In caso di credito non soddisfatto verso la società di capitali cancellata dal registro delle imprese

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 10752

In caso di credito non soddisfatto verso la società di capitali cancellata dal registro delle imprese

In caso di credito non soddisfatto verso la società di capitali cancellata dal registro delle imprese, il socio può essere obbligato a rispondere verso il creditore sociale ove quest’ultimo provi l’avvenuta distribuzione dell’attivo e la conseguente riscossione di una quota di esso da parte del socio in base al bilancio finale di liquidazione, incombendo, di converso, sul socio convenuto in giudizio l’onere della prova di aver effettivamente utilizzato le somme ricevute in base al bilancio finale di liquidazione per il pagamento dei debiti della società. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte di appello che aveva erroneamente ritenuto provato, da parte del socio, il pagamento, con le somme rivenienti dalla liquidazione finale, di altri creditori della società sulla sola base dell’emissione di assegni bancari, la cui consegna non ha, di per sé, efficacia solutoria).

 

Sentenza|| n. 10752. In caso di credito non soddisfatto verso la società di capitali cancellata dal registro delle imprese

Data udienza 22 marzo 2023

Integrale

Tag/parola chiave:<Società – Liquidazione – Cancellazione dal registro delle imprese – Rapporto giuridico facente capo alla società estinta – Fenomeno di tipo successorio – Debito trasferito ai sensi dell’articolo 110 c.p.c. ai soci

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 31981-2018 R.G. proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

-intimate-

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 1698-2017 depositata il 25/09/2017.

Viste le conclusioni motivate, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile a norma del Decreto Legge 29 dicembre 2022, n. 198, articolo 8, comma 8, convertito con modificazioni nella L. 24 febbraio 2023, n. 14), formulate dal P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale ALESSANDRO PEPE, il quale ha chiesto di accogliere il primo motivo, per quanto di ragione, nonche’ il secondo motivo, di rigettare il terzo e quarto e di assorbire l’ultimo motivo.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/03/2023 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.

In caso di credito non soddisfatto verso la società di capitali cancellata dal registro delle imprese

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in cinque motivi avverso la sentenza n. 1698-2017 della Corte d’appello di Catania, pubblicata il 25 settembre 2017.

Non hanno svolto attivita’ difensive (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS). Essendo stato il ricorso intimato e notificato inizialmente soltanto a (OMISSIS), questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 23901 del 2 agosto 2022, aveva disposto “l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di (OMISSIS) o, in mancanza, del curatore dell’eredita’ giacente” nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione, avvenuta in pari data. Tale ordine e’ stato eseguito, a norma dell’articolo 371-bis c.p.c., mediante notificazione del ricorso a (OMISSIS) e (OMISSIS) operata il 28 ottobre 2022 e deposito compiuto l’11 novembre 2022.

2. (OMISSIS), convenuto davanti al Tribunale di Siracusa dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l., aveva domandato in riconvenzionale la condanna della societa’ al pagamento del compenso per l’attivita’ di direttore di magazzino svolta in favore della stessa attrice. Il giudice di primo grado, con sentenza del 4 aprile 2013, aveva rigettato la domanda principale e ritenuto tardiva la riconvenzionale, proposta dal convenuto in comparsa di risposta depositata il 2 gennaio 2004 con riguardo a udienza di comparizione fissata per il 22 gennaio 2004.

Avendo (OMISSIS), come riferito in ricorso, “appreso dopo la pubblicazione della sentenza che la (OMISSIS) s.r.l. era stata messa in liquidazione”, propose appello sia nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione in persona del suo liquidatore (OMISSIS), sia di questo personalmente quale liquidatore e socio della predetta, sia di (OMISSIS), quale altra socia.

La Corte d’appello di Catania, dopo aver ritenuto che la domanda riconvenzionale fosse stata tempestivamente proposta, ha tuttavia rigettato nel merito la stessa. I giudici del gravame hanno disatteso l’eccezione di difetto di legittimazione passiva avanzata da (OMISSIS), giacche’ in data 2 dicembre 2009 era avvenuta la chiusura della liquidazione della (OMISSIS) S.r.l., con conseguente cancellazione della societa’ dal Registro delle Imprese. (OMISSIS) era percio’ passivamente legittimata rispetto al credito retributivo vantato dal (OMISSIS), ai sensi del comma 2 dell’articolo 2495 c.c. (formulazione ratione temporis vigente, antecedente all’inserimento del Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, nuovo comma 2 ad opera dell’articolo 40, comma 12-ter lettera b, n. 2, convertito con modificazioni nella L. 11 settembre 2020, n. 120), che sancisce la responsabilita’ dei soci per debiti della societa’ cancellata nei limiti delle somme da questi riscosse sulla base del bilancio finale di liquidazione. La Corte d’appello, tuttavia, ha richiamato la difesa avanzata da (OMISSIS), secondo cui ai due soci della (OMISSIS) S.r.l. in base al bilancio finale di liquidazione era stata accordata la somma di Euro 34.000,00, essendo lei stessa titolare del 40% del capitale sociale ed avendo comunque, giusta scrittura di conciliazione e transazione del 17 ottobre 2013 prodotta in corso di causa, corrisposto “ad alcuni lavoratori” l’intera quota riscossa in base al bilancio di liquidazione, senza che percio’ residuasse piu’ alcuna sua responsabilita’ verso i creditori sociali. I giudici di appello hanno anche reputato “privo di pregio” il rilievo dell’appellante circa il mancato incasso dell’assegno indicato nella scrittura transattiva, dovendosi piuttosto sostenere che l’obbligazione assunta con la convenzione del 17 ottobre 2013 fosse stata “adempiuta” con la “avvenuta consegna del titolo” e che incombesse su (OMISSIS), avente “posizione di terzo” rispetto alla transazione, l’onere della prova della mancata riscossione da parte dei creditori. Parimenti “privo di pregio” e’ stato valutato dalla Corte d’appello l’ulteriore rilievo del (OMISSIS) inerente all’avvenuta cessione da parte della societa’ alla (OMISSIS) di tre crediti verso istituti bancari, trattandosi di mere pretese azionate o azionabili in giudizio, non incidenti sull’ambito della responsabilita’ dei soci ex articolo 2495, comma 2, c.c..

3. Il ricorso e’ stato deciso in camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile a norma del Decreto Legge 29 dicembre 2022, n. 198, articolo 8, comma 8, convertito con modificazioni nella L. 24 febbraio 2023, n. 14).

Il ricorrente ha presentato memoria.

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MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2495 e 1260 e segg. c.c. Il ricorrente assume che la Corte di Catania abbia fatto erronea applicazione dei principi di cui all’articolo 2495, comma 2, c.c., perche’ la cessione in favore della socia (OMISSIS) del credito della societa’ nei confronti della (OMISSIS) era avvenuta durante la fase della liquidazione e prima della sua chiusura e della redazione del bilancio finale di liquidazione. La censura afferma inoltre che la responsabilita’ della (OMISSIS) per il debito della societa’ nei confronti del (OMISSIS) doveva essere riconosciuta indipendentemente da quello che la stessa aveva ricevuto al momento della liquidazione. Ne’ la responsabilita’ poteva intendersi limitata solo alle somme attribuite alla socia al momento della formazione del bilancio di liquidazione, dovendo piuttosto comprendere anche le altre che la (OMISSIS) aveva conseguito prima e dopo la liquidazione, sempre nella sua qualita’ di socia (assegnazioni in natura, cessioni di credito, ecc.). La Corte d’appello avrebbe, percio’, errato a ritenere che il credito nei confronti della (OMISSIS) (di cui alla scrittura del 24 marzo 2009) ed i crediti nei confronti di altri istituti bancari di cui al verbale di assemblea del 19 ottobre 2009 non fossero stati trasferiti a (OMISSIS) e non costituissero un’attribuzione patrimoniale in suo favore.

Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. La Corte d’appello avrebbe deciso solo sulla domanda di condanna rivolta nei confronti di (OMISSIS), senza pronunciare su quella di riconoscimento dell’esistenza dell’attivita’ prestata dal (OMISSIS) in favore della (OMISSIS) S.r.l. e sull’ammontare del compenso dovutogli.

Il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. e degli articoli 1414 e segg. c.c. in relazione al contenuto effettivo della scrittura di cessione del 24 marzo 2009. Si espone che il (OMISSIS) aveva eccepito la simulazione della scrittura del 24 marzo 2009, che in realta’ dissimulava l’attribuzione alla (OMISSIS) di elementi attivi del patrimonio sociale, dato che erano del tutto inesistenti i pretesi crediti della stessa (OMISSIS) ed il corrispondente debito della societa’ nei suoi confronti. Su questa domanda/eccezione formulata dal (OMISSIS) la Corte di Catania avrebbe omesso del tutto di pronunziare. I giudici di appello avrebbero dovuto accertare la simulazione della scrittura, in quanto dissimulante un trasferimento in favore della socia (OMISSIS) di poste attive della societa’ (OMISSIS), con tutte le conseguenze in ordine alla responsabilita’ della stessa per il debito sociale nei confronti del (OMISSIS).

Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. La censura concerne la “presunta transazione” del 17 ottobre 2013 conclusa con alcuni lavoratori. Dal testo di tale scrittura sarebbe emerso che il pagamento della somma di Euro 48.000,00 ivi pattuito era subordinato al verificarsi di alcune condizioni (la dichiarazione di estinzione delle procedure esecutive e lo svincolo del conto sul quale l’assegno era tratto). Viene riportato uno stralcio della convenzione: “4… Detto assegno essendo tratto sul conto corrente intestato alla (OMISSIS) ed oggetto del pignoramento mobiliare indicato in premessa, potra’ essere portato all’incasso solo allorquando verranno dichiarati estinti i giudizi di pignoramento mobiliare la cui prossima udienza verra’ chiamata il 17.10.2013 e, conseguentemente, svincolate le somme pignorate. 5. L’assegno dell’importo di Euro. 48.000.000 (Euro quarantottomila) viene accettato dai lavoratori salvo buon fine e con l’espresso impegno di passarlo all’incasso soltanto dopo che verranno estinti i giudizi di pignoramento mobiliare la cui prossima udienza verra’ chiamata il 17.10.2013 e, conseguentemente, sbloccate le somme pignorate”. Afferma il ricorso che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, la prova del verificarsi delle condizioni alle quali era subordinato il diritto dei lavoratori di incassare l’assegno incombeva alla (OMISSIS) e non certo al (OMISSIS), il quale aveva, anzi, eccepito che tali condizioni non si erano verificate. Inoltre, e’ noto che in materia di assegni il pagamento si realizza solo con l’incasso del titolo.

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Il quinto motivo di ricorso deduce, infine, la violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c. e della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1. La Corte d’appello avrebbe erroneamente condannato il (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali, che invece andavano poste a carico dell’appellata, o, in subordine compensate. Del pari, la Corte di Catania avrebbe “erroneamente comminato all’appellante la sanzione prevista dalla l. 24.12.2012 n. 228, articolo 1, comma 17”.

2. I primi quattro motivi di ricorso sono da esaminare congiuntamente per la loro intima connessione. Risultano fondati il secondo ed il quarto motivo di ricorso e specularmente infondati il primo ed il terzo motivo, nei sensi e nei limiti di cui alla motivazione che segue.

2.1. La Corte d’appello di Catania, nella sentenza impugnata, ha ritenuto che (OMISSIS), creditore sociale della (OMISSIS) s.r.l., posta in liquidazione e cancellata dal registro delle imprese in data 2 dicembre 2009, non potesse far valere il proprio credito nei confronti della socia (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 2495, comma 2, c.c. (secondo la formulazione di tale articolo ratione temporis vigente, prima delle modifiche introdotte dal Decreto Legge n. 76 del 2020, convertito con modificazioni nella L. n. 120 del 2020).

I giudici di appello hanno, invero, dato per accertato che i due soci della (OMISSIS) S.r.l., in base al bilancio finale di liquidazione, avessero riscosso la somma di Euro 34.000,00, e che tuttavia la stessa (OMISSIS), in forza di una transazione poi intervenuta il 17 ottobre 2013 con alcuni lavoratori, avesse consegnato un assegno bancario pari all’intero importo riscosso in sede di liquidazione per estinguere i debiti verso alcuni lavoratori, individuando nel creditore (OMISSIS) la parte onerata di dar prova della mancata riscossione di tale assegno. Estranea alla dedotta responsabilita’ dei soci ex articolo 2495, comma 2, c.c. e’ stata, infine, ritenuta dalla Corte di Catania la questione attinente alla cessione da parte della societa’ alla (OMISSIS) di alcuni crediti verso istituti bancari.

2.2. I fatti esposti e gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda proposta da (OMISSIS), a seguito della cancellazione della societa’ (OMISSIS) s.r.l., nei confronti di (OMISSIS), quale liquidatore e socio della predetta, e di (OMISSIS), e poi nei confronti degli eredi degli stessi, (OMISSIS) e (OMISSIS), sono, pertanto, riconducibili alla cornice dell’articolo 2495, comma 2 (ora comma 3), c.c..

2.3. Come chiarito dalla elaborazione giurisprudenziale intrapresa con le sentenze nn. 4060, 4061 e 4062 del 2010 e definita con la sentenza n. 6070 del 2013 delle Sezioni Unite di questa Corte, a seguito della riforma del diritto societario, attuata dal Decreto Legislativo n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della societa’, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla societa’ estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtu’ del quale: a) l’obbligazione della societa’ non si estingue, cio’ che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della societa’ estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarita’ o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorche’ azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, con riguardo ai quali l’inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attivita’ ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la societa’ vi abbia rinunciato, a favore di una piu’ rapida conclusione del procedimento estintivo.

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Per quello che qui rileva essenzialmente, basta considerare che il legislatore del codice civile, anche in occasione della gia’ ricordata riforma del diritto societario, si e’ preoccupato espressamente soltanto di disciplinare la sorte dei debiti sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della societa’ dal registro. In particolare, per le societa’ di capitali, l’articolo 2495, comma 2, c.c. (riprendendo, peraltro, quanto gia’ stabiliva in proposito il previgente articolo 2456, comma 2) dispone che i creditori sociali non soddisfatti possono agire nei confronti dei soci della dissolta societa’ di capitali sino alla concorrenza di quanto questi ultimi abbiano riscosso in base al bilancio finale di liquidazione. E’ prevista, inoltre, anche la possibilita’ di agire in via risarcitoria nei confronti del liquidatore, se il mancato pagamento del debito sociale sia dipeso da colpa di costui (azione che risulta estranea al tema della presente lite). L’articolo 2495, comma 2, c.c., in sostanza, delinea un meccanismo di tipo successorio, nel senso che i debiti non liquidati della societa’ estinta si trasferiscono in capo ai soci, salvo il limite di responsabilita’ nella medesima norma indicato. Non si arreca, peraltro, alcun pregiudizio alle ragioni dei creditori per il fatto che i soci delle societa’ di capitali rispondono solo nei limiti dell’attivo loro distribuito all’esito della liquidazione, atteso che, se la societa’ viene cancellata senza distribuzione di attivo, cio’ vuol dire che vi sarebbe stata comunque incapienza del patrimonio sociale rispetto ai crediti da soddisfare. La circostanza che i soci della societa’ di capitali (o il socio accomandante della societa’ in accomandita semplice) abbiano beneficiato effettivamente di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione non configura una condizione da cui dipende la possibilita’ di proseguire nei confronti di detti soci l’azione originariamente intrapresa dal creditore sociale verso la societa’: i soci sono comunque destinati a succedere nei rapporti debitori gia’ facenti capo alla societa’ cancellata ma non definiti all’esito della liquidazione, fermo pero’ restando il loro diritto di opporre al creditore agente il limite di responsabilita’ pari alle somme riscosse in base al bilancio finale.

2.4. Perche’ il socio della societa’ di capitali possa essere obbligato a rispondere verso il creditore sociale non soddisfatto, occorre, e ad un tempo basta, che lo stesso creditore dia prova della distribuzione dell’attivo e della riscossione di una quota di esso da parte del socio in base al bilancio finale di liquidazione, trattandosi del fatto costitutivo della responsabilita’ di quest’ultimo (cfr. Cass. n. 15474 del 2017; n. 23916 del 2016; Cass. n. 19732 del 2005).

Tale prova e’ stata raggiunta nel giudizio in esame, apparendo incontroverso che i due soci della (OMISSIS) S.r.l., cancellata dal registro delle imprese in data 2 dicembre 2009, avevano riscosso, in base al bilancio finale di liquidazione, la somma di Euro 34.000,00.

Rispondendo i soci (OMISSIS) e (OMISSIS) intra vires dei debiti sociali in cui sono succeduti, (OMISSIS) aveva percio’ interesse ad ottenere la pronuncia che accertasse l’esistenza del credito vantato.

Rispetto alla responsabilita’ intra vires ex articolo 2495, comma 2, c.c. cosi’ insorta in capo ai soci (OMISSIS) e (OMISSIS) verso il creditore sociale (OMISSIS), spettava alla (OMISSIS) l’onere di provare, ai sensi dell’articolo 2697, comma 2, c.c., l’invocato effetto estintivo attribuito alla transazione del 17 ottobre 2013.

Parimenti ha errato la Corte d’appello nel ritenere provata l’estinzione del credito azionato dal (OMISSIS) mediante l’emissione e la consegna da parte della traente (OMISSIS) dell’assegno bancario menzionato nella stessa transazione: cio’ sia perche’, in caso di pagamento effettuato mediante assegni di conto corrente, l’effetto liberatorio si verifica con la riscossione della somma portata dal titolo, in quanto la consegna del titolo deve considerarsi effettuata, salva diversa volonta’ delle parti, pro solvendo (Cass. n. 14372 del 2018; n. 17749 del 2009); sia perche’, nella specie, la transazione recava un accordo tra le parti il quale rinviava l’incasso dell’assegno consegnato alla chiusura della procedura esecutiva che vincolava le somme depositate sul conto corrente bancario.

2.5. Per ragioni simmetriche a quelle finora esposte, sono da rigettare il primo ed il terzo motivo di ricorso, relativi alla cessione dei crediti verso istituti bancari operata dalla societa’ in favore di (OMISSIS). In relazione a tale vicenda, non puo’ dirsi sussistente nemmeno il vizio di omessa pronuncia circa la natura simulata della scrittura del 24 marzo 2009, in quanto su tale domanda nuova formulata in appello non sussisteva alcun potere – dovere di pronuncia del giudice adito.

Nel presente giudizio e’ avvenuto che il creditore sociale (OMISSIS) abbia domandato in primo grado la condanna della societa’ (OMISSIS) s.r.l. all’adempimento del debito su di essa gravante. Intervenuta nel corso del giudizio di primo grado l’estinzione della societa’ di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, si e’ determinata la successione nel debito dello stesso oggetto di lite, debito che si e’ trasferito ai sensi dell’articolo 110 c.p.c. ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione, ex articolo 2495, comma 2 (ora 3) c.c..

Come gia’ detto per affermare la fondatezza del secondo e del quarto motivo di ricorso, il creditore insoddisfatto ha quindi interesse a che sia accertato quanto riscosso dai soci in base al bilancio finale di liquidazione, per ottenerne la condanna ai sensi del citato articolo 2495, comma 2, nonche’ comunque interesse all’accertamento del proprio diritto di credito, da far poi valere eventualmente altresi’ su diritti e beni non compresi nel bilancio di liquidazione della societa’ estinta.

I soci che succedono nel corso del processo alla societa’ estintasi a seguito di cancellazione, ai sensi dell’articolo 110 c.p.c. assumono, comunque, la stessa posizione processuale della societa’, sicche’ non possono essere destinatari di domande nuove.

Sono percio’ estranee al thema decidendum del presente giudizio le deduzioni relative alla natura simulata o pregiudizievole di atti di disposizione di beni o attivita’ che si assumono finalizzati al depauperamento del patrimonio sociale, ovvero volte a dimostrare che non fosse veritiero il bilancio finale di liquidazione e che dunque la procedura liquidativa non fosse stata correttamente conclusa, o a rimettere in discussione l’estinzione della societa’.

2.6. L’accoglimento del secondo e del quarto motivo del ricorso, con la conseguente cassazione con rinvio della causa, comporta l’assorbimento del quinto motivo sulla ripartizione dell’onere delle spese di lite e sul raddoppio del contributo unificato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla l. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, in quanto tali censure sono dirette contro statuizioni che, per il loro carattere accessorio, rimangono comunque travolte dal disposto annullamento dalla sentenza impugnata, a seguito del quale le stesse andranno nuovamente rese dal giudice di rinvio, tenendo conto dell’esito del giudizio.

4. Conseguono l’accoglimento del secondo e del quarto motivo del ricorso di (OMISSIS), il rigetto del primo e del terzo motivo, l’assorbimento del quinto motivo e la cassazione della sentenza impugnata nei limiti delle censure accolte, con rinvio dalla causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, che decidera’ uniformandosi ai principi di diritto enunciati e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo ed il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo ed il terzo motivo, dichiara assorbito il quinto motivo, cassa la sentenza impugnata nei limiti delle censure accolte e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

 

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