Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 20 aprile 2020, n. 7948.
La massima estrapolata:
In materia di inadempimento contrattuale, l’obbligazione di risarcimento del danno configura un debito di valore, sicché, qualora si provveda all’integrale rivalutazione del credito relativo al maggior danno fino alla data della liquidazione, secondo gli indici di deprezzamento della moneta, gli interessi legali sulla somma rivalutata dovranno essere calcolati dalla data della liquidazione, poiché altrimenti si produrrebbe l’effetto di far conseguire al creditore più di quanto lo stesso avrebbe ottenuto in caso di tempestivo adempimento della obbligazione.
Sentenza 20 aprile 2020, n. 7948
Data udienza 12 settembre 2019
Tag – parola chiave: Obbligazione restitutoria – Inadempimento contrattuale – Omessa restituzione imbarcazione – Mancata utilizzazione di imbarcazione – Danno risarcibile – Responsabilità extracontrattuale – Quantificazione – Natura – Debito di valore – Conseguenze in punto di rivalutazione ed interessi
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2130/2017 proposto da:
(OMISSIS), in persona dell’amministratore e legale su rappresentante p.t. (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
nonche’ da:
(OMISSIS), (OMISSIS) quali eredi di (OMISSIS), domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, (OMISSIS);
– ricorrenti incidentali –
contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 527/2016 della CORTE D’APPELLO SEZ. DIST. DI SASSARI, depositata il 21/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/09/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, accoglimento dell’incidentale;
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. La societa’ (OMISSIS) S.r.l. ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 527/16, del 21 ottobre 2016, della Corte di Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, che – accogliendo solo parzialmente il gravame dalla stessa esperito avverso la sentenza n. 28/11, del 4 febbraio 2011, del Tribunale di Tempio Pausania – la condannava a pagare a (OMISSIS) l’importo di Euro 82.568,70, a titolo di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale.
2. Riferisce l’odierna ricorrente di essere stata convenuta in un giudizio risarcitorio, in ragione dell’inadempimento all’obbligo di restituzione di un’imbarcazione che il (OMISSIS) assumeva di averle affidato per l’esecuzione di una piccola riparazione (sostituzione dell’iniettore, per un costo di appena Lire 80.000), imbarcazione dalla stessa, invece, trattenuta, sul presupposto di essere creditrice di ingenti importi (lievitati fino a Euro 11.870,00), in ragione di lavori di ben maggiore onerosita’ che sarebbero stati eseguiti.
All’esito dei due giudizi di merito, che hanno concordemente accertato la responsabilita’ dell’odierna ricorrente per non aver adempiuto l’obbligo di restituzione, la stessa veniva condannata anche a risarcire al (OMISSIS) il danno da mancata utilizzazione dell’imbarcazione, il cui importo veniva ridotto in appello, giacche’ fissato in Euro 82.568,70, a fronte della somma di Euro 173.612,37, determinata, invece, dal primo giudice.
3. Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS), sulla base di un solo motivo.
3.1. Si censura la sentenza della Corte sassarese “per violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.
In particolare, la ricorrente lamenta che la quantificazione del danno sarebbe avvenuta omettendo ogni esame dei fatti da essa richiamati e consistenti, da un lato, nell’estrema vetusta’ (quasi trentennale) del natante, cio’ che ne rendeva praticamente impossibile la locazione, e nell’impossibilita’ di fare riferimento al valore di un “bene similare” di appena cinque anni. Essa, inoltre, si duole del fatto che la Corte territoriale non avrebbe compiuto un corretto apprezzamento delle risultanze istruttorie.
4. Hanno resistito all’impugnazione, con controricorso, gli eredi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), proponendo pure ricorso incidentale, articolato su due motivi.
Essi hanno, in primo luogo, eccepito l’inammissibilita’ dell’avversario ricorso per difetto di autosufficienza, ovvero perche’ diretto a sindacare profili attinenti al merito del giudizio, assumendo, comunque, la non fondatezza della proposta impugnazione.
Quanto ai due motivi di ricorso incidentale, il primo censura la decisione del giudice di appello di far decorrere dalla data di pronuncia della sentenza (e non dal giorno del fatto) rivalutazione ed interessi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, mentre il secondo investe la disposta compensazione delle spese del grado in ragione della “reciproca soccombenza”.
5. Con successiva memoria la (OMISSIS) ha insistito nelle proprie argomentazioni ed ha replicato a quelle avversarie.
6. L’esame dei presenti ricorsi, gia’ discussi in adunanza camerale del 5 luglio 2019, veniva rinviato – con ordinanza interlocutoria – in pubblica udienza, attesa la necessita’ di un approfondimento della questione relativa alle modalita’ di notifica telematica del controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
7. In via preliminare, deve rilevarsi come ogni dubbio in ordine alla ritualita’ della notificazione telematica del ricorso incidentale risulti superato, alla stregua dell’arresto intervenuto, sul punto, ad opera delle Sezioni Unite di questa Corte.
7.1. Nel caso che qui occupa, il ricorso incidentale degli eredi (OMISSIS) – notificato in via telematica alla ricorrente – risulta recare una dichiarazione di conformita’ della copia cartacea, all’originale digitale, che riguarda unicamente il ricorso e non pure la relata di notificazione ed il messaggio “PEC”.
Tuttavia, in difetto di contestazioni ad opera della ricorrente, trova applicazione il principio secondo cui, ai fini della prova della tempestivita’ della notificazione, e’ onere del destinatario dell’atto “disconoscere, ai sensi della disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 82 del 2005, articolo 23, comma 2, la conformita’ agli originali dei messaggi di “PEC” e della relata di notificazione depositati in copia analogica non autenticata” (cosi’ Cass. Sez. Un., sent. 24 settembre 2018, n. 22438, Rv. 650462-02, con riferimento al ricorso principale, ma con affermazione estensibile a quello incidentale).
8. Cio’ premesso, il ricorso principale va rigettato.
8.1. Esso contesta, in particolare, il metodo seguito dal CTU per determinare il danno da mancata utilizzazione della “res”, protrattasi dal 1998 al 2010, metodo consistito nel rapportare l’entita’ del risarcimento agli ipotetici costi per la locazione, nel mese di agosto (quello in cui il (OMISSIS) era solito utilizzare l’imbarcazione), di una unita’ a motore di 6,5 metri di lunghezza, non piu’ vecchia di cinque anni.
In particolare, siffatta valutazione e’ contestata: a) per non essersi tenuto conto della vetusta’ dell’imbarcazione; b) per l’esorbitante importo del canone mensile; c) per l’abnormita’ del criterio di quantificazione, che in relazione a taluno dei periodi presi in considerazione dall’ausiliario (avendo costui “segmentato” i costi dell’ipotetica locazione lungo tre periodi) supererebbe persino il valore del bene.
Cio’ detto, il motivo si risolve – innanzitutto – in un non consentito tentativo di mettere in discussione quanto emerso dall’istruttoria, dovendo, pertanto, applicarsi il principio secondo cui, in sede di legittimita’, “la deduzione avente ad oggetto la persuasivita’ del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie (…) attiene alla sufficienza della motivazione ed e’, pertanto, inammissibile ove trovi applicazione l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella formulazione novellata dal Decreto Legge n. 83 del 2012, conv., con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012” (Cass. Sez. 6-5. ord. 18 maggio 2018, n. 11863, Rv. 648686-01).
A quanto osservato, inoltre, si aggiunga che nel vigore del “novellato” testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) “la contestazione del vizio motivazionale elevata nei confronti della motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni della CTU non puo’ limitarsi al rilievo di una insufficienza dell’indicazione delle ragioni del detto recepimento”. Per contro, il ricorrente e’ tenuto ad indicare a norma dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4 – “il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’””, cio’ che questa Corte ha ritenuto debba escludersi qualora, come avvenuto anche nel caso in esame, nella “articolazione delle censure” non venga specificatamente indicato in quale parte la CTU “non si sia fatta carico di esaminare e confutare i rilievi di parte, limitandosi la ricorrente a giustapporre le proprie valutazioni (…) alle conclusioni dei consulenti”, senza che siano “precisati i passaggi della consulenza nella quale siano mancati l’esame e la confutazione dei rilievi di parte” (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 26 luglio 2017, n. 18391, non massimata).
8.2. Ne’ a miglior sorte, d’altra parte, e’ destinata la censura in esame, laddove articolata “sub specie” di violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., giacche’ essa si risolve nella pretesa di sindacare l’apprezzamento delle risultanze istruttorie, dovendo, pertanto, farsi applicazione del principio secondo cui l’eventuale “cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non da’ luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), ne’ in quello del precedente n. 4), disposizione che – per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., n. 4) – da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640194-01; in senso conforme, tra le altre, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass. Sez. 3, sent. 12 aprile 2017, n. 9356, Rv. 644001-01, Cass. Sez. 3, ord. 30 ottobre 2018, n. 27458).
9. Il ricorso incidentale, invece, va accolto.
9.1. Il primo motivo e’, infatti, fondato, sebbene nei limiti di seguito precisati.
9.1.1. Come visto, nel caso di specie, i giudici di merito – con duplice decisione, sul punto, pienamente conforme – hanno riconosciuto al (OMISSIS) il diritto a vedersi risarcire il danno da mancata utilizzazione della propria imbarcazione, quale conseguenza dell’inadempimento dell’obbligazione di restituzione della stessa.
Su tale somma erano certamente dovuti la rivalutazione e gli interessi, se e’ vero che la “obbligazione di risarcimento del danno, per inadempimento di obbligazioni contrattuali diverse da quelle pecuniarie, costituisce, al pari dell’obbligazione risarcitoria da responsabilita’ extracontrattuale, un debito, non di valuta, ma di valore, in quanto tiene luogo della materiale utilita’ che il creditore avrebbe conseguito se avesse ricevuto la prestazione dovutagli, sicche’ deve tenersi conto della svalutazione monetaria frattanto intervenuta senza necessita’ che il creditore stesso alleghi e dimostri il maggior danno ai sensi dell’articolo 1224 c.c., comma 2, detta norma attenendo alle conseguenze dannose dell’inadempimento, ulteriori rispetto a quelle riparabili con la corresponsione degli interessi, relativamente alle sole obbligazioni pecuniarie.” (cfr. Cass. Sez. 2, sent. 1 luglio 2002, n. 9517, Rv. 555474-01).
Pertanto, anche al debito “di valore” da inadempimento di obbligazione non pecuniaria si applica “il cumulo della rivalutazione monetaria e degli interessi legali, l’una e gli altri assolvendo a funzioni diverse, giacche’ la prima mira a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato ponendolo nella condizione in cui si sarebbe trovato se l’inadempimento non si fosse verificato, mentre i secondi hanno natura compensativa”, con la conseguenza che “le due misure sono giuridicamente compatibili e che, pertanto, sulla somma risultante dalla rivalutazione debbono essere corrisposti gli interessi, il cui calcolo va effettuato con riferimento ai singoli momenti in relazione ai quali la somma s’incrementa nominalmente, in base agli indici prescelti di rivalutazione monetaria ovvero ad un indice medio” (cosi’ Cass. Sez. 2, sent. 1 luglio 2002, n. 9517, Rv. 555475-01).
La somma liquidata a titolo di risarcimento andava, pertanto, innanzitutto rivalutata, e cio’ a far data dal momento cui risaliva l’inadempimento, cio’ che non risulta avvenuto nel caso di specie, restando, tuttavia, inteso che “qualora in relazione alla domanda del creditore di riconoscimento del maggior danno, si provveda alla integrale rivalutazione del credito, secondo gli indici di deprezzamento della moneta, fino alla data della liquidazione, non possono essere accordati gli interessi legali sulla somma rivalutata dal giorno della mora, dovendo questi essere calcolati soltanto dalla data della liquidazione, poiche’ altrimenti si produrrebbe l’effetto di far conseguire al creditore piu’ di quanto lo stesso avrebbe ottenuto in caso di tempestivo adempimento dell’obbligazione” (cosi’ da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 2, sent. 5 maggio 2016, n. 9039, Rv. 639930-01; nello stesso senso gia’ Cass. Sez. Un., sent. 30 ottobre 2008, n. 26008, non massimata sul punto; nonche’ Cass. 4 ottobre 1999, n. 11021, Rv. 530447-01). Difatti, “poiche’ nei debiti di valore gli interessi hanno natura compensativa e sono quindi deputati a reintegrare il creditore danneggiato della perdita economica occorsa per effetto della mancata disponibilita’ della somma liquida necessaria all’eliminazione del pregiudizio sofferto, gli stessi non possono che decorrere dal momento in cui il danno e’ monetizzato nel suo preciso ammontare: e’ rispetto a tale somma, che e’ determinata secondo gli indici monetari di un dato momento storico, che va infatti calcolato il mancato guadagno provocato dal ritardato pagamento” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 2, sent. n. 9039 del 2016, cit.).
A questi criteri si sarebbe dovuta attenere la Corte sassarese, la quale ha fatto decorrere non solo gli interessi, ma anche la rivalutazione, dalla data della pronuncia.
Sul punto, pertanto, si impone la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari, in diversa composizione, per la decisione nel merito, alla stregua dei principi teste’ enunciati.
9.2. Il secondo motivo resta, invece, assorbito, in applicazione del principio secondo cui la “cassazione della sentenza di appello travolge la pronuncia sulle spese di secondo grado, perche’ in tal senso espressamente disposto dall’articolo 336 c.p.c., comma 1, sicche’ il giudice del rinvio ha il potere di rinnovare totalmente la relativa regolamentazione alla stregua dell’esito finale della lite” (Cass. Sez. 3, sent. 14 marzo 2016, n. 4887, Rv. 639295-01).
10. A carico della ricorrente principale sussiste l’obbligo di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, dichiarando assorbito il secondo e, per l’effetto, cassa in relazione la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Cagliari, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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