Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 9 settembre 2020, n. 5420.
La massima estrapolata:
In materia di appalti l’incameramento della cauzione provvisoria e l’attivazione del pedissequo procedimento di segnalazione all’ANAC sono conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti, nonché insensibile a eventuali valutazioni volte a evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha comportato l’esclusione.
Sentenza 9 settembre 2020, n. 5420
Data udienza 2 luglio 2020
Tag – parola chiave: Gara pubblica – Artt. 16 e 17, L. Prov. Trento n. 2/16 – Per la conclusione di una convenzione per il servizio sostitutivo di mensa – Aggiudicazione – Decadenza e incameramento cauzione – Non presentati totale degli accordi di convenzionamento offerti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 465 del 2020, proposto da
Ci. s.c., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Eu. Da. Ca., con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
contro
Provincia Autonoma di Trento, in persona del Presidente della Provincia, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Fo., Ni. Pe. e Sa. Az., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Sa. Az. in Trento, piazza (…);
A.P.A.C. – Agenzia provinciale per gli appalti e i contratti della Provincia autonoma di Trento, non costituita in giudizio;
nei confronti
Da. Ri. s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato La. Pe., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa della Provincia di Trento n. 00164/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Trento e di Da. Ri. s.p.a.;
visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2020 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Eu. Da. Ca. e La. Pe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il 15 gennaio 2019 l’A.P.A.C. – Agenzia provinciale per gli appalti e contratti della Provincia di Trento indiceva una procedura di gara ai sensi degli artt. 16 e 17 l. prov. n. 2/16 per la conclusione di una convenzione per il servizio sostitutivo di mensa della durata di 4 anni a favore dei soggetti e degli enti individuati dall’art. 39 – bis, comma 3, l. prov. n. 3 del 2006 e dall’art. 5 l. prov. n. 2 del 2016 e della Regione autonoma Trentino Alto-Adige.
La gara, articolata in unico lotto, per un valore complessivo di Euro 55.392,00, era da aggiudicare con il criterio dell’offerta economica più vantaggiosa.
1.1. Il servizio da affidare era incentrato, secondo le indicazioni del Capitolato tecnico, sugli “Accordi di convenzione” stipulati tra il fornitore e gli esercizi commerciali presso i quali i dipendenti pubblici avrebbero potuto spendere i buoni pasto; il disciplinare di gara (art. 18.1) prevedeva, pertanto, quale criterio di valutazione dell’offerta n. 1, il (maggior) numero di esercizi che il concorrente si impegnava a convenzionare, nel rispetto del numero minimo stabilito per ciascuna delle tre aree territoriali di espletamento del servizio, con attribuzione di un punteggio massimo di 24 punti.
Ai fini del presente giudizio rileva, in particolare, il par. 23.1 del disciplinare di gara (rubricato “Verifica esercizi convenzionati”) ove era stabilito che: “L’aggiudicatario, entro 45 giorni naturali e consecutivi dalla comunicazione di aggiudicazione, dovrà fornire, pena la decadenza dall’aggiudicazione, la prova dell’adempimento di quanto dichiarato in offerta tecnica in ordine alla rete degli esercizi commerciali, ivi compresi gli esercizi in possesso del marchio o che rispettano tutti i requisiti di cui al marchio “Ec. Tr.” (elementi di valutazione A e B), trasmettendo gli originali degli “Accordi di convenzione”. L’amministrazione procederà poi a verificare gli accordi di convenzione prodotti in originale dall’aggiudicatario, riservandosi la facoltà di disporre indagini ispettive a campione, al fine di comprovare la serietà e veridicità degli impegni assunti in sede di offerta. L’esito negativo di tali controlli costituisce causa di decadenza dall’aggiudicazione”.
1.2. Nella prima seduta della commissione di gara, il 4 marzo 2019, ammessi alla procedura i tre operatori economici che avevano presentato offerta, era formata la graduatoria di merito, poi, pubblicata sul sito dell’Agenzia con l’indicazione dei ribassi percentuali offerti da ciascun operatore partecipante alla gara.
Espletata la verifica di anomalia dell’offerta, con provvedimento del 13 maggio 2019 era disposta l’aggiudicazione a favore della Ci. s.c. alla quale, con nota 17 maggio 2019, la stazione appaltante assegnava 45 giorni dal ricevimento della comunicazione per la presentazione degli accordi di convenzione a comprova del perfezionamento della rete di esercizi offerti
Il 27 giugno 2019, tuttavia, Ci. domandava la proroga “per ulteriori 30 giorni” del termine di consegna delle convenzioni per l’attivazione della rete degli esercizi sostenendo che la nuova previsione contenuta all’art. 144, comma 6, lett. a) del codice dei contratti pubblici “nell’imporre “a) il ribasso sul valore nominale del buono pasto in misura comunque non superiore allo sconto incondizionato verso gli esercenti” (art. 144, comma 6, del d.lgs. 50/16) ha determinato e sta determinando inevitabili resistenze e difficoltà nell’interazione con gli esercizi da convenzionare già attivi con il servizio in essere e appartenenti alle associazioni di categoria sul territorio”, ed anche per la chiusura degli esercizio fino al giugno 2019 che aveva precluso il convenzionamento, nonché, da ultimo, in ragione dell’intervenuta notifica del ricorso della seconda graduata Ed. s.r.l. con istanza di sospensione cautelare e conseguente applicazione dello stand still processuale.
Con nota 2 luglio 2019 prot. 418211 l’Agenzia respingeva l’istanza di proroga e, il 5 luglio 2019, preso atto che alla scadenza del termine stabilito, Ci. aveva presentato solo 985 dei 1251 accordi di convenzionamento offerti, avviava il procedimento per la decadenza dall’aggiudicazione, concluso con determinazione dirigenziale 26 luglio 2019, n. 4, di decadenza della società dall’aggiudicazione e conseguente incameramento della cauzione. Contestualmente era disposto lo scorrimento della graduatoria in favore della seconda classificata Ed. s.r.l., a sua volta dichiarata decaduta dall’aggiudicazione con verbale del 30 agosto 2019 per non aver depositato idonea documentazione a comprova dell’avvenuto rinnovo del deposito cauzionale. Era, dunque, disposto lo scorrimento della graduatoria a favore della terza graduata Da. Ri. s.p.a..
2. Con ricorso al Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Tr. Ci. s.c. impugnava il provvedimento di decadenza dall’aggiudicazione sulla base di sei motivi; precisamente sosteneva: – (nel primo motivo) che il termine per provare il convenzionamento con gli esercenti doveva essere sospeso o prorogato in conseguenza dell’effetto sospensivo sulla stipula del contratto previsto dall’art. 32, comma 11, del codice dei contratti pubblici; – (nel secondo motivo) che la stazione appaltante, violando il principio di segretezza delle offerte per aver pubblicato la graduatoria contenente i ribassi proposti dagli operatori, aveva condizionato l’esito della gara poichè gli esercenti, appreso del consistente ribasso, cui consegue una più alta commissione, si erano, poi, sottratti alla sottoscrizione delle convenzioni; – (nel terzo) che il mancato convenzionamento derivava dall’estesa e compatta opposizione degli esercenti alla normativa di gara che non prevedeva limiti al ribasso massimo delle offerte e di aver subito, per questo, un effetto discriminatorio; – (nel quarto) l’illegittimità della disciplina di gara perché, in violazione dei principi di non discriminazione e parità di trattamento, non contemplava alcuna misura di contemperamento o prevenzione rispetto a distorsioni del mercato proprio come quelle intervenute successivamente “alla comunicazione dell’aggiudicazione ma prima della sottoscrizione del contratto”; – (nel quinto) l’illegittimità del provvedimento di incameramento della cauzione in quanto disposto in base ad una responsabilità oggettiva derivante da circostanze non imputabili all’aggiudicatario.
2.1. Si costituivano in giudizio la Provincia autonoma di Trento, mentre restava intimata la Ed. s.r.l..
Con ricorso per motivi aggiunti Ci. impugnava il diniego opposto dalla stazione appaltante all’istanza di accesso agli atti nei riguardi della comunicazione del 4 luglio 2019 con la quale la Provincia autonoma di Trento aveva richiesto a Ed. s.r.l. giustificazioni sull’offerta dichiarando di avere intesse a conoscere le richieste dell’amministrazione nonostante l’estromissione della controinteressata dalla gara.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti era impugnato il verbale di gara del 4 ottobre 2019 nel quale veniva disposta l’aggiudicazione dell’appalto alla Da. Ri. s.p.a. con assegnazione del termine fino al 18 novembre 2019 per il deposito dei contratti stipulati con gli esercenti commerciali convenzionati; in seguito alla conoscenza degli atti di gara era proposto poi un ulteriore motivo aggiunto (l’ottavo) nel quale si sosteneva che Da. Ri. s.p.a. sarebbe dovuta essere esclusa dalla gara per non aver dichiarato nel D.G.U.E – dichiarazione di gara unica europea di essere stata in precedenza esclusa dalla procedura di gara avente ad oggetto l’affidamento del medesimo servizio dall’Azienda territoriale edilizia residenziale di Padova per la mancata dimostrazione dei requisiti di capacità tecnica dichiarati in sede di gara, con conseguente incameramento della cauzione e trasmissione degli atti all’A.N.A.C..
Si costituiva in giudizio la Da. Ri. s.p.a. che concludeva per il rigetto dei motivi aggiunti.
2.2. Il giudizio era concluso dalla sentenza 17 dicembre 2019, n. 164, di reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della Provincia autonoma di Trento e della controinteressata.
Il giudice di primo grado riteneva infondate le censure proposte dalla ricorrente avverso il provvedimento di decadenza dall’aggiudicazione.
2.2.1. Quanto al primo motivo, il tribunale affermava la funzionalità della sospensione prescritta dall’art. 32, comma 11 del codice dei contratti pubblici del termine per la stipula del contratto (c.d. stand still processuale) all’esigenza di consentire ai concorrenti di far valere i propri interessi in giudizio senza essere pregiudicati dall’avvenuta stipula del contratto e che, dunque, essa non avrebbe potuto essere utilizzata per differire i termini prescritti dalla legge di gara per un adempimento a carico dell’aggiudicatario prodromico e necessario per la sottoscrizione del contratto, quale, appunto, la prova dell’intervenuta attivazione della rete degli esercizi commerciali, senza dar luogo ad una palese e illegittima modifica di una precisa condizione contrattuale.
2.2.2. Quanto agli altri motivi, il giudice riteneva, da un lato, che la stazione appaltante, pubblicando il verbale di gara del 4 marzo 2019 con i ribassi offerti dagli operatori concorrenti, non avesse in alcun modo violato gli obblighi di pubblicità, essendo, invece, imposto dall’art. 29, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 la pubblicazione di tutti gli atti della procedura ai fini di trasparenza e pubblicità legale, tanto più che la seduta della commissione di gara (in cui erano state valutate le offerte) era avvenuta in forma pubblica, onde avrebbero potuto parteciparvi anche gli esercenti convenzionabili, e dall’altro, che le difficoltà incontrate dall’aggiudicataria alla stipulazione degli accordi con gli esercenti fossero dovute al meccanismo per cui all’offerta di un ribasso consistente corrispondeva una commissione pari o superiore secondo quanto previsto dalla lex specialis in conformità all’art. 144, comma 6, lett. a) del codice dei contratti pubblici, per cui gli esercenti ben potevano prevedere che l’operatore con il massimo ribasso offerto all’amministrazione avrebbe loro applicato la commissione più alta e decidere, per questo, legittimamente di sottrarsi al convenzionamento.
2.2.3. Erano, poi, respinti i motivi di ricorso proposti avverso il provvedimento di aggiudicazione a Da. Ri. s.p.a. per carenza di legittimazione a ricorrere giusta la legittimità della sua esclusione dalla procedura di gara.
3. Propone appello Ci. s.c.; si sono costituite in giudizio la Provincia autonoma di Trento e Da. Ri. s.p.a.; le parti hanno depositato memorie ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm., cui sono seguite memorie di replica.
All’udienza del 2 luglio 2020 la causa è stata assunta in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente occorre dare atto che con la memoria depositata per l’udienza pubblica Ci. ha allegato che in pendenza del giudizio di appello la Provincia autonoma di Trento aveva disposto la decadenza dell’aggiudicazione anche della Da. Ri. s.p.a. in quanto “l’impresa (…) non [aveva] adempiuto a documentare la costituzione della rete di esercizi attraverso la presentazione degli accordi di convenzionamento aventi le caratteristiche richieste dagli atti di gara” e che avverso tale provvedimento era stato proposto ricorso dalla controinteressata e di essersi difesa in quel giudizio proponendo ricorso incidentale.
In sede di discussione orale le parti hanno aggiunto che il giudizio, pendente dinanzi al Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, era stato deciso con sentenza di reiezione del ricorso principale ed assorbimento del ricorso incidentale.
La predetta circostanza – la decadenza di Da. Ri. s.p.a. dall’aggiudicazione – comporta la sopravvenuta carenza di interesse dei motivi di appello (il quarto ed il quinto) diretti ad ottenere l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione alla controinteressata.
Si procederà pertanto all’esame dei primi tre motivi di appello, e, per la loro reiezione, all’esame del sesto motivo proposto in via subordinata; le eccezioni di inammissibilità riproposte dalla Provincia autonoma di Trento restano assorbite dall’esame nel merito dei motivi di appello.
2. Con il primo motivo di appello Ci. s.c. lamenta “Error in fatto ed in diritto della sentenza impugnata, nella parte in cui ha rigettato il I motivo di ricorso. Travisamento dei fatti. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, 11° comma, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 23.1. del disciplinare di gara – fondatezza del I motivo dedotto con il ricorso introduttivo proposto con l’atto d’appello”: il giudice non avrebbe considerato che il meccanismo dello stand still processuale è rivolto a tutelare non solamente l’interesse del concorrente non aggiudicatario dalla c.d. corsa al contratto, ma anche quello dell’aggiudicatario, che, all’attivarsi del meccanismo di sospensione, è sollevato dagli adempimenti strettamente necessari connessi e funzionali alla stipula del contratto.
Ad essere sospeso, pertanto, sarebbe l’intero segmento procedimentale successivo all’aggiudicazione, poiché, notificato il ricorso giurisdizionale, è posta in discussione la legittimità del provvedimento di aggiudicazione e ogni attività successivamente posta in essere, dall’amministrazione come anche dall’operatore aggiudicatario, potrebbe rivelarsi inutile, con spreco di risorse, pubbliche o private, in contrasto con i principi di economicità, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa.
Conclude l’appellante che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, il termine di 45 giorni previsto dal disciplinare di gara per il deposito degli accordi di convenzionamento con gli esercenti commerciali sarebbe stato sospeso ope legis, e, dunque, giustificata da tale sospensione la sua scelta di non stipulare ulteriori accordi con gli esercenti, oltre quelli conclusi subito dopo aver saputo dell’avvenuta aggiudicazione.
2.1. Aggiunge, infine, che la stazione appaltante aveva tenuto una condotta diversa con Da. Ri. s.p.a. alla quale, accertato che gli accordi di convenzionamento trasmessi nel termine di 45 giorni erano “insufficienti a dimostrare il numero di locali aggiuntivi (pari a 600) che codesta Spett.le Impresa si è impegnata a convenzionare in sede di offerta tecnica (totale offerta n. 889)”, veniva concessa proroga per completare il convenzionamento e, con verbale 9 dicembre 2019, attestata la regolarità degli stessi.
L’Agenzia aveva, così, interpretato per la Da. Ri. s.p.a. il termine di 45 giorni per la presentazione degli accordi di convenzionamento come non “assoluto”, incorrendo in una palese disparità di trattamento tra gli operatori economici.
3. Il motivo è infondato.
3.1. L’art. 32 (Fasi delle procedure di affidamento), comma 11, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 prevede che: “Se è proposto ricorso avverso l’aggiudicazione con contestuale domanda cautelare, il contratto non può essere stipulato, dal momento della notificazione dell’istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all’udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva. L’effetto sospensivo sulla stipula del contratto cessa quando, in sede di esame della domanda cautelare, il giudice si dichiara incompetente ai sensi dell’articolo 15, comma 4, del codice del processo amministrativo di cui all’Allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, o fissa con ordinanza la data di discussione del merito senza concedere misure cautelari o rinvia al giudizio di merito l’esame della domanda cautelare, con il consenso delle parti, da intendersi quale implicita rinuncia all’immediato esame della domanda cautelare.”; si tratta del c.d. stand still (lett. stare fermo) processuale ovvero la regola per la quale la proposizione di un ricorso giurisdizionale con istanza cautelare avverso il provvedimento di aggiudicazione ha l’effetto di impedire la stipulazione del contratto d’appalto per un termine di (almeno) venti giorni.
Tale regola, come ben esposto dal giudice di primo grado, tutela l’interesse del concorrente non aggiudicatario impugnante l’aggiudicazione, poiché consente il primo vaglio giudiziario dei motivi di ricorso – in sede di decisione sull’istanza cautelare – a contratto non ancora concluso, e, quindi, in condizioni tali da poter assicurare al ricorrente tutela piena (in forma specifica) senza eccessiva compromissione dell’interesse pubblico come, invece, accadrebbe se fosse accolta l’istanza di sospensione dell’aggiudicazione con il contratto già stipulato e l’esecuzione avviata.
L’interesse dell’aggiudicatario – come quello, omogeneo, dell’amministrazione – alla celere stipulazione del contratto sono, dunque, destinati a recedere, ma il bilanciamento è garantito dalla durata limitata nel tempo e condizionata dello stand still.
3.2. Lo stand still comporta, allora, un impedimento procedimentale, ma, proprio per la necessità di bilanciare gli opposti interessi in precedenza descritti, delimitato alla stipulazione del contratto e non, invece, alle altre attività prodromiche alla stipulazione stessa quali la verifica dei requisiti ed ogni altro obbligo previsto dalla legge di gara a carico dell’aggiudicatario.
Sarebbe, infatti, eccessivamente pregiudicato l’interesse dell’amministrazione, e quello dello stesso aggiudicatario, se, nel tempo di durata dello stand still, non fosse consentito, oltre alla stipulazione del contratto, alcun’altra attività procedurale, considerato che ne verrebbe l’inevitabile allungamento dei tempi per la stipulazione quando, terminato il periodo di stand still per reiezione dell’istanza cautelare o per le altre ragioni previste dal legislatore, detta stipulazione divenisse subito possibile.
3.3. D’altronde, la diversa ricostruzione degli effetti dello stand still processuale non trova alcun riscontro nel dato normativo, ove l’impedimento è espressamente limitato alla stipulazione del contratto.
Gli argomenti dell’appellante, inoltre, non convincono anche perché “provano troppo”: è vero che, in caso di annullamento in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione, l’attività procedurale prodromica alla stipulazione del contratto con l’aggiudicatario risulterebbe inutile, tanto per il privato quanto per l’amministrazione, ma ciò accade in tutti i casi di esito in cui il giudizio amministrativo si conclude coll’annullamento degli atti impugnati, poiché l’attività amministrativa caducata perché illegittima risulterà essere stata improduttiva; non sarebbe ragionevole solo per la materia degli appalti un intervento legislativo che sia diretto ad evitare che ciò accada, tanto più che all’intervento dello stand still la procedura di gara è ormai conclusa e, con essa, gran parte dell’attività amministrativa che la decisione del giudice amministrativo va a caducare.
3.4. Ogni altra deduzione contenuta nel motivo di appello e, segnatamente, le argomentazioni rivolte a sostenere la disparità di trattamento con le decisioni assunte dalla stazione appaltante in favore di Da. Ri. s.p.a., fermo quanto si dirà in sede di esame dell’ultimo motivo di appello, sono inammissibili in quanto idonee ad integrare un nuovo motivo di ricorso non proponibile per la prima volta in appello ai sensi dell’art. 104, comma 1, cod. proc. amm..
3.5. In via conclusiva, la decisione di primo grado sul punto deve essere senz’altro confermata: l’appellante tenta di piegare la lettera e la ratio dello stand still al solo scopo di rimediare al mancato rispetto degli impegni posti a suo carico dal disciplinare di gara, come dimostrato, peraltro, dalla circostanza evidenziata dalla Provincia nella memoria depositata in giudizio che Ci. ha ottemperato al proprio onere di deposito degli accordi di convenzionamento fino alla richiesta di proroga del 27 giugno 2019, ossia quando le era già stato notificato il ricorso di Ed. s.r.l. (l’11 giugno 2019), evidentemente cosciente che non s’era prodotta alcuna sospensione automatica del termine assegnatole per il solo fatto di essere stata convenuta in giudizio.
4. Con il secondo motivo di appello la sentenza è contestata per: “Erroneità in fatto ed in diritto della sentenza nella parte in cui ha respinto il II e il IV motivo del ricorso introduttivo. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29, 1° comma, e dell’art. 53, 2° comma, lett. c), e 3° comma del d.lgs. n. 50/2016. Violazione del principio di segretezza delle offerte economiche. Violazione del principio di trasparenza, anche sotto il profilo della irregolarità della procedura, per effetto dell’interferenza di terzi soggetti. Travisamento dei fatti di causa e degli atti – Fondatezza del II e IV motivo del ricorso introduttivo introdotto nel giudizio di appello”; precisato che, giusto il disposto dell’art. 144, commi 6 e 7, del codice dei contratti pubblici, l’obbligo dell’aggiudicatario di creare la rete di esercenti convenzionati costituisce un’obbligazione del fatto del terzo ex art. 1381 cod. civ., l’appellante ribadisce di non aver potuto adempiere al proprio obbligo per impossibilità sopravvenuta derivante da causa a sé non imputabile ed imputabile, invece, alla stazione appaltante la quale, violando il principio di segretezza delle offerte (quale ricavabile dall’art. 53, comma 2, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) avrebbe innescato la condotta coordinata degli esercenti che si erano organizzati in forma di lobby e, reputando la sua offerta economicamente meno conveniente, si erano sottratti al convenzionamento.
D’altra parte, l’accesso agli atti di gara, aveva consentito di appurare che, già nel febbraio 2019, otto mesi prima che le fosse aggiudicata la gara, la società Da. Ri. s.p.a. aveva stipulato ben 91 contratti, a dimostrazione che v’era un’evidente reticenza (se non un vero e proprio ostruzionismo) degli esercenti, cui la stazione appaltante non aveva posto rimedio, e che, anzi aveva favorito pubblicando in anticipo il contenuto dei ribassi, in violazione del principio di concorrenza che richiede parità di condizioni tra tutti i concorrenti.
5. Il motivo è infondato.
5.1. Con la pubblicazione del verbale della seduta del 4 marzo 2019, al termine della quale era elaborata la graduatoria con l’indicazione dei ribassi offerti, sono stati assolti – e non certamente violati – gli obblighi di pubblicità imposti dall’art. 29 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 il quale, al primo comma stabilisce espressamente che “Tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure per l’affidamento di appalti di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessione, compresi quelli tra enti nell’ambito del settore pubblico di cui all’articolo 5, alla composizione della commissione giudicatrice e ai curricula dei suoi componenti ove non considerati riservati ai sensi dell’articolo 53 ovvero secretati ai sensi dell’articolo 162, devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, con l’applicazione delle disposizioni di cui decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33…..”, così prevedendo l’obbligo generalizzato di pubblicazione sul profilo del committente, nella Sezione “Amministrazione trasparente”, di tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatari delle procedure di affidamento degli appalti pubblici, con salvezza di quelli riservati ai sensi dell’art. 53 ovvero secretati ai sensi dell’art. 162 del codice.
Non ricorrendo, nel caso di specie, le condizioni da ultimo indicate (la presenza di informazioni riservate o secretate) i verbali delle sedute di gara in cui la commissione ha valutato le offerte economiche dei concorrenti erano oggetto di dovuta pubblicazione.
5.2. Anche a voler ammettere che la stazione appaltante non fosse tenuta alla pubblicazione dei verbali contenenti l’indicazione dei ribassi offerti, le argomentazioni offerte nel motivo di appello non inducono comunque a rivedere la decisione del giudice di primo grado: se è appurato – poiché affermato dallo stesso appellante – che la difficoltà di convenzionamento con gli esercenti è stata conseguenza diretta della conoscenza che essi hanno avuto del ribasso praticato in sede di gara (e della conseguente alta commissione che avrebbe loro imposto), è inevitabile ritenere che la stessa situazione – le stesse difficoltà – si sarebbero verificate, se, dopo aver ottenuto l’aggiudicazione, Ci. avesse proposto per la prima volta le sue condizioni contrattuali agli esercenti.
In sostanza, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, è pienamente condivisibile la considerazione del giudice di primo grado per la quale l’offerente, proponendo un ribasso particolarmente significativo, si è assunto il maggior rischio (in proporzione rispetto agli altri concorrenti) di veder rifiutata la propria proposta di convenzionamento dagli esercenti; è questo che ha inciso in maniera decisiva sulle sorti dell’appellante, non il momento in cui il ribasso proposto è stato da essi conosciuto, né v’è ragione, anche solo ipotetica, per ritenere che, conoscere il ribasso praticato dopo l’aggiudicazione, avrebbe indotto gli esercenti alla stipulazione delle convenzioni, poiché l’effetto che questi, nella prospettazione dell’appellante, avrebbero inteso ottenere – che la procedura non fosse affidata a quelle condizioni – sarebbe stato comunque raggiunto con il rifiuto. Né sono indicate, o anche solo ipotizzate, misure che l’amministrazione appaltante avrebbe potuto adottare all’atto di indizione della gara per evitare che si verificasse detta situazione.
5.3. In via conclusiva, è corretta la decisione del giudice di primo grado: l’A.P.A.C. non poteva far altro che dichiarare Ci. decaduta dall’aggiudicazione per non aver depositato nei termini stabiliti dal disciplinare di gara gli accordi di convenzionamento.
6. Con il terzo motivo di appello Cir food contesta la sentenza per “Erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il V motivo di ricorso. Carenza istruttoria. Violazione e/o falsa applicazione dei principi in tema di responsabilità per colpa. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 103, 2° comma, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 in tema di incameramento della cauzione definitiva – Fondatezza del V motivo di ricorso introduttivo proposto nel presente giudizio di appello”: il giudice di primo grado avrebbe ritenuto legittimo il provvedimento di decadenza dall’aggiudicazione anche in relazione all’incameramento della cauzione senza tener conto che il suo inadempimento (all’obbligo imposto dal disciplinare di gara) non era imputabile a colpa, essendo, invece, conseguenza di una resistenza del mercato si era poi scoperto essere dovuta, a sua volta, all’attività di altro competitor (classificatosi terzo in graduatoria) che, prima che le fosse aggiudicata la gara, aveva già contrattualizzato numerosi esercenti commerciali.
7. Il motivo è infondato.
7.1. E’ orientamento giurisprudenziale consolidato, dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, quello per cui l’incameramento della cauzione provvisoria e l’attivazione del pedissequo procedimento di segnalazione all’ANAC sono conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti, nonchè insensibile a eventuali valutazioni volte a evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha comportato l’esclusione (ex multis, Cons. Stato, V, 21 gennaio 2020, n. 479; V, 24 giugno 2019, n. 4328; V, 10 settembre 2018, n. 5282; 11 dicembre 2017, n. 5806; 4 dicembre 2017, n. 5709; VI, 15 settembre 2017, n. 4349; V, 28 agosto 2017, n. 4086; 15 marzo 2017, n. 1172; Adunanza plenaria, 29 febbraio 2016, n. 5).
Le ragioni, peraltro già scrutinate, che hanno comportato il mancato rispetto dell’obbligo previsto dal disciplinare di gara di presentare gli accordi di convenzionamento con gli esercenti commerciali nei termini imposti restano del tutto irrilevanti a fini dell’incameramento della cauzione.
8. Con il sesto motivo di appello, proposto in via subordinata al rigetto degli altri motivi, Ci. s.c. assume: “Error della sentenza impugnata per violazione del diritto di difesa di Ci. e della facoltà di proporre atto con motivi aggiunti avverso gli atti acquisiti in sede di accesso agli atti del 12 dicembre 2019. Erroneità della sentenza impugnata, nella parte in cui non ha accolto l’istanza di rinvio formulata dal difensore nel giudizio di primo grado, ritenendo che non fosse completata la verifica dei convenzionamenti prodotti dalla società Da. Ri. s.p.a.”.
8.1. Riferisce l’appellante di aver depositato il 31 ottobre 2019 istanza rivolta ad ottenere il differimento dell’udienza di discussione del merito già fissata per il 21 novembre 2019, poi, rinviata al 12 dicembre 2019, per il tempo necessario a che l’amministrazione provinciale potesse completare le verifiche circa l’adempimento degli obblighi fissati dal disciplinare di gara da parte di Da. Ri. s.p.a., cui, come detto, a seguito della decadenza della seconda graduata, era stata, con verbale 4 ottobre 2019, aggiudicata la gara, e, ottenuto il rinvio al 12 dicembre 2019, di aver insistito nella memoria depositata il 26 novembre 2019 e nella stessa udienza di discussione, come riportato in verbale, per ulteriore rinvio motivato dalle medesime esigenze.
Lamenta l’appellante che, avendo il giudice di primo grado respinto la richiesta di differimento e deciso la causa nel merito, sarebbe stato leso il suo diritto di difesa: conosciuta la decisione assunta dall’amministrazione all’esito delle predette verifiche, infatti, avrebbe potuto proporre motivi aggiunti introduttivi di ulteriori censure a sostegno dei motivi di ricorso proposti; domanda, pertanto, che sia annullata la sentenza di primo grado con conseguente rimessione della causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105, comma 1, cod. proc. amm.
9. Il motivo è infondato.
9.1. Della richiesta di Ci. di rinvio dell’udienza di discussione del merito del 12 dicembre 2019 è dato atto nella parte in “Fatto” della sentenza di primo grado, mentre la ragione della reiezione è indicata nella “necessità di definire il contenzioso avente ad oggetto una procedura assistita dallo speciale rito acceleratorio presidiata dagli artt. 119 e 120 del codice del processo amministrativo” (così nel primo paragrafo della parte in “Diritto”).
L’appellante presume che la decisione del giudice di primo grado sia stata indotta dalla circostanza allegata dalla Provincia in opposizione alla richiesta di differimento di non aver ancora, alla data dell’udienza, assunto alcuna valutazione sull’adempimento da parte dell’aggiudicataria Da. Ri. s.p.a. all’obbligo di presentazione degli accordi di convenzionamento; circostanza che sarebbe smentita in punto di fatto dalla nota 29 novembre 2019 prot. n. 763166/2019 della stessa Provincia in cui si legge che i controlli sui convenzionamenti erano stati completati e, per alcune irregolarità formali riscontrate, era stata richiesta regolarizzazione con fissazione di un termine a tal scopo (fino al 9 dicembre 2019) e dal verbale del 9 dicembre 2019, acquisito in seguito ad accesso agli atti avvenuto il giorno stesso dell’udienza, ove era attestata la regolarità formale dei contratti prodotti da Da. Ri. s.p.a..
9.2. La ricostruzione dei fatti proposta da Ci. non è, però, corretta: l’attività istruttoria finalizzata alla verifica dell’adempimento degli obblighi prodromici alla stipulazione del contratto è continuata ben oltre la data fissata per l’udienza di merito, come si ricava dalla determinazione dirigenziale del 13 febbraio 2020 n. 1, di decadenza di Da. Ri. s.p.a. dall’aggiudicazione, ove è dato atto che solo con nota del 9 gennaio 2020 (prot. 12005/2020) il Servizio Contratti e centrale di acquisti comunicava al concorrente di considerare “…non…rispettati gli obiettivi numerici di costituzione della rete nei tempi dovuti…”, avviando, pertanto, il procedimento di decadenza dall’aggiudicazione.
Può convenirsi, allora, con la Provincia che alla data dell’udienza fissata per la discussione del merito non vi fossero ulteriori atti della procedura di gara suscettibili di impugnazione a mezzo motivi aggiunti, se non atti meramente endo-procedimentali – le note con le quali la stazione appaltante rilevava, più volte, irregolarità negli accordi di convenzionamento trasmessi dall’aggiudicataria – non impugnabili, per essere ancora incerto l’esito della fase di verifica dell’adempimento degli obblighi prodromici.
9.3. Va aggiunto, peraltro, ai soli fini di completamento del discorso, che se è vero che la documentazione acquisita in sede di accesso ai documenti del 12 dicembre 2019 – giorno fissato per l’udienza di discussione del merito della causa – avrebbe potuto consentire, in ipotesi, di sollevare ulteriori vizi degli atti assunti in fase di verifica dei requisiti della Da. Ri. s.p.a., è pur vero che l’appellante ha potuto svolgere pienamente tale attività difensiva nel giudizio di impugnazione avverso il provvedimento di decadenza della Da. Ri. s.p.a. nel quale, in effetti, risulta aver proposto ricorso incidentale.
Non può, invece, ritenersi che i medesimi documenti avrebbero potuto consentire la proposizione dell’ulteriore censura di disparità di trattamento nei confronti del provvedimento decadenziale assunto nei suoi confronti, per l’ovvia ragione che essa si assume avvenuta successivamente a tale atto ovvero quando si è reso necessario disporre la verifica del rispetto da parte della nuova aggiudicataria Da. Ri. s.p.a. agli obblighi prodromici alla stipulazione del contratto d’appalto; ne segue che il vizio di disparità di trattamento non può inficiare, neppure in via teorica, il provvedimento di decadenza impugnato in primo grado, ma, al più, il provvedimento di aggiudicazione a favore di Da. Ri. s.p.a.; si tratta, cioè, in ogni caso, di un vizio che la parte, ove di suo interesse, ben avrebbe potuto far valere, come già esposto, a mezzo ricorso incidentale nel giudizio avverso il provvedimento di decadenza di Da. Ri. s.r.l..
10. In conclusione, l’appello va respinto e la sentenza di primo grado integralmente confermata; le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Ci. s.c. al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in Euro 5,000,00 oltre accessori e spese di legge per ciascuna parte, a favore della Provincia autonoma di Trento e di Da. Ri. s.r.l..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2020 con le modalità di cui all’art. 4, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere, Estensore
Giovanni Grasso – Consigliere
Anna Bottiglieri – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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