possono essere compensate per il resto;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta respinge l’appello e condanna parte appellante alla refusione delle spese di lite in favore del Comune, che si liquidano in Euro2.000, oltre accessori come per legge, compensandole per il resto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Andrea Pannone – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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