Consiglio di Stato, Sentenza|29 marzo 2021| n. 2596.
In materia di tutela ambientale il principio di precauzione fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, ponendo una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione. Qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza, o la portata, del rischio asserito, a causa della natura non concludente dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute pubblica nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive Si impone così alla Pa un onere di motivazione specifico laddove, in presenza di un pericolo potenziale per salute e/o ambiente, decida in termini di “non azione” (dovendo esplicitarne le ragioni) mentre, ove la Pa decida di agire imponendo misure precauzionali, non è richiesto un particolare onere motivazionale.
Sentenza|29 marzo 2021| n. 2596
Data udienza 9 marzo 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Ambiente – Principio di precauzione – Prevenzione rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente – Tutela anticipata – Motivazione – Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, articolo 301
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 836 del 2014, proposto da Ek. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Ma., Fr. Ga. Sc., con domicilio eletto presso lo studio Fr. Ga. Sc. in Roma, via (…);
contro
Provincia di Mantova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati El. Pe. Ru., Fr. St., con domicilio eletto presso lo studio Fr. St. in Roma, via (…);
Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Mantova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Lu., Pa. Ro., con domicilio eletto presso lo studio Pa. Ro. in Roma, via (…);
nei confronti
Comune di (omissis) non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) n. 00528/2013, resa tra le parti, concernente diniego autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di impianto per la produzione di energia elettrica alimentata da fonti rinnovabili – ris. danno
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Mantova e di Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Mantova;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 9 marzo 2021 il Cons. Sergio Santoro.
Preso atto del deposito delle note d’udienza formulate ai sensi dell’art. 25, D.L. 137/2020, conv. in legge 176/2020, e dell’art. 4, D.L. 28/2020, da parte degli avvocati Sc. e Pe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Erano impugnati in primo grado la determinazione a firma del Dirigente del Settore Ambiente, Rifiuti ed Inquinamento della Provincia di Mantova, n. 21/88 in data 10.4.2012, avente ad oggetto il diniego dell’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica e per la produzione di acqua calda utilizzabile in rete di teleriscaldamento alimentato da fonti rinnovabili; i verbali della Conferenza di servizi convocata ai sensi dell’art. 12 del D.lgs. n. 387/03 e dell’art. 14 della In. 241/90, relativa alla domanda di rilascio dell’autorizzazione di cui sopra e del parere finale espresso dalla stessa Conferenza di servizi in data 29.2.2012, allegato alla determinazione n. 21/88 qui impugnata; i pareri della ASL della Provincia di Mantova 29 settembre 2011 e 29 febbraio 2012, allegati agli atti della citata Conferenza di servizi.
Era anche chiesto il risarcimento del danno ingiusto causato alla ricorrente, ai sensi dell’art. 2 bis della 1. n. 241/90 e del paragrafo 14.16 del D.M. Sviluppo economico 10 settembre 2012, a causa dell’illegittimo protrarsi della Conferenza di servizi oltre il limite di giorni 180 nonché dell’ulteriore danno ingiusto causato alla ricorrente in forza dell’illegittima conclusione negativa del procedimento e dell’adozione degli atti impugnati.
2. Nel procedimento amministrativo per cui è causa era stata infatti svolta un’articolata istruttoria, coordinata dalla citata Conferenza di servizi seguita da un preavviso di diniego e da una richiesta d’integrazione documentale, a seguito della quale l’interessata depositava fra l’altro, una relazione tecnica nella quale si richiamavano:
– i criteri di rilevazione della situazione ambientale, come desunti da impianti di rilevazione pubblici;
– gli elementi secondo cui le emissioni in atmosfera previste sarebbero ampiamente inferiori ai limiti di legge, o del tutto trascurabili in termini assoluti, anche grazie al richiesto, ulteriore, innalzamento del punto di emissione da mt. 20 a mt. 25;
-la minima misura di incremento di immissioni di ossido di azoto e particolato (così come richiesto da ARPA) stimabile nella misura dello 0,1%, e quindi assolutamente trascurabile;
– come l’attivazione del teleriscaldamento avrebbe consentito la disattivazione dei numerosi impianti di riscaldamento funzionanti a metano con conseguente significativa riduzione del consumo di tale gas (per circa 488.000 Nm3), nonché delle emissioni di NOx (per 14,8ton/a) e di PM 10 (per 1,2 ton/a).
3. A seguito di tale documento, e degli atti ad esso allegati, la conferenza di servizi prendeva atto dei rilievi tecnici favorevoli all’impianto, rilevando che l’innalzamento del camino della centrale avrebbe comportato una riduzione delle emissioni a livelli inferiori ai limiti previsti dal D.lgs. n. 155/10.
Il Settore Agricoltura e Attività Produttive della Provincia di Mantova, l’ARPA di Mantova, il Comune di (omissis), il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Mantova e la società AGIRE esprimevano, quindi, parere favorevole.
Viceversa, l’ASL della Provincia di Mantova, richiedeva un’implementazione dei determinanti ambientali relativi all’attuale situazione dell’area, per valutare l’incidenza dei nuovi comparti emissivi nell’impatto degli inquinanti atmosferici.
La Conferenza si concludeva con la richiesta alla società Ek. Ge.Fi. di adempiere alle richieste formulate dall’ASL entro trenta giorni.
4. La società ricorrente produceva quindi la documentazione integrativa secondo cui:
– le emissioni in atmosfera previste erano non solo ampiamente inferiori ai limiti di legge, ma in assoluto del tutto trascurabili, anche grazie al previsto ed ulteriore innalzamento del punto di emissione da m. 20 a m. 25;
– l’attivazione dell’impianto avrebbe consentito di ridurre in maniera assai più cospicua altre emissioni, derivanti da impianti di riscaldamento a gas metano, suscettibili di venire disattivati una volta messo in esercizio l’impianto per cui è causa;
– il saldo ambientale risultava quindi ampiamente positivo, con significativa riduzione sia di NOx (- 14,8 ton/a), sia di PM 10 (- 1,2 ton/a).
L’ASL a questo punto comunicava di ritenere preferibile una diversa localizzazione dell’impianto in un’area posta sopravento.
5. La società ricorrente, con nota in data 24.1.2012 esprimeva adesione alle indicazioni di un sito alternativo ove ubicare l’impianto, non aventi alcun effetto pregiudizievole od ostativo al rilascio dell’autorizzazione, chiedendo pertanto la ripresa e conclusione della Conferenza di servizi, che era difatti convocata per il giorno 29.2.2012.
In quella sede, sia l’ARPA di Mantova che il Comune di (omissis) confermavano il proprio parere favorevole in merito alla realizzazione dell’impianto; ma anche la Provincia di Mantova rilevava la conformità dell’impianto alle norme tecniche di settore e, relativamente agli specifici profili igienico-sanitari e di tutela della sanità pubblica, prendendo atto del parere dell’ASL della Provincia di Mantova, trasmesso con nota in data 29.9.2011, prot. n. 76221.
Tuttavia, la Conferenza esprimeva parere non favorevole al rilascio dell’autorizzazione e la Provincia di Mantova, con atto dirigenziale n. 21/88 in data 10.4.2012, comunicava il diniego dell’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica e per la produzione di acqua calda utilizzabile in rete di teleriscaldamento, alimentato da fonti rinnovabili.
6. Seguivano il ricorso al Tar dell’interessata e la sentenza di rigetto qui appellata.
Era quindi proposto l’appello in esame nel quale, dopo un elenco di dati tecnici sulle caratteristiche ambientali dell’impianto in questione, venivano dedotti sette complessi motivi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.
Si sono costituite ed hanno controdedotto puntualmente la Provincia di Mantova, la Asl della Provincia di Mantova, il Comune di (omissis).
Le parti hanno depositato memorie, in vista dell’udienza di trattazione.
7. Al fine di inquadrare la vicenda contenziosa nel suo reale contesto, è necessario muovere dai provvedimenti impugnati e dalla motivazione ad essi annessa.
Come detto nelle premesse, il provvedimento impugnato, nelle sue fasi procedimentali essenziali, reca un diniego dell’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica e per la produzione di acqua calda utilizzabile in rete di teleriscaldamento, alimentato da fonti rinnovabili (emesso dalla dirigente del settore ambiente della provincia di Mantova d.ssa Ma. Cr. Lo., col n.21/88 in data 10 aprile 2012), da realizzarsi nel Comune di (omissis) in area P.I.P. (omissis), sul Foglio (omissis), mappale (omissis).
Nelle premesse di tale provvedimento si dà atto che l’impianto in oggetto dista circa 456 mt. dal perimetro del nucleo abitativo di (omissis), circa 303 mt. dalla abitazione più vicina e dai seguenti recettori sensibili, e precisamente 403 mt. dalla casa di riposo; 748 mt. dal nucleo scolastico; 832 mt. dal comune/biblioteca; 863 mt. dall’asilo.
Il diniego di autorizzazione impugnato richiama il parere inizialmente espresso dalla Conferenza di Servizi tenutasi in data 08/06/11, ricordando che in quella sede si è preso atto dei pareri espressi dai diversi Enti intervenuti nella Conferenza stessa, dai quali è emersa una situazione critica rilevata dall’analisi dello studio di dispersione e ricaduta degli inquinanti… considerata la direzione prevalente dei venti lungo l’asse NE-SO, si è evidenziato che le aree di massima ricaduta coincidevano proprio con l’abitato di (omissis), in prossimità di recettori sensibili quali la casa di riposo, ubicata vicino al punto di massima concentrazione.
Il provvedimento riporta anche che erano stati comunicati all’interessata i motivi che ostano all’accoglimento della domanda, concedendo 10 giorni di tempo dal ricevimento della comunicazione, per la presentazione delle osservazioni, e che l’ASL di Mantova, con nota prot. n. 0067079 del 23/08/11… ritenendo “opportuno e necessario che si proceda ad una implementazione dei determinanti ambientali” e che sia più cautelativa una localizzazione dell’insediamento in un’area posta sopravento, evidenziando pertanto l’inidoneità dell’area attualmente individuata.
Altri argomenti richiamati nel provvedimento sono i seguenti, complementari ai primi:
– l’ASL evidenzia inoltre per il Comune di (omissis), a seguito degli esiti dell’indagine epidemiologica ambientale eseguita nel Distretto Viadanese, eccessi di mortalità per alcune patologie;
– il Comune di (omissis) ha comunicato che non sono disponibili siti alternativi, idonei a consentire la realizzazione dell’impianto medesimo;
– l’Amministrazione ha specificato con nota prot. n. 1411 del 10/01/12 che la Ditta poteva comunque valutare la disponibilità di aree idonee all’ubicazione dell’impianto anche di proprietà di privati, non necessariamente da acquistare.
Inoltre, il provvedimento aggiunge che nella seconda parte della Conferenza, svolta solo tra gli Enti, è stata rilevata la conformità dell’impianto limitatamente alle norme tecniche di settore igienico sanitari e di tutela della sanità pubblica… si è preso atto del parere dell’ASL relativo alla non idoneità della localizzazione proposta per l’impianto con particolare riferimento agli eccessi di mortalità per alcune patologie registrate nel territorio del Comune di (omissis) e che ha fatto proprio il parere ASL prot. n. 0076221 del 29/09/11 ove si evidenzia l’inidoneità dell’ubicazione prescelta per la realizzazione dell’impianto.
Infine, il provvedimento fa integralmente proprio il contenuto della Conferenza di servizi conclusa esprimendo parere non favorevole al rilascio dell’autorizzazione, pur richiamando espressamente la nota prot. n. 14586/12 del 01/03/12 dell’ASL di Mantova, nella quale si riafferma come “più cautelativa una localizzazione dell’insediamento in un’area posta sopravento rispetto all’area-residenziale”.
Il provvedimento quindi chiudeva affermando che le possibili indicazioni progettuali di modifica, al fine di addivenire ad un parere favorevole, erano unicamente indirizzabili ad una rilocazione dell’impianto stesso. L’istruttoria pertanto si conclude con esito NON FAVOREVOLE al rilascio dell’autorizzazione richiesta… rilevata l’inidoneità, per gli aspetti igienico sanitari congruamente argomentati e motivati dall’ASL di Mantova nell’ambito del procedimento istruttorio, dell’ubicazione prescelta per la realizzazione dell’impianto proposto.
8. Il provvedimento impugnato si è basato soprattutto sul principio di precauzione, in relazione alle prevedibili ricadute di inquinanti nelle prossimità del sito, perché vicino, in particolare, ad una casa di riposo interessata da un eccesso di mortalità per talune patologie, ma anche ad una scuola, una biblioteca comunale e un asilo. In relazione a tali siti sensibili, per finalità di tutela della salute era quindi raccomandato il distanziamento e/o la ricollocazione dell’impianto in area posta sopravvento rispetto a quella residenziale.
Come appare evidente, il provvedimento impugnato è espressione di una complessa discrezionalità tecnica che può, come noto, essere sindacata mediante non solo un mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’Autorità amministrativa, ma anche una verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche eseguite, soprattutto sotto il profilo della loro correttezza quanto a criteri tecnici e a procedimenti utilizzati, in particolare per uno sviamento logico o un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà immediatamente rilevabile (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 18/05/2018, n.3013; 23/12/2020 n. 8280). Ed è pure noto che gli argomenti di discrezionalità tecnica a motivazione dei provvedimenti come quello in esame, come tali, di regola sfuggono al sindacato di legittimità del Giudice Amministrativo, se non risultino manifestamente illogici, irrazionali, irragionevoli, arbitrari ovvero fondati su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti, se non vengano in rilievo specifiche censure circa la plausibilità dei criteri valutativi o la loro applicazione, né essendo sufficiente che la determinazione assunta possa in astratto considerarsi, sul piano del metodo e del procedimento seguito, meramente opinabile.
9. Infatti, il giudice amministrativo non può sostituire – in attuazione del principio costituzionale di separazione dei poteri – proprie valutazioni a quelle effettuate dall’autorità pubblica, quando si tratti di regole (tecniche) attinenti alle modalità di valutazione delle fattispecie al suo esame. Ed è anche noto che la discrezionalità tecnica esercitata dall’amministrazione, soprattutto quando questa – come nel caso di specie – si sia avvalsa dell’apporto di altre amministrazioni con competenze tecniche esclusive, non può ritenersi soggetta ad un sindacato giudiziale sostitutivo, dovendo il giudice limitarsi a verificare se la risposta da essa fornita mediante la “contestualizzazione” dei parametri giuridici indeterminati ed il loro raffronto con i fatti accertati, rientri o meno nella ristretta gamma di risposte plausibili, ragionevoli e proporzionate alla questione, alla luce sia della tecnica, che delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto.
Sul versante tecnico, pertanto, in relazione alle modalità del sindacato giurisdizionale, questo deve considerarsi limitato a verificare se l’Amministrazione abbia violato il principio di ragionevolezza tecnica, senza che sia consentito, in coerenza con il principio costituzionale di separazione, sostituire le valutazioni dell’Amministrazione, anche se in astratto opinabili, con quelle giudiziali.
Se quindi deve ritenersi ammessa la piena conoscenza dei fatti oggetto di causa e del percorso intellettivo e volitivo seguito dall’Amministrazione, tuttavia il giudice non può sostituirsi ad un potere già esercitato, ma deve solo stabilire se la valutazione complessa operata nell’esercizio del potere debba essere ritenuta corretta, sia sotto il profilo delle regole tecniche applicate, sia nella fase di contestualizzazione delle norme poste a tutela dei principi di parità di trattamento e non discriminazione, sia nella fase di raffronto tra i fatti accertati ed il parametro contestualizzato.
Pertanto, anche l’elemento conoscitivo-tecnico conseguito tramite apporti scientifici non è ex se dirimente, allorché soccorrano dati ulteriori, di natura più strettamente giuridica, che limitino il sindacato in sede di legittimità ai soli casi di risultati abnormi, ovvero manifestamente illogici (Consiglio di Stato VI sez. 23/12/2020 n.8260).
10. Alla luce dei principi ora esposti, deve ritenersi inammissibile la richiesta istruttoria avanzata dalla ricorrente, secondo la quale in questo giudizio dovrebbe procedersi ad una consulenza tecnica d’ufficio, al fine di valutare l’esattezza delle premesse di carattere tecnico-scientifico del provvedimento impugnato e degli atti ad esso presupposti.
Infatti, se si accedesse alla richiesta istruttoria avanzata dall’appellante, si potrebbe incorrere in un’abnorme ed illegittima alterazione delle competenze tecniche esclusive delle autorità amministrative preposte all’esercizio del potere autorizzatorio esercitato in concreto, e ciò senza alcun apprezzabile risultato in termini di maggiore effettività della tutela dallo stesso richiesta.
Quelle competenze sono appunto esclusive, risultando predeterminate per legge sia l’identificazione dell’autorità competente ad esercitarle, sia la predeterminazione dei tempi e dell’oggetto dell’agire amministrativo in tale sede, tanto che il relativo esercizio non consente interferenze ad opera del consulente tecnico e/o del verificatore, i quali pur nello svolgimento di compiti loro affidati dal giudice, potrebbero sovrapporre le proprie valutazioni tecniche a quelle delle uniche autorità preposte ad esprimerle.
In definitiva, attraverso la consulenza tecnica e/o la verificazione, in una fattispecie come quella per cui è causa, si giungerebbe indirettamente e/o surrettiziamente a consentire al giudice amministrativo un sindacato di merito, in un ambito riservato alla discrezionalità tecnica pura, là dove la norma di rito (art. 134 c.p.a.) non lo consente.
Ciononostante, nel caso di specie, pur rimanendo entro i ristretti limiti, sopra richiamati, della sindacabilità dell’azione amministrativa di carattere tecnico-discrezionale, si possono ravvisare nel provvedimento alcune omissioni istruttorie ed illogicità manifeste che viziano irrimediabilmente il diniego impugnato e alcuni degli atti ad esso presupposti.
11. Come detto, nel diniego impugnato si assume in primo luogo la prevedibile ricaduta di inquinanti nella prossimità del luogo destinato all’impianto, posto vicino ad alcuni siti sensibili, e se ne raccomanda la delocalizzazione, tenendo conto della direzione dei venti, verso un’area posta sopravento rispetto a quella residenziale.
Tuttavia, non sembra sufficientemente approfondita la possibilità di cambiare il sito inizialmente proposto con un altro più idoneo, oltretutto mai rifiutata dalla ricorrente.
Nel provvedimento impugnato e in più d’uno degli atti ad esso presupposti, infatti, si fa riferimento alla nota in data 22/12/11, con la quale la ricorrente aveva fatto presente che il Comune di (omissis) aveva dichiarato non esservi siti alternativi disponibili, idonei a consentire la realizzazione dell’impianto medesimo, e ciò nonostante lo stesso Comune, con la deliberazione G.M. n.62 del 22/07/10, avesse assegnato alla ricorrente in proprietà le aree occorrenti all’impianto (la delibera G.M. n.62 del 2010, infatti, approvata all’unanimità, aveva assegnato in proprietà alla ricorrente 6.900 metri quadrati di terreno, per la costruzione di una centrale a biomassa, nell’area P.I.P. di (omissis), al prezzo di vendita di 179.262 euro). E comunque, nello stesso provvedimento impugnato si aggiungeva che la Ditta poteva comunque valutare la disponibilità di aree idonee all’ubicazione dell’impianto anche di proprietà di privati, non necessariamente da acquistare. In ogni caso, questa possibilità di delocalizzare l’impianto non è stata sufficientemente valutata e/o approfondita, il che in ogni caso vizia irrimediabilmente il provvedimento per insufficienza istruttoria e per contraddittorietà con provvedimenti precedenti, tenuto anche conto che lo stesso Comune aveva partecipato alla Conferenza di servizi senza mai revocare o mettere in dubbio, o altrimenti annullare in autotutela la propria precedente delibera, nella quale la scelta di costruire una centrale a biomasse in quell’area era stata definita con un accordo. Ed è appena il caso di rilevare che un simile comportamento appare, in definitiva, in evidente contrasto con principi di effettività, certezza del diritto e tutela del legittimo affidamento, come garantiti nel diritto dell’Unione anche con riferimento a procedimenti amministrativi che implicano prevalentemente esercizio di potestà tecnico-discrezionali.
12. Un’altra omissione istruttoria è ravvisabile nelle valutazioni, effettuate negli atti presupposti del provvedimento impugnato, in ordine alle ricadute degli inquinanti emessi dall’impianto in oggetto… sull’abitato di (omissis), in prossimità di recettori sensibili e alla problematica delle concentrazioni effettive, legata all’effetto cumulativo dei punti di emissione già presenti nell’area limitrofa, nonché del background caratteristico della pianura (verbale seduta conferenza di servizio del 08/06/2011).
L’argomento è stato oggetto uno scambio dialettico tra la ricorrente e le amministrazioni, in ordine alla natura e quantità delle emissioni dal camino derivanti dalla combustione della biomassa, ed in tale contesto è stata valutata anche l’altezza del rilascio dei fumi.
Tuttavia, nella specie è mancata totalmente un’analisi costi-benefici in relazione alla realizzazione del nuovo impianto.
In altre parole, non sono stati esaminati a sufficienza gli effetti derivanti dalla chiusura e/o disattivazione degli impianti autonomi di riscaldamento o il minore e/o cessato utilizzo di centrali elettriche tradizionali.
13. Non è compito del Giudice Amministrativo valutare, sotto l’aspetto tecnico, l’impatto deflattivo in termini di minore rilascio di carbonio nell’ambiente e di realizzazione di un’economia circolare, nonché di prevenzione del riscaldamento globale, in relazione alla produzione di energia attraverso un impianto a biomasse.
Ciò che si rileva in questa sede è semplicemente l’assenza, nella fase istruttoria del procedimento per cui è causa, di una simile valutazione.
In effetti, la realizzazione del nuovo impianto è stata valutata dall’amministrazione come se fosse un qualsiasi impianto industriale, mentre nella specie si tratta di un impianto per la produzione di energia che impiega esclusivamente fonti rinnovabili, quali le biomasse vegetali, il cui impatto nell’ambiente è sensibilmente diverso da ogni impianto tradizionale che impieghi fonti energetiche non rinnovabili.
14. Quanto detto comporta, assorbita ogni altra censura, l’annullamento degli atti impugnati, salvo la loro rinnovazione, che dovrà tenere conto delle necessità istruttorie sopra indicate.
Per le stesse ragioni, deve rigettarsi la domanda di risarcimento, non essendo ravvisabile alcuna colpa nel comportamento delle amministrazioni che hanno contribuito e/o partecipato al provvedimento, essendo implicate, nelle scelte da verificare e seguire, esclusivamente valutazioni tecniche di elevata opinabilità, che necessitano di verifiche attraverso apporti scientifici più che politici.
Le spese di giudizio debbono tuttavia essere compensate, in ragione dell’esito complessivo del giudizio e della novità delle questioni affrontate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), accoglie l’appello e, per l’effetto, in totale riforma della sentenza appellata, annulla i provvedimenti impugnati in primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente, Estensore
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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