Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 marzo 2021| n. 6941.
In caso di scontro tra veicoli, l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell’altro, idonea a liberare quest’ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità fissata in via sussidiaria dall’articolo 2054, comma 2, del codice civile, nonché dall’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, può essere effettuato acquisendo tale prova liberatoria non necessariamente in modo diretto, ovvero attraverso la dimostrazione della conformità del suo contegno di guida alle regole della circolazione stradale o di comune prudenza, ma anche indirettamente, ovvero tramite il riscontro del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell’evento dannoso col comportamento dell’altro conducente.
Ordinanza|11 marzo 2021| n. 6941
Data udienza 24 settembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Circolazione stradale – Sinistro stradale – Scontro tra veicoli – Responsabilità concorrente – Prova indiretta tramite il riscontro del collegamento esclusivo con l’evento danno della condotta dell’altro conducente
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35618/2018 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’Avv. (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonche’ da:
(OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti incidentali –
contro
(OMISSIS) e (OMISSIS) SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 330/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 22/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/09/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorrono, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 330/18, del 22 gennaio 2018, della Corte di Appello di Napoli, che – accogliendo il gravame esperito, in via di principalita’, dalla (OMISSIS) S.p.a. (gia’ (OMISSIS) S.p.a., d’ora in poi ” (OMISSIS)”), nonche’, in via incidentale, da (OMISSIS), avverso la sentenza n. 8866/13, del 9 luglio 2013, del Tribunale di Napoli – cosi’ provvedeva.
Il giudice di appello, innanzitutto, riconosceva la concorrente responsabilita’ di (OMISSIS), nella misura del 50%, nella causazione del sinistro stradale occorsogli, in (OMISSIS), per effetto della collisione tra il suo motociclo e la vettura di proprieta’ della (OMISSIS), assicurato per la “RCA” con la (OMISSIS) S.p.a., rideterminando, inoltre, la somma dovuta a titolo di risarcimento danni al medesimo (OMISSIS) ed ai sui familiari (il padre (OMISSIS) e la madre (OMISSIS), nonche’ i germani (OMISSIS) e (OMISSIS)) non solo in ragione del riconosciuto concorso di responsabilita’, ma anche di una diversa quantificazione del pregiudizio da risarcire a ciascuno di essi.
2. Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti che (OMISSIS) ed i sui stretti congiunti, sopra meglio identificati, adivano il Tribunale di Napoli per conseguire il ristoro dei danni subiti in conseguenza del sinistro stradale verificatosi nelle suddette circostanze di tempo e luogo. In particolare, gli allora attori ascrivevano l’esclusiva responsabilita’ dell’incidente alla condotta di guida di (OMISSIS), marito di (OMISSIS). Costui, infatti, nell’effettuare, alla guida della vettura di proprieta’ della moglie, una inversione di marcia, per giunta in due tempi, in quel tratto di strada invece vietata, ometteva di dare precedenza ai veicoli che procedevano in senso opposto, urtando, inoltre, violentemente, nell’azionare la retromarcia per completare la suddetta manovra, il motociclo di proprieta’ e condotto da (OMISSIS). Riportate da quest’ultimo gravi lesioni personali, il medesimo e i suoi stretti congiunti (lamentando costoro, in particolare, danno da lesione del rapporto parentale) conseguivano dall’adito giudicante la condanna, in solido, della (OMISSIS) e della (OMISSIS) a liquidare i seguenti importi: Euro 1.338.370,68 a (OMISSIS), Euro 68.838,81 in favore di ciascuno dei suoi genitori, ed Euro 34.419,40 in favore di ognuno dei due germani dell’infortunato.
Esperito gravame, in via di principalita’, dalla societa’ assicuratrice, nonche’ in via incidentale dalla (OMISSIS), il secondo giudice non solo riconosceva la concorrente, paritaria, responsabilita’ di (OMISSIS) nella causazione del sinistro, ma rideterminava – non solo per tale ragione, ma pure in accoglimento di uno specifico motivo di appello sul “quantum debeatur” – la somma dovuta agli attori. In particolare, esso quantificava il credito risarcitorio di (OMISSIS) in Euro 992.670,60, nonche’, in via puramente equitativa, quello di ciascun genitore e di ognuno dei germani, rispettivamente, in Euro 15.000,00 per gli uni ed Euro 5.000,00 per gli altri.
3. Avverso la pronuncia della Corte partenopea ricorrono per cassazione i predetti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), sulla base come detto – di tre motivi.
3.1. Con il primo motivo – proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5) – si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e dell’articolo 2054 c.c., nonche’ omesso esame di un fatto decisivo.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui – sul presupposto che, in caso di scontro tra veicoli, la responsabilita’ di un conducente (nella specie, l’ (OMISSIS), per aver eseguito la non consentita inversione di marcia, omettendo, per giunta, di dare precedenza al (OMISSIS)) non comporta automaticamente il superamento della presunzione di pari responsabilita’ dell’altro conducente, occorrendo prova che costui si sia uniformato alle norme della circolazione e a quelle di comune prudenza – ha escluso che, nel caso in esame, tale prova fosse stata raggiunta. A tale esito la Corte territoriale perveniva, innanzitutto, sul rilievo che, dalle deposizioni testimoniali, sarebbe emerso che fu il motociclo del (OMISSIS) a colpire, con la sua parte anteriore, la fiancata sinistra dell’auto della (OMISSIS), e non viceversa, sicche’, tenuto conto della posizione della vettura al centro della careggiata in posizione trasversale, come risultante dalla planimetria in atti (affermazione, anche questa, censurata, come si dira’, dai ricorrenti), il (OMISSIS) avrebbe avuto “spazio sufficiente, sulla destra della sua direzione di marcia, per passare dietro l’auto senza urtarla”. Inoltre, sempre secondo il giudice di appello apprezzamento, nuovamente, stigmatizzato dai ricorrenti – “la violenza dell’urto (che fu notevole, come desumibile dalla gravita’ delle conseguenze dannose ai mezzi e alla persona del (OMISSIS)) e’ da ascrivere esclusivamente alla velocita’ della moto”, rilevando in tale prospettiva pure la circostanza costituita dalla “assenza di tracce di frenata della moto, indicativa del fatto che il suo conducente non tento’ alcuna manovra per evitare o attenuare l’impatto”.
Orbene, secondo i ricorrenti, la pronuncia in oggetto sarebbe “stata emessa in violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e, conseguentemente, dell’articolo 2054 c.c.”, nonche’, in ogni caso, “con un procedimento deduttivo manifestamente implausibile nel percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilita’ delle conseguenze” (e’ citata Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 644818-01). Difatti, il giudice di appello “avrebbe dovuto dar conto, in termini chiari e congrui, dell’efficacia attribuita a ciascun mezzo di prova disponibile”, nonche’, soprattutto, della scelta “operata tra i diversi dati probatori”, specie se si considera che la stessa sentenza afferma che “i testi non hanno riferito niente circa la condotta di guida del motociclista” e che non risulta neppure “nota la velocita’ della moto”.
Segnatamente, i ricorrenti lamentano che il giudice di appello abbia ritenuto “sussistente il concorso di colpa del (OMISSIS), per il solo ipotizzato e non provato fatto che lo stesso avrebbe condotto il motociclo a velocita’ sostenuta, e deducendo, in maniera assolutamente apodittica, che lo stesso (OMISSIS) non avrebbe fatto tutto il possibile per evitare l’impatto”, mentre le deposizioni dei testi escussi e il rapporto redatto dalla polizia municipale nell’immediatezza del sinistro non offrono riscontro a tali ipotesi.
Le risultanze probatorie, per l’esattezza, attesterebbero solo la violenza dell’impatto, e dunque la velocita’ del motociclo in quel momento, e non certo la velocita’ di marcia, tanto che dal verbale redatto dalla polizia municipale accorsa sul luogo dell’incidente risulta che il (OMISSIS) non fu contravvenzionato per eccesso di velocita’; eccesso, del resto, non confermato dai testi escussi. D’altra parte, anche la dinamica dell’evento sarebbe chiara, attestando tale documento che la manovra dell’ (OMISSIS) fu “cosi’ repentina da impedire di fatto al malcapitato (OMISSIS) di porre in essere qualsiasi manovra di salvataggio”, come confermato anche dalla “assenza di tracce di frenata”. Ne’, d’altra parte, la velocita’ del motociclista potrebbe spiegarsi con l’entita’ dei danni ai veicoli, da attribuirsi piuttosto al peso del motociclo.
In definitiva, la conclusione della Corte di Appello sarebbe unicamente fondata sulle misurazioni effettuate dalla polizia municipale (da cui ha desunto la posizione dei veicoli al momento della collisione), avendo essa, pero’, dato rilievo soltanto al “suggestivo e purtroppo errato schizzo planimetrico”, giacche’ “non coerente con le misurazioni annotate” dagli stessi pubblici ufficiali, facenti, invece, fede fino a querela di falso, misurazioni sulla base delle quali la difesa dei ricorrenti ha predisposto un “elaborato grafico” allegato al ricorso e costituente, dunque, “parte integrante” dello stesso. Orbene, la diversa posizione che presenta – in tale documento – la vettura della (OMISSIS) evidenzierebbe l’errore del giudice di appello, allorche’ ha ritenuto che il (OMISSIS) avesse spazio sufficiente, sulla propria destra, “per passare dietro l’auto senza urtarla”, donde l’evidente “travisamento dei fatti” nonche’ la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., per non aver dato “prevalenza alla prova legale” (misurazioni) rispetto alla prova libera (schizzo planimetrico)”.
3.2. Con il secondo motivo – proposto chiaramente ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), sebbene tale norma non sia espressamente richiamata – si deduce violazione e/o falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e dell’articolo 2054 c.c., comma 2.
Si censura la sentenza per avere “ritenuto non superata la presunzione di corresponsabilita’ dei conducenti ex articolo 2054 c.c., comma 2, ed accettando, dunque, il concorso di colpa nella misura del 50%”.
Deducono, sul punto, i ricorrenti che la presunzione di cui alla norma suddetta “ha funzione meramente sussidiaria, operando esclusivamente nel caso in cui le risultanze probatorie non consentano di accertare in modo concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l’evento dannoso” (e’ citata, tra altre, Cass. Sez. 3, sent. 19 febbraio 2009, n. 4055), sicche’ la norma si deve “applicare soltanto nel caso in cui sia impossibile accertare in concreto il grado di colpa di ciascuno dei conducenti coinvolti nel sinistro” (e’ citata Cass. Sez. 3, ord. 15 febbraio 2018, n. 3696), mentrepe, al contrario, “e’ possibile individuare il diverso grado di colpa dei conducenti coinvolti nell’evento dannoso, il giudice di merito e’ tenuto a procedere alla graduazione della colpa dei soggetti coinvolti” (e’ citata Cass. Sez. 3, sent. 15 gennaio 2003, n. 477).
Evidente, dunque, sarebbe, nel caso che qui occupa, la falsa applicazione dell’articolo 2054 c.c., comma 2, visto che la Corte territoriale ha ritenuto di dover ricorrere al criterio della presunzione di corresponsabilita’ “sul solo presupposto della mancanza di prova della assenza di responsabilita’ del (OMISSIS)”. A tale esito, inoltre, la sentenza impugnata – lo si ribadisce – e’ pervenuta essenzialmente sulla base “del suggestivo e purtroppo errato schizzo planimetrico” allegato al rapporto di polizia municipale, non “coerente con le misurazioni ivi annotate”, disattendendo anche le dichiarazioni, raccolte nel medesimo rapporto e rese nell’immediatezza del sinistro, del conducente della vettura incidentata, ovvero l’ (OMISSIS).
Da quanto precede, dunque, emergerebbe che il giudice di appello era in possesso di tutti gli elementi per ascrivere la responsabilita’ del sinistro alla condotta del solo (OMISSIS) (e, per esso, alla proprietaria del veicolo, ovvero la (OMISSIS)) o, almeno, “per distribuire la responsabilita’ in maniera piu’ aderente possibile al caso concreto”, riconoscendo, dunque, la responsabilita’ del primo “nella misura del 95%”, visto che persino l’assicuratore per la “RCA”, nel proporre gravame, aveva ipotizzato una responsabilita’ del primo nella misura del 70%”.
3.3. Con il terzo motivo – proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), anche in questo caso, peraltro, non specificamente richiamato – si denuncia, in relazione “al “quantum” liquidato” in favore di (OMISSIS) e degli altri ricorrenti, violazione dell’articolo 2050 c.c. e degli articoli 2 e 3 Cost..
Si censura la sentenza impugnata, in primo luogo, nella parte in cui ha ridotto l’importo del risarcimento dovuto al (OMISSIS) a titolo di danno non patrimoniale. Difatti, il primo giudice – riconosciuto un postumo di invalidita’ permanente del 75% e liquidata, sulla base delle cd. “tabelle milanesi” e in considerazione dell’eta’ di (OMISSIS) anni del danneggiato, la somma di Euro 717,071,00 – aveva operato un primo aumento del 20% per la cd. “personalizzazione”. E cio’ in ragione dei patimenti subiti per la lunghissima degenza anche lontano da casa, le sofferenze fisiche, lo svilimento delle funzioni fisiologiche essenziali, il perdurare della terapia e la necessita’ di assistenza e sostegno psichico e fisico anche all’attualita’. Sulla somma cosi’ determinata il Tribunale aveva, poi, effettuato un ulteriore incremento del 40% per quantificare il danno morale, individuato nella sofferenza, nella prostrazione psichica e nella maturata consapevolezza della pressoche’ inevitabile condizione di invalido. Orbene, ritenendo tali pregiudizi non “sostanzialmente diversi da quelli che hanno giustificato il primo aumento del 20%”, la Corte territoriale ha escluso tale ulteriore incremento del 40%.
L’altra doglianza investe, invece, la decisione del giudice di appello di liquidare, in via puramente equitativa, il danno da lesione del rapporto parentale, subito dal genitore del (OMISSIS) e dalla sorella. Difatti, mentre il primo giudice lo aveva determinato in una misura percentuale rispetto alla somma liquidata a (OMISSIS) a titolo di danno morale (misura, rispettivamente, pari al 20%, per ciascuno dei genitori, e al 10%, per ognuno dei germani), la Corte partenopea, in applicazione del principio che esclude, sul punto, ogni automatismo, riconosceva a titolo equitativo “puro”, ai primi, la somma di Euro 15.000,00 ciascuno e ai secondi quella, sempre cadauno, di Euro 5.000,00.
Contro tale duplice decisione i ricorrenti propongono il presente motivo, con cui lamentano che la sentenza impugnata – ad onta della circostanza che “gli esiti del tragico evento hanno causato un danno cosi’ elevato da non poter essere economicamente quantificato” – ha liquidato lo stesso senza attribuire rilievo alla “smisurata sofferenza del Sig. (OMISSIS) e della sua famiglia”, sicche’ il pregiudizio conseguente alla lesione del rapporto parentale avrebbe dovuto “essere calcolato tenendo conto della peculiarita’ degli eventi, cosi’ come fatto dal giudice di primo grado”,
Richiamati, dunque, i principi della “tutela minima risarcitoria spettante ai diritti inviolabili” (ivi compresi quelli della famiglia), e sul presupposto che gli eventi di causa abbiano determinato, per (OMISSIS) e i sui stretti congiunti, “il totale sconvolgimento della vita familiare”, i ricorrenti si dolgono del fatto che la sentenza impugnata avrebbe disatteso il principio per cui il danno non patrimoniale va liquidato tenendo in “debito conto tutte le circostanze del caso concreto”, ed in particolare quelle “della gravita’ del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell’entita’ della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d’animo”.
Fermo restando, infatti, il principio dell’unitarieta’ del danno non patrimoniale (e il suo corollario costituito dal divieto di duplicazione delle singole voci risarcitorie), i ricorrenti evidenziano come le duplicazioni siano da escludere in presenza di illeciti – come quello presente – “plurioffensivi”.
4. Hanno proposto ricorso incidentale anche (OMISSIS) e (OMISSIS), sulla base di quattro motivi.
4.1. Con il primo motivo e’ denunciata – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – nullita’ del procedimento per violazione e falsa applicazione degli articoli 345 e 112 c.p.c., ovvero “errore in procedendo e extra petita partium”.
In particolare, la violazione dell’articolo 345 c.p.c., e’ dedotta in relazione all’eccezione – formulata della compagnia assicuratrice con il secondo motivo di gravame – relativa al concorso di responsabilita’ del (OMISSIS), nella misura del 30%, nella causazione del sinistro, atteso che la stessa avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile, in quanto proposta per la prima volta in appello.
Difatti, se e’ vero che il concorso di colpa puo’ essere rilevato d’ufficio dal giudice nella sua attivita’ di ricostruzione del fatto, cio’ puo’ avvenire – secondo i ricorrenti incidentali – a condizione che “la colpa del danneggiato sia ricavabile dagli elementi di fatto e non costituisca eccezione in senso stretto”.
Nella specie, avendo l’appellante fatto riferimento all’ipotesi del “concorso di colpa effettivo” (di cui dell’articolo 2054 c.c., comma 1), in presenza di una “eccezione in senso stretto”, non proposta in primo grado, la Corte territoriale avrebbe dovuto rilevarne l’inammissibilita’, per violazione del divieto di “nova” in appello. Difatti, quand’anche si ritenesse che “l’accertamento della corresponsabilita’ del danneggiato costituisse motivazione implicita dell’impugnata sentenza” di primo grado, “in ogni caso, non avendo l’accertamento della corresponsabilita’ del danneggiato costituito oggetto del giudizio di primo grado, il giudice del gravame, in presenza di una domanda nuova, avrebbe dovuto rilevare la violazione dell’articolo 345 c.p.c.” (e’ citata Cass. Sez. 3, ord. 29 settembre 2017, n. 22811).
Quanto alla violazione dell’articolo 112 c.p.c., essa e’ ipotizzata in relazione alla riconosciuta operativita’, da parte della Corte di Appello, dell’ipotesi “del pari concorso di colpa di ciascun conducente, disciplinata dell’articolo 2054 c.c., comma 2”, giacche’ essa “deve essere esplicitamente invocata dalle parti in causa”.
4.2. Il secondo motivo – proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – denuncia “errore in procedendo per violazione e falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c.”.
Si’ censura la sentenza impugnata per non aver dichiarato inammissibile il gravame incidentale della (OMISSIS), essendo esso privo dei requisiti della specificita’, non avendo le censure con lo stesso formulate individuato – tanto in punto ricostruzione dei fatti, quanto in punto di diritto – gli argomenti da contrapporre a quelli contenuti nella pronuncia del primo giudice.
4.3. Con il terzo motivo – proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5) – e’ denunciata violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e dell’articolo 2054 c.c., comma 2, oltre che dell’articolo 111 Cost., nonche’ violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e degli articoli 115 e 116 c.p.c., per contrasto con i “principi in tema di allegazione e valutazione della prova e per travisamento delle risultanze e dei documenti processuali”, censurandosi, infine, la sentenza impugnata pure “per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio”.
Il motivo contesta l’affermata eguale responsabilita’ dei due conducenti nella causazione del sinistro, sulla scorta di argomenti pressoche’ identici a quelli oggetto del primo e del secondo motivo del ricorso principale.
4.4. Da ultimo, con il quarto motivo – proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – e’ denunciata violazione e falsa applicazione dell’articolo 2059 c.c. e degli articoli 2, 3, 29 e 30 Cost., oltre che degli articoli 115 e 116 c.p.c. “per violazione dei principi in tema di allegazione e valutazione della prova e per travisamento delle risultanze e dei documenti processuali”.
Si censura, in questo caso, la decisione di liquidare, in Euro 15.000,00 per la (OMISSIS) e in Euro 5.000,00 per (OMISSIS), l’importo del danno da lesione del rapporto parentale, avendo la Corte territoriale “ritenuto non provati specifici elementi di personalizzazione”, quali, in particolare, la “circostanza della convivenza”, quello dell’accudimento “durante la lunga degenza” e, infine, quello della natura dei rapporti o relazioni che essi avevano con (OMISSIS).
Nel premettere che nella liquidazione del danno non patrimoniale non e’ consentito, in mancanza di criteri stabiliti dalla legge, il ricorso ad una liquidazione equitativa pura, non fondata su criteri obiettivi, dovendosi preferire l’uniformita’ assicurata dal cd. “sistema tabellare” (e’ citata Cass. Sez. 3, sent. 18 maggio 2017, n. 12470), i ricorrenti evidenziano, inoltre, come questa Corte, nella liquidazione del danno da lesione del rapporto parentale, abbia ritenuto poco significativo il criterio della convivenza, che puo’ costituire solo un indizio sulla base del quale ricostruire l’esistenza di vincoli affettivi, da valutarsi, pero’, in un contesto piu’ ampio. Nella specie, la sentenza impugnata – oltre ad aver ignorato la condivisione dell’attivita’ lavorativa con il fratello (OMISSIS), nonche’ la circostanza, emersa dalle testimonianze, che dopo l’incidente (OMISSIS) (perche’ impossibilitato a camminare) era sempre stato a casa con la madre – non si sarebbe fatta carico “della gravita’ dell’illecito, dell’eta’ della persona offesa e del dolore arrecato ai familiari”, sicche’ l’ammontare liquidato sarebbe “palesemente non congruo rispetto al caso concreto, perche’ irragionevole e sproporzionato per difetto” in relazione a quello previsto dalle “Tabelle di Milano”.
5. La societa’ (OMISSIS) ha resistito, con controricorso, all’impugnazione principale, chiedendone la declaratoria di inammissibilita’, ovvero, in subordine, il rigetto.
L’inammissibilita’ dei motivi – peraltro, argomentata anche sul rilievo che essi non rispetterebbero la previsione di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), in assenza di “specifica” indicazione della sede processuale di produzione degli atti e documenti su cui essi si fondano – e’ motivata sul rilievo che essi tenderebbero ad un riesame del merito della controversia. Fermo restando, inoltre, che nessuna contraddittorieta’ o insufficienza sarebbe ravvisabile nell’esposizione, compiuta dalla Corte partenopea, delle ragioni sottese al suo “decisum”, visto che la motivazione e’ da ritenersi insufficiente solo quando sia riscontrabile un’obiettiva deficienza del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento. Nella specie, invece, i ricorrenti principali si sarebbero limitati solo a proporre una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito.
6. Anche la (OMISSIS) ha resistito, con controricorso, all’impugnazione principale, chiedendone la declaratoria di inammissibilita’, ovvero, in subordine, il rigetto, insistendo sul fatto che essendo la sua una responsabilita’ esclusivamente contrattuale, non avendo causato il sinistro (essendo solo la proprietaria dell’auto e la titolare della polizza assicurativa), il danno non patrimoniale non potrebbe gravare su di essa.
Essa, inoltre, ha eccepito l’inammissibilita’ – ai sensi dell’articolo 372 c.p.c. – della planimetria allegata al ricorso principale.
7. I ricorrenti principali hanno depositato memoria, insistendo nelle proprie argomentazioni e replicando a quelle avversarie, in particolare assumendo il carattere di mero “stile” delle eccezioni sollevate da (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
8. Si impone, preliminarmente, la riunione delle impugnazioni, che nella specie e’ obbligatoria, ai sensi dell’articolo 335 c.p.c., in quanto esse investono lo stesso provvedimento (Cass. Sez. Un., sent. 23 gennaio 2013, n. 1521, Rv. 624792-01; in senso conforme, tra le altre, Cass. Sez. 5, sent. 30 ottobre 2018, n. 27550, Rv. 651065-01).
9. Sempre in via preliminare, va poi dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS).
9.1. Deve, infatti, ribadirsi che il “principio dell’unicita’ del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e percio’, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia quest’ultima modalita’ non puo’ considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorche’ proposto con atto a se’ stante, in ricorso incidentale” (da ultimo, Cass. Sez. 2, sent. 14 gennaio 2020, n. 448, Rv. 656830-01), “la cui ammissibilita’ e’ condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti piu’ venti) risultante dal combinato disposto degli articoli 370 e 371 c.p.c., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi (…)” (“ex multis”, Cass. Sez. Lav., sent. 20 marzo 2015, n. 5695, Rv. 634799-01; in senso conforme Cass. Sez. 3, sent. 9 febbraio 2016, n. 2516, Rv. 638617-01).
Nella specie, notificato in data 13 dicembre 2018, agli odierni ricorrenti incidentali, il ricorso principale, costoro risultano aver avviato per la notificazione il proprio ricorso il 23 gennaio 2019, e dunque al quarantunesimo giorno, donde l’inammissibilita’ dello stesso.
10. Nuovamente “in limine”, va disattesa l’eccezione di inammissibilita’, sollevata dalla controricorrente (OMISSIS), quanto alla produzione della planimetria, allegata dai ricorrenti principali al proprio atto di impugnazione.
10.1. Invero, sul punto, deve muoversi dalla constatazione che (OMISSIS)” e con lui il padre (OMISSIS) e la sorella (OMISSIS)o censurano con il primo motivo di ricorso, tra l’altro, l’utilizzazione da parte della sentenza impugnata di “un procedimento deduttivo manifestamente implausibile nel percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilita’ delle conseguenze”. Costoro deducono, nella sostanza, un vizio di nullita’ della parte motiva della sentenza per motivazione apparente, o meglio irriducibilmente contraddittoria, e cio’ a prescindere dal mancato riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), (come, pure, all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4). Evenienza che non inficia, infatti, il potere/dovere di questa Corte “di individuare la volonta’ dell’impugnante e stabilire se la stessa, cosi’ come esposta nel mezzo d’impugnazione, abbia dedotto un vizio di legittimita’ sostanzialmente, ma inequivocamente, riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all’articolo 360” (Cass. Sez. Un., sent. 24 luglio 2013, n. 17931, Rv. 627268-01).
Di conseguenza, in relazione all’effettuata produzione documentale – peraltro, come si dira’, non influente ai fini della decisione di questa Corte – trova applicazione il principio secondo cui, nel giudizio di legittimita’, “secondo quanto disposto dall’articolo 372 c.p.c., non e’ ammesso il deposito di atti e documenti che non siano stati prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l’ammissibilita’ del ricorso e del controricorso ovvero concernano nullita’ inficianti direttamente la decisione impugnata” (come, appunto, nell’ipotesi che occupa), “nel qual caso essi vanno prodotti entro il termine stabilito dall’articolo 369 c.p.c.”, nella specie rispettato dai ricorrenti, “rimanendo inammissibile la loro produzione in allegato alla memoria difensiva di cui all’articolo 378 c.p.c.” (cfr. Cass. Sez. 1, ord. 12 novembre 2018, n. 28999, Rv. 651476-01; in senso conforme, Cass. Sez. 1, sent. 31 marzo 2011, n. 7515, Rv. 617342-01).
11. Cio’ premesso, passando all’esame del ricorso principale, lo stesso va accolto, sebbene nei termini di seguito precisati.
11.1. I motivi primo e secondo – suscettibili di esame unitario, giacche’, diversamente da terzo, attinenti entrambi al tema del cd. “an debeatur”, e precisamente alla corretta applicazione dell’articolo 2054 c.c., comma 2 – sono fondati.
11.1.1. Invero, la sentenza impugnata, pur accertata l’esistenza di una doppia infrazione stradale a carico del conducente dell’autovettura che ebbe a scontrarsi con il motoveicolo del (OMISSIS) (ovvero, da un lato, l’effettuazione di un’inversione di marcia in un tratto di strada in cui essa era vietata per la presenza della striscia continua nella mezzeria, inversione, peraltro, compiuta attraverso due distinte manovre, la seconda delle quali implicante l’uso della retromarcia, nonche’, dall’altro, l’omissione dell’obbligo di dare precedenza ai veicoli che procedevano in senso contrario), ha ritenuto di non poter superare la presunzione – di cui alla norma suddetta – di eguale responsabilita’ del conducente dell’altro veicolo coinvolto, in assenza di prova che il medesimo si fosse uniformato alle regole della circolazione stradale, ovvero a quelle di comune prudenza.
E’, questa, un’affermazione errata – come si dira’ di seguito – “in iure” e, quindi, suscettibile di sindacato da parte di questa Corte.
11.1.2. Deve, invero, disattendersi l’eccezione, formulata soprattutto dalla controricorrente (OMISSIS), secondo cui i motivi di ricorso in esame tenderebbero ad una rivisitazione del giudizio di fatto, sulla dinamica del sinistro, operato dalla Corte territoriale.
Ancora di recente, infatti, e’ stato osservato che nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., n. 3), il vizio denunciabile davanti a questo giudice di legittimita’ e’, com’e’ noto, individuato nella violazione che nella falsa applicazione della norma di diritte essendosi, inoltre, ribadito “che il vizio di falsa applicazione sottende il c.d. vizio di sussunzione”, ipotizzabile “quando il giudice di merito”, dopo avere individuato e ricostruito – e cio’ “sulla base delle allegazioni e delle prove offerte dalle parti e comunque all’esito dello svolgimento dell’istruzione cui ha proceduto” – “la “quaestio facti”, cioe’ i termini ed il modo di essere della c.d. fattispecie concreta dedotta in giudizio, procede a ricondurre quest’ultima ad una fattispecie giuridica astratta piuttosto che ad un’altra cui sarebbe in realta’ riconducibile oppure si rifiuta di ricondurla ad una certa fattispecie giuridica astratta cui sarebbe stata riconducibile o ad una qualunque fattispecie giuridica astratta, mentre ve ne sarebbe stata una cui avrebbe potuto essere ricondotta, in tal modo incorrendo in errore” (cosi’, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 29 agosto 2019, n. 21772, Rv. 655084-01).
Pertanto, “la valutazione cosi’ effettuata dal giudice di merito e la relativa motivazione, non inerendo piu’ all’attivita’ di ricostruzione della “quaestio facti” e, dunque, all’apprezzamento dei fatti storici in funzione di essa, bensi’ all’attivita’ di qualificazione “in iure” della “quaestio” per come ricostruita, risulta espressione di un vero e proprio giudizio normativo”, sicche’ “il relativo ragionamento” operato dal giudice di merito, “connotandosi come ragionamento giuridico (espressione del momento terminale del broccardo “da mihi factum dabo tibi ius”) e’ controllabile e deve essere controllato dalla Corte di Cassazione nell’ambito del paradigma del n. 3) dell’articolo 360 c.p.c.” (cosi’, nuovamente, Cass. Sez. 3, ord. 21772 del 2019, cit.).
Si tratta di affermazione, questa, assurta ormai al rango di vero e proprio “diritto vivente”, essendo costante e pacifico nella giurisprudenza di questa Corte – anche al suo piu’ elevato livello nomofilattico – il principio secondo cui “il controllo di legittimita’ non si esaurisce in una verifica di correttezza dell’attivita’ ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva della norma, ma e’ esteso alla sussunzione del fatto, accertato dal giudice di merito, nell’ipotesi normativa” (cosi’, Cass. Sez. Un., sent. 18 gennaio 2001, n. 5, Rv. 543247-01; in senso conforme Cass. Sez. Lav., sent. 16 agosto 2004, n. 15968, Rv. 575757-01; Cass. Sez. Lav., sent. 12 maggio 2006, n. 11037, Rv. 589059-01; Cass. Sez. 3, sent. 28 novembre 2007, n. 24756, Rv. 600470-01, oltre a Cass. Sez. 3, sent. n. 21772 del 2019, cit.).
11.1.3. Tanto chiarito, deve evidenziarsi l’erroneita’ dell’affermazione con cui la Corte territoriale – sebbene riconosca essere “pacifici” tanto il compimento della vietata manovra di inversione “ad U”, da parte dell’autovettura che venne a scontrarsi con il motoveicolo del (OMISSIS), quanto la mancata concessione allo stesso della precedenza – reputa tale duplice “circostanza, di per se’, non sufficiente per affermare la responsabilita’ del conducente dell’auto”. E cio’ in quanto, essa prosegue, in caso di scontro tra veicoli, l’accertamento della responsabilita’ di uno dei conducenti “non comporta il superamento della presunzione di colpa concorrente sancita dall’articolo 2054 c.c.” (o meglio, dal suo comma 2), “essendo a tal fine necessario accertare in pari tempo che l’altro conducente si sia pienamente uniformato alle norme di circolazione e a quelle di comune prudenza e abbia fatto tutto il possibile per evitare il sinistro”, prova, nelle specie, ritenuta mancante, visto che “i testi non hanno riferito niente circa la condotta di guida del motociclista”, e non essendo neppure “nota la velocita’ della moto”.
11.1.4. Orbene, il vizio di sussunzione – nei termini gia’ sopra chiariti – in cui e’ incorsa la Corte partenopea e’ resa evidente dalle considerazioni che seguono.
11.1.4.1. Costituisce “ius receptum” nella giurisprudenza di questa Corte la constatazione che la “presunzione di pari responsabilita’ sancita dall’articolo 2054 c.c., comma 2, ha carattere sussidiario”, operando, pertanto, vuoi “quando non sia possibile stabilire il grado di colpa dei due conducenti”, vuoi “qualora non siano accertabili le cause e le modalita’ del sinistro” (cosi’, da ultimo, Cass. Sez. 6-3, ord. 12 marzo 2020, n. 7061, Rv. 657299-01; nello stesso senso gia’ Cass. Sez. 6-3, ord. 12 aprile 2011, n. 8409, Rv. 617095-01; Cass. Sez. 3, sent. 10 agosto 2004, n. 15434, Rv. 576166-01).
E’, inoltre, tale presunzione un principio “informatore” – persino nell’accezione adoperata dalla giurisprudenza costituzionale per individuare un limite al giudizio di equita’ “necessaria” ex articolo 113 c.p.c., comma 2, ovvero per evitare che l’equita’ divenga “fonte autonoma e alternativa alla legge” (Corte Cost., sent. 5 luglio 2004, n. 206) – della materia dei danni da circolazione stradale. Difatti, la norma in esame “senza dettare regole in punto di incidenza del rischio della mancata prova di una circostanza rimasta incerta nel giudizio, stabilisce una presunzione che costituisce applicazione dei criteri generalissimi in materia di concorso di cause, criteri ai quali risulta conformata tutta la disciplina della responsabilita’ da fatto illecito (articolo 41 c.p.)” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 29 settembre 2011, n. 19871, Rv. 619533-01).
Si tratta, peraltro, di affermazioni – queste appena illustrate – che riflettono, pienamente, le scelte che ispirarono i codificatori del 1942.
Si legge, infatti, nella relazione al codice civile, del Ministro Guardasigilli al Re, che la “disciplina accolta” con l’articolo 2054 c.c., comma 2, “e’ coerente con i criteri posti dall’articolo 1227, comma 1, la’ dove si regola il concorso di colpa del danneggiante e del danneggiato”. Difatti, nel caso di scontro di veicoli, “il concorso delle colpe contrapposte e’ presunto; rimane quindi ferma la presunzione che grava su ciascun conducente, essendosi ritenuto di non adottare l’opinione secondo la quale, considerate le reciproche presunzioni si eliderebbero, per lasciar posto all’accertamento della responsabilita’ di ciascuno secondo i criteri ordinari”. Resta, tuttavia, inteso – anche nelle intenzioni del “conditor legis” – che “il concorso delle due colpe non porta neppure ad addossare a ciascun conducente l’intera responsabilita’ del danno cagionato all’altro veicolo, perche’ il danno stesso e’ la conseguenza di una colpa presunta, comune ad entrambi i conducenti. E allora si applica il principio consacrato nell’articolo 1227, comma 1: i conducenti, considerati coautori del danno risentito da ciascun veicolo, ne rispondono in proporzione alla gravita’ della rispettiva colpa e all’entita’ delle conseguenze che ne sono derivate” (cosi’, testualmente, il § 796 della citata relazione ministeriale).
11.1.4.2. Orbene, in coerenza con tale impostazione – che e’ quella di una riconduzione (quasi in un rapporto di “specie a genere”) della previsione di cui all’articolo 2054 c.c., comma 2, a quella di cui dell’articolo 1227 c.c., comma 1 – si comprendono gli indirizzi assunti da questa Corte.
Essa, invero, cosi’ come consente al giudice di merito, in applicazione della norma da ultimo indicata, di stabilire anche “ex officio” se la condotta dello stesso danneggiato si ponga come “causa prossima di rilievo del danno” (per un’applicazione recente del principio si veda, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 21 gennaio 2020, n. 1165, Rv. 656688-01; ma cfr. anche, giacche’ riferita ad un’ipotesi di danno da circolazione stradale, Cass. Sez. 3, sent. 6 maggio 2016, n. 9241, Rv. 639708-01), analogamente, ritiene che “nel caso di scontro tra veicoli, ove il giudice abbia accertato la colpa di uno dei conducenti, non puo’, per cio’ solo, ritenere superata la presunzione posta a carico anche dell’altro dall’articolo 2054 c.c., comma 2, ma e’ tenuto a verificare in concreto se quest’ultimo abbia o meno tenuto – una condotta di guida corretta” (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 20 marzo 2020, n. 7479, Rv. 657167-01; nello stesso senso, tra le molte, con riferimento alla violazione dell’obbligo di dare precedenza, si veda Cass. Sez. 3, ord. 15 febbraio 2018, n. 3696, non massimata).
Nondimeno, costituisce principio altrettanto pacifico nella giurisprudenza di legittimita’, che la Corte partenopea ha invece disatteso, quello secondo cui, sempre nel caso di scontro tra veicoli, l’accertamento “della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell’altro”, idonea a liberare “quest’ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilita’ fissata in via sussidiaria dall’articolo 2054 c.c., comma 2, nonche’ dall’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno”, puo’ essere effettuato acquisendo tale prova liberatoria non necessariamente in modo diretto, ovvero dimostrando la conformita’ del suo contegno alle regole della circolazione stradale o di comune prudenza, ma “anche indirettamente”, ovvero “tramite l’accertamento del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell’evento dannoso col comportamento dell’altro conducente” (cosi’ da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 9 marzo 2020, n. 6655, Rv. 657166-01; nello stesso senso gia’ Cass. Sez. 6-3, ord. 21 maggio 2019, n. 13672, Rv. 65421801; Cass. Sez. 3, sent. 22 aprile 2009, n. 9550, Rv. 608197-01; Cass. Sez. 3, sent. 10 marzo 2006, n. 5226, Rv. 588251-01; Cass. Sez. 3, sent. 16 luglio 2003, n. 11143, Rv. 565147-01; Cass. Sez. 3, sent. 19 aprile 1996, n. 3723, Rv. 497161-01).
Da quanto precede, pertanto, emerge che la Corte territoriale, accertata la consumazione, da parte del conducente l’autovettura di proprieta’ della (OMISSIS), di ben due, gravi, infrazioni stradali (ovvero, si ribadisce, l’invasione dell’opposta corsia di marcia e la mancata concessione della precedenza ai veicoli che procedevano lungo di essa, e in particolare, al motoveicolo guidato dal (OMISSIS)), non doveva affermare la necessita’ – perche’ il (OMISSIS) potesse essere liberato dalla presunzione di eguale responsabilita’ di cui all’articolo 2054 c.c., comma 2 – della dimostrazione che egli si fosse “pienamente uniformato alle norme della circolazione e a quelle di comune di prudenza”, nonche’ di aver “fatto tutto il possibile per evitare il sinistro”. Essa, per contro, avrebbe dovuto interrogarsi – in particolare, a fronte di un quadro probatorio che non aveva restituito “evidenze” (ma mere congetture) sul contegno di guida del motociclista, essendo rimasta ignota persino la velocita’ impressa dallo stesso al proprio veicolo – sull’idoneita’ del comportamento dell’automobilista ad integrare la causa esclusiva del sinistro, potendo essa costituire prova “indiretta”, comunque idonea a vincere quella presunzione di legge.
12. L’accoglimento del primo e secondo motivo del ricorso principale, nei termini appena illustrati, comporta l’assorbimento del terzo motivo (relativo al “quantum debeatur”, ovvero ai criteri per la determinazione del dovuto sia allo stesso (OMISSIS), che ai suoi familiari), dal momento che la necessita’ per il giudice del rinvio di pronunciarsi “ex novo” sul profilo concernente ran” della responsabilita’, implica, evidentemente, la necessita’ di procedere anche ad una rinnovata quantificazione dei danni risarcibili.
13. In conclusione, il ricorso principale va accolto in relazione ai motivi primo e secondo e, per l’effetto, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, per la decisione nel merito, alla luce del seguente principio di diritto:
“in caso di scontro tra veicoli, l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell’altro, idonea a liberare quest’ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilita’ fissata in via sussidiaria dall’articolo 2054 c.c., comma 2, nonche’ dall’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per i evitare il danno, puo’ essere effettuato acquisendo tale prova liberatoria non necessariamente in modo diretto, ovvero attraverso la dimostrazione della conformita’ del suo contegno di guida alle regole della circolazione stradale o di comune prudenza, ma anche indirettamente, ovvero tramite il riscontro del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell’evento dannoso col comportamento dell’altro conducente”.
14. Il giudice del rinvio procedera’, inoltre, alla liquidazione delle spese anche del presente giudizio, quanto al rapporto processuale tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), da un lato, e la societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS), dall’altro.
In relazione, invece, al rapporto processuale tra (OMISSIS) e (OMISSIS), per un verso, e la societa’ (OMISSIS) e la (OMISSIS), per altro verso (rapporto, ormai, definito, data l’inammissibilita’ del ricorso incidentale proposto dai primi due), nulla risulta dovuto alla predetta societa’ e alla (OMISSIS), essendo rimasti intimati in relazione al ricorso incidentale proposto dai primi.
15. Infine, a carico dei ricorrenti incidentali sussiste l’obbligo di versare, se dovuto, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso principale, dichiarando assorbito il terzo, e cassa per l’effetto la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio, quanto al rapporto processuale intercorrente tra i ricorrenti principali, da un lato, e la societa’ (OMISSIS) S.p.a. e (OMISSIS), dall’altro.
Dichiara, invece, inammissibile il ricorso incidentale.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello spettante per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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