In materia di contributi previdenziali

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|29 aprile 2021| n. 11346.

In materia di contributi previdenziali, le società partecipate a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo trovare applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici dall’art. 3 del d.l.c.p.s n. 869 del 1947, a società di natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, rilevando, ai fini di tale esclusione, la mera previsione statutaria che consente la partecipazione di azionariato privato, pur in presenza di una partecipazione maggioritaria, ma non totalitaria, da parte dell’ente pubblico.

Sentenza|29 aprile 2021| n. 11346

Data udienza 18 novembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Contributi Inps – Eccezione di decadenza – Iscrizione a ruolo – Domanda di accertamento e condanna – Titolo esecutivo – Imprese industriali degli enti pubblici – Obbligo del pagamento della contribuzione – Forma societaria di diritto privato – Accoglimento con decisione nel merito

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 2839-2015 proposto da:
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della (OMISSIS) S.P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrenti principali –
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente – ricorrente incidentale –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in proprio e quale mandatario della (OMISSIS) S.P.A. – (OMISSIS);
– resistenti con mandato –
avverso la sentenza n. 636/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 17/07/2014 R.G.N. 616/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/11/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MUCCI ROBERTO, che ha concluso per l’accoglimento del principale;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Firenze, in riforma del Tribunale, ha accolto l’opposizione proposta dalla soc (OMISSIS) avverso le cartelle esattoriali aventi ad oggetto la richiesta di pagamento di contributi dovuti all’Inps a titolo di CIG e CIGS, relativi agli anni dal (OMISSIS).
La Corte ha rigettato l’eccezione di decadenza per tardiva iscrizione a ruolo. Ha rilevato, infatti, che l’Inps aveva formulato domanda di accertamento e di condanna della contribuzione e la tardiva iscrizione determinava soltanto l’impossibilita’ per l’ente di avvalersi della cartella, quale titolo esecutivo.
Nel merito ha ritenuto che la societa’ (OMISSIS) era da ritenersi avente natura di impresa pubblica; che, infatti, era costituita dai 36 comuni toscani per la gestione e la fornitura di servizi; che la societa’ era ad integrale partecipazione pubblica e che assumeva valenza decisiva il legame tra l’impresa e la pubblica amministrazione.
Richiamato, quindi, il D.Lgt.C.P.S. n. 869 del 1947, articolo 3 che esclude per le imprese industriali degli enti pubblici l’obbligo di pagamento della contribuzione per CIG e CIGS, ha concluso accogliendo l’opposizione della societa’.
2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps con un unico articolato motivo. Resiste la soc (OMISSIS) che formula anche ricorso incidentale. La soc (OMISSIS) ha depositate memoria ex articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. L’Inps denuncia violazione del D.Lgs.C.P.S.. n. 869 del 1947, articolo 3 della L. n. 1115 del 1968, articolo 2 e, in connessione con queste, del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 113 e dell’articolo 2357 ter c.c.. Censura l’affermazione che il capitale sociale fosse interamente pubblico. Rileva che, dall’esame del certificato della camera di commercio, risultava che ben 22.000 azioni erano di proprieta’ della stessa (OMISSIS) spa; che le azioni ben potevano essere di soggetti terzi anche privati restando irrilevante che in un dato momento la proprieta’ azionaria fosse nell’esclusiva titolarita’ dei comuni; che l’oggetto sociale prevedeva anche lo svolgimento di attivita’ a favore di terzi che non fossero enti pubblici; che i rapporti di lavoro erano disciplinati dal diritto privato.
Il ricorso e’ fondato.
Deve essere qui confermato il precedente di questa Corte (Cass. n 26872/2017) che, in relazione alla medesima societa’ ed alla medesima tipologia di contributi oggetto del presente giudizio, ha affermato la sussistenza dell’obbligo contributivo relativo al periodo (OMISSIS). Le due cartelle esattoriali opposte dalla societa’, oggetto del presente giudizio, si riferiscono al successivo periodo (OMISSIS).
La questione qui riproposta e’ stata esaminata da plurime pronunce di questa Corte (v. da ultimo Cass. 22/3/2017 n. 7332 e Cass. 12/05/2016 n. 9816, ord. 10/5/2017 n. 15596, ed i numerosi precedenti conformi ivi richiamati) in cui si e’ ritenuto, con soluzione cui occorre dare continuita’, che le societa’ a capitale misto, ed in particolare le societa’ per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l’esercizio di attivita’ industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilita’. L’applicabilita’ dell’esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici dal D.L.C.P.S. n. 869 del 1947) articolo 3, e’ stata, infatti, esclusa sul rilievo della natura essenzialmente privata delle societa’ partecipate, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalitaria – da parte dell’ente pubblico.
E’ stato in particolare precisato che la forma societaria di diritto privato e’ per l’ente locale la modalita’ di gestione degli impianti consentita dalla legge e prescelta dall’ente stesso per la duttilita’ dello strumento giuridico, in cui il perseguimento dell’obiettivo pubblico e’ caratterizzato dall’accettazione delle regole del diritto privato e che la finalita’ perseguita dal legislatore nazionale e comunitario nella promozione di strumenti non autoritativi per la gestione dei servizi pubblici locali e’ specificamente quella di non ledere le dinamiche della concorrenza, assumendo rilevanza determinante, in ordine all’obbligo contributivo, il passaggio del personale addetto alla gestione del servizio alle dipendenze di soggetto di diritto di diritto privato.
4. La societa’ ha opposto che il capitale sociale di (OMISSIS), almeno negli anni oggetto di pretesa contributiva, era detenuto interamente da enti pubblici, cioe’ i 36 comuni toscani, ed era volta all’erogazione di servizi pubblici essenziali, operando solo all’interno del territorio da cui risultava partecipata ed a beneficio dei medesimi comuni. Ha rilevato, inoltre, che la circostanza che alcune azioni fossero detenute in proprio dalla stessa societa’ non alterava la natura pubblica, atteso che l’acquisto e la gestione delle azioni proprie della (OMISSIS) era frutto unicamente di una scelta operata da soggetti pubblici, deliberata da amministratori a loro volta scelti da soggetti pubblici e che, in sostanza, le azioni erano detenute da un’azienda pubblica e nella disponibilita’ esclusiva di enti pubblici.
In sintesi, lamenta l’erroneita’ della tesi dell’Istituto secondo cui andava esclusa la riconduzione della societa’ tra le imprese industriali degli enti pubblici, anche se municipalizzate, e dello Stato, che, in base all’articolo 3 D.Lgs.C.P.S. cit., non erano tenute al pagamento della contribuzione per CIG/CIGS.
5. Gli argomenti opposti dalla societa’ (OMISSIS) non appaiono dirimenti.
Devono, infatti, essere accolte le osservazioni dell’Istituto che, sulla base del certificato della camera di commercio, ha evidenziato che i comuni, soci convenzionati con la societa’, dovevano mantenere una partecipazione prevalente nel capitale, mai complessivamente inferiore al 50,1%, con la conseguenza che le restanti azioni ben potevano essere detenute da soggetti diversi dai comuni, senza esclusione dei privati.
La casuale circostanza che, nel periodo oggetto delle richieste contenute nelle due cartelle opposte, le azioni fossero interamente detenute dai comuni toscani non modifica la natura della societa’, aperta alla partecipazione di soggetti non pubblici.
In sostanza assume rilievo, ai fini dell’applicabilita’ del regime esonerativo di cui al D.L.C.P.S. n. 869 del 1947, come sostituito dalla L. n. 270 del 1988, articolo 4, comma 1, – secondo cui sono escluse dall’applicazione delle norme sull’integrazione guadagni degli operai dell’industria” le imprese industriali degli enti pubblici, anche se municipalizzate, e dello stato ” – la previsione dello statuto che inibisca in modo assoluto la possibilita’ di cessione a privati delle partecipazioni societarie di cui gli enti pubblici siano titolari. Diversamente ove e’ prevista tale partecipazione di azionariato privato sussiste l’obbligo di pagamento della contribuzione CIG/CIGS. (cfr Cass. nn. 27513/2013 ed altre, n. 25354/2018). Va, quindi, confermato l’orientamento secondo cui la societa’ partecipata non puo’ identificarsi con “le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di societa’ di natura essenzialmente privata nella quale l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, dovendosi altresi’ escludere, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, che la mera partecipazione – per maggioranza, ma non totalitaria, da parte dell’ente pubblico sia idonea a determinare la natura dell’organismo attraverso cui la gestione del servizio pubblico viene attuata”.
Questa Corte ha, quindi, affermato, nelle sentenze sopra citate, che la forma societaria di diritto privato e’ per l’ente locale la modalita’ di gestione degli impianti consentita dalla legge e prescelta dall’ente stesso per la duttilita’ dello strumento giuridico, in cui il perseguimento dell’obiettivo pubblico e’ caratterizzato dall’accettazione delle regole del diritto privato. Quindi le societa’ per azione a partecipazione pubblica vanno escluse dal concetto di “imprese pubbliche”.
6. Con il primo motivo del ricorso incidentale la societa’ denuncia violazione del Decreto Legislativo n. 46 del 1999, articolo 25. Deduce la natura sostanziale della decadenza, rileva di nessun rilievo la L. n. 78 del 2010, articolo 38, comma 12.
Il motivo e’ infondato.
In ordine alla natura ed alla funzione della decadenza prevista dal Decreto Legislativo n. 46 del 1999, articolo 25 all’interno del complessivo sistema di riscossione dei crediti contributivi previdenziali, questa Corte di cassazione (da ultimo vd. Cass. n. 5963/2018, Cass. n. 19708 del 2017; 15211 del 2017) ha affermato, con orientamento consolidato, che:
– l’iscrizione a ruolo e’ solo uno dei meccanismi che la legge accorda all’INPS per il recupero dei crediti contributivi, ferma restando la possibilita’ che l’istituto agisca nelle forme ordinarie (su tale alternativa, per l’analoga posizione dell’INAIL, v. anche Cass. 6 agosto 2012 n. 14149);
– coerentemente, un eventuale vizio formale della cartella o il mancato rispetto del termine di decadenza previsto ai fini dell’iscrizione a ruolo comporta soltanto l’impossibilita’, per l’istituto, di avvalersi del titolo esecutivo, ma non lo fa decadere dal diritto di chiedere l’accertamento in sede giudiziaria dell’esistenza e dell’ammontare del proprio credito;
– il Decreto Legislativo n. 46 del 1999, articolo 25 cit. prevede in sostanza una decadenza processuale e non sostanziale e cio’ e’ dimostrato: dal tenore testuale della norma, che parla di decadenza dall’iscrizione a ruolo del credito e non di decadenza dal diritto di credito o dalla possibilita’ di azionarlo nelle forme ordinarie; dall’impossibilita’ di estendere in via analogica una decadenza dal piano processuale anche a quello sostanziale (per principio generale le norme in tema di decadenza sono di stretta interpretazione: cfr., ad esempio, Cass. 25 maggio 2012 n. 8350); dalla non conformita’ all’articolo 24 Cost. di un’opzione interpretativa che negasse all’istituto la possibilita’ di agire in giudizio nelle forme ordinarie; dalla ratio dell’introduzione del meccanismo di riscossione coattiva dei crediti previdenziali a mezzo iscrizione a ruolo, intesa a fornire all’ente un piu’ agile strumento di realizzazione dei crediti (v. Corte Cost. ord., n. 111/07), non gia’ a renderne piu’ difficoltosa l’esazione imponendo brevi termini di decadenza; dal rilievo che la scissione fra titolarita’ del credito previdenziale e titolarita’ della relativa azione esecutiva (quest’ultima in capo all’agente della riscossione) mal si concilierebbe con un’ipotesi di decadenza sostanziale.
Non sussiste, pertanto, la denunciata decadenza dell’Istituto dal diritto di pretendere il pagamento dei contributi e cio’ a prescindere dalla formulazione di una domanda riconvenzionale di condanna atteso che una tale richiesta e’ implicita nella emissione della cartella.
7. Con il secondo motivo del ricorso incidentale la soc (OMISSIS) denuncia violazione della L. n. 388 del 2000, articolo 116. Rileva l’esistenza di contrasti giurisprudenziali circa la sussistenza dell’onere contributivo per CIG e CIGS per le aziende partecipate anche solo in maggioranza da enti pubblici e che tale situazione giustificava l’applicazione del regime sanzionatorio piu’ favorevole di cui alla L. n. 388 del 2000, articolo 8, lettera a).
8. Anche tale motivo e’ infondato dovendosi rilevare che in tema di riduzione delle sanzioni civili per omissioni contributive, di cui alla L. n. 388 del 2000, articolo 116, comma 15, lettera a), per l’ipotesi in cui il ritardato o mancato versamento dei contributi derivi da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo, l’integrale pagamento della contribuzione controversa costituisce un presupposto indefettibile ai fini dell’applicazione, del piu’ favorevole regime sanzionatorio ivi previsto. (cfr Cass. ord. N. 4077/2016, ord. n. 9185 del 2015, Cass. n. 27513 del 2013). Tale circostanza non risulta neppure allegata.
9. Per le considerazioni che precedono va accolto il ricorso principale e rigettato quello incidentale. In accoglimento del ricorso principale la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito con il rigetto dell’orginaria domanda della soc (OMISSIS).
Le spese di causa seguono la soccombenza.
Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, in relazione al ricorrente incidentale.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale; rigetta l’incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e decidendo nel merito rigetta l’originaria domanda della (OMISSIS) spa; condanna la soc a pagare Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge nonche’ Euro 200,00 per esborsi per il giudizio di Tribunale; Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre 15% per spese generali ed accessori di legge nonche’ Euro 200,00 per esborsi per l’appello; Euro 4000,00 per compensi professionali oltre 15% per spese generali ed accessori di legge nonche’ Euro 200,00 per esborsi per il presente giudizio di Cassazione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso incidentale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *