In materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità

Consiglio di Stato, Sentenza|4 marzo 2021| n. 1851.

In materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, gli artt. 39 e 40, D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, delineano un’evidente priorità della madre nella fruizione dei permessi: il padre, a ben vedere, può attingere a tale misura solo in casi predeterminati e tassativi, conseguenti a situazioni in cui la madre non ha la possibilità giuridica, la volontà, la possibilità professionale o materiale di fruirne in prima persona. Il padre, acquista il diritto de quo solo quando la madre, per le circostanze puntualmente stabilite dalla norma, non possa, non voglia o non sia nella condizione di fruire di tali riposi.

Sentenza|4 marzo 2021| n. 1851

Data udienza 24 novembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Arma dei Carabinieri – Riposi giornalieri – Primo anno di vita del figlio – Art. 40, comma 1 lett. c), D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 – Padre lavoratore – Madre casalinga e non affetta da infermità grave – Diniego

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5209 del 2012, proposto dal Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la -OMISSIS-, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il Cons. Francesco Guarracino nell’udienza pubblica del giorno 24 novembre 2020, svoltasi con modalità telematica ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con legge 18 dicembre 2020, n. 176, nessuno comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Con sentenza n. 550 del 15 marzo 2012, il Tribunale Amministrativo Regionale per la -OMISSIS-accoglieva il ricorso proposto dal sig. -OMISSIS-, appuntato scelto dell’Arma dei Carabinieri, avverso il provvedimento con il quale il Comando Legione Carabinieri -OMISSIS- gli aveva negato la concessione dei riposi giornalieri da lui richiesti per il primo anno di vita del figlio, a norma dell’art. 40, comma 1 lett. c), del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità ), che riconosce al padre lavoratore il diritto a fruire dei riposi previsti per la madre lavoratrice nel caso in cui quest’ultima non sia lavoratrice dipendente, fondando il diniego sulla non estendibilità della fattispecie legale all’ipotesi, ricorrente nella specie, di madre casalinga e non affetta da infermità grave.
Pur escludendo che la madre casalinga potesse considerarsi, in ogni caso, come lavoratrice non dipendente (“madre lavoratrice casalinga”) ai fini dell’art. 40, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 151/2001, tuttavia, secondo il giudice di primo grado, la presunzione per cui la libera gestione del tempo quotidiano di lavoro domestico consentirebbe alla madre casalinga di organizzarsi per accudire il figlio avrebbe ammesso la prova contraria, ogni qual volta la madre, pur attendendo all’attività di lavoro domestico, per qualche ragione non avesse la libertà di dedicarsi anche al figlio: da qui la conclusione per cui la fruizione dei riposi giornalieri da parte del ricorrente sarebbe stata pienamente legittimata dal fatto, documentato e non contestato, che la compagna avesse sofferto di depressione post partum, con manifestazioni di disinteresse per il figlio e di inadeguatezza al ruolo materno, il che, pur non menomandone la capacità di lavoro, “anche senza assurgere al rango della “grave infermità ” di cui alla lettera d) dl più volte citato art. 40, impedisce ogni possibilità di autonoma organizzazione del lavoro domestico in funzione dell’assistenza del figlio”.
2. – Con ricorso in appello il Ministero della Difesa ha gravato la sentenza di primo grado chiedendo che, in sua riforma, sia respinto il ricorso di primo grado.
L’appellato, ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.
Alla pubblica udienza del 24 novembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. – Con un primo motivo di appello, il Ministero censura la sentenza appellata per violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, asserendo che il T.A.R. avrebbe accolto il ricorso sulla base di una circostanza di fatto, quella relativa alla depressione post partum della compagna del ricorrente, che non sarebbe mai stata eccepita come motivo di ricorso e sarebbe, perciò, rimasta estranea al thema decidendum.
Con un secondo motivo di appello, il Ministero sostiene, inoltre, che il giudice di primo grado avrebbe fatto cattivo governo delle disposizioni del D.lgs. n. 151/2001 che, dopo aver disciplinato il diritto ai riposi giornalieri delle lavoratrici madri durante il primo anno di vita del bambino, avrebbero fissato in modo tassativo le ipotesi e le condizioni che fanno sorgere lo stesso diritto in capo al padre (art. 40).
Pertanto, una volta escluso dallo stesso T.A.R. che la patologia della madre fosse tale da integrare la “grave infermità ” prevista dalla lett. d) dell’art. 40, non vi sarebbe stato alcuno spazio legittimo per riconoscere al padre il diritto alla fruizione dei riposi giornalieri, che, peraltro, sarebbe stata richiesta con istanza fondata sulla circostanza di una moglie casalinga e in attesa di occupazione.
Il T.A.R., dunque, avrebbe dovuto rigettare il ricorso, impregiudicata la possibilità per il ricorrente di chiedere i permessi per “grave infermità ” della moglie (già reputata di modesta entità dall’Ufficiale medico).
Con un terzo motivo di appello, il Ministero osserva che ai fini in esame non sarebbe pertinente la qualificazione della casalinga quale lavoratrice da equipararsi alla lavoratrice autonoma ed infine, con un quarto ed ultimo motivo, lamenta come ingiusta, anche alla luce delle oscillazioni giurisprudenziali in materia, la condanna alle spese subita nel primo grado del giudizio.
4. – L’appello è fondato.
L’istanza presentata in data 11 luglio 2011 dall’appuntato scelto -OMISSIS- per poter usufruire dei riposi giornalieri, ai sensi dell’art. 40 del D.lgs. n. 151/2001, a far data dal 12 luglio 2011 (doc. 3 produzione di primo grado di parte ricorrente) era stata motivata facendo esclusivo riferimento alla ritenuta equiparabilità della posizione della madre casalinga a quella delle lavoratrici non dipendenti, come inequivocamente attestano i richiami, ivi contenuti, ai precedenti giurisprudenziali orientati in questo senso (C.d.S., sez. VI, 9 settembre 2008, n. 4293; Cass., sez. III, 20 ottobre 2005, n. 20324) ed alla direttiva del Ministero del lavoro del 16 novembre 2009 (“laddove indica che detto beneficio spetta anche al padre lavoratore laddove la madre non sia impiegata”), nonché l’allegata dichiarazione sostitutiva che la madre non era lavoratrice dipendente e non usufruiva del permesso di allattamento.
Nel ricorso di primo grado si riconosceva correttamente che la richiesta era stata formulata ai sensi dell’art. 40 lett. c) del D.lgs. 151/2001 (cfr. pag. 2).
Di conseguenza, l’unico motivo d’impugnazione proposto nel giudizio di primo grado era incentrato soltanto sulla pretesa equiparazione della madre casalinga alla madre lavoratrice non dipendente, facendo reiterato ed esclusivo richiamo alla fattispecie di cui alla lettera c) dell’articolo 40 (cfr. ricorso, pag. 3 sub A, al terzo ed all’ultimo capoverso, nonché pag. 4, al terzo capoverso, e pag. 5, secondo rigo).
In modo assolutamente coerente e costante, l’intero ricorso era incentrato sulla tesi che il beneficio richiesto dovesse essere riconosciuto sulla scorta di quanto previsto dall’art. 40 alla lettera c).
Il ricorrente aveva richiamato il fatto che la compagna soffriva di sintomi della depressione post partum solo nella richiesta di emanazione di misure cautelari (cfr. pag. 5) e soltanto per illustrare non già il fumus boni iuris (per il quale faceva rinvio a quanto in precedenza detto), ma la ricorrenza del periculum in mora.
Ebbene, costituisce indirizzo interpretativo ormai consolidato, dal quale non vi è motivo di discostarsi, quello che, in conformità al tenore della norma citata, nega al padre lavoratore i riposi giornalieri genitoriali in caso di moglie casalinga, poiché questa, di regola, svolge attività domestiche che le consentono di prendersi cura del figlio (cfr. C.G.A. Sicilia, sez. giurisd., 19 febbraio 2019, n. 153; C.d.S., sez. IV, 3 ottobre 2018, n. 5686; id., 30 gennaio 2018, n. 628; id., 30 ottobre 2017 n. 4993).
Né potrebbe argomentarsi nel senso che, nel caso di specie, fosse dimostrato un serio, concreto, effettivo ed insuperabile impedimento della madre alle cure parentali, poiché è lo stesso T.A.R. ad aver escluso – con un giudizio che non ha trovato contestazione e dal quale, dunque, non è possibile discostarsi – che il suo stato di depressione post partum assurgesse al rango della “grave infermità “, che costituisce l’ipotesi espressamente contemplata nella lettera d) dell’articolo 40.
Come chiarito da questo Consiglio, “[i]l combinato disposto degli articoli 39 e 40 delinea un’evidente priorità della madre nella fruizione dei permessi: il padre, a ben vedere, può attingere a tale misura solo in casi predeterminati e tassativi, conseguenti a situazioni in cui la madre non ha la possibilità giuridica (lett. a), la volontà (lett. b), la possibilità professionale (lett. c) o materiale (lett. d) di fruirne in prima persona… Il padre, in altre parole, acquista il diritto de quo solo quando la madre, per le circostanze puntualmente stabilite dalla norma, non possa, non voglia o non sia nella condizione di fruire di tali riposi” (C.d.S., sez. IV, n. 4993/17 cit.).
In definitiva, il T.A.R. non solo ha fondato la propria decisione su di una causa di illegittimità che non era stata dedotta in giudizio come motivo di impugnazione, ma lo ha fatto contravvenendo alla tassatività delle ipotesi elencate nell’art. 40, il quale consente al padre di fruire dei permessi, qualora la madre sia casalinga, solo se quest’ultima è gravemente inferma (circostanza questa esclusa dallo stesso T.A.R.), oltre nel caso di decesso della madre.
Il ricorso di primo grado, pertanto, andava respinto, fermo restando la possibilità, riconosciuta dal Ministero appellante, che l’interessato tornasse a chiedesse i permessi, stavolta per grave infermità della compagna, adeguatamente documentandola.
5. – Per queste ragioni l’appello dev’essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
6. – Sussistono i presupposti per la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado del giudizio, in considerazione dell’esistenza, al momento della proposizione della domanda giudiziale, di orientamenti giurisprudenziali non univoci in materia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2020, svoltasi in videoconferenza con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Giulio Castriota Scanderbeg – Presidente
Giovanni Sabbato – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere
Francesco Guarracino – Consigliere, Estensore
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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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