In materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 28 settembre 2020, n. 5700.

In materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario la posizione di quest’ultimo possa ritenersi neutra rispetto alle sanzioni previste dal d.P.R. 380 del 2001 e, segnatamente, rispetto all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene, quando risulti, in modo inequivocabile, l’estraneità del proprietario stesso rispetto al compimento dell’opera abusiva ovvero risulti che, essendone venuto a conoscenza, il proprietario si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall’ordinamento.

Sentenza 28 settembre 2020, n. 5700

Data udienza 5 maggio 2020

Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Posizione del proprietario estraneo ai fatti – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2748 del 2011, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. Ma. e Fa. Co. e domiciliato presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…),
contro
i signori Lu. Fr. ed altri, non costituiti in giudizio,
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione prima, n. 10397/2010, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il consigliere Francesco Frigida nell’udienza pubblica del giorno 5 maggio 2020, svoltasi ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto legge n. 18/2020 convertito in legge n. 27/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla determinazione del Comune di (omissis) n. 30 del 30 settembre 2009, con cui è stata ingiunta agli odierni appellati la rimozione dei rifiuti misti di costruzione e del terreno ammassato su un fondo di loro proprietà, pena l’acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale.
La vicenda ha tratto origine da un sopralluogo della Polizia provinciale, da cui è emerso che un terzo soggetto, imprenditore edile, si sarebbe reso responsabile della realizzazione di alcune costruzioni illegittime su un fondo sito in area fluviale e avrebbe sversato dei rifiuti speciali non pericolosi su altri terreni, tra cui quello di proprietà degli interessati.
2. Avverso siffatta ingiunzione, gli odierni appellati hanno proposto il ricorso di primo grado n. 1274 del 2009, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, il loro difetto di legittimazione passiva, il difetto di presupposto, d’istruttoria e di motivazione.
L’Amministrazione comunale si è costituita nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.
3. Con l’impugnata sentenza n. 10397 del 18 novembre 2010, il T.a.r. per la Liguria, sezione prima, ha accolto il ricorso e ha compensato tra le parti le spese di lite.
In particolare, il collegio di primo grado ha affermato che: “la giurisprudenza costituzionale (sentenza 15 luglio 1991, n. 345) che ritenne che le norme previgenti in materia di ordinanza di demolizione (art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47) erano conformi alla Costituzione, in quanto da esse non si poteva dedurre la possibilità di esercitare la potestà ablatoria del proprietario che non aveva incolpevolmente concorso alla commissione dell’abuso.
I principi esposti si applicano anche alle disposizioni introdotte dal dpr 6.6.2001, n. 380, dal che discende che l’amministrazione mantiene intatta la potestà di ordinare la riconformazione dei suoli alle norme di piani vigenti, ma non può dar corso ad atti direttamente ablatori della privata proprietà, sul solo presupposto dell’inottemperanza prestata dai proprietari incolpevoli rispetto all’ingiunzione”.
4. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 22 marzo 2011 e in data 8 aprile 2011 – il Comune di (omissis) ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando due motivi:
1) insufficiente motivazione della sentenza appellata; violazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001;
2) contraddittorietà e insufficiente motivazione.
5. Le parti private, pur ritualmente evocate, non si sono costituite nel presente giudizio.
6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 5 maggio 2020.
7. L’appello è fondato e deve essere accolto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e in diritto.
8. Il Collegio, in via dirimente, osserva che nel caso di specie la prospettazione, effettuata dal Comune di (omissis) nella determinazione n. 30 del 30 settembre 2009, della futura acquisizione al patrimonio comunale delle aree interessate dagli abusi è una mera clausola accessoria dell’ordine di ripristino (che, come si vedrà in prosieguo, è per pacifica giurisprudenza legittimamente indirizzato ai proprietari che abbiano la disponibilità dell’area e siano quindi tenuti a far cessare l’illecito), di modo che il tema se gli odierni appellati fossero o non fossero corresponsabili degli abusi esula dal perimetro del presente giudizio, potendo al più essere affrontato – in ipotesi di accertata inottemperanza all’ordine di ripristino – se e quando l’Amministrazione riterrà di procedere all’acquisizione delle aree.
8.1. Ad ogni modo, l’ingiunzione di rimozione dei rifiuti è legittima in mancanza di una prova fornita dai proprietari circa la loro estraneità all’attività del costruttore che ha smaltito il materiale nonché la mancata conoscenza dell’abuso ovvero l’immediata attivazione in caso di intervenuta sua conoscenza.
In sostanza, la legittimazione passiva dei proprietari sussiste, fatte salve delle eccezioni, la cui concreta ricorrenza non è stata dimostrata nel caso di specie.
In tal senso è univocamente orientata la giurisprudenza amministrativa, la quale ha precisato che:
– “il proprietario incolpevole di abuso edilizio commesso da altri, che voglia sfuggire all’effetto sanzionatorio di cui all’art. 31 del testo unico dell’edilizia della demolizione o dell’acquisizione (come prevede anche la legge regionale della Valle d’Aosta), come effetto della inottemperanza all’ordine di demolizione, deve provare la intrapresa di iniziative che, oltre a rendere palese la sua estraneità all’abuso (e in ciò si può convenire con la parte appellante), siano però anche idonee a costringere il responsabile dell’attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’autorità amministrativa.
Perché vi siano misure concretanti le “azioni idonee” ad escludere l’esclusione di responsabilità o la partecipazione all’abuso effettuato da terzi, prescindendo dall’effettivo riacquisto della materiale disponibilità del bene, si ritiene necessario un comportamento attivo, da estrinsecarsi in diffide o in altre iniziative di carattere ultimativo nei confronti del conduttore (“che si sia adoperato, una volta venutone a conoscenza, per la cessazione dell’abuso”, tra tante, si veda Cassazione penale, 10 novembre 1998, n. 2948), al fine di evitare l’applicazione di una norma che, in caso di omessa demolizione dell’abuso, prevede che l’opera abusivamente costruita e la relativa area di sedime siano, di diritto, acquisite gratuitamente al patrimonio del Comune, non bastando invece a tal fine un comportamento meramente passivo di adesione alle iniziative comunali” (Consiglio di Stato sezione VI, sentenza 4 maggio 2015, n. 2211);
– “il Collegio ritiene di richiamare il consolidato (e qui condiviso) orientamento secondo cui anche in materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario la posizione di quest’ultimo possa ritenersi neutra rispetto alle sanzioni previste dal d.P.R. 380 del 2001 e, segnatamente, rispetto all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene, quando risulti, in modo inequivocabile, l’estraneità del proprietario stesso rispetto al compimento dell’opera abusiva ovvero risulti che, essendone venuto a conoscenza, il proprietario si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall’ordinamento (sul punto – ex multis -: Cons. Stato, VI, 4 maggio 2015, n. 2211; id., 30 marzo 2015, n. 1650).
Si è condivisibilmente osservato al riguardo che l’articolo 31, comma 2, T.U. Edilizia indirizza l’ordine di demolizione non all’autore, ma al proprietario e al responsabile dell’abuso, in forma non alternativa, ma congiunta e simultanea, così rendendo palese che entrambi questi soggetti siano chiamati a ripristinare il corretto assetto edilizio violato dall’abuso” (Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 29 gennaio 2016, n. 358).
9. In conclusione l’appello deve essere accolto e, pertanto, in totale riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.
10. La particolarità della vicenda giustifica la compensazione tra le parti delle spese di lite di ambedue i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2748 del 2011, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in totale riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado; compensa tra le parti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla seconda sezione del Consiglio di Stato, con sede in Roma, nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2020, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Italo Volpe – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere, Estensore

 

 

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