In materia di anomalia sussiste un analitico e puntuale obbligo di motivazione

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 14 ottobre 2020, n. 6209.

In materia di anomalia sussiste un analitico e puntuale obbligo di motivazione solo nel caso in cui l’Amministrazione esprima un giudizio negativo sulle giustificazioni, mentre tale onere non sussiste in caso di esito positivo del giudizio di congruità dell’offerta essendo sufficiente in tal caso motivare il provvedimento per relationem alle giustificazioni presentate dal concorrente, sempre che esse non siano manifestamente illogiche.

Sentenza 14 ottobre 2020, n. 6209

Data udienza 8 ottobre 2020

Tag – parola chiave: Contratti della PA – Servizi – Affidamento in concessione – Procedura aperta – Offerta – Anomalia – Obbligo motivazionale

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1496 del 2020, proposto da
C.D. di Ca. S.r.l. in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo Rti, R.T.I. – D.A. S.r.l. R.T.I. – Se. Ri. S.p.A., R.T.I. – Eu. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato An. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, non costituita in giudizio;
A.R.C.S. – Azienda Regionale di Coordinamento per la Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato An. Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Asuits – Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste ed altri, non costituiti in giudizio;
Gruppo Il. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Cu., con domicilio eletto come in atti;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia Sezione Prima n. 15/2020, resa tra le parti, concernente l’affidamento in concessione di punti ristoro a mezzo distributori automatici;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di A.R.C.S. – Azienda Regionale di Coordinamento per la Salute e del Gruppo Il. S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2020 il Cons. Stefania Santoleri; gli avvocati An. Ma., An. Bo. e An. Cu. hanno chiesto di avvalersi di quanto previsto dai punti 2 e 3 del protocollo di intesa sullo svolgimento delle udienze;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso di primo grado, proposto dinanzi al TAR Friuli Venezia Giulia, il raggruppamento CD., ha impugnato l’esito della procedura aperta per l’affidamento in concessione del servizio di gestione di punti ristoro a mezzo distributori automatici per gli Enti del Servizio sanitario regionale, per la durata di mesi 60.
Tutti gli 8 lotti della procedura (per un valore economico complessivo di Euro 23.471.095,20 iva esclusa), ciascuno riferito ad un ente regionale, sono stati aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in favore della stessa concorrente, Gruppo Il. S.p.A., mentre l’appellante RTI CD. si è classificato in tutti i lotti al secondo posto.
Nel ricorso di primo grado la parte ricorrente ha dedotto plurimi motivi di impugnazione sostenendo – per quanto di interesse – che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, sia perché sanzionata dall’AGCM per un’intesa restrittiva della concorrenza, sia per anomalia dell’offerta; in via subordinata ha dedotto illegittimità dell’intera procedura, di notevolissimo valore economico complessivo di Euro 23.471.095,20 iva esclusa, in quanto suddivisa in soli 8 lotti e senza alcun vincolo di aggiudicazione: ha sostenuto, infatti, che tale scelta sarebbe stata assunta in carenza di un’adeguata istruttoria e senza fornire un’idonea motivazione.
La ricorrente ha altresì chiesto la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato, dichiarando il proprio interesse a subentrare nella posizione di aggiudicataria e nel rapporto di concessione. Ha, inoltre, formulato richiesta risarcitoria in forma specifica e – in subordine – per equivalente.
La ricorrente ha anche proposto motivi aggiunti denunciando l’omessa tempestiva comunicazione, da parte dell’aggiudicataria, della pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 5563 del 5 agosto 2019 rappresentando, inoltre, che nel darne comunicazione si sarebbe limitata ad indicare il dispositivo dal quale non poteva evincersi che l’accoglimento riguardava la sola commisurazione della sanzione e che, di conseguenza, la responsabilità era stata confermata.
1.1 – Si sono costituite in giudizio sia la stazione appaltante che la controinteressata Gruppo Il. S.p.A. che hanno formulato eccezioni di rito e, dopo aver controdedotto sulle censure proposte, ne hanno chiesto la reiezione.
2. – Con la sentenza appellata il TAR ha respinto il ricorso.
3. – Avverso tale decisione la ricorrente ha proposto appello contestando i capi di sentenza che avevano rigettato le predette doglianze e chiedendone l’accoglimento. Ha riproposto la domanda relativa alla declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato chiedendo il subentro.
3.1 – Si sono costituite in giudizio sia l’A.R.C.S. – Agenzia Regionale per il Coordinamento per la Salute, che la parte controinteressata Gruppo Il. S.p.A. che, in via preliminare, hanno reiterato le eccezioni di rito già proposte in primo grado ed assorbite dal TAR; nel merito hanno controdedotto puntualmente sui motivi di doglianza chiedendone il rigetto.
3.2 – Tutte le parti hanno depositato memorie e memorie di replica.
4. – All’udienza pubblica dell’8 ottobre 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.
5. – L’appello è infondato e va, dunque respinto.
6. – L’infondatezza dell’appello consente al Collegio di assorbire le eccezioni di inammissibilità prospettate delle parti appellanti.
7.- Con il primo motivo di appello l’appellante ha censurato il capo di sentenza che ha respinto i motivi di ricorso (I, II e VIII) e il motivo aggiunto relativi al grave illecito professionale accertato.
Con tali doglianze la ricorrente aveva chiesto al TAR di disporre l’esclusione dell’aggiudicataria perché carente del requisito di moralità professionale, di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, come ulteriormente specificato dalle Linee Guida ANAC n. 6, per essere stata sanzionata dall’ACGM per un’intesa restrittiva della concorrenza, sostenendo che le misure di self cleaning dalla medesima adottate sarebbero state insufficienti a far fronte al grave illecito antitrust commesso; aveva anche dedotto che l’istruttoria compiuta sul punto dalla stazione appaltante sarebbe stata del tutto carente, anche in considerazione del fatto che Gruppo Il. non avrebbe comunicato tempestivamente l’esito del procedimento d’appello avanti al Consiglio di Stato avverso la sentenza del Tar Lazio – Roma, sez. I, 28 luglio 2017, n. 9049.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 5563/2019, che aveva definitivamente dichiarato la responsabilità di Gruppo Il. nell’illecito anticoncorrenziale, era stata depositata, infatti, il 5 agosto 2019, mentre l’atto conclusivo del procedimento di verifica di congruità dell’offerta, e di chiusura dell’istruttoria sull’eventuale sussistenza di cause di esclusione, era stato emesso il 7 agosto 2019: poiché tale decisione non era stata tempestivamente comunicata dall’aggiudicataria, la stazione appaltante – secondo l’appellante – avrebbe adottato il provvedimento di aggiudicazione sulla base di un falso presupposto, ovvero la convinzione che fosse ancora sub judice il provvedimento sanzionatorio emesso a carico della medesima dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
La stazione appaltante, quindi, non avrebbe valutato un elemento (la sentenza di appello) che essa stessa si era espressamente riservata di valutare in sede di ammissione “provvisoria”, in pendenza del giudizio di appello avverso la sanzione antitrust.
Altrettanto censurabile sarebbe stato il complessivo comportamento tenuto dall’aggiudicataria, che avrebbe deliberatamente omesso di ottemperare all’onere di informazione a suo carico e, in ogni caso, di comportarsi secondo buona fede e correttezza nei confronti dell’amministrazione.
Sarebbe stato anche violato il Patto di integrità, che sanziona con l’esclusione chi abbia praticato intese e/o pratiche restrittive della concorrenza del mercato vietate ai sensi della normativa vigente.
Ha poi aggiunto l’appellante che il TAR, respingendo tale doglianza, si sarebbe di fatto sostituito alla stazione appaltante che, invece, aveva sospeso la valutazione, ritenendo di doverla approfondire alla luce della definitività o meno della sanzione.
Con riferimento alle misure di self-cleaning ha censurato la decisione del TAR che ha avallato la tesi della stazione appaltante, ritenendo immune da vizi la valutazione di congruità delle stesse.
Secondo l’appellante, infatti, sarebbe mancato l’adeguamento approfondimento istruttorio sulla loro idoneità e, comunque, le misure disposte dall’aggiudicataria non sarebbero state sufficienti, in quanto le legge richiederebbe ben più dell’adozione di un manuale interno o di un codice etico o dell’allontanamento del direttore commerciale, senza la dimostrazione di una effettiva dissociazione. Non vi sarebbe stata la rinnovazione degli organi societari, e neppure sarebbe stata assunta un’azione di responsabilità nei confronti dei colpevoli.
In pratica, secondo l’appellante, il TAR:
– avrebbe sottovalutato la gravità della sanzione e delle specifiche responsabilità accertate e la loro strettissima inerenza con l’ambito di attività oggetto di gara;
– non avrebbe approfondito la doglianza di difetto di istruttoria sulla rilevanza della sanzione ai fini dell’art. 80 lett. c) del d.lgs. 50/2016;
– si sarebbe sostituita all’Amministrazione sulla valutazione della definitività della sanzione e sulla rilevanza della sentenza di rigetto dell’impugnativa avverso la sanzione antitrust;
– avrebbe valutato erroneamente le misure di self-cleaning non tenendo conto che non sarebbero state idonee allo scopo;
– avrebbe sottovalutato il comportamento tenuto dall’aggiudicataria, che non avrebbe trasmesso tempestivamente la sentenza di appello, limitandosi a richiamare il solo dispositivo di parziale accoglimento che riguardava, però, la sola commisurazione della sanzione.
8. – La doglianza, così come complessivamente articolata, non può essere condivisa.
8.1 – Correttamente il TAR ha richiamato:
– la norma recata dall’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, secondo cui è disposta l’esclusione dalla partecipazione alla procedura di appalto dell’operatore economico in relazione al quale la stazione appaltante sia in grado di dimostrare con mezzi adeguati che esso si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità ;
– il comma 7 dello stesso articolo che consente allo stesso operatore economico di provare di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale, idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti;
– il comma 8, secondo cui, se la stazione appaltante ritiene sufficienti le misure di cui al comma 7 (cd. di self-cleaning), non dispone la predetta esclusione;
– il comma 10 bis dello stesso articolo, che fissa un termine di tre anni per il periodo massimo di esclusione, decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza, prevedendo che, nelle more, la stazione appaltante deve tener conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere il concorrente dalla partecipazione alla gara.
8.2 – Ha quindi ritenuto, in conformità con la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che il legislatore non ha previsto alcun automatismo tra l’applicazione di provvedimenti sanzionatori (come quelli in questione) ed il provvedimento di esclusione, consentendo alla stazione appaltante di valutare le misure di self-cleaning allo scopo di stimolare condotte virtuose orientate al ravvedimento, al fine di conservare la possibilità per l’impresa, ormai esente da mende, di operare sul mercato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24 gennaio 2019, n. 598).
Correttamente, quindi, il TAR ha ritenuto che: “l’esclusione può costituire solo l’epi di un processo valutativo discrezionale della s.a. che involge anche l’adeguatezza delle misure di self-cleaning adottate dall’operatore economico”; ha quindi ritenuto che, nel caso di specie, la stazione appaltante avesse ammesso alla gara il Gruppo Il. dopo aver svolto tale valutazione.
8.3 – Le doglianze dell’appellante si appuntano, in particolare, sul rapporto tra quanto previsto con il provvedimento di ammissione – emesso sulla base del presupposto della non definitività della sentenza del TAR Lazio avverso l’impugnazione della sanzione antitrust – e quanto poi statuito con il verbale del 7 agosto 2019, nel quale la stazione appaltante ha ammesso in via definitiva l’aggiudicataria, nonostante non avesse avuto cognizione dell’esito del giudizio: secondo l’appellante, infatti, l’atto di ammissione in via definitiva sarebbe stato emesso in violazione dell’autovincolo, e comunque sulla base di un falso presupposto, quello della mancata definizione del giudizio di appello avverso la sentenza del TAR Lazio n. 9049/2017.
Tale circostanza avrebbe impedito alla stazione appaltante di compiere una valutazione pianamente consapevole.
8.4 – Tale prospettazione non può essere condivisa in quanto, come ha correttamente ritenuto il TAR, la stazione appaltante ha ammesso sì la concorrente sottolineando la non definitività della sanzione, ma ha anche sottolineato che erano state allegate le misure di self-cleaning ricomprese tra quelle previste al punto 7.3 della VII parte delle Linee Guida ANAC n. 6, precisando che: “In punto di misure di self-cleaning rimane in ogni modo impregiudicata ogni ulteriore istruttoria e ogni valutazione dovesse eventualmente rendersi necessaria alla conclusione del giudizio di gravame; in relazione a esso si fa pertanto espresso onere ai due operatori economici coinvolti di comunicare tempestivamente l’esito a EGAS”.
In sostanza già con il primo provvedimento di ammissione – emesso allo stato degli atti – la stazione appaltante aveva sottolineato che l’operatore economico si era dotato di misure di self-cleaning che sarebbero state eventualmente valutate all’esito del giudizio di secondo grado, ove fosse stato necessario: è del tutto evidente, infatti, che in caso di accoglimento dell’appello ed annullamento della sanzione antitrust, non sarebbe stato necessario svolgere alcuna valutazione.
L’omessa comunicazione della intervenuta pubblicazione della sentenza in data 5 agosto 2019 ha comportato per l’Amministrazione l’obbligo di valutare tali misure: ed infatti, la stazione appaltante, nel verbale del 7 agosto 2019, ha provveduto a tale incombente dopo aver premesso di non aver notizia della sentenza di appello.
Poiché in primo grado il ricorso avverso la sanzione antitrust era stato respinto, la mancata conoscenza della sentenza di secondo grado ha determinato, per la stazione appaltante, il medesimo effetto del rigetto dell’impugnativa, e cioè la permanenza della sanzione antitrust a carico dell’operatore economico, con l’obbligo di valutare l’idoneità delle misure di self-cleaning.
Come già rilevato, infatti, la sanzione non comporta l’esclusione automatica dalla gara, ma impone alla stazione appaltante di svolgere valutazioni di tipo discrezionale che tengano conto anche delle misure assunte ai sensi dei commi 7 e 8 dell’art. 80 prima richiamato.
8.5 – In definitiva, la stazione appaltante era tenuta a svolgere le medesime valutazioni, in quanto l’accertamento della legittimità, in via definitiva, della sanzione erogata non esclude la possibilità per l’operatore economico di “ravvedersi” adottando tutte le misure necessarie: anzi, l’ordinamento prevede espressamente tale possibilità per recuperare l’operatore economico all’interno del mercato.
Ne consegue che – come ha correttamente ritenuto il TAR – l’omessa conoscenza del contenuto della sentenza di appello non ha avuto alcuna concreta incidenza sulle determinazioni della stazione appaltante, in quanto “i presupposti fattuali sui quali la s.a. ha formato il proprio convincimento sono rimasti inalterati, sì da rendere del tutto irrilevante la mancata considerazione dell’intervenuta sentenza del C.d.S. e ciò a prescindere dalle ragioni per cui della sua avvenuta pubblicazione la s.a. non ha avuto conoscenza prima della conclusione del sub-procedimento di anomalia e dell’istruttoria volta a valutare l’eventuale sussistenza di una causa di esclusione ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016 e, poi, dell’adozione del provvedimento di aggiudicazione”.
8.6 – Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, Il TAR non si è affatto sostituito alla stazione appaltante nelle proprie valutazioni, ma ha semplicemente svolto considerazioni di ordine logico, pienamente condivisibili.
8.7 – Per quanto concerne, invece, il giudizio reso sulle misure di self-cleaning, correttamente il TAR non ha ravvisato alcun difetto di istruttoria: da quanto emerge dal verbale del 7 agosto 2019, il Gruppo Il. ha dimostrato di aver adottato le misure di self-cleaning illustrate nella relazione riassuntiva fornita in data 6 agosto 2019, all’esito dell’audizione del 23 luglio 2019, ed ha fornito un dettagliato manuale di antitrust compliance dal quale è emerso che le misure adottate integrano le previsioni indicate nelle Linee Guida ANAC n. 6 per 3 punti su 5.
Nel verbale vengono espressamente indicate le misure assunte che si riferiscono non solo al suddetto manuale, ma si estendono alla previsione del monitoraggio della corrispondenza dei dipendenti al fine di verificare tramite parole chiave se vi fossero rischi di reiterazione delle condotte pregresse, alla istituzione di un organismo di vigilanza collegiale interno, all’allontanamento del direttore commerciale dell’epoca dei fatti contestati dall’AGCM (fatti, peraltro, risalenti nel tempo, essendo relativi al periodo 2007-2014); nel verbale si dà infine atto della definizione – in corso d’opera – del modello organizzativo ex l. n. 231/2001.
Si tratta di misure che sono state ritenute idonee dall’ANAC per dimostrare l’idoneità dell’operatore economico a partecipare alle procedure di gara, tanto che il Gruppo Il. è stato ammesso nella analoga gara indetta dall’ANAC.
In appello il Gruppo Il. ha anche aggiunto – a maggior riprova dell’idoneità delle misure assunte a far venire ogni preclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016 – di essere risultata aggiudicataria del servizio in un’analoga gara indetta dall’AGCM.
Del resto, correttamente, il TAR ha sottolineato come la ratio dello strumento del self-cleaning sia quella di consentire, anche dopo vicende gravi di rilevanza penale, l’attivazione di un percorso virtuoso, salvaguardando la permanenza dell’impresa all’interno del mercato dopo aver assunto la prova del suo “risanamento” (Cons. Stato, Sez. V, 24 gennaio 2019, n. 598).
8.8 – Con riferimento alla dedotta violazione del cd. Patto di integrità condivisibilmente il TAR ha ritenuto che la comunicazione dell’esito del giudizio di appello era stato comunicato prima della stipula dei contratti, con la conseguenza che ove la stazione appaltante avesse voluto esercitare il potere di autotutela ne avrebbe avuto la possibilità, coerentemente con quanto stabilito dall’art. 3, comma 2, del Patto di integrità .
Pertanto nessuna violazione si è verificata e nessuna ragione di esclusione sussisteva tenuto conto – peraltro – che l’esclusione dell’operatore economico discendeva comunque da una valutazione discrezionale che tenesse conto della gravità della violazione, accertata a seguito di contraddittorio, riferita “alla specifica procedura di affidamento” (in base all’art. 3, comma 1, lett. c) e non a qualunque altra procedura.
8.9 – Alla stregua delle precedenti considerazioni deve respingersi il primo motivo di appello tenuto conto che la valutazione svolta dalla stazione appaltante nel verbale del 7 agosto 2019, recepita nel provvedimento di aggiudicazione, è immune da vizi di difetto di istruttoria, di illogicità, di travisamento dei fatti o falsità dei presupposti.
9. – Con il secondo motivo l’appellante ha censurato il capo di sentenza che ha respinto le doglianze dirette a censurare il giudizio di congruità dell’offerta.
Nell’atto di appello l’appellante ha dedotto che:
– tale verifica, obbligatoria per tutti i lotti, sarebbe stata svolta solo con riferimento al lotto 1;
– tale verifica sarebbe stata insufficiente perché la controinteressata nella propria relazione avrebbe esposto per il solo lotto 1 il costo del lavoro; relativamente alle voci di costo avrebbe indicato solo le percentuali di incidenza delle singole voci, peraltro in misura incongrua ed inadeguata rispetto ai ricavi presuntivi tratti dai dati storici posti a base di gara;
– l’aggiudicataria non avrebbe indicato i ricavi sperati o ipotizzati da mettere a raffronto con i costi, al fine di verificare la sostenibilità dell’offerta: mancando il dato relativo ai ricavi, i termini di riferimento non potrebbero che essere quelli indicati dalla stazione appaltante e posti a base di gara;
– tenendo conto di tali dati, le offerte per tutti i lotti sarebbero gravemente incongrue, in quanto, ad esempio, per il lotto 1 il totale dei costi sostenuti sarebbe pari al 123,91% dei ricavi stimati e, dunque, l’offerta sarebbe insostenibile;
– illegittimamente il TAR avrebbe ritenuto il rischio operativo del concessionario quale elemento di esonero o di attenuazione dell’onere di rapportare i costi ai ricavi;
– la tesi del TAR, secondo cui sussisterebbe la “replicabilità delle valutazioni” della stazione appaltante per gli altri lotti, sarebbe illogica in quanto i lotti sono diversi tra loro per valore, per canoni, per costi, per strutture e per utenti come emergerebbe dalle tabelle allegate al ricorso in appello.
9.1 – La doglianza non può essere condivisa.
Innanzitutto correttamente il TAR ha richiamato i principi consolidati in giurisprudenza, secondo cui:
– il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzato all’accertamento dell’attendibilità e della serietà della stessa e dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte;
– la relativa valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (v., ex multis, Cons. St., sez. V, 24 settembre 2019, n. 6419; Cons. St., sez. V, 17 maggio 2018 n. 2953; Cons. St., sez. V, 24 agosto 2018, n. 5047; Cons. St., sez. III, 18 settembre 2018, n. 5444; Cons. St., sez. V, 23 gennaio 2018, n. 230);
– il relativo procedimento non ha carattere sanzionatorio e non ha per oggetto una capillare “caccia all’incongruenza” né la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando invece ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione del contratto;
– la verifica mira, quindi, in generale, “a garantire e tutelare l’interesse pubblico concretamente perseguito dall’amministrazione attraverso la procedura di gara per la effettiva scelta del miglior contraente possibile ai fini dell’esecuzione dell’appalto, così che l’esclusione dalla gara dell’offerente per l’anomalia della sua offerta è l’effetto della valutazione (operata dall’amministrazione appaltante) di complessiva inadeguatezza della stessa rispetto al fine da raggiungere” (così la già citata pronuncia di Cons. St., sez. V, 23 gennaio 2018, n. 230);
– in materia di anomalia sussiste un analitico e puntuale obbligo di motivazione solo nel caso in cui l’Amministrazione esprima un giudizio negativo sulle giustificazioni, mentre tale onere non sussiste in caso di esito positivo del giudizio di congruità dell’offerta essendo sufficiente in tal caso motivare il provvedimento per relationem alle giustificazioni presentate dal concorrente, sempre che esse non siano manifestamente illogiche (Consiglio di Stato sez. V, 13 settembre 2016, n. 3855; Consiglio di Stato sez. III, 22 dicembre 2014, n. 6349; id. sez. V, 18 aprile 2012, n. 1513; id. sez. V, 20 giugno 2011, n. 3675; id. 13 febbraio 2010, n. 741; id. sez. V, 18 aprile 2012, n. 1513);
– il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della Pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica amministrazione;
– anche l’esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti, a dimostrazione della non anomalia della propria offerta, rientra nella discrezionalità tecnica della Pubblica amministrazione, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali gravi ed evidenti errori di valutazione oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, il giudice di legittimità può esercitare il proprio sindacato, ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello della Pubblica amministrazione” (Consiglio di Stato, sez. terza, 17.6.2019 n. 4025).
9.2 – Sulla base di tali principi il TAR ha ritenuto immune da vizi la valutazione svolta dalla stazione appaltante sottolineando che, nel caso di specie, non viene in rilievo una procedura di appalto, ma una concessione di servizi nella quale il rischio operativo grava sul concessionario; inoltre, stante la natura meramente indicativa del dato storico assunto a riferimento dalla s.a., il Gruppo Il., nel formulare la propria offerta si è basata su stime probabilistiche dei ricavi, autonomamente determinabili e non sindacabili, che ha ritenuto di poter ottenere rapportando realtà analoghe a quelle dei singoli lotti della procedura competitiva, tenuto conto del numero dei distributori installabili nelle singole aree e delle caratteristiche dell’utenza.
Occorre considerare che l’aggiudicataria è il gestore uscente del servizio e quindi conosce bene il mercato relativo ai singoli lotti, inoltre gestisce altri servizi analoghi e, quindi, ben conosce la remuneratività di questo particolare servizio.
9.3 – Con riferimento alle specifiche censure prospettate in appello è sufficiente rilevare che il dato storico non può ritenersi attendibile, in quanto ancorato ad una situazione non più attuale: a riprova di ciò è sufficiente rilevare che pure l’offerta dell’appellante non tiene conto di tale dato.
Pertanto, la tesi dell’appellante secondo cui l’offerta sarebbe sicuramente anomala, fondandosi su un dato non attendibile, non è in grado di inficiare sotto il profilo della ragionevolezza la valutazione della stazione appaltante.
9.4 – Con riferimento all’asserita mancata valutazione della congruità dell’offerta per tutti i lotti è sufficiente rilevare che dalla disamina del verbale del 7 agosto 2019 emerge come la valutazione di congruità sia stata resa per tutti i lotti e non solo per il lotto n. 1.
Il RUP ha affidato lo svolgimento dell’istruttoria agli uffici competenti dell’A.R.C.S. che, a loro volta, hanno chiesto i chiarimenti che ritenevano necessari per accertare la sostenibilità dell’offerta.
In particolare, con nota del 19 giugno 2019 il Gruppo Il. ha fornito i chiarimenti in relazione alle varie voci di costo come da richiesta degli uffici dell’A.R.C.S.; con successiva memoria ha ulteriormente specificato – in risposta all’ulteriore richiesta di chiarimenti del 4 luglio 2019 – i costi per il personale specificando quale fosse il CCNL impiegato ed i livelli del personale impiegato.
Tali elementi, come correttamente rilevato dal TAR, sono replicabili per ogni lotto, in quanto riguardano dati comuni a tutti i lotti che variano solo in considerazione delle caratteristiche del lotto, desumibili dagli atti di gara e dall’offerta economica relativa a ciascun lotto.
Ne consegue che anche la seconda doglianza va respinta.
10. – Con il terzo motivo l’appellante ha censurato il capo di sentenza con il quale il TAR ha dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, la doglianza relativa alla ripartizione della concessione in otto lotti e la mancata previsione del c.d. vincolo di aggiudicazione, tenuto conto che l’appellante ha partecipato alle gare relative a tutti i lotti e mirava ad aggiudicarseli tutti.
Ha dedotto di disporre dell’interesse strumentale alla rinnovazione della procedura di gara.
Ha quindi reiterato la prospettazione contenuta nel ricorso di primo grado diretta a sostenere che:
– l’intero territorio regionale è stato suddiviso solamente in 8 lotti di notevoli dimensioni e dal notevole valore economico, senza alcuna istruttoria o motivazione;
– è stata frustrata la possibilità di partecipazione delle imprese di piccole e medie dimensioni, stabilendo (in funzione del considerevole valore dei lotti) requisiti di partecipazione relativi al fatturato molto importanti (per la partecipazione a tutti i lotti era infatti necessario un fatturato specifico annuo in servizi analoghi di oltre 4 milioni di euro);
– alla procedura, infatti, hanno partecipato solamente tre concorrenti in quattro lotti (in due dei quali peraltro il Gruppo Argenta è stato poi escluso per non aver raggiunto il punteggio tecnico minimo richiesto di 40 punti), mentre negli altri quattro lotti i concorrenti sono stati addirittura solamente due;
– non è stato stabilito alcun limite di aggiudicazione, permettendo così la creazione di un monopolio sull’intera regione per un periodo di tempo molto lungo (5 anni), come di fatto è avvenuto con l’aggiudicazione al Gruppo Il. di tutti 8 i lotti messi in gara;
– ciò, anche in combinazione con i criteri di valutazione tecnica, che erano i medesimi in tutti i lotti, con ben 33 punti (su 70) assegnati in base a criteri esclusivamente matematici e non discrezionali, e conseguente azzeramento della competizione sugli elementi qualitativo-discrezionali.
10.1 – Tale doglianza non può essere condivisa.
Deve essere preventivamente richiamata la giurisprudenza più recente della Sezione secondo cui:
– in materia di appalti pubblici è principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese; tale principio, come recepito all’art. 51 d.lgs. n. 50 del 2016, non costituisce peraltro una regola inderogabile: la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, essendo il precetto della ripartizione in lotti funzionale alla tutela della concorrenza (es. Cons. Stato, V, 7 febbraio 2020, n. 973; 26 giugno 2017, n. 3110; Sez. III, 21 marzo 2019, n. 1857);
– secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. Stato sez. VI, 02/01/2020, n. 25; Cons. Stato, III, 13 novembre 2017, n. 5224) la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico; in tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza;
– la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve dunque costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (così da ultimo, Cons. Stato, III, 4 marzo 2019, n. 1491); sicchè non può ritenersi preclusa alla stazione appaltante la possibilità di suddividere l’appalto in lotti di importo elevato (Cons. Stato, Sez. III, 26/9/2018 n. 5534) ove tale scelta risponda all’esigenza di tutelare l’interesse pubblico;
– secondo il costante orientamento della giurisprudenza la suddivisione in lotti è espressione di una valutazione discrezionale dell’amministrazione sindacabile in sede giurisdizionale sotto l’aspetto della ragionevolezza e proporzionalità e dell’adeguatezza dell’istruttoria (ex multis, cfr. Cons. Stato, Sez. III n. 1857/2019; Sez. V n. 2044/2018; Cons. Stato, VI, n. 25/2020); in ogni caso l’ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito non è suscettibile di essere censurato in base a meri criteri di opportunità (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 1138/2018).
– con specifico riferimento al c.d. “vincolo di aggiudicazione”, questa Sezione con la recente sentenza del 9 giugno 2020 n. 3682 ha ritenuto che: la decisione di limitare l’aggiudicazione di tutti i lotti allo stesso concorrente, costituisce una facoltà discrezionale dell’amministrazione, il cui mancato esercizio non costituisce ex sè sintomo di illegittimità ;
– la violazione del principio di concorrenza non può desumersi dalla sola circostanza che i lotti siano stati aggiudicati tutti al medesimo operatore economico, trattandosi di un elemento neutro, di per sé solo non indicativo di vizi nella strutturazione della gara;
– l’aggiudicazione di tutti i lotti al medesimo operatore può, infatti, semplicemente discendere dalla sua capacità di offrire la prestazione oggetto di gara a migliori condizioni;
– la violazione del principio di concorrenza, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità di cui all’art. 30 del d.lgs. n. 50/2016 deve essere dedotto fornendo concreti elementi induttivi, desunti dalla specifica disciplina di gara.
10.2 – Nel caso di specie la stazione appaltante ha suddiviso l’appalto in otto lotti e la società ricorrente in primo grado ha potuto liberamente parteciparvi, classificandosi al secondo posto in ciascuno di essi.
Per quanto riguarda i requisiti di capacità economica e finanziaria l’art. 2 del capitolato speciale ha richiesto un fatturato specifico minimo annuo nel settore di attività oggetto della concessione riferito ad almeno uno degli ultimi tre esercizi finanziari disponibili, non inferiore ai seguenti importi: Euro.575.460,00 per il lotto n. 1; Euro.928.408,80 per il lotto n. 2; Euro.491.059,20 per il lotto n. 3; Euro.882.372,00 per il lotto n. 4; Euro.884.008,00 per il lotto n. 5; Euro.138.110,40 per il lotto 6; Euro.161.128,80 per il lotto n. 7; Euro.61.382,40 per il lotto 8.
Tali fatturati minimi – in almeno uno degli ultimi tre esercizi – danno ampio conto della possibilità di partecipazione assicurata dalla s.a., per ciascun lotto, alle piccole e medie imprese.
Inoltre la stazione appaltante ha fornito la motivazione sulla ripartizione in lotti precisando che: “si è scelto di strutturare la gara in lotti legati alle varie realtà aziendali e territoriali, in maniera tale da garantire – per importo degli investimenti presumibilmente necessari e per logistica indispensabile all’espletamento del servizio – l’effettiva possibilità di partecipazione alle microimprese, e alle piccole e medie imprese (art. 51 del D.lgs. 50/2016). La concessione pertanto sarà così strutturata, in otto lotti aggiudicabili separatamente (…)”.
Ne consegue che – alla luce dei principi in precedenza esposti – anche tale doglianza va respinta.
11. – In conclusione, per i suesposti motivi l’appello va respinto e per l’effetto va confermata con parziale diversa motivazione, la sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso di primo grado.
12. – Le spese del grado di appello seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma per parziale diversa motivazione la sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso di primo grado.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 5.000,00 oltre accessori di legge, per ciascuna delle parti appellate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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