In materia di procedure concorsuali della P.A.

Consiglio di Stato, Sentenza|3 maggio 2021| n. 3457.

In materia di procedure concorsuali della P.A. preordinate all’assunzione dei dipendenti, l’istituto del cosiddetto “scorrimento della graduatoria” presuppone necessariamente una decisione dell’amministrazione di coprire il posto, con la precisazione, contenuta nella motivazione della sentenza (pur se non riprodotta nella massima ufficiale), che “(si deve trattare di posti non solo vacanti, ma anche disponibili e tali diventano sulla base di apposita determinazione), decisione che una volta assunta risulta equiparabile all’espletamento di tutte le fasi di una procedura concorsuale, con l’identificazione degli ulteriori vincitori.

Sentenza|3 maggio 2021| n. 3457

Data udienza 25 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Concorsi pubblici – Procedure preordinate all’assunzione – Scorrimento della graduatoria – Presupposti legittimanti – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 9308 del 2019, proposto da
Ma. Ab., rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Cl., Gi. Pi. To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ma. Ad. Ga. Ro. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Ma. Cl., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Al. Ri., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio Sezione Seconda n. 08519/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visto l’art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, il Cons. Giuseppina Luciana Barreca;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.I fatti e le vicende processuali sono ricostruiti come segue nella sentenza appellata:
” I – In applicazione del nuovo Regolamento sull’ordinamento professionale del personale del Corpo della Polizia Municipale, approvato con deliberazione di Giunta n. 607 del 14.10.2003, il quale prevedeva, tra l’altro, che, in sede di prima applicazione, il personale inquadrato nella categoria C fosse ammesso a partecipare ad una selezione per la progressione alla categoria D – posizione economica D1, a seguito di partecipazione con esito positivo ad apposito corso, per la copertura dei posti vacanti e disponibili, con determinazione dirigenziale n. 806 del 28.09.2003, il Corpo ha autorizzato lo svolgimento di un corso di aggiornamento professionale, articolato in modulo didattico di n. 36 ore con valutazione finale, riservato appunto al personale inquadrato nella categoria C – per la copertura di posti nella categoria D1.
Con determinazione dirigenziale n. 1584 del 27.08.2007, parzialmente rettificata con successiva determinazione n. 401 del 28.02.2008, è stata approvata la relativa graduatoria definitiva.
Quindi, con deliberazione di Giunta n. 88 del 25.02.2008, si è approvato il piano assunzionale 2008-2009 del personale di qualifica non dirigenziale, nel quale veniva prevista, per l’anno 2008, la progressione, ai sensi dell’art. 91, comma 3, del d.lgs n. 267/2000, di n. 924 unità nel profilo professionale di funzionario di Polizia Municipale.
Si è così proceduto alla sottoscrizione dei contratti individuali di lavoro a tempo indeterminato con i candidati utilmente collocati nella graduatoria della selezione sopra citata.
Negli anni successivi, fino al 28.02.2011, si è fatto ricorso allo scorrimento della medesima graduatoria per la sottoscrizione di ulteriori contratti per il passaggio alla qualifica di funzionario.
Nel verbale di accordo del 25.02.2011 il Sindaco e le Organizzazioni sindacali hanno peraltro convenuto di procedere allo scorrimento nei confronti dei soli istruttori inseriti nella graduatoria della progressione verticale che avessero conseguito il punteggio di 100/100.
II – Con ricorso notificato il 16.07.2012, i signori indicati in epigrafe (in particolare i ricorrenti Ag. Da. ed altri 112), seguiti qualche mese dopo da altri ricorrenti intervenuti volontariamente (Bo. Ma. ed altri 13) e, successivamente, da altri ricorrenti chiamati in causa dal Giudice (Ab. Ma. ed altri 154), hanno adito il Tribunale di Roma – sezione Lavoro, per chiedere di: “dichiarare ed accertare, con effetto costitutivo ex art. 63, c. 2, del T.U.P.I., il diritto […] ad essere inquadrati in Categoria D, posizione economica D1, nel limite dei posti vacanti e disponibili entro la data di efficacia della graduatoria, in base alla attuale dotazione organica vigente, secondo l’ordine di precedenza nella graduatoria medesima”.
Essi hanno sostenuto che le graduatorie resterebbero efficaci per tre anni e sarebbero utilizzabili per l’eventuale copertura di posti che si rendessero successivamente vacanti o disponibili, rilevando altresì che la validità delle suddette graduatorie è stata più volte prorogata dal legislatore, da ultimo con il d.l. n. 225/2010 e con D.P.C.M. del 28.03.2011.
II.1 – Con sentenza n. 1693/2014, pronunciata in data 11.02.2014 e pubblicata il 17.02.2014, il Giudice adito ha accolto il ricorso, in particolare, ritenendo fondata la tesi dei ricorrenti secondo cui la validità (triennale) della graduatoria in questione sarebbe stata più volte prorogata ai sensi di legge, da ultimo con d.l. n. 101/2013 convertito in legge 125/2013, e non condividendo invece quella di Roma Capitale secondo la quale tali proroghe avrebbero ad oggetto solo i concorsi pubblici, e non anche le c.d. progressioni verticali nell’ambito di rapporti di lavoro già instaurati.
Il suddetto Giudice ha, perciò, affermato che le proroghe disposte dalla legge hanno ad oggetto anche le graduatorie relative a concorsi interni per il passaggio ad aree funzionali o categorie superiori, e dunque anche la graduatoria in questione (relativa al passaggio dalla categoria C alla D).
Ha richiamato anche la giurisprudenza amministrativa, in particolare, quella del Consiglio di Stato, la quale, a sua volta, ha citato le norme sulla vigenza della graduatoria “per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito, e che successivamente ed entro tale data dovessero rendersi disponibili”.
In sentenza viene fatto un preciso richiamo alla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 14 del 2011, la quale ha “sostanzialmente confermato che, sul piano dell’ordinamento positivo, si è ormai realizzata la sostanziale inversione del rapporto tra l’opzione per un nuovo concorso e la decisione di scorrimento delta graduatoria preesistente ed efficace. Quest’ultima modalità di reclutamento rappresenta ormai la regola generale, mentre l’indizione del nuovo concorso costituisce l’eccezione e richiede un’apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico. Il Consiglio di Stato ha quindi dettato il principio di diritto secondo il ” in presenza di graduatorie concorsuali valide ed efficaci, l’amministrazione, se stabilisce di provvedere alla copertura dei posti vacanti, deve motivare la determinazione riguardante le modalità di reclutamento del personale, anche qualora scelga l’indizione di un nuovo concorso, in luogo dello scorrimento delle graduatorie vigenti” “.
La sentenza di cui in questa sede si chiede l’esecuzione ha concluso: “I ricorrenti hanno quindi diritto ad essere inquadrati nella categoria D, posizione economica D1, nei limiti dei posti vacanti e disponibili entro la data di efficacia della graduatoria, in base all’attuale dotazione organica vigente, secondo l’ordine di precedenza della graduatoria stessa.”.
II.2 – La Corte di Appello di Roma, sezione I Lavoro, nella sentenza n. 915 pronunciata in data 11.02.2016 e pubblicata il successivo 17.03.2016, ha dichiarato l’appello proposto da Roma Capitale inammissibile, in quanto tardivo.
II.3 – Avverso la menzionata sentenza della Corte di Appello il Comune ha proposto ricorso in Cassazione (RG n. 13927/2016), dichiarato inammissibile con ordinanza n. 25725 del 15.10.2018.
II.4 – Di conseguenza la su richiamata sentenza di I grado è passata in giudicato, producendo, tuttavia, effetti unicamente nei confronti delle 317 parti costituite nel predetto giudizio (non anche di quelle contumaci).
II.5 – In data 5.11.2018 gli odierni ricorrenti hanno inoltrato a Roma Capitale atto di diffida e messa in mora, dalla stessa riscontrato con nota del 22.11.2018, nella quale ha affermato: “per ogni esigenza assunzionale relativa al profilo di Funzionario Polizia Locale, questo ufficio ricorrerà alla graduatoria di che trattasi, nel rispetto delle condizioni e dei presupposti di cui al dispositivo ed alla normativa in materia di pubblico impiego”.”
1.2. A seguito di tale nota, ritenuta espressione della volontà di non dare esecuzione alla sentenza da parte dell’amministrazione capitolina, i ricorrenti indicati in epigrafe hanno agito dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio per l’ottemperanza ai sensi dell’art. 112, comma 1, lett. c), Cod. proc.amm.
1.3. A fondamento del ricorso hanno posto il loro diritto ad essere inquadrati “nei limiti dei posti vacanti e disponibili in categoria D, posizione economica D1, secondo l’ordine di precedenza della graduatoria”, assumendo che tale inquadramento sarebbe dovuto avvenire man mano che figurassero in organico i posti in tale categoria e posizione, con la conseguenza che, data la permanenza nella nuova categoria e posizione, essi avrebbero potuto beneficiare anche della progressione economica a D2; hanno perciò sostenuto il diritto di percepire le differenze retributive tra la posizione economica ricoperta e la D1 e poi anche la D2.
1.3.1. In subordine, hanno chiesto il riconoscimento del diritto all’inquadramento in categoria D almeno dalla data di pronuncia della sentenza, cioè dall’11.02.2014, ovvero, in ulteriore subordine, dalla data del passaggio in giudicato della medesima – il giorno 24.03.2014, con affermazione del diritto alla ricostruzione di carriera (che, pur non essendo dichiarato dal giudice nella sentenza da ottemperare, avrebbe costituito, ad avviso dei ricorrenti, la conseguenza giuridica ed economica del disposto inquadramento e, pertanto, sarebbe azionabile in sede di ottemperanza).
1.3.2. Si è altresì lamentata la circostanza che il Comune di Roma sarebbe stato ancora inadempiente, nei confronti del procuratore, circa il pagamento integrale delle spese di lite liquidate, quale antistatario, nella medesima sentenza oggetto di domanda di ottemperanza, poiché corrisposte solo in parte.
2. Il Tribunale amministrativo regionale – dato atto della costituzione in giudizio del Comune di Roma – ha dichiarato inammissibile tale ultima domanda, per la mancata costituzione in giudizio, in qualità di ricorrente, dell’avvocato distrattario, che vi figurava soltanto come difensore dei ricorrenti.
2.1. Nel merito, ha ricostruito la portata e gli effetti determinati dalla sentenza da eseguire, “partendo dal suo dato letterale e dal necessario significato che allo stesso deve riconoscersi e tenendo conto inoltre del quadro normativo vigente in materia di impiego alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni e delle prerogative riconosciute in capo agli Enti pubblici”.
2.1.1. Quanto al primo profilo, dopo aver dato atto del contenuto della sentenza, ha ritenuto che ne emergesse il dato per il quale, per poter procedere allo scorrimento della graduatoria degli idonei, fosse necessario il concorso di due condizioni: la vacanza in organico e la disponibilità di posti, in quanto l’espressione “vacanti e disponibili”, adoperata in riferimento ai posti nella categoria superiore, non avrebbe potuto essere letta come un’endiadi “ma come una necessaria combinazione di presupposti che devono co-sussistere affinché si dia luogo allo scorrimento della graduatoria degli idonei per l’inquadramento.”.
2.1.2. Affermato perciò il condizionamento del diritto dei ricorrenti, non solo alla vacanza del posto, ma anche alla sua disponibilità e ritenuto essersi formato il giudicato soltanto sull’obbligo di Roma Capitale di “non fermarsi alla data del 28.02.2011 per lo scorrimento della graduatoria”, ma di applicare le proroghe ex lege, il Tribunale amministrativo regionale ha reputato che la disponibilità dei posti, necessaria per l’inquadramento nella categoria superiore dei dipendenti in graduatoria, dovesse essere intesa, sulla base delle norme vigenti in materia di turn over del personale del pubblico impiego, come “strettamente correlata alla pianificazione assunzionale dell’Ente, dettata da vincoli di bilancio nonché dalla volontà organizzativa interna”.
2.2. Di qui la conclusione che “solo nell’ipotesi in cui avesse determinato di acquisire nuove unità nel profilo qui in rilievo, Roma Capitale, in forza della sentenza che in questa sede si chiede di eseguire, avrebbe dovuto prelevare dagli idonei in graduatoria, fino al permanere della sua efficacia.”.
Tale conclusione è corroborata dalle seguenti argomentazioni:
– “ciò che è sotteso allo scorrimento della graduatoria è il fine di ottenere un risparmio di spesa rispetto al caso del reclutamento mediante concorso, per cui l’Amministrazione deve procedere allo scorrimento della graduatoria degli idonei vigente anziché indire un concorso, ma certamente non si può obbligare la stessa ad eseguire lo scorrimento, anche ove ritenga di non avvalersi di ulteriori figure appartenenti ad un determinato profilo, come al contrario si vorrebbe nel ricorso in esame”;
– si rende necessario mantenere un determinato rapporto numerico tra istruttori e funzionari del Corpo della Polizia municipale e tale rapporto sarebbe invece venuto meno ove, in asserita esecuzione della sentenza in questione, fosse stato disposto il passaggio dei ricorrenti dalla posizione C5 alla D1, considerata la preesistente carenza in organico anche degli istruttori;
– alla data della pronuncia della sentenza del Tribunale civile, il numero dei posti vacanti nella dotazione organica dei funzionari della Polizia municipale, pari a 472, era già di gran lunga capiente rispetto al numero dei ricorrenti, per cui, ove il giudice avesse inteso ordinare all’amministrazione sic et simpliciter l’immediata assunzione di tutti i ricorrenti, unicamente in presenza di vacanza in organico, l’avrebbe fatto senza condizionare, invece, il diritto ai posti disponibili ed alla perdurante vigenza della graduatoria.
2.3. Dato quanto sopra, il primo giudice ha escluso che Roma Capitale fosse rimasta inadempiente all’obbligo di esecuzione della sentenza ed ha perciò respinto sia la domanda di ottemperanza mediante riconoscimento del diritto dei ricorrenti all’inquadramento nella categoria D, posizione D1, e ricostruzione della carriera, sia la domanda subordinata di risarcimento del danno.
2.4. Le spese del giudizio sono state compensate tra le parti, in considerazione della “peculiarità che lo connota”.
3. I ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto appello con tre motivi.
3.1. Roma Capitale si è costituita per resistere al gravame.
3.2. Nella camera di consiglio del 25 febbraio 2021 il ricorso è stato assegnato a sentenza, previo deposito di memoria di Roma Capitale e di repliche di entrambe le parti.
4. I motivi attengono alla decisione di rigetto del ricorso, avendo i ricorrenti prestato acquiescenza alla dichiarazione di inammissibilità della domanda riferita al pagamento delle spese di lite.
4.1. Col primo motivo è denunciato “eccesso di potere giurisdizionale” da parte del Tribunale amministrativo regionale perché anziché interpretare la parte del dispositivo della sentenza “nei limiti dei posti vacanti e disponibili”, rimanendo “nell’ambito degli elementi dedotti nel giudizio concluso” ne avrebbe affidato l’interpretazione ad elementi in parte già interpretati e decisi dal giudice del merito ed in parte rimasti estranei a quel giudizio.
Ad avviso degli appellanti, il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, avrebbe usato la detta espressione “allo stesso modo in cui essa è stata utilizzata dai ricorrenti” e ciò sarebbe constatabile mediante la lettura dei passaggi motivazionali di cui alle pagine 27 e 32 della sentenza, con i quali il giudice avrebbe accertato che la decisione di scorrimento della graduatoria per “tutti i posti vacanti” in categoria D e “fino alla concorrenza di 3.000 funzionari” era di fatto già stata “adottata” sia nel verbale di accordo del febbraio 2008, sia successivamente per “atti concludenti”, attraverso i diversi scorrimenti via via effettuati, di modo che i posti, oltre che “vacanti”, sarebbero stati anche “disponibili”; se il giudice avesse usato tale ultima espressione come riferita a future determinazioni dell’amministrazione, avrebbe fatto refluire la pretesa azionata dai ricorrenti nell’ambito dell’interesse legittimo; invece, avrebbe accertato, con la forza del giudicato, che la “decisione” di scorrimento della graduatoria (così come intesa anche dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite: cfr. Cass. S.U. 29 settembre 2003, n. 14529, Cass. S.U. 7 febbraio 2007, n. 2698, Cass. S.U., 9 febbraio 2009, n. 3055) era stata adottata dal Comune di Roma sia nel verbale di accordo del febbraio 2008, sia per “atti concludenti”.
Pertanto, il giudice dell’ottemperanza non avrebbe potuto ancorare un diritto già riconosciuto dal giudice ordinario ad ulteriori elementi di fatto e di diritto (come le “leggi vigenti”, i “limiti di spesa”, le “esigenze organizzative interne”, la necessità di “mantenere un rapporto equilibrato fra istruttori e funzionari”) rimasti estranei al giudizio di merito, se non superando i limiti del potere del giudice amministrativo in sede di ottemperanza delle sentenze del giudice ordinario (come definiti dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 27 dicembre 2011, n. 28812), dando perciò luogo al vizio di eccesso di potere giurisdizionale.
4.2. Col secondo motivo è dedotta l’errata interpretazione del giudicato del giudice ordinario “come sentenza che presuppone l’accertamento di un “interesse legittimo” e non di un “diritto soggettivo””, in quanto il Tribunale amministrativo regionale -interpretando la sentenza come volta a 1) stabilire la ulteriore vigenza della graduatoria e ad 2) affermare il principio di scorrimento prioritario della graduatoria, anziché bandire un nuovo concorso “nel caso in cui l’Amministrazione decida di coprire i posti “vacanti”, rendendoli perciò anche “disponibili” […]”- avrebbe sottoposto il diritto dedotto in giudizio dai ricorrenti alla “condizione incerta e futura” delle future determinazioni discrezionali dell’amministrazione, alla stregua di un “interesse legittimo”. Se questo avesse ritenuto il giudice ordinario, non avrebbe potuto accogliere il ricorso, dal momento che l’accoglimento del ricorso da parte del giudice ordinario presuppone l’affermazione di un diritto soggettivo già “compiuto e perfetto”, cui corrisponde un “obbligo” dell’amministrazione.
4.3. Col terzo motivo è denunciata “violazione del giudicato come correlazione fra petitum, causa petendi, motivi e decisum”, perché il Tribunale amministrativo regionale avrebbe interpretato il giudicato sulla base del solo dispositivo e di una parte soltanto della motivazione della sentenza, senza tenere conto del ricorso proposto dinanzi al Tribunale civile (del quale vengono riportate le pagg. 17-18), da interpretarsi nel senso, preteso anche nel presente giudizio, che il Comune di Roma, con atti risalenti al 2008, avesse preso un vero e proprio “impegno assunzionale” per la copertura di tutti i posti della dotazione organica ampliata a 3.000 funzionari di categoria D (in luogo dei 2.345 posti già esistenti), mentre aveva poi bloccato tale impegno al 28 febbraio 2011, sostenendo che la graduatoria era scaduta a tale ultima data. Dato ciò, lo stesso giudice ordinario, accolta la tesi dei ricorrenti, secondo cui la vigenza della graduatoria era prorogata, avrebbe imposto a Roma Capitale, durante tale ultravigenza, di coprire i posti “vacanti” (nell’ambito della dotazione ampliata a 3.000 unità ), che sarebbero così divenuti anche “disponibili”, utilizzando la graduatoria e inquadrando i ricorrenti “fino alla concorrenza dei suddetti posti”. La sentenza avrebbe perciò effetti costitutivi dei rapporti di lavoro, ai sensi dell’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, “nei limiti dei posti vacanti durante l’ulteriore vigenza” (vale a dire 213 posti, per il primo anno e 114 posti per il secondo anno; così che alla data della sentenza, 11 febbraio 2014, vi sarebbero stati tanti posti “vacanti e disponibili” da poter inquadrare nel superiore profilo tutti gli odierni ricorrenti).
Gli appellanti aggiungono che la statuizione di inquadramento nella superiore qualifica di tutti i ricorrenti non è stata adottata dal Tribunale civile, malgrado avesse accertato l’esistenza al momento della decisione di tanti posti vacanti e disponibili quanti erano i ricorrenti, per non andare ultra petitum, non essendo note le date esatte di ciascuna vacanza; il giudice del lavoro si sarebbe perciò limitato a riprodurre l’inciso contenuto nelle conclusioni del ricorso (riferito all’inquadramento “nei limiti dei posti vacanti e disponibili”), da intendersi come “complemento di limitazione” e non come “proposizione condizionale implicita”.
5. I motivi – da esaminarsi unitariamente per evidenti ragioni di connessione – non sono fondati.
La controversia si incentra sull’interpretazione da dare alla sentenza del Tribunale di Roma, sezione lavoro, n. 1693/14 dell’11 febbraio 2014, che ha dichiarato il diritto dei ricorrenti “ad essere inquadrati nella categoria D, posizione economica D1, nei limiti dei posti vacanti e disponibili entro la data di efficacia della graduatoria, in base all’attuale dotazione organica vigente, secondo l’ordine di precedenza della graduatoria stessa.”. In particolare, il contrasto tra le parti concerne il significato da attribuire all’espressione di “posti vacanti e disponibili”, sostenendo i ricorrenti che il giudice abbia inteso attribuirvi il senso di un’endiadi e Roma Capitale che invece l’espressione sia stata utilizzata dal giudicante riferendosi a posti non solo vacanti ma anche disponibili.
5.1. Orbene, la disciplina di riferimento è contenuta nell’art. 91 del d.lgs. n. 267 del 2000 il cui comma 4 stabilisce, in particolare, che:
“Le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per l’eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o trasformati successivamente all’indizione del concorso medesimo”.
L’espressione in contestazione nel presente giudizio riproduce perciò quella utilizzata dal legislatore (“posti… vacanti e disponibili”). La disposizione di legge si inserisce in un contesto ordinamentale assolutamente chiaro nel distinguere tra:
– posti vacanti nella pianta organica di un ente, che sono quelli che pur formalmente previsti dalla dotazione organica, non sono, di fatto, coperti da alcun dipendente in servizio;
– posti disponibili, che sono i posti vacanti una volta che siano stati inseriti in un’apposita pianificazione (cd. piani triennali di fabbisogno) o comunque contemplati da una determinazione dell’ente locale contenente un impegno “assunzionale”.
Questa distinzione è poi alla base della giurisprudenza sia della Corte di Cassazione che del Consiglio di Stato, poiché si è affermato:
– per un verso, in particolare con la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 12 novembre 2012, n. 19595 (espressione di un orientamento consolidato), che “In materia di procedure concorsuali della P.A. preordinate all’assunzione dei dipendenti, l’istituto del cosiddetto “scorrimento della graduatoria” presuppone necessariamente una decisione dell’amministrazione di coprire il posto […]”, con la precisazione, contenuta nella motivazione della sentenza (pur se non riprodotta nella massima ufficiale), che “(si deve trattare di posti non solo vacanti, ma anche disponibili e tali diventano sulla base di apposita determinazione), decisione che una volta assunta risulta equiparabile all’espletamento di tutte le fasi di una procedura concorsuale, con l’identificazione degli ulteriori vincitori (v. fra le altre Cass. S.U. 29-9-2003 n. 14529; Cass. S.U. 7-2-2007 n. 2698; Cass. S.U. 9-2-2009 n. 3055)”;
– per altro verso, che l’amministrazione mantiene un’ampia discrezionalità nel decidere se coprire i vuoti di organico (cfr. Cons. Stato, V, 17.01.2014, n. 177; Cons. Stato, V, 15.07.2014, n. 4361), essendo vincolata, ma soltanto dopo aver assunto la determinazione di assunzione, ad osservare, nell’opzione tra nuovo concorso e scorrimento della graduatoria, il principio di diritto per il quale “in presenza di graduatorie concorsuali valide ed efficaci l’amministrazione, se stabilisce di provvedere alla copertura dei posti vacanti, deve motivare la determinazione riguardante le modalità di reclutamento del personale, anche qualora scelga l’indizione di un nuovo concorso, in luogo dello scorrimento delle graduatorie vigenti” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 14/2011).
5.2. Essendo pertanto indubitabile la distinzione tra posti vacanti e posti disponibili, la prospettazione dei ricorrenti -che in linea di principio non la disconosce- presuppone che sia stato invece il Tribunale civile, in funzione di giudice del lavoro, a superare tale distinzione nel caso di specie. Ad avviso dei ricorrenti, una siffatta portata della sentenza da eseguire sarebbe giustificata da un presupposto di fatto e di diritto che sarebbe stato, non solo sussistente all’epoca della decisione, ma anche accertato e valutato dal giudice ordinario.
5.2.1. Il presupposto che i ricorrenti danno per sussistente sarebbe costituito dalla circostanza che Roma Capitale avrebbe “adottato” la determinazione di procedere all’assunzione di tante unità di personale di categoria D fino alla copertura dell’intero organico di 3.000 unità già col verbale di intesa del 7/8 febbraio 2008 (quindi quando venne concordato l’ampliamento dell’organico, prima della definitiva approvazione della graduatoria in questione) ed anche successivamente per “atti concludenti”, che sarebbero consistiti nei “plurimi scorrimenti effettuati”.
L’assunto è contrario ai principi e alle norme sopra richiamati (in specie agli artt. 91 del d.lgs. n. 267 del 2000 e 4-6 del d.lgs. n. 165 del 2001), i quali presuppongono che l’impegno all’assunzione risulti dalle deliberazioni formalmente adottate dagli organi di vertice delle amministrazioni locali.
Esso è totalmente destituito di fondamento anche in punto di fatto, atteso che:
– il verbale di intesa (prodotto come allegato 8 alla memoria di replica dei ricorrenti in primo grado) è stato sottoscritto l’8 febbraio 2008 tra i rappresentanti dell’amministrazione e i rappresentanti della RSU e delle organizzazioni sindacali ivi indicate e non avrebbe certo potuto sostituire la programmazione e le determinazioni di assunzione del personale di competenza dell’amministrazione comunale; piuttosto -conformemente alla sua finalità – si limitava a prevedere, per quanto qui di interesse, la ridefinizione degli organici della categoria D “in rapporto alla nuova organizzazione e allo sviluppo dei piani assunzionali, portandone il numero complessivo a 3.000 unità, in equilibrato rapporto funzionale con l’incremento del numero degli Istruttori in categoria C” e quindi l’impegno a portare a compimento “tale operazione… entro il termine di validità triennale della graduatoria della progressione verticale già attivata”, nonché “a dare immediata applicazione alla graduatoria conseguente alla selezione C/D effettuata il 29/1/2007”;
– dopo la sottoscrizione di tale intesa e l’approvazione della graduatoria definitiva, si sono avuti i seguenti atti dell’amministrazione comunale:
— la D.G.C. n. 88 del 25 febbraio 2008 (all. 11 deposito di primo grado di Roma Capitale) con cui veniva approvato il piano assunzionale 2008-2009 del personale di qualifica non dirigenziale, nel quale veniva prevista, per l’anno 2008, la progressione, ai sensi dell’art. 91 c. 3 T.U.E.L., di n. 924 unità nel profilo professionale di Funzionario di Polizia Municipale;
— la D.D. n. 525 del 14 marzo 2008 e successive, con le quali veniva autorizzata la sottoscrizione del contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato dei candidati utilmente collocati nella graduatoria della selezione sopracitata;
— l’atto n. 35 della seduta del 26/27 marzo 2009 col quale il Consiglio Comunale approvava il Bilancio di previsione 2009/2011, stanziando le risorse finanziarie per la progressione di ulteriori n. 113 unità, utilmente collocate nella suddetta graduatoria, a copertura del turn over 2008;
— la D.D. n. 977 del 12 maggio 2009 e successive, con le quali veniva autorizzata la sottoscrizione del contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato nel suddetto profilo anche dei predetti candidati;
— la D.G.C. n. 370 del 25 novembre 2009 (All. 12 deposito di primo grado), con la quale veniva disposta l’ulteriore copertura del turn over;
— la D.D. n. 2037 del 5 ottobre 2010 e successive, con le quali si procedeva alla sottoscrizione del contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato per n. 98 candidati utilmente collocati nella graduatoria;
— la D.G.C. n. 422 del 22 dicembre 2009 (All. 13 deposito di primo grado) recante il Piano assunzionale 2010-2012, che, nel superare le precedenti deliberazioni, prevedeva, tra l’altro, lo scorrimento della graduatoria di n. 300 “Funzionari Polizia Municipale”, oltre alla copertura dell’intero turn over, entro il 31.12.2010;
— la D.D. n. 2411 del 18 novembre 2010, con la quale veniva autorizzata la sottoscrizione del contratto individuale di lavoro di ulteriori n. 300 candidati utilmente collocati nella graduatoria;
— l’integrazione del Piano assunzionale 2011 e quindi la D.D. n. 477 del 28.02.2011 (All. 9 deposito di primo grado) con la quale l’amministrazione procedeva all’autorizzazione della sottoscrizione del contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato di 240 candidati utilmente collocati nella graduatoria;
– quest’ultima integrazione era conseguenza del verbale di accordo del 25 febbraio 2011 tra il Sindaco e le OO.SS. (col quale si era convenuto di procedere allo scorrimento della graduatoria nei confronti dei soli Istruttori inseriti nella graduatoria della progressione verticale che avessero conseguito il punteggio di 100/100), oggetto del ricorso dinanzi al Tribunale civile, sezione lavoro, concluso con la sentenza n. 1693/2014.
Come la su esposta successione delle delibere consiliari e delle determinazioni dirigenziali dimostra, dopo la sottoscrizione, in un primo momento, dell’intesa del 2008 ed, in un secondo momento, dell’accordo del 2011, i posti sono stati resi via via “disponibili” dall’amministrazione capitolina, in riferimento ai posti “vacanti” nell’organico ampliato fino a 3.000 unità, mediante la formale adozione di specifici impegni assunzionali, ai quali hanno fatto seguito le determinazioni di autorizzazione alla stipulazione dei contratti individuali di lavoro. In definitiva, le intese con i sindacati non possono sostituire, e non hanno sostituito, le determinazioni amministrative di impegno alle assunzioni, le quali, a loro volta, sono presupposto indispensabile per rendere disponibili i posti dell’organico già vacanti o che si dovessero rendere vacanti in un determinato arco temporale.
5.2.2. Resta allora da verificare se, pur dovendosi escludere qualsivoglia automatismo tra vacanza del posto e sua disponibilità in forza delle norme di legge e dell’applicazione che Roma Capitale ne ha fatto nella vicenda oggetto del presente contenzioso (pur in attuazione degli impegni presi con le organizzazioni sindacali), un automatismo siffatto sia stato comunque ritenuto dalla sentenza azionata nel presente giudizio, con efficacia di giudicato perciò vincolante per l’amministrazione (sia pure contra o praeter legem).
Per pervenire a tale conclusione il giudice del lavoro avrebbe dovuto accertare la sussistenza dei presupposti per l’inquadramento immediato dei ricorrenti nella superiore qualifica ed, all’esito ed in conseguenza di tale accertamento, riconoscerne il diritto alla costituzione del corrispondente rapporto di lavoro, ai sensi e per gli effetti dell’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 (per il quale “Le sentenze con le quali [n. d.r. il giudice ordinario] riconosce il diritto all’assunzione… hanno anche effetto… costitutivo… del rapporto di lavoro”).
6. La sentenza non contiene siffatto accertamento, né nel dispositivo né nella motivazione, neanche se interpretati tenendo conto della causa petendi e del petitum di cui al ricorso introduttivo del giudizio ordinario, secondo quanto sostenuto col terzo motivo di appello.
6.1. Infatti, il ricorso introduttivo, ricostruite le vicende sindacali ed amministrative, si articolava nei seguenti motivi:
– sulla perdurante efficacia della graduatoria per via delle disposizioni normative in materia di “milleproroghe”, col quale si sosteneva appunto l’ultrattività della graduatoria degli idonei oltre il 28 febbraio 2011, in applicazione delle proroghe ex lege, che invece Roma Capitale riteneva non applicabili;
– sull’esistenza di un obbligo dell’amministrazione ad operare l’inquadramento superiore degli idonei alla luce degli impegni assunti e degli atti negoziali posti in essere, col quale -malgrado la rubrica, che lasciava intendere più di quanto illustrato dai ricorrenti- si sosteneva, in coerenza col quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento ivi esposto (in tutto e per tutto coincidente con quello esposto nella prima parte di questa sentenza), che “Nella concreta fattispecie… esistono tutti i presupposti per ritenere sussistente, in capo all’odierna resistente, l’obbligo di “completare” lo “scorrimento” della graduatoria ancora valida ed efficace…”; dopo aver illustrato le ragioni di tale modalità di reclutamento nella superiore categoria (ai numeri da 1 a 5), si concludeva “Sarebbe illegittimo, perciò, perché lesivo dei principi di “correttezza” e “buona fedè, oltre che di “imparzialità “, colmare le ultime vacanze di organico in categoria D dell’area Vigilanza, non attraverso il “completamento” dello scorrimento della graduatoria ancora valida ed efficace, ma attraverso il ricorso ad altri istituti.”;
– in via subordinata, sul diritto al risarcimento del danno derivante dalla violazione del canone di imparzialità e dell’obbligo di correttezza e buona fede, col quale appunto era avanzata la domanda risarcitoria subordinata (rimasta assorbita).
Le conclusioni del ricorso erano poi quelle riportate negli scritti di parte ricorrente ed anche nella sentenza qui appellata (IN VIA PRINCIPALE: previa dichiarazione della nullità parziale e disapplicazione in parte qua, ex art. 1419 c.c., dell’accordo sindacale del 25.02.2011, dichiarare ed accertare, con effetto costitutivo ex ari. 63, c. 2, dei T.U.P.I., il diritto dei ricorrenti ad essere inquadrati in Categoria D, posizione economica Dl, nel limite dei posti vacanti e disponibili entro la data di efficacia della graduatoria, in base alla attuale dotazione organica vigente, secondo l’ordine di precedenza nella graduatoria medesima.).
La lettura della causa petendi di cui ai primi due motivi del ricorso e del petitum richiesto in via principale rende palese che quest’ultimo recava un riferimento all’effetto costitutivo dei rapporti di lavoro ex art. 63, comma 2, del T.U.P.I., che non trovava precisa rispondenza nelle ragioni di fatto e di diritto di cui al secondo motivo di ricorso.
6.2. A sua volta, la sentenza del giudice del lavoro non può che essere interpretata, in coerenza con le ragioni di fatto e di diritto illustrate dagli stessi ricorrenti, ma nei limiti di tali ragioni e del petitum che il giudice ha ritenuto di accogliere, secondo quanto desumibile dalla combinazione di motivazione e dispositivo.
Nella parte in diritto della motivazione, dopo aver affrontato la questione di giurisdizione (su cui si tornerà ), il giudicante argomenta come segue:
1) sul primo motivo di ricorso ([…] sostengono i ricorrenti che la validità (triennale) della graduatoria in questione sarebbe stata più volte prorogata ai sensi di legge, da ultimo con D.L. 101/2013 convertito in legge 125/2013), accoglie pienamente la pretesa (“La tesi è fondata”);
2) sul secondo motivo, in effetti richiama il verbale di intesa del 7 febbraio 2008, ma, contrariamente a quanto sostengono gli appellanti, non al fine di individuarvi un impegno assunzionale di Roma Capitale, ma al solo fine di evidenziare “l’intenzione di ROMA CAPITALE di coprire anche questi ulteriori posti mediante lo scorrimento della graduatoria stessa”; in coerenza con tale constatazione, viene poi richiamata la sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 14 del 2011, appunto a riscontro, non certo dell’affermazione di un obbligo all’assunzione dei ricorrenti da parte di Roma Capitale, bensì dell'”obbligo” dell’amministrazione di scorrimento della graduatoria “se stabilisce di provvedere alla copertura dei posti vacanti” (come da principio di diritto espresso dall’Adunanza plenaria e condiviso dal giudice del lavoro). Di qui la reputata irrilevanza dell’accordo del 25 febbraio 2011 (che invece era stato l’oggetto principale del ricorso), poiché ritenuto non ostativo allo scorrimento della graduatoria da parte di Roma Capitale per la copertura dei posti in categoria D.
In sintesi, il giudice del lavoro non ha speso nemmeno una parola sui presupposti di fatto e di diritto di un eventuale inquadramento immediato dei ricorrenti nella categoria D, né ha fatto alcun cenno a provvedimenti amministrativi che avessero reso disponibili i posti vacanti cui aspiravano i ricorrenti; men che meno ha, esplicitamente o implicitamente, accertato siffatta disponibilità .
Il dispositivo della sentenza è assolutamente in linea col percorso logico-giuridico e con le conclusioni della motivazione poiché, così come questa non fa alcun riferimento al diritto dei ricorrenti alla costituzione del rapporto di lavoro in categoria D ed all’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, parimenti non lo fa il dispositivo; questo non dichiara affatto il diritto all’inquadramento immediato dei ricorrenti ma si limita a riconoscerne il diritto all’inquadramento nella categoria D, posizione economica D1, “nei limiti dei posti vacanti e disponibili entro la data di efficacia della graduatoria, in base alla dotazione organica vigente…”.
6.1. In negativo, pertanto è da ritenere che il diritto all’inquadramento di ciascuno degli istanti in categoria D, non sia nemmeno entrato nel thema decidendum del giudizio ordinario e comunque che di esso la sentenza non si sia affatto occupata.
In positivo, la cognizione del giudice ordinario e l’accertamento giurisdizionale con efficacia di giudicato risultano limitati all’obbligo dell’amministrazione capitolina di procedere allo scorrimento della graduatoria fino al termine di vigenza di questa nella copertura dei posti vacanti in organico, se ne avesse deliberato appunto la copertura rendendoli con ciò disponibili.
6.2. E’ quindi corretta la sentenza di primo grado laddove ha concluso che il giudice del lavoro ha stabilito soltanto “l’obbligo, per Roma Capitale, di non fermarsi alla data del 28.02.2011 per lo scorrimento della graduatoria degli idonei ai fini del passaggio dalla posizione C5 alla D1 […]”.
7. Siffatta conclusione non è viziata da eccesso di potere giurisdizionale, come sostenuto col primo motivo di appello, perché :
– come si è dimostrato mediante l’analisi del ricorso introduttivo e della sentenza (secondo quanto richiesto col terzo motivo di appello), la decisione da ottemperare risulta interpretata secondo il senso letterale delle espressioni adoperate nella motivazione e nel dispositivo, in correlazione con gli elementi di fatto e di diritto introdotti in giudizio dai ricorrenti (tra i quali – è bene ribadirlo – non vi era indicazione di alcun impegno formale che, dopo l’accordo del 2011 e la determina di attuazione del 28 febbraio 2011, rendesse disponibili ulteriori posti che si fossero resi vacanti in organico);
– quando il Tribunale amministrativo regionale fa riferimento al “quadro normativo vigente in materia di impiego alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni e delle prerogative riconosciute in capo agli Enti pubblici” non utilizza tali elementi di diritto ad integrazione della motivazione della sentenza da ottemperare né rivaluta presupposti giuridici e fattuali già valutati dal giudice ordinario; all’opposto, risulta compiuta -anche se non esplicitata- l’attività interpretativa sopra esposta, che evidenzia come la sentenza avesse ad oggetto uno soltanto dei presupposti giuridici e fattuali della pretesa dei ricorrenti all’assunzione, vale a dire la permanenza in vigore della graduatoria degli idonei, e che, in ragione di ciò, dato il quadro normativo di riferimento sulle assunzioni del personale degli enti locali, il giudice ordinario, che di queste non si è occupato se non nei limiti dell’obbligo di utilizzare le graduatorie vigenti, non avrebbe potuto ordinare, così come letteralmente non ha ordinato, a Roma Capitale di procedere ad alcuna assunzione in categoria superiore, senza la previa disponibilità dei posti.
7.1. La decisione del Tribunale amministrativo regionale va quindi confermata perché rispettosa della giurisprudenza di legittimità in tema di potere interpretativo del giudicato da eseguire, insito nella struttura stessa del giudizio di ottemperanza in quanto giudizio di esecuzione, secondo cui “allorché attenga ad un giudicato formatosi davanti ad un giudice diverso da quello amministrativo, non può che esercitarsi sulla base di elementi interni al giudicato da ottemperare e non su elementi esterni, la cui valutazione rientra in ogni caso nella giurisdizione propria del giudice che ha emesso la sentenza” (Cass. S.U. 27 dicembre 2011, n. 28812, citata dagli appellanti, nonché Cass. S.U. 14 dicembre 2016, n. 25625).
Il corollario dell’eccesso di potere giurisdizionale, sindacabile ai sensi dell’art. 111, comma 8, Cost., inteso quale esorbitanza dai limiti esterni che segnano l’ambito della sua giurisdizione, è tratto perciò dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite solo in riferimento al caso in cui il Consiglio di Stato, in sede di ottemperanza di una sentenza definitiva del giudice ordinario “[…], abbia effettuato un sindacato integrativo – individuando, in tal modo, un diverso contenuto precettivo del giudicato […], con una pronuncia sostanzialmente autoesecutiva”.
In definitiva, l’eccesso di potere giurisdizionale, nel giudizio di ottemperanza, si ha soltanto quando il giudice amministrativo, per il tramite dell’interpretazione della sentenza da eseguire, integri o modifichi il contenuto precettivo del giudicato.
Nel caso di specie, si è dimostrato come la portata del giudicato sia limitata all’affermazione dell’obbligo di Roma Capitale di utilizzare la graduatoria degli idonei nel più lungo termine di vigenza ritenuto in sentenza ed all’accertamento del diritto degli istanti ad essere inquadrati in categoria D, secondo la posizione rivestita in graduatoria, per la copertura dei posti resisi vacanti e disponibili nel periodo di vigenza, nel senso che l’amministrazione capitolina per la copertura di tali posti non avrebbe potuto indire nuovi concorsi o praticare altre modalità di reclutamento, ma sarebbe stata obbligata appunto ad avvalersi della graduatoria, non certo nel diverso senso -che non trova alcun riscontro nella sentenza da eseguire- che Roma Capitale potesse prescindere, nel caso di vacanze di organico, dalla decisione da prendersi da parte degli organi di vertice dell’amministrazione di dare copertura ai vuoti in organico.
7.2. Contrariamente a quanto poi si assume col secondo motivo, non è affatto vero che se l’iter logico-giuridico seguito dal giudice del lavoro fosse stato questo appena esposto, il Tribunale di Roma, adito in tale veste, avrebbe dovuto respingere il ricorso.
Si può convenire con i ricorrenti che la decisione susciti delle perplessità sull’affermazione della giurisdizione ordinaria. Il giudice ordinario ha risolto la questione di giurisdizione a proprio favore mediante la laconica affermazione, contenuta in sentenza, che la domanda dei ricorrenti aveva ad oggetto “la pretesa al riconoscimento dello scorrimento della graduatoria”. Orbene, in un contesto giurisprudenziale piuttosto variegato e controverso in tema di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di pubblico impiego contrattualizzato (come reso evidente dall’ampiezza della casistica giurisprudenziale: su cui da ultimo cfr. Corte Cass. S.U., 22 agosto 2019, n. 21607, che fa riferimento all’ipotesi in cui l’amministrazione disponga di non coprire più – e non solo di coprire diversamente – i posti resisi vacanti), è evidente come detta affermazione contenuta nella sentenza n. 1693/14 non contenga affatto il riconoscimento, e men che meno l’accertamento, del diritto dei ricorrenti “compiuto e perfetto” all’inquadramento nella superiore categoria; l’affermazione sulla giurisdizione è solo la premessa del riconoscimento, esposto nella motivazione di merito, dell’ulteriore vigenza della graduatoria e del diritto dei ricorrenti all’utilizzazione di quest’ultima da parte di Roma Capitale per la copertura dei posti vacanti, se ed in quanto disponibili.
Ciò che è certo è che tale ultimo riconoscimento -pur ponendo una questione di giurisdizione- non avrebbe mai potuto condurre il giudice del lavoro a respingere il ricorso.
All’opposto, come obietta la difesa di Roma Capitale, il Tribunale di Roma, sezione lavoro, ha accolto pienamente il primo motivo del ricorso e -si può aggiungere- ha finito per accogliere anche il secondo motivo (così come questo era stato illustrato nella parte in diritto dello stesso ricorso), sia pure senza affermare, né nella motivazione né nel dispositivo, alcun diritto all’assunzione e/o alla costituzione del rapporto di lavoro nella superiore categoria in capo ai ricorrenti.
Di qui la correttezza dell’ulteriore argomentazione della difesa di Roma Capitale, recepita nella sentenza di primo grado, basata sul tenore del dispositivo della sentenza del giudice del lavoro che, anziché pronunciare in merito all’inquadramento di tutti i ricorrenti nella categoria D1, in via immediata o con determinate decorrenze, si è limitato a condizionare tale inquadramento alla disponibilità dei posti ed alla perdurante vigenza della graduatoria. Si può peraltro aggiungere che il dispositivo è -come detto- perfettamente consequenziale all’accertamento contenuto nella parte motiva della sentenza, la quale manca totalmente di qualsivoglia riferimento ad un diritto “compiuto” e “perfetto” all’inquadramento superiore in capo a ciascuno dei ricorrenti.
8. In conclusione, il giudicato avrebbe dovuto (e potuto) trovare esecuzione in sede di ottemperanza soltanto se Roma Capitale, dopo la sentenza, e nel periodo di vigenza della graduatoria, avesse reso disponibili i posti corrispondenti ai vuoti in organico via via venutisi a determinare.
In mancanza di tale determinazione, la sentenza del giudice ordinario non è suscettibile di esecuzione coattiva, mentre la mancata adozione di delibere consiliari di copertura dei posti vacanti in organico non è materia compresa nell’ambito di operatività del giudizio di ottemperanza (sicché effettivamente ultronea è l’argomentazione del Tribunale amministrativo regionale basata sul mantenimento del rapporto tra istruttori e funzionari, che attiene appunto ad una scelta discrezionale dell’amministrazione rimasta estranea sia al giudizio ordinario che al presente giudizio di ottemperanza).
8.1. L’appello va quindi respinto.
8.2. La peculiarità della vicenda processuale, già considerata per la compensazione delle spese del primo grado, consente eccezionalmente anche la compensazione delle spese del grado di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, decidendo sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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