In materia di edilizia economico-popolare

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 8 luglio 2020, n. 4375.

La massima estrapolata:

In materia di edilizia economico-popolare il vincolo del prezzo massimo di cessione degli alloggi costruiti in regime di edilizia agevolata ex art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, segue il bene, a titolo di onere reale, in tutti i successivi passaggi di proprietà . La ratio legis è quella di garantire la casa ai meno abbienti ed impedire operazioni speculative di rivendita; e la clausola negoziale contenente un prezzo difforme da quello vincolato è affetta da nullità parziale e sostituita di diritto, ex artt. 1419, comma 2, e 1339 c.c., con altra contemplante il prezzo massimo determinato in forza della originaria convenzione di cessione.

Sentenza 8 luglio 2020, n. 4375

Data udienza 2 luglio 2020

Tag – parola chiave: Edilizia economica e popolare – Piano – Alloggi – Cessione – Vincolo del prezzo massimo – Art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 – Onere reale

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 129 del 2019, proposto da
Ma. Gr., rappresentata e difesa dagli avvocati Se. Br., St. Cr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Se. Br. in (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ro. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione II bis, 11 maggio 2018, n. 5256.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Visti l’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e l’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, 70;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2020 il consigliere Giuseppe Castiglia;
Con la presenza dell’avvocato Stefano Cristofano ai sensi e per gli effetti dell’art. 4 del citato d.l. 28 del 2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. In data 15 febbraio 1999 il Comune di (omissis) ha stipulato una convenzione edilizia con la società cooperativa edilizia a r.l. CO. La. per la realizzazione di un piano di edilizia economica e popolare.
Con provvedimento n. 1 del 18 dicembre 2017, il Comune ha ingiunto all’attuale appellante di pagare la sanzione pecuniaria di euro 269.952 per la violazione degli artt. 10 e 11 di tale convenzione, imputandole di avere venduto, con atto del 17 settembre 2007, una unità immobiliare realizzata in virtù della medesima convenzione per 218.000 euro, cioè a un prezzo superiore a quello massimo di cessione previsto, e di non avere trasmesso all’Amministrazione l’atto di trasferimento ai fini della verifica dei requisiti soggettivi della subentrante.
2. L’interessata ha impugnato il provvedimento avverso proponendo un ricorso che, sulla domanda cautelare della parte, il TAR per il Lazio, sez. II bis, ha respinto con sentenza in forma semplificata 11 maggio 2018, n. 5256, compensando fra le parti le spese di lite.
3. L’interessata ha interposto appello avverso la sentenza di primo grado formulando nuovamente una domanda cautelare e, nel merito, riproponendo le censure svolte in primo grado e disattese in quella sede:
I) intervenuta prescrizione del credito, dovendosi applicare il termine quinquennale dalla violazione previsto dall’art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689;
II) mancata o insufficienza della motivazione dell’atto impugnato per l’omessa indicazione dei parametri di calcolo, in particolare con riguardo alla determinazione del prezzo massimo di cessione che, secondo l’art. 18 della convenzione, costituirebbe il criterio di riferimento per la determinazione della misura della sanzione pecuniaria (il triplo della somma percepita in eccedenza);
III) inapplicabilità della sanzione a seguito delle innovazioni apportate dalla convenzione integrativa del 2001; che questa non abbia modificato il regime sanzionatorio sarebbe una mera illazione non supportata da elementi concreti;
IV) incompetenza dell’autorità emanante l’atto (al riguardo non è invece ripetuta la censura di violazione del termine massimo per la conclusione del procedimento).
L’appellante ha assieme proposto una domanda cautelare per chiedere la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado e, per l’effetto, dell’ingiunzione impugnata, allegando il pericolo di compromissione della stabilità economica della famiglia.
Con ordinanza 8 febbraio 2019, n. 610, la Sezione ha accolto la domanda cautelare proposta dalla parte privata.
Il Comune si è costituito in giudizio senza svolgere difese.
4. All’udienza pubblica del 2 luglio 2020, svoltasi in videoconferenza mediante collegamento da remoto, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione ai sensi ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, 70.
5. Con la ricordata ordinanza n. 610/2019, la Sezione ha accolto la domanda cautelare dell’appellante sia sul pericolo di danno, sia per poter valutare la possibile incidenza della normativa sopravvenuta.
L’appello richiamava un emendamento al decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, introdotto nel corso dell’iter del disegno di legge di conversione.
Approvata definitivamente quest’ultima e convertito in legge, con modificazioni, il provvedimento d’urgenza (legge 17 dicembre 2018, n. 136), l’art. 25 quinquies, comma 1, del d.l. n. 119/2018 ha sostituito l’art. 31, comma 49 bis, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e aggiunto un comma 49 quater, stabilendo che “le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche agli immobili oggetto dei contratti stipulati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto” (comma 2).
Quando non sia stata stipulata la convenzione di rimozione, si applica il consolidato principio per cui il vincolo del prezzo massimo di cessione degli alloggi costruiti in regime di edilizia agevolata ex art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, segue il bene, a titolo di onere reale, in tutti i successivi passaggi di proprietà . La ratio legis è quella di garantire la casa ai meno abbienti ed impedire operazioni speculative di rivendita; e la clausola negoziale contenente un prezzo difforme da quello vincolato è affetta da nullità parziale e sostituita di diritto, ex artt. 1419, comma 2, e 1339 c.c., con altra contemplante il prezzo massimo determinato in forza della originaria convenzione di cessione (Cass. civ., ss. uu., 16 settembre 2015, n. 18135; e, nel solco di questa, Cass. civ., sez. II, 27 dicembre 2017, n. 30951; Id., 28 maggio 2018, n. 13345; TAR Lazio, sez. II, 14 gennaio 2020, n. 387).
Poiché nella specie non è intervenuta alcuna convenzione di rimozione né l’appellante si è in alcun modo attivata, e in disparte ogni altro rilievo, la normativa sopravvenuta appare del tutto irrilevante ai fini della definizione della presente controversia.
6. Tanto premesso, i motivi dell’appello sono infondati.
Quanto all’eccezione di prescrizione del diritto, la pretesa del Comune discende dall’art. 18 della convenzione urbanistica del 1999 e non dalla legge; pertanto è inapplicabile il termine prescrizionale previsto dall’art. 28 della legge n. 689/1981.
Solo ricevendo l’atto di compravendita il 5 luglio 2016, come appare dagli atti (si veda l’avviso di avvio del procedimento sanzionatorio), il Comune ha avuto piena conoscenza della compravendita del 2007. Dunque da tale data decorreva in concreto il termine prescrizionale, che sino a quel momento era sospeso a norma dell’art. 2941, n. 8, c.c., per avere il debitore, omettendo volontariamente la comunicazione prescritta dall’art. 11 della convenzione, frapposto all’esercizio del diritto un ostacolo non sormantabile da parte del Comune con gli ordinari controlli (Cass. civ, sez. lav., 27 febbraio 2020, n. 5413).
In merito al difetto di motivazione, già in primo grado il Comune ha chiarito i criteri utilizzati per determinare la misura della sanzione inflitta in applicazione del medesimo art. 18, ragguagliata al triplo della somma percepita in eccedenza, depositando una scheda illustrativa. Il Comune ha richiamato le previsioni degli artt. 9, 10 e 12 della convenzione, mentre l’appellante ha svolto rilievi solo ipotetici – con riguardo alla possibile non coincidenza fra prezzo massimo di cessione e prezzo pattuito nel contratto del 2007 – e comunque non ha dedotto concreti elementi per contestare l’esito del calcolo.
Le ulteriori censure sono anch’esse ipotetiche, generiche e non provate.
Non vi è alcuna ragione per dar corso all’istruttoria richiesta dall’appellante, che contrasterebbe senza ragione con la regola fondamentale della ragionevole durata del processo.
7. L’appello è dunque infondato e va perciò respinto, con conferma della sentenza impugnata e dell’atto gravato in primo grado.
Le spese del presente grado seguono la regola della soccombenza e sono liquidate in dispositivo in una misura che tiene conto della mancanza di difese del Comune in appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida nell’importo di euro 1.000,00 (mille/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Castiglia – Presidente FF, Estensore
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere

 

 

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