Corte di Cassazione, civile, Sentenza|25 gennaio 2021| n. 1519.
In caso di trasformazione cd. “regressiva”, ex art. 2498 e ss. c.c., di una società a responsabilità limitata in associazione sportiva, è applicabile al primo ente il termine annuale di cui all’art. 10 l.fall., posto che a seguito della trasformazione in parola, da un lato, muta radicalmente il regime della responsabilità patrimoniale del soggetto trasformato, dall’altro lato, l’esercizio dell’attività d’impresa non è più attuale.
Sentenza|25 gennaio 2021| n. 1519
Data udienza 9 settembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Fallimento – Reclamo ex art. 18, l. fall. – Istituto della trasformazione da Srl ad Associazione non riconosciuta – Crediti dell’ente originario – Fallibilità dell’ente originario
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22286/2017 proposto da:
Societa’ (OMISSIS), gia’ (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate – Riscossione, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS) s.r.l.; Procura della Repubblica – Affari Civili presso il Tribunale di Napoli; Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Napoli; Procura Generale presso la Suprema Corte di Cassazione;
– intimati –
avverso la sentenza n. 184/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, del 28/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/09/2020 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NARDECCHIA GIOVANNI BATTISTA, che ha concluso per il rigetto del ricorso, come da requisitoria scritta gia’ depositata;
udito, per la ricorrente, l’avvocata (OMISSIS), domiciliatario con delega scritta, che si riporta e insiste per l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’avvocato (OMISSIS), che si riporta e insiste per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.- Con sentenza depositata in data (OMISSIS), il Tribunale di Napoli ha dichiarato il fallimento della s.r.l. (OMISSIS) in liquidazione, societa’ cancellata dal registro delle imprese nel marzo dello stesso anno a seguito di delibera assembleare.
2. Avverso tale dichiarazione ha proposto reclamo L. Fall., ex articolo 18 avanti alla Corte di Appello di Napoli la “societa’ (OMISSIS) associazione sportiva dilettantistica”.
A base del reclamo cosi’ presentato, questa ha affermato che “l’assemblea totalitaria della s.r.l. (OMISSIS) in liquidazione aveva deliberato la trasformazione della societa’ in associazione sportiva dilettantistica e il contestuale trasferimento della sede legale da (OMISSIS) a (OMISSIS), alla via (OMISSIS). Pertanto, il Tribunale di Napoli avrebbe dovuto (nel caso ne fossero ricorsi i presupposti) dichiarare il fallimento della (OMISSIS), non certo della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione”.
3.- Con sentenza depositata in data 22 agosto 2017, la Corte di Appello di Napoli ha rigettato il reclamo.
4.- Ha osservato in proposito la sentenza che, “ferma a ogni altro fine la natura meramente evolutiva dell’operazione di trasformazione, la possibilita’ di assoggettare a fallimento le a.s.d. dipende dalla concreta circostanza che esse esercitino abitualmente e sistematicamente attivita’ di promozione, organizzazione e allestimento di spettacoli sportivi non meramente dilettantistici e non gratuiti”.
“Ne deriva che nella specie correttamente la creditrice si e’ avvalsa della facolta’ di promuovere il fallimento nei confronti della s.r.l. cancellata entro il termine di cui alla L. Fall., articolo 10”: tale possibilita’ – si e’ pure aggiunto – risponde a un “principio applicabile anche al caso di trasformazione in ente di cui esclusa o dubbia la fallibilita’”.
5.- Nel prosieguo del suo percorso motivazionale, la sentenza ha poi ritenuto che, se la societa’ cancellata non perde la propria capacita’ processuale in ambito concorsuale, deve continuare ad operare nei suoi confronti l’intera disciplina in tema di notificazione degli atti processuali alle societa’”.
“Del pari inidonea allo scopo” – si e’ ancora aggiunto – risulta l’ulteriore eccezione di incompetenza territoriale svolta dalla reclamante”: “trattandosi di procedimento nei confronti della s.r.l., non sembra possa assumere rilievo il mutamento della sede della a.s.d.”.
6.- Avverso questo provvedimento la “societa’ (OMISSIS)” ha presentato ricorso, sviluppando tre motivi di cassazione.
Ha resistito, con controricorso, l’Agenzia delle Entrare – Riscossione, quale creditore istante per la dichiarazione di fallimento della s.r.l. (OMISSIS) in liquidazione.
7.- Gli altri intimati non hanno svolto difese nel presente grado del giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
8.- I motivi di ricorso risultano intestati nei termini qui di seguito riportati.
Primo motivo: “violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 2498 e 2500 bis c.c. e L. Fall., articolo 10 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”.
Secondo motivo: “violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’articolo 2495 c.c., comma 3, e L. Fall., articolo 15, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”.
Terzo motivo: “violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 9 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. – Violazione delle norme sulla competenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 2″.
9.- Col primo motivo, il ricorrente assume che la Corte napoletana ha errato perche’ l'”ipotesi della cancellazione dal registro delle imprese dovuto alla trasformazione dell’ente e’ ben diverso dalla cancellazione avvenuta per l’avvenuta cessazione dell’attivita’ imprenditoriale”.
Nel caso della trasformazione la dichiarazione di fallimento va comunque nei confronti dell’ente che risulta dalla trasformazione, perche’ questa ha “ereditato i rapporti processuali e sostanziali facenti capo” all’ente originario, subentrando negli stessi.
Del resto – si aggiunge, con distinto rilievo -, non risulta oggettivamente condivisibile l'”assioma” fatto proprio dalla sentenza impugnata, per cui “laddove sia esclusa e/o dubbia la fallibilita’ dell’ente risultante dalla trasformazione, automaticamente puo’ essere dichiarato il fallimento dell’ente esistente ante trasformazione”.
In ogni caso – si precisa altresi’ – i creditori ben avrebbero potuto opporsi, posta la normativa dettata nel codice civile, alla trasformazione della (OMISSIS) da s.r.l. in a.s.d.: in assenza di opposizione, la trasformazione e’ divenuta “intangibile” e “irreversibile”.
10.- Il motivo non e’ fondato e deve quindi essere rigettato.
11.- La giurisprudenza di questa Corte ancora di recente ha messo in evidenza che l’istituto della trasformazione, di cui agli articoli 2498 c.c. e ss., contiene in se’ e considera una serie di fenomeni diversi e, nel caso, anche molto lontani tra loro.
Cosi’ viene a ricomprendere il caso della trasformazione di una s.r.l. in una s.p.a. (o anche viceversa) ex articolo 2500 c.c. (c.d. trasformazione omogenea tra societa’ di capitali), in cui tutto sembrerebbe risolversi in una semplice modifica dell’atto costitutivo, con il connesso mutamento della forma di organizzazione dell'”ente” societario e di partecipazione allo stesso.
Come pure ricomprende le diverse fattispecie della c.d. trasformazione regressiva di societa’, quale ad esempio data dal transito da una s.r.l. a una s.n.c. (articolo 2500 sexies c.c.), dove prende rilievo anche la diversa tematica innestata dal mutamento di regime di responsabilita’ patrimoniale, che per tal via viene a realizzarsi: per il “sopravvenire”, appunto, della responsabilita’ solidale e illimitata dei soci ex articolo 2291 c.c. in luogo della precedente situazione di compiuta, “perfetta” autonomia del patrimonio sociale.
Ancor piu’ accentuata lontananza dall’ipotesi della trasformazione omogenea tra societa’ di capitali, quale ipotesi per cosi’ dire “prima” di “trasformazione”, mostrano poi le varie fattispecie in cui l’istituto in questione viene a fare riferimento ad ipotesi che non risultano riducibili a operazioni di tipo endosocietario: di transito, dunque, da organizzazioni societarie a strutture di altra conformazione (articolo 2500 septies c.c.) o anche viceversa (articolo 2500 octies c.c.).
Nei fatti, il legislatore vigente ha stabilito di fissare il limite dell’istituto, di cui agli articoli 2498 c.c. e ss., nella necessaria presenza di almeno una struttura societaria: o di partenza dell’operazione o di esito della medesima (su tutti questi punti v., in specie, la pronuncia di Cass., 22 ottobre 2010, n. 23174).
12.- Segue ai rilievi sin qui esposti la rilevazione che l’istituto della trasformazione, di cui ai vigenti articoli 2498 c.c. e ss., non puo’ sicuramente essere assunto in termini di blocco “unico”, con risvolti identici per tutte le diverse fattispecie tipo in cui l’istituto stesso puo’ venire a manifestarsi.
Segue inoltre, e in via strettamente correlata, che la corrente impostazione della trasformazione in termini di “modificazione” del contratto originario e del conseguente soggetto giuridico – quale tradizionalmente sviluppatasi in chiave di contrapposizione dialettica con un’idea del fenomeno basata invece su una dinamica di “estinzione-creazione” di soggetti – finisce per manifestarsi come non esaustiva (cfr., cosi’, anche Cass. 19 giugno 2019, n. 16511, proprio a proposito di una trasformazione di societa’ di capitali in comunione di azienda). Comunque, non risolutiva di ogni possibile problema possa venire a porsi per le varie fattispecie tipo di trasformazione, secondo quanto ha ben visto, del resto, la sentenza impugnata (sulla constatazione che l’alternativa di leggere la trasformazione come vicenda modificativa di contratto e di soggetto o come invece estintiva del soggetto trasformato con creazione di nuovo soggetto si manifesta, in se’ stessa, “non risolutiva per i fini dell’applicazione della L. Fall., articolo 10″ concordano, in particolare, le pronunce di Cass., n. 23174/2020 e di Cass., 29 maggio 2020, n. 10302).
Soprattutto, per quanto qui direttamente interessa, la lettura della trasformazione, che assegna tratto comunque connotante al suo comportare una modifica del contratto istitutivo dell'”ente” (salvo il marginale caso sia programmata sin nell’atto costitutivo, nei fatti la trasformazione comporta per definizione una modifica del contratto originario), non suppone – ne’ implica – che la struttura originaria, quale sussistente prima della trasformazione, non sia piu’ suscettibile di distinta e autonoma considerazione dopo che l’operazione sia avvenuta. Che e’ quanto, per contro, senza fondamento viene a postulare la lettura cui si affida il ricorrente.
13.- Con specifico riferimento all’ipotesi di trasformazione di una s.r.l. in una associazione sportiva dilettantistica, che qui concretamente interessa, e’ da mettere ora in evidenza che in tale fattispecie tipo – come peraltro in numerose altre pure senza dubbio inscrivibili nell’istituto della trasformazione, di cui agli articoli 2498 c.c. e ss. – l’operazione in discorso viene a modificare il regime di responsabilita’ patrimoniale di cui alla precedente struttura giuridica.
Nella fattispecie di trasformazione di s.r.l. in associazione sportiva dilettantistica, in particolare, all’autonomia patrimoniale dell'”ente” originario viene a fare seguito e riscontro – all’effetto dell’avvenuta trasformazione – la sussistenza del regime di responsabilita’ che e’ proprio delle associazioni non riconosciute ex articolo 38 c.c., posto che le associazioni sportive dilettantistiche fanno appunto capo a tale figura generale del sistema.
14.- A questo proposito si manifesta ora importante esplicitare che l’istituto della trasformazione non ha in se’ la forza di mutare retroattivamente il regime di responsabilita’ relativo alla struttura precedente al compimento dell’operazione.
A tacitare ogni eventuale dubbio si possa mai nutrire al riguardo sta, in ogni caso, la disposizione dell’articolo 2500 quinquies c.c., comma 1, laddove ribadisce – per il caso di trasformazione di societa’ con soci illimitatamente responsabili in societa’ con autonomia patrimoniale perfetta – che l’operazione “non libera i soci” (pure la detta norma venendo a predisporre un meccanismo “semplificato” di eventuale liberazione dei richiamati soci da uno o piu’ degli obblighi pregressi, ove nel concreto risulti consentita dai singoli creditori).
Secondo quanto, del resto, trova pure una (assai) significativa conferma nella norma della L. Fall., articolo 147, comma 2, per cui i soci illimitatamente responsabili non possono essere dichiarati falliti “decorso un anno… dalla cessazione della responsabilita’ illimitata anche in caso di trasformazione…, se sono state osservate le formalita’ per rendere noti ai terzi i fatti indicati” (coerentemente, la disposizione stabilisce altresi’ che, nell’evenienza, la dichiarazione di fallimento dei soci ex illimitatamente responsabili suppone che l'”insolvenza della societa’ attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilita’ illimitata”).
15.- Percio’, i creditori di titolo anteriore al verificarsi della trasformazione si avvantaggiano del regime di responsabilita’ che e’ proprio della struttura precedente alla detta operazione (salvo, nel caso occorrente, quelli che, per atto di loro autonomia, abbiano liberato i soci illimitatamente responsabili dal pregresso, in tutto o in parte); i creditori di titolo posteriore al compiersi dell’operazione si giovano invece di quello che connota la nuova struttura (a questi risultati, in se’ stessi determinanti per il tema della fallibilita’ della societa’ che si cancella dal registro delle imprese perche’ trasformata, approdano anche le gia’ citata pronunce di Cass., n. 21374/2020 e di Cass., n. 16511/2019).
La mera circostanza che, con la trasformazione, i rapporti in essere proseguano con l'”ente trasformato” – su cui insiste in modo particolare il ricorrente – e’, in realta’, aspetto che non incide in alcun modo sul regime di responsabilita’ patrimoniale anteriore e posteriore al compimento dell’operazione.
16.- A tutto cio’ consegue, com’e’ evidente, che il problema della fallibilita’ dell'”ente” originario (qui dato da una s.r.l.) si pone – nel caso di mutamento del regime di responsabilita’ patrimoniale per effetto dell’avvenuta trasformazione – in termini oggettivamente distinti e autonomi da quello dell’eventuale fallibilita’ dell'”ente trasformato”.
Che quest’ultimo eserciti, oppure no, attivita’ di impresa e’ sicuramente rilevante in funzione dell’eventualita’ di un suo fallimento (ove nel concreto concorrano, naturalmente, anche tutti gli altri presupposti richiesti dalla legge, a muovere da quelli fissati nella L. Fall., articolo 1, comma 2), ma non viene a incidere in nulla sulla prospettiva del fallimento dell’ente originario.
Ne’, d’altro canto, si scorgono ragioni atte a fare ipotizzare una diversa soluzione: appare del tutto accidentale – nei confronti della pregressa attivita’ svolta dall'”ente” originario – che la nuova struttura venga a svolgere un’attivita’ di impresa oppure no.
Non appare corretto, in definitiva, considerare la trasformazione (e la connessa disciplina di prosecuzione dei rapporti in essere) nei termini di istituto idoneo a “purgare” una situazione di dichiarabile fallimento dell'”ente” originario.
17.- Cio’ posto, e’ adesso da osservare che, secondo quanto tradizionalmente si ritiene, la figura della trasformazione assolve propriamente a una funzione di riorganizzazione della struttura degli enti, sub specie di semplificazione operativa in termini di passaggi (eliminando, ove ritenuto praticamente possibile e utile, le attivita’ di scioglimento e liquidazione di un ente con contestuale creazione di una nuova struttura) e quindi pure di tempi.
Ora, puo’ stimarsi sicuro che, nel vigente sistema normativo, un fenomeno che ha, in se’, sostanza riorganizzativa di enti e strutture -qual e’ quello in discorso – non puo’, in termini di principio, “realizzare una causa di sottrazione dell’impresa societaria dalla soggezione alle procedure concorsuali” (per l’esplicitazione di questo rilievo di base si veda, in particolare, la recente pronuncia di Cass., 21 febbraio 2020, n. 4737).
Per produrre un simile risultato occorrerebbe, in altre parole, una norma che espressamente sancisca il risultato della compiuta sottrazione. Norma che, tuttavia, non risulta appartenere al novero di quelle attualmente vigenti.
18.- Secondo quanto emerge pianamente dalla lettura del testo normativo (e come ha riscontrato la pronuncia della Corte territoriale), specifico presupposto di applicazione della disposizione della L. Fall., articolo 10 altro non e’ che la cancellazione dell’imprenditore – “individuale” ovvero “collettivo” – dal registro delle imprese.
Il testo della norma non risulta fare differenze, invero, in ragione del “titolo” per cui, nel concreto, avviene la cancellazione. Non emergono, in particolare, indicazioni atte a sottrarre al destino comune la cancellazione per avvenuta trasformazione, secondo quanto afferma per contro il ricorrente. Determinante, sotto il profilo concreto, si rivela comunque il mutamento di regime di responsabilita’ patrimoniale, posto che, ai sensi della norma della L. Fall., articolo 10, a fallire e’ l'”ente” originario: da ritenere “esistente” sotto questo peculiare profilo – allo stesso modo, e negli stessi termini, di una qualunque societa’ cancellata dal registro e dichiarata fallita nel corso dell’anno susseguente per il riscontro della relativa fictio iuris v., per tutte, la pronuncia di Cass., 1 marzo 2017, n. 5253).
Cio’ posto, per la maggiore chiarezza del discorso e’ bene anche aggiungere che l’applicazione della norma della L. Fall., articolo 10 non presuppone, sempre e necessariamente, che la corrispondente attivita’ di impresa – come gia’ svolta dal soggetto imprenditore di cui si predica la fallibilita’ ancora per l’anno successivo alla cancellazione dal registro – venga pure a cessare sul piano oggettivo.
Da quest’angolo visuale, l’ipotesi della trasformazione – che comporti un mutamento rispetto al regime di responsabilita’ patrimoniale proprio dell'”ente” originario – appare per piu’ versi prossima, nella sostanza, alla fattispecie dell’imprenditore che abbia ceduto ad altri l’intera sua azienda, come pure a quella rappresentata dalla scissione totale di una societa’ (per questa seconda ipotesi cfr., in particolare, Cass. n. 4737/2020).
Ha rilevato questa Corte che la norma della L. Fall., articolo 10, la’ dove precisa il limite temporale entro cui puo’ intervenire la dichiarazione di fallimento, si manifesta funzionale all’obiettivo di “non estendere all’infinito gli effetti di una attivita’ di impresa non piu’ attuale” (Cass., n. 16511/2019). Ora, questa situazione di cessata “attualita’” dell’attivita’ ben puo’ ravvisarsi pure nel caso in cui il soggetto piu’ non l’esercita, in ragione del fatto che ha ceduto la relativa azienda ad altri; come pure nel caso in cui sia venuto meno, per sopravvenuta trasformazione, il regime di responsabilita’ patrimoniale che accompagnava l'”ente” originario (Su questi punti v. ancora la pronuncia di Cass., n. 23174/2020).
19.- Non viene a inficiare la fila delle considerazioni sin qui sviluppata la constatazione che – nella dinamica del suo compiersi l’operazione di trasformazione eterogenea, configurata dal transito di una s.r.l. in una comunione di azienda, risulta soggetta al meccanismo dell’opposizione dei creditori ai sensi dell’articolo 2500 novies c.c.
Non e’ infatti condivisibile l’idea che la predisposizione di una simile meccanismo di tutela dei creditori possegga una valenza sostanzialmente sostitutiva di quella che e’ rappresentata dallo svolgimento della procedura fallimentare.
20.- Come ha rilevato la sentenza di Cass., 4 dicembre 2019, n. 31654, nel sistema vigente lo strumento dell’opposizione dei creditori risulta porsi non come rimedio “sostitutivo e necessario”, quanto invece solo “aggiuntivo”.
L’assunto e’ stato formulato con specifico riferimento alla materia della scissione. Non v’e’ ragione, tuttavia, per cui lo stesso non debba risultare riferibile anche alle altre ipotesi in cui l’ordinamento prevede simile strumento: e cosi’, in particolare, alla materia della trasformazione eterogenea, che qui specificamente interessa.
Del resto, in un sistema in cui la procedura fallimentare non viene rimessa alla disponibilita’ dei creditori occorrerebbe, in proposito, una apposita disposizione che sancisse la sostituzione di tutela, che e’ assunta dal ricorrente.
Lo svolgimento del giudizio di opposizione alla trasformazione – e’ ancora da notare – non puo’ essere considerato in qualche modo “equivalente” a quello dell’esecuzione fallimentare (si pensi, anche solo, alla materia della revocatoria fallimentare).
Si’ che, da un lato, la mancata presentazione dell’opposizione non potrebbe mai essere intesa come manifestazione rinunciativa del potere di presentare l’istanza di fallimento ovvero la domanda di insinuazione al passivo. Dall’altro, e soprattutto, l’assunta sostituzione dell’opposizione al fallimento comporterebbe – per la categoria dei creditori anteriori alla trasformazione – una diminuzione di tutela (rispetto alla comune posizione dei creditori di impresa) tale da potersi anche dubitare della legittimita’ costituzionale di una soluzione di questo genere.
21.- Secondo la tesi svolta la ricorrente, la mancata di opposizione da parte dei creditori anteriori all’operazione verrebbe a consolidare la trasformazione, cosi’ rendendola “irreversibile” e “intangibile” (cfr. sopra, nel n. 9).
Neppure quest’opinione, pero’, risulta in qualche modo condivisibile. Che essa assume a suo presupposto necessario il fatto che l’ente uscito dalla trasformazione “succeda” nei rapporti prima esistenti con l’ente originario. Ma questo aspetto – si e’ ampiamente visto sopra – rimane del tutto estraneo alla tematica della fallibilita’ dell’ente originario.
Ne’, d’altro canto, predicare la fallibilita’ dell’ente originario viene di per se’ a implicare una qualche “caducazione” dell’avvenuta trasformazione.
22.- A conclusione dell’analisi del primo motivo di ricorso, vanno dunque espressi i seguenti principi di diritto.
L’istituto della trasformazione, di cui agli articoli 2498 c.c. e ss., ricomprendendo in se’ una congerie di figure diverse e anche molto dissimili tra loro, non si presta a una ricostruzione unitaria delle tematiche che le singole figure vengono a proporre.
I creditori di titolo anteriore alla cancellazione dell'”ente originario” si avvantaggiano del regime di responsabilita’ proprio della relativa struttura. A tale regime rimane ancorata, di conseguenza, la fallibilita’ dell'”ente originario”, che l’intervenuta trasformazione non e’ idonea a impedire.
In caso di trasformazione, la norma dell’articolo 10 trova comunque applicazione nei confronti dell'”ente originario”. La soggettivita’ fallimentare di questo ente non e’ diversa da quella che viene riconosciuta a una qualunque societa’ cancellata dal registro e dichiarata fallita nel corso dell’anno successivo.
Lo strumento di tutela dei creditori dato dall’opposizione, che e’ previsto dalla legge in relazione alle operazioni di trasformazione, non puo’ in alcun modo considerarsi sostitutivo di quello rappresentato dal fallimento, posto che, per la categoria dei creditori anteriori alla trasformazione, appronta una tutela di intensita’ sensibilmente inferiore.
23.- Col secondo motivo, il ricorrente afferma che, in ogni caso, non puo’ ritenersi valida la notifica effettuata alla vecchia sede legale della societa’: questa andava eseguita presso la sede legale dell’ente uscito dalla trasformazione.
24.- Il motivo non merita di essere accolto.
Secondo quanto rilevato ampiamento nell’ambito dell’esame del primo motivo di ricorso, a fallire – sulla base della normativa dettata nella L. Fall., articolo 10 – e’ l’ente originario, non quello uscito dalla trasformazione. Ne consegue, all’evidenza, che il “ricorso per la dichiarazione di fallimento puo’ essere validamente notificato presso la sede della societa’ cancellata” (cfr. Cass., n. 5253/2017).
25.- Il terzo morivo di ricorso -che assume violazione delle norme sulla competenza territoriale rispetto al luogo della sede dell’ente uscito dalla trasformazione – risulta assorbito dal mancato accoglimento del secondo motivo di ricorso.
26.- In conclusione, il ricorso e’ da rigettare.
Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida nella somma di Euro 5.100,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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